L A   S C E L T A   D I  S O P H I E
 CAPITOLO 5


Sophie mi fissava in silenzio, con gli occhi semischiusi e i capelli davanti al volto.
- Pazienza? - domandò.
- In genere è qualcosa che viene sempre premiata. - sorrisi sornione, mentre la guardavo a cosce spalancate, davanti a me. Era stesa su quel lettino ma con le spalle sollevate e coi gomiti puntellati sul morbido rivestimento di spugna. Continuava a fissarmi dritta negli occhi. Annuì subito dopo.
- Mi fido di te... – ribatté rapida, abbassando leggermente lo sguardo. E io annuii, perché prendere atto del fatto che la mia paziente fosse nelle mie mani riusciva a darmi sicurezza dei miei mezzi.
- Allora va bene… - sospirai, abbassando la testa verso i suoi tesori. Poggiai entrambe le mani sul suo interno coscia, sulla parte alta, andando a premere contro l’inguine, sia a destra che a sinistra. Nel mezzo avevo la sua fessura incandescente e umida, oltre quello slip impregnato di umori.
Rivolsi i pollici in basso e andai a premere, in corrispondenza del buco del culo, sentendolo contrarsi quasi immediatamente.
Si lasciò cadere sul lettino subito dopo, come se volesse godersi tutta quelle sensazioni.
- Sarebbe strano se ti chiedessi di non guardarmi tra le gambe? - domandò, mentre cominciavo a massaggiare lentamente la zona anale. Premevo sull’inguine, vedendo le grandi labbra stringere contro il tessuto sottile dello slip, e lei intanto alzò la testa, fissandomi dritta negli occhi.
- Non c’è problema. Non guarderò.
Mi sorrise, le sorrisi, quindi ripresi il mio massaggio. Lei, dal canto suo, parve più rilassata, e si sentì quasi legittimata a spalancare le cosce, liberando involontariamente parte delle grandi labbra, che fuoriuscirono lateralmente oltre il bordo delle mutandine.
 
E io ero profondamente arrapato.
Scattavo istantanee nella mia testa da poter usare durante l’appuntamento che avevo quella sera con una cassiera dell’Eurospin che viveva poco lontano da casa mia, e che aveva accettato di andare a bere qualcosa; quando l’avrei stretta tra le mani avrei immaginato di avere le carni morbide e profumate di Sophie, e quando sarei entrato in lei avrei immaginato il calore del suo corpo, e la sua espressione di godimento. Mi sarei svuotato in lei, forse troppo velocemente, perché desideravo quel corpo e non potevo possederlo come avrei voluto.
 
Toccai il tessuto, ancora bagnato, spingendo contro il suo clitoride e vedendola tremare.
Gemette.
- Vai… - sussurrò lei, allargando portando le mani dietro la testa.
- Rilassati… - le risposi subito dopo, continuando a carezzarle il grilletto con l’indice, lento e inesorabile.
- Sono rilassatissima… - sussurrò.
- Sei arrapata. Sei così arrapata che non capisco per quale motivo tu non riesca a masturbarti da sola.
Rimase in silenzio, mentre il mio dito scendeva più giù verso l’apertura della sua vagina, ancor più umida delle mutandine. Il suo odore era forte e pungente, e tremendamente erotico.
Scesi ancor più giù, andando a seguire la linea delle mutandine e massaggiandole l’ano.
La guardai e mi fermai ancora, voltandomi.
Quella sbuffò, ansimando vistosamente, allargando le braccia sul lettino.
- Cosa c’è, adesso?
Il suo tono era piccato e la cosa mi divertì, perché l’espressione che assunse subito dopo, quando mi voltai e raggiunsi lo scatolo coi due rimanenti plug, fu eccezionale. Sospirò e si morse le labbra.
- Quello piccolo non c’è. - le dissi. - Pensavo che non ti avrei mai più rivista e così l’ho buttato.
 
Mentii.
Avevo succhiato tanto forte quel giocattolo anale da avergli scolorito la punta.
 
- Non farmi male… - sussurrò lei.
- Non lo farò. Anzi…
Mi voltai e tornai da lei, ponendomi al suo fianco, continuando a fissarla negli occhi e cercando l’elastico dello slip, che cominciai a sfilare lentamente, mentre gli occhi di Sophie continuavano a fissare i miei, lussuriosi.  Le sue gote arrossirono quasi immediatamente.
- Sono bagnatissime. - commentai, piegandole ordinatamente e poggiandole sul carrello in alluminio che avevo accanto. - E questa è una cosa buona.
Lei non staccava gli occhi dai miei, imbarazzata ma con quella voglia vibrante di chi non sapeva aspettare più. Le accarezzai il collo, passando i capelli tre le dita e infine reggendole la nuca.
E l’avvicinai al mio volto, perché doveva guardarmi negli occhi mentre la mano destra le scappava tra le cosce e strofinava il suo clitoride.
 
Quell’espressione, quella che fece, è tuttora il gioiello della mia corona.
 
Gemette forte, ed era così bagnata che, andando a controllare subito dopo, i suoi umori avevano rapidamente raggiunto il buco del suo culo. Le mie dita le viaggiavano rapide tra le pieghe e toccavano i suoi tasti preferiti, lasciando che godesse a pochi centimetri dal mio volto.
- Lo infilo, il plug? - chiesi.
E la vidi annuire rapida, con gli occhi aperti a metà e le labbra schiuse. Continuai a tenerla ferma in quel modo, guardandola sempre negli occhi e facendo in modo che lei non allontanasse lo sguardo da me. Presi il lubrificante e ne lasciai cadere una quantità abbondante sulle dita, mi avvicinai al buco del suo sedere e cominciai a massaggiare.
- Fa’ piano… - mi disse.
- Tranquilla.
La pelle del suo perineo era morbida, mentre il suo ano era ruvido. Lo accarezzavo impiastricciandolo con il gel lubrificante lungo tutta la sua piccola circonferenza, sentendolo contrarsi ritmicamente attorno al mio dito. Lentamente premevo, vedendo gli occhi di Sophie chiudersi lenti e mutare l’espressione sul suo volto, ancora più desiderosa, ancora più arrapata.
Passò qualche secondo e il mio dito entrò nel suo culo. Rapidamente Sophie spalancò gli occhi e la bocca.
- Piano… - ripeté.
- Piano.
Continuavo a disegnare dei cerchi mentre lentamente il dito s’infilava sempre più in profondità nel corpo della donna, fino alla falange.
- Oh… - fece quella, respirando a pieni polmoni. Mise una mano sul petto, stringendo i grossi seni, senza mai smettere di guardarmi negli occhi. Tirai fuori il dito, e lentamente lo infilai ancora, continuandolo a ruotare nel suo culo, e lo feci più e più volte, fino a quando non ne infilai un secondo, e poi un terzo.
- Piano… - sussurrò ancora, cingendomi con entrambe le mani attorno al collo, mentre io ero così tanto vicino alle sue labbra da poter sentire il suo alito bollente.
Ci lavorai per un minuto, dopodiché uscii dal suo culo, sentendolo chiudersi attorno alle mie dita. Sospirò, lei, mentre mi guardava le labbra.
- Sophie, sto per infilare il plug. È di dimensioni medie, un po’ più grande di quello che hai già provato. Le sensazioni che sentirai saranno più intense…
Titubò un attimo, ma poi batté gli occhi e annuì.
- Io mi fido di te.
E così, in un attimo, bagnai il plug di lubrificante e lo avvicinai al suo sedere. Lo percepì mentre lo appoggiavo lentamente, inarcando quelle sopracciglia folte e scure. La sua mano destra mi andò a stringere il braccio che le manteneva la testa.
- Sarò delicato. – sussurrai, e gentilmente presi a spingere il plug. Percepivo la flebile resistenza dei muscoli del suo ano, mentre il volto le si contriva.
- Rilassati e fallo entrare. – l’ammonii. – Sei ben lubrificata, scivolerà facilmente.
Batté le palpebre due volte, poi annuì. Non staccavo lo sguardo dal suo, perché era dai suoi occhi che riuscivo a vedere la sua perversione repressa. Voleva che le infilassi il plug nel culo e voleva essere scopata.
Applicai una leggera pressione, sentendo nuovamente il suo sedere opporre resistenza alla cuspide gommata, fino a quando non fece breccia nel suo corpo.
Fui delicato.
Sentivo il corpo della donna aprirsi attorno al plug e le mie dita lentamente accompagnavano il giocattolo verso la posizione ideale.
- Oh, cazzo… - sospirò, mentre la parte più doppia le stava spalancando l’ano. Fu però un secondo, e il suo culo si strinse attorno alla coda del toy, lasciando la sola superficie finale a battere contro il perineo.
Quella respirava a pieni polmoni, con gli occhi spalancati e le labbra schiuse. Rilassò lo sguardo, quando il plug raggiunse il loco.
- Sei stata bravissima… - le sorrisi, senza staccare gli occhi dai suoi. Poi cominciò a gemere, quando presi a ruotare leggermente il plug.
- Sei pronta? – domandò.
Mi fissò, mentre raggiungevo con le dita il suo grilletto bollente. Attesi che annuisse, prima di cominciare a strofinarla per bene.
 
Quella donna era fradicia.
 
- Ora… - dissi, sorridendo. - … ti mostrerò cosa può fare un uomo come me a una donna come te…
Si morse ancora le labbra, così vicine alle mie, mentre i nostri occhi non smettevano di fissarsi. Le sue umidità accoglievano le mie carezze lente, donavano alla sua mente quegli attimi rossi e bollenti di cui una giovane donna come lei necessitava come l’aria e la connettevano con quello che era il suo corpo.
Aprì gli occhi, mentre le mie dita impastavano il suo piacere, vedendomi proprio davanti a lei.
- Davide…
- Fa male?
- No… - ansimò. – Mi piace.
E continuammo in quel modo per quasi un minuto, in cui mi ero sorpreso giacché Sophie dovesse ancora venirmi tra le dita. I suoi occhi erano affogati nel piacere e i suoi ansimi si univano al mio respiro, a così pochi centimetri. Cercava le mie labbra con lo sguardo e dovetti essere freddo più di un buio inverno, continuando a costruire per lei quell’orgasmo senza lasciarmi andare.
 
Avrei voluto scoparmela con forza ma non potevo, anche se so che il giudizio di chi legge i miei pensieri adesso è che avrebbe fatto davvero poca differenza, che magari tra le mie dita e il mio cazzo sarebbe stato più efficace il secondo. Ma la questione è che Sophie era stata stuprata e si stava riaprendo per la prima volta al sesso con me, su quel lettino.
Avevo già trattato casi di donne stuprate?
Certo.
Desideravo scoparmele?
 
Assolutamente no.
 
Ma con Sophie era diverso.
 
Profumava di buono, era dolce e bella, e nel suo silenzio esplodeva quella determinazione propria soltanto di quelle donne che non mostravano a tutti la propria spontaneità. E insomma, pensandoci non era strano, dato che il pane sotto i denti glielo metteva il sistema di social network che tanto condanno per il narcisismo forzato a cui vengono sottoposti gli utenti.
 
Ma ve lo giuro, non era quella la mia priorità, mentre Sophie Rose stava per venirmi tra le dita.
- Ci sono quasi… - sussurrò lei, mentre cercava di aprire quanto più possibile le gambe. E allora diedi un paio di colpetti al suo clitoride e mi fermai, continuando a guardarla negli occhi. Lei, poi, quelle perle scure le spalancò, mostrandomi l’impazienza e la determinazione con cui avrebbe voluto toccare il piacere, prima che le mie carezze cessassero.
- Ma sei uno stronzo…
- La pazienza. Parlavamo di pazienza. Sei eccitatissima.
- Oh, cazzo… - sbuffò, andando a portare lo sguardo verso l’alto. – Mi farai impazzire…
- Il tuo corpo può donarti molti modi per renderti felice. Io ne conosco qualcun altro.
Catturai la sua attenzione; tornò a fissarmi.
- Vorrei poter entrare in te.
E lì Sophie spalancò gli occhi. Guardò le mie labbra, avvampando violentemente.
- I-in… in che senso?
- Con le dita. – puntualizzai. – Limitiamoci alle dita…
- Vuoi farmi un ditalino?
E sorrisi a mezza bocca.
- No. – risposi, sornione. – Voglio che ti sciogli tra mie braccia, adesso.
 
E dopo una frase a effetto come questa non potevo non farlo.
Fui rapido a raccogliere tutti gli umori che colavano dalla fica di quella donna e la penetrai lentamente, sentendola aprirsi attorno al mio dito medio.
Gemette in maniera potente, Sophie, che bramava quel momento (o uno simile) da quasi dieci minuti. Vidi il suo corpo contorcersi potente, come se avessi premuto un tasto dentro di lei.
- Quindi tu non ti tocchi. Dico bene? – domandai, sorridendo.
Quella, occhi socchiusi e bocca spalancata, fece cenno di no.
- Dovresti imparare ad esplorare i tuoi punti sensibili. Diventerebbero subito i tuoi preferiti.
E con una rapida torsione del polso andai a strofinarle la parete anteriore della vagina. I suoi occhi si spalancarono e gemette in maniera vigorosa.
- Tutto bene? – le chiesi.
Annuì rapida, mentre percepivo la sua fica stringersi attorno al mio dito. Il suo punto g era facile da riconoscere, giacché era in leggero rilievo rispetto alla superficie ruvida della sua parete pelvica. Picchiettavo la zona ritmicamente e continuavo a guardare Sophie negli occhi, mentre quella si stringeva con forza al lato del lettino.
- Questa è magia… - sussurrò, facendomi sorridere. E allora, inaspettatamente anche per me, abbassai il volto verso il suo collo, baciandolo, mordicchiandolo e leccandolo.
Non sapevo perché, ma in quel momento volevo assaporare la sua pelle e toccarla, senza pensare per un attimo alle conseguenze. Quando sentii le sue braccia cingermi ebbi la conferma del fatto che io e quella donna avremmo potuto essere sulla stessa lunghezza d’onda. E quindi aggiunsi un altro dito in lei, attraversando quell’apertura cremosa che le si stagliava tra le cosce, sentendola gemere ancor più forte nel mio orecchio, mentre leccavo il collo morbido e profumato, mordicchiando la guancia, l’orecchio e la clavicola.
Sophie si contorceva sotto di me e la sua vagina diventava ancora più calda.
Sentivo che stava per succedere, e che quindi avrei potuto rallentare un po’; smisi di stimolarle il punto g, penetrandola soltanto con le dita, non perdendo di vista il filo del suo piacere ma allentando un po’ la tensione. Continuavo a baciarle il collo, prima a destra, poi a sinistra, mentre le sue dita mi attraversavano i capelli, mi accarezzavano la nuca e mi spingevano verso il basso.
Quella troia voleva che le prendessi una zizza in bocca.
Aprii gli occhi giusto per un attimo, vedendo i capezzoli turgidi sotto la sua maglietta fina. Continuavo a praticarle quel ditalino, sentendo la superficie del plug in basso che le riempiva l’ano. Ogni tanto ritoccavo il punto g, mentre scendevo ancora verso la clavicola con le labbra. Le rotondità di quelle bocce enormi già mi toccavano le guance e intanto le sue mani mi spingevano verso i capezzoli.
- Sei vicina… - sussurrai. La percepii annuire, e poi le sue mani lasciarono la mia nuca, per spogliarsi della maglietta e rimanere con le tette da fuori.
E mi fermai.
Guardai quel seno come il primo uomo che aveva visto un’alba, quindi tornai a fissarla negli occhi.
- Sei un privilegiato… - sussurrò quella, sorridendo.
- Sono meravigliose.
- Grazie… - rispose, paonazza in volto. E quindi pensai che si meritasse un altro po’ di piacere ad alto livello. Di conseguenza le mie dita tornarono a picchiettare sul punto g, mentre sentivo le sue mani salire lungo la mia schiena e passare ancora tra i miei capelli, per poi spingermi verso quell’enorme seno sinistro. La barba sul mio volto raschiò per qualche secondo la pelle candida, morbida e profumata del suo petto, mentre imperioso il suo capezzolo fissava gl’intonaci gessati del mio soffitto. Era più scuro, tendente al marrone, e la base era increspata.
Avrei voluto divorarlo come se ne fosse andata della mia stessa vita ma feci le cose con calma, continuando a massaggiare la nuca della donna con la mano destra e a sditalinarla con la sinistra. Con la guancia poggiata sui suoi seni allungai la lingua, toccando leggermente il capezzolo e sentendo Sophie contrarsi fin dall’interno.
Era così arrapata che avrebbe potuto uccidermi, se avessi deciso di fermarmi in quel momento.
Picchiettai contro il capezzolo un altro paio di volte, poi lo accolsi con la lingua e cominciai a girarci attorno, e intanto sentivo la sua vagina avvicinarsi al punto di non ritorno.
Ma, insomma, la parola del giorno era pazienza, quindi lasciai perdere il suo punto g e continuai a penetrarla con le dita, normalmente (per quanto fosse normale non usare il cazzo con una donna del genere).
Sentivo la sua frustrazione sessuale scapparle dalla bocca, mentre le mie labbra si avventavano sul capezzolo, baciandolo, subito prima di tornare a cesellarlo con la punta della lingua.
Lo spostavo a destra e a sinistra, mentre sentivo Sophie muoversi e contorcersi. Sentii una sua mano allungarsi lungo la superfice del suo corpo perfetto, carezzare la pancia piatta e affondare oltre la gonna a balze, incontrando le mie dita. Le salutò soltanto, cominciando a massaggiarsi il clitoride.
 
Sophie era impaziente e questo non andava bene.
 
Strinsi il capezzolo tra i denti, quasi a punirla, e la sentii sussultare.
- Piano… - mi disse, mentre le mie dita tornavano indietro e uscivano da lei. Io mi sollevai dai suoi seni e presi a guardarla, stringendole la mano che aveva infilato tra le gambe e bloccandola. Con la testa nella mia mano, seminuda, Sophie Rose era alla mia mercè, e il fatto che ansimasse, pregando di poter raggiungere il piacere, non faceva altro che invigorire l’erezione che avevo nelle mutande.
- Che stai facendo? – le chiesi.
Respirava a pieni polmoni, cercando di mantenere controllo.
- Cosa… che succede? – rispose di contro.
- Ti stavi toccando.
Annuì.
- C’ero quasi…
E quindi le afferrai entrambe le mani, alzandole oltre la sua testa, senza mai smettere di fissarla negli occhi.
- Ti ho detto che devi essere paziente, Sophie. Quest’orgasmo è mio.
Aprì gli occhi, riprendendo il controllo e inarcando le belle sopracciglia. Si mordeva il labbro inferiore, mentre mi guardava.
- D’accordo… lascerò fare a te.
- Hai detto che ti fidi di me.
- Sì… - rispose, chiudendo nuovamente gli occhi. – Mi fido di te.
Li riaprì, vedendomi ancora davanti a lei, ancora a bloccarle i polsi oltre la testa, con le bocce all’aria e le cosce spalancate. Bastò una mia sola mano, per tenerle entrambi i polsi. Lei continuava a fissarmi, aspettando che facessi qualcosa.
- Hai paura? – le chiesi, vedendola fare subito segno di no.
- Non ho paura di te.
E così poggiai la mia fronte contro la sua, con le punte dei nasi che si toccavano e gli sguardi che creavano quella strana magia rossa e densa, mentre le mie dita attraversarono ancora le coste frastagliate del suo corpo, a partire dalle clavicole fino ai morbidi seni. Li accarezzai entrambi, passando lascivo sul capezzolo che stavo tormentando e proseguendo oltre, verso l’addome candido. Sorpassai l’ombelico e scesi lateralmente, verso il fianco coperto dalle balze della gonnellina, afferrando parte della coscia e vedendola sussultare, poco dopo, quando sorpassai la gamba e carezzai l’inguine e la peluria che lo caratterizzava.
- Vuoi venire, Sophie? – le dissi, a pochi centimetri dalla sua bocca.
Non rispose neppure, mentre continuavo a stringere i suoi polsi, a bloccarla.
La mano scese giù, picchiettò una decina di volte il cappuccio del clitoride prima di scendere in basso, per giocare un po’ con la coda del plug. La vidi sussultare, aggrottando la fronte e aprendo la bocca.
Il suo fiato caldo sbatteva contro le mie labbra.
Afferrai il plug e leggero presi a giocarvi, ruotando, tirandolo e lasciando che i muscoli del culo lo recuperassero.
- Lo levo? – domandai, sorridendo.
- No…
- Lo levo… - ripetei, mentre afferravo nuovamente il plug.
- Ti prego, no…
E sorrisi. Avrei voluto dirle che era bellissima, e avrei voluto baciarla in quel momento, ma non potevo.
Tirai il plug, cominciando a farlo uscire, fermandomi soltanto quando la parte più doppia aveva raggiunto l’ingresso anale. Il buco del culo di Sophie si stava allargando, e il sol pensiero di poterla inculare mi faceva impazzire.
Ma pensai che non fosse pronta per quel genere di cose.
Diedi un leggero colpetto al plug e il resto lo fece Sophie, tirandolo involontariamente dentro fin dove possibile.
E quindi tornai dentro di lei, attraversando le piccole e bagnate labbra della sua fica, direttamente con tre dita.
- Cazzo! – esclamò lei, respirando a fatica. Si morse le labbra, poi le leccò, mentre mi guardava negli occhi. Sentiva le mie dita attraversarla come il treno in un tunnel, con vigore e precisione, andando a riempirla. Percepivo il plug muoversi involontariamente, tanto forti dovevano essere le contrazioni che quella donna in quel momento stava provando. La penetrai solo dieci volte, con la stessa lenta cadenza, prima di decidere di mettere fine a quella tortura: il suo punto g era ben esposto e col dito medio fu facile ritrovarlo.
- Era questo, che volevi, Sophie?
Massaggiavo i suoi interni ruvidi e la vedevo spalancare gli occhi. La bocca aperta prendeva tutta l’aria che poteva, riempiva i polmoni, dava al cervello sangue ossigenato e le faceva rendere conto di quello che effettivamente stesse succedendo.
- Rispondimi. Era questo, che volevi, Sophie?
Lei mi fissava, annuendo rapida.
- Sì.
- Vuoi venire?
- Sì… ti prego…
- Ma qui c’è la mia mano. Vuoi venirmi tra le mie dita?
- Voglio venire tra le tue dita, Davide…
Mi fissava, e sorrisi.
- Hai capito cos’è, la pazienza, Sophie?
Mi fissava inerme, bloccata, arrapata. Non annuì, non rispose, quasi a sfidarmi.
Ma sorrisi.
Le baciai la guancia, premendo quel tanto in più che bastava per terminare quella seduta. Tre secondi dopo stava per venire: strinse gli occhi e inarcò le sopracciglia, spalancando la bocca e tirando fuori la lingua.
- Porca puttana! – esclamò, mentre una serie di spasmi aggredì i suoi muscoli. Strinse le gambe, mentre io ero ancora dentro di lei, sentendo il plug spinto dall’interno per uscire.
No. Non uscì.
Urlava, Sophie, col piacere che l’aggrediva impietoso, causandole tremori in tutto il corpo. Lasciai lento la presa sui suoi polsi, vedendo il sorriso che gradualmente diventava protagonista del suo volto, con ancora gli occhi chiusi. Rimasi a guardarla per un attimo, sorrisi a mia volta e uscii dal suo corpo, nonostante le sue cosce fossero serrate.
- Complimenti. Spero tu ora stia meglio… vado un attimo a lavarmi le mani, così potrai ricomporti. Se hai bisogno di aiuto con il plug basta che…
Non rispose, ferma immobile, a godersi quelle sensazioni pazzesche che il suo corpo provava. E allora capii. Tirai il separé e mi voltai, camminando lento verso il bagno interno del mio ufficio. Davanti al grande specchio ovale, l’immagine della mia erezione era ben visibile.
Sperai che Sophie non l’avesse vista. Con la mano destra aprii l’acqua e intanto sentivo ancora nella mente gli ansimi della donna nel mio studio. Non sapeva quanto ai miei occhi quella scena fu erotica, perché la bellezza di quel corpo, unita alla consapevolezza di essere stato il fautore di uno dei suoi rari orgasmi, mi sovreccitava.
Guardavo le tre dita della mia mano sinistra che erano state dentro Sophie, mentre l’acqua continuava a scrosciare. Erano umide ancora, e potevo vedere gli umori della donna creare delle vele appiccicaticce quando spalancavo le falangi dell’indice, del medio e dell’anulare.
Le avvicinai al naso e sentii il profumo inconfondibile di quella donna. Era pungente e dolciastro allo stesso tempo.
Non riuscii a controllare i miei istinti, e cominciai a toccarmi il pene da sopra ai pantaloni: ero duro e voglioso. Pensai che avrei dovuto scaricarmi quanto prima, altrimenti non sarei riuscito più a pensare con lucidità. L’odore della fica di Sophie Rose era potente e mi riportava alla mente i minuti precedenti, il suo ansimare, gli occhi nei miei occhi, le urla di piacere e quei seni stupendi, patrimonio dell’umanità.
E portai le dita in bocca, godendomi il sapore della donna e stringendo il cazzo da sopra ai pantaloni.
Tuttavia, gli occhi di Sophie presero a fissarmi attraverso il riflesso dello specchio.
- Davide… ma che stai facendo?

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