Per due settimane non ebbi rapporti sessuali con Mauro. In quel lasso di tempo mi resi conto di essere completamente assoggettato alla sua persona. Passavo lunghe sere a infilarmi il dildo su e giù per il culo, pensando al suo cazzo svettante sopra il mio viso. Un giorno, lo incontrai nell'androne del palazzo, in compagnia della moglie e della figlia, e provai una forte gelosia. Sì, lo so, una puttanella sissy è solo un buco per il suo padrone, eppure ero geloso della sua mogliettina. Mi salutò con indifferenza e salì in ascensore con la famiglia. Una giorno m'inviò il seguente messaggio:  


"Domani, alle 21, fatti trovare nei garage sotterranei. Ti voglio bella. Ma attenta a non farti vedere". 


La sera successiva lo aspettavo chiuso nella mia rimessa, al buio, spiando l'esterno dalle fessure del basculante. Indossavamo una striminzita minigonna rossa in pelle, tacchi plateau del medesimo colore, autoreggenti cubane nere con riga posteriore, una camicetta bianca e un giubbottino di pelle nero. Come sempre, mi ero riempito di trucco. 


Quando vidi arrivare il mio uomo, uscii dal mio nascondiglio. Gli andai incontro come un cane muove verso il padrone. Con un bacio e una pacca sul culo mi ordinò di salire in macchina. Il mio cazzetto, duro come non mai, premeva contro la gonna. In auto parlò poco. Mi accarezzò ripetutamente la coscia velata. Arrestò il veicolo nella piazzola della stazione ferroviaria meno frequentata della città. Scendemmo e con fare furtivo mi condusse nel cesso della stazione. Cominciai ad avere paura. 


Mauro chiuse la porta alle sue spalle. Il cesso era piuttosto pulito. Vi aleggiava un odore di disinfettante mescolato a quello acre del piscio. Il gabinetto, senza tavoletta, era affiancato da un corrimano, di quelli che servono ai disabili per sostenersi. Lo stallone estrasse dai jeans il cazzo, ritto e duro, e m'ingiunse di succhiarlo.  


M'inginocchiai con fatica, complice la gonna troppo stretta, e iniziai a godermi quella deliziosa clava ricoperta di pelle. Mentre lo spompinavo, pensai a quante volte avevo ciucciato cazzi nei bagni: al liceo, in discoteca, in campeggio. Avere rapporti sessuali in luoghi torbidi, in spelonche, presso orinatoi poco puliti mi ha sempre eccitato. Fui riportato dai miei pensieri alla realtà dalla copiosa eiaculazione di Mauro. Subito dopo la sborrata, con una rapidità felina, mi mise l'ovoidale di un paio di manette al polso sinistro e l'altro lo agganciò al corrimano. 


"Cosa fai?", urlai con voce stridula.
"Zitta, puttana, adesso stai qua, in silenzio", mi rispose con voce dispotica.
Spense la luce del bagno e ne uscì, lasciando la porta socchiusa. 


Il cuore mi batteva all'impazzata, soffi di aria mi penetravano le autoreggenti facendomi venire i brividi, le ginocchia e le caviglie mi dolevano per la posizione in cui ero costretto. Inizia a chiamare sottovoce, comunque obbediente alle direttive del mio fottitore, "Mauro, Mauro". Nessuno rispose. Poi, dopo circa dieci minuti, un uomo entrò nel bagno e chiuse la porta alle sue spalle. Al buio, chiese: 


"Sei tu la puttana di Mauro?"
"La sua puttana", così mi chiama, pensai.
"Sì, sono io", risposi sforzandomi di far uscire una vocetta servizievole. 


Lo sconosciuto procedette a tentoni. Infine, quando i suoi occhi si abituarono alla penombra del luogo, tirò fuori un cazzo di notevoli dimensioni e, senza troppe cerimonie, me lo schiaffò giù nella gola, premendo con ambedue le mani sulla mia nuca. L'epiglottide si contrasse in uno spasmo. Mi mancava il respiro. Iniziai, con la mano libera, a battere dei colpi sulle gambe dell'uomo, ma quello non estrasse l'asta se non dopo un tempo che mi parve infinitamente lungo. 


Diedi dei forti colpi di tosse. Ma dopo qualche secondo, la nerchia della sconosciuto stava, nuovamente, violentando la mia gola. Dopo ancora qualche resistenza, mi rilassai e lo lasciai scoparmi la cavità orale. Chi, in quel momento, fosse passato davanti alla porta chiusa di quel bagno pubblico avrebbe udito il gloglottare caratteristico dei "soffocotti". Proprio mentre la nerchia era saldamente conficcata nella mia gola, al punto tale che le mie labbra sfioravano i peli pubici dell'uomo, egli mi sparò in gola tutto il suo liquido seminale. Il mio corpo fu attraversato da una scossa, ebbi numerosi singulti, sentivo la bava colarmi dalla bocca fino in terra. Lo sconosciuto trasse via il membro, mi diede una carezza sulla testa e se ne andò. 


Dopo qualche minuto rientrò Mauro e accese la luce. Mi liberò dalle manette e mi disse: 


"Cos'è quella faccia? Era un mio amico"
"Potevi avvisarmi", risposi.
"Non fare l'offesa, sto solo esaudendo il tuo desiderio di essere sfruttata. Torniamo alla macchina".
Mauro aveva ragione.  


Per tutto il tempo, da quando era rientrato, mi aveva guardato con un sorriso soddisfatto stampato sul volto. Quando uscii, vedendomi nello specchio del bagno, capii perché: l'ombretto era colato in due lunghe righe fino alle guance, il rossetto era sparso su tutto il volto, mescolandosi malamente al fard. Avevo l'aspetto di una battona sfatta. Soddisfatta, raggiunsi Mauro sculettando sugli alti tacchi rossi.