Due giorni dopo l'episodio del bagno pubblico, uscendo dalla lezione universitaria mattutina e avviandomi verso casa, venni affiancato da un fuoristrada nero. Il guidatore, un uomo biondo di 55-60 anni, piuttosto atletico, ma un po' imbolsito, si presentò come "Paolo, l'amico di Mauro, quello del bagno della stazione". Tra mille moine, m'invitò a pranzo a casa sua. Salii sul veicolo sapendo che avrei mangiato solo il suo sperma e ne ero contento. Il maschio, infatti, mi piaceva da morire. Durante il tragitto parlò a lungo, era loquace, ma tutta la mia attenzione era rivolta alla protuberanza che aveva tra le gambe. Arrivati a casa sua, Paolo si spogliò, rivelando un corpo glabro e pallido, e mi chiese di praticargli un anilingus. Si mise a bordo del suo letto, nella posizione del missionario, con le gambe sollevate in alto e le ginocchia tirate verso il petto, mostrandomi la carne rosa e invitante del suo ano. Senza spogliarmi, m'inginocchiai e presi a leccare con foga quel crudo frutto anale, sbavandolo, facendolo contrarre in spasimi di piacere. Poi, dopo numerose leccate, mi misi anche a masturbare il suo pene obeso, facendolo eiaculare a fiotti. Infine, leccai lo sperma che era schizzato sul basso ventre di Paolo, che se ne stava sdraiato, gemendo di piacere. Poi, improvvisamente si rialzò e mi disse: 


"Scusami, devo tornare a lavoro, ti riaccompagno subito a casa". 


Inutile dire che rimasi deluso, avrei voluto essere sbattuto da quell'uomo ma, reverente, ringraziandolo, mi feci riaccompagnare a casa. Davanti al condominio, ancora in auto, Paolo mi disse: 


"Scusami, ma sono di fretta, venerdì sera mi trovi al locale notturno di via... vieni anche tu, chedi di me all'ingresso e ti faranno entrare subito. Se ti va, porta un'amica – disse strizzando l'occhio – è un posto dove ci si diverte".
"Non macherò", risposi con allegria. 


Venerdì sera ero pronto: autoreggenti nere, vestitino aderente leopardato, proprio come i tacchi plateau, intimo sexy e trucco. Con me venne anche Carlotta, ossia Carlo che, sempre desideroso di avventure, indossava un vestito viola attillato, autoreggenti nere e tacchi vertiginosi. Assomigliavamo a due puttane e così ci sentivamo. Arrivammo a locale notturno in autobus, indifferenti alle risate di alcuni passeggeri. 


Il nome "Paolo" ci schiuse le porte argentate del locale. Uno spazio kitsch, immerso nella penombra, ma frequentato da notevoli esemplari di maschioni maturi, intenti a rimorchiare donne o travestiti, che abbondavano, per una notte di sesso e perversione. Paolo ci venne incontro, estasiato, presentò a Carlotta un suo conoscente e mi invitò a bere qualcosa al bancone. 
Ero fortemente attratta da quell'uomo. Finito il secondo cocktail, mi girai e vidi la mia amica seduta in braccio a un uomo, che le teneva una mano tra le cosce. Paolo mi propose di andare al piano di sopra, dove si trovavano alcune camere a ore. Accettai. 


La stanza era tinteggiata di rosso vivo e illuminata da una luce fioca. Lo spogliai. Rifiutò il pompino e mi fece mettere, subito, a novanta. Dopo avermi cosparso il culo di olio lubrificante, cominciò a penetrarmi, ovviamente senza preservativo. Il suo cazzo, di lunghezza normale, ma inverosimilmente spesso, mi dilatava il retto in un modo mai provato prima, facendomi tremare la gambe. Al culmine del piacere, quando ormai ero prossimo alla seconda eiaculazione, vidi che altri due uomini stavano ora davanti a me, sul letto, senza vestiti. Per buona parte della scopata avevo tenuto gli occhi chiusi e non mi ero reso conto di quella repentina intrusione. 


Uno dei due, panciuto e pingue, m'infilò il cazzo in bocca, dicendo "succhia, troia"; mentre il secondo mi tirò una mano e se la portò al pene, che iniziai a segare. Avevo tre uomini tutti per me. Non potevo chiedere di meglio. 


Paolo si stancò di fottermi il culo e lascio spazio all'uomo pingue, che prese a incularmi sudando e ansimando, mentre l'altro sconosciuto continuava a menarsi l'uccello. Con le sue mani sudate mi afferrò i capelli e iniziò a sbattermi la faccia sul cuscino e a darmi schiaffoni sul culo. Poi, mi venne dentro. 


L'uomo panciuto si scostò, con forza mi sfilò una calza e me la mise sul volto, come una maschera, nel frattempo l'altro sconosciuto, muscoloso, mi fece sedere sopra il suo cazzo. Avevo il volto rivolto verso Paolo e l'amico che subito iniziarono a prendermi a schiaffi sul viso. La minchia dell'uomo muscoloso affondava nel mio retto spampanato come una lama nel burro. Paolo, intanto, strappò l'autoreggente che avevo in testa all'altezza della bocca, si mise in piedi sul letto, e mi conficcò il cazzo in gola. 


Quello muscoloso, soffocando un urlo animalesco, mi sborrò nel culo e, subito dopo, mi buttò giù dal letto. Mi ritrovai ai piedi di tre uomini, come sul set di un film porno, come avevo sempre sognato, che si masturbavano a pochi centimetri dal mio viso. Il panciuto lacerò, definitivamente, la calza che avevo sul volto e, uno dopo l'altro, mi schizzarono la faccia di sperma. 


Non paghi, iniziarono a sputarmi in faccia, ripetutamente. Si misero a bere dello champagne da una bottiglia e mi sputarono addosso anche quello, chiamandomi "puttana" e dicendo frasi come: "ma lo sa tuo papà che ti fai scopare?". 


Poi, uscirono. Mi pulii la faccia con il lenzuolo del letto, macchiandolo. Ero eccitata come non mai. Paolo rientrò dicendo: "Carolotta è andata via con il mio amico, ti riporto a casa". 


Salii le scale coi tacchi in mano, per non fare rumore, fino al mio appartamento. Entrai. Mi guardai allo specchio del bagno. Vidi una battona sfatta, senza una calza, con il volto ricoperto di trucco sbavato. Ero contento. Amavo la mia doppia vita: bravo ragazzo di giorno e ignobile bagascia di notte.

CIao. Hai mai provato a pubblicare sul nostro "salottino" esclusivo, per soli scrittori? Prova, Giovanna Esse.
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