ALFONSO e LUCIA
Il profumo di basilico e pomodoro bollente non riusciva a mascherare l'odore pungente di disinfettante che impregnava il bagno. Era un pomeriggio come tanti, la scuola era finita da poco e il sole di fine maggio filtrava a stento attraverso la finestra opaca. Mia madre aveva iniziato i nuovi turni al supermercato, e così, le mie giornate si erano trasferite a casa di zio Giulio, con i miei cugini Lucio e Fabio. Avevo da poco compiuto dodici anni, e il mio corpo, un tempo un semplice involucro, aveva iniziato a sussurrare segreti, a fiorire in modi che non capivo del tutto. Il ciclo era arrivato qualche mese prima, portando con sé non solo il fastidio del sangue, ma anche una curiosità, un prurito che mi spingeva a esplorare. Ero lì, seduta sul bordo della vasca, con l'acqua tiepida che mi accarezzava la pelle. La porta era rimasta accostata, un errore, un'ingenuità che il mio corpo avrebbe pagato a caro prezzo. Le mie dita si muovevano lente, esplorando la morbidezza delle mie piccole labbra, il clitoride che pulsava, un piccolo gioiello nascosto. Un sospiro mi sfuggì, un suono basso, quasi un lamento. Un'ombra si allungò sulle piastrelle bianca, e un respiro caldo mi solleticò la nuca. Il mio cuore fece un balzo, un tamburo impazzito nella cassa toracica. Mi voltai di scatto. Zio Giulio. I suoi occhi, solitamente miti e sorridenti, ora brillavano di una luce insolita, intensa, che mi fece serrare le gambe d'istinto. "Non hai chiuso a chiave, Lucia," la sua voce era un sussurro rauco, più profondo del solito. La porta si richiuse con un click secco, il suono amplificato dal silenzio improvviso. Un brivido mi percorse la spina dorsale. Si avvicinò, un passo dopo l'altro, i suoi occhi inchiodati alla mia intimità semi-esposta. Sentii il calore del suo corpo mentre si chinava. Il coperchio del WC si abbassò con un tonfo ovattato. "Vieni qui," la sua mano mi afferrò delicatamente il polso, tirandomi verso di sé. Mi fece sedere sul sedile freddo, le mie gambe penzolavano. Le sue dita forti si posarono sulle mie cosce, allargandole con decisione. La luce fioca del bagno illuminò la mia fighetta. Il mio respiro si fece corto, un ansimare silenzioso. Le sue mani, grandi e callose, aprirono le mie grandi labbra, esponendo il piccolo buchino, il velo intatto dell'imene. Un fremito mi scosse. La sua lingua, calda e umida, sfiorò il mio clitoride. Un grido soffocato mi morì in gola. Il tocco era inaspettato, elettrico. La sua bocca si aprì, inghiottendo il mio piccolo gioiello, succhiando avidamente, leccando le labbra con una voracità che mi fece tremare. La sua lingua si insinuò, quasi a penetrarmi, un movimento lento e profondo che mi fece inarcare la schiena. Un gemito, più forte stavolta, mi sfuggì. Il piacere mi avvolse, un'ondata calda che partiva dal basso ventre e si propagava in ogni fibra del mio corpo. I muscoli si contrassero, una scarica improvvisa, esplosiva. "Ahhh!" Un urlo mi squarciò la gola, la mia schiena si inarcò, le mie gambe si strinsero attorno alla sua testa. Un liquido caldo e denso inondò la sua bocca, bagnandogli i capelli scuri. Il mio primo orgasmo. Un'esperienza che mi lasciò senza fiato, tremante, con le gambe molli e la mente annebbiata. Si alzò, un sorriso soddisfatto gli increspava le labbra. I suoi occhi dardeggiavano ancora di quella luce intensa. La sua mano scese verso la cintura dei pantaloni, slacciandola con un fruscio. I pantaloni caddero, rivelando un'erezione imponente. Era la prima volta che vedevo un cazzo. Grande, spesso, con una testa violacea che sembrava pulsare. Una curiosità inaspettata mi pervase, unita a un pizzico di timore. Ma quel timore era strano, non era paura, era più una vertigine, un'attrazione magnetica. Mi piaceva. Quel che era successo, quel che stavo vedendo, mi piaceva. Si avvicinò di nuovo, il suo cazzo turgido si muoveva leggermente. I suoi occhi incontrarono i miei. "Apri la bocca, Lucia," la sua voce era un comando gentile, un invito. Obbedii, le mie labbra si dischiusero, la lingua si ritrasse. Il suo cazzo, caldo e vellutato, sfiorò le mie labbra, poi si spinse dentro, lentamente, inondando la mia bocca. Un conato di vomito mi salì alla gola, ma lo ingoiai, la sensazione era strana, un misto di disgusto e un piacere inesplorato. Il sapore era salato, un po' dolce, metallico. Muoveva il bacino, spiegandomi con gemiti e gesti come muovere la testa, come succhiare. "Così... brava... succhia forte... tutta... prendilo tutto..." Il suo respiro si fece affannoso, i suoi occhi si chiusero. Un gemito profondo gli sfuggì, e poi, un getto caldo e denso mi riempì la bocca. Il suo sperma. Dolce, come una crema. Lo deglutii. Si ritirò, il suo cazzo ora flaccido, ma ancora pulsante. Mi guardò, il suo sorriso si allargò. "Brave, Lucia. Vedrai che adesso imparerai a pompare per bene. Preparati per domani." La notte. Il buio della mia stanza era un velo confortevole. Il ricordo del suo cazzo in bocca, del sapore dolce, del mio primo orgasmo, mi tormentava, mi eccitava. Non riuscivo a dormire. Presi il mio orsetto di peluche, un vecchio compagno di giochi, e lo strinsi tra le gambe. Iniziai a sfregarmi, i movimenti lenti, poi sempre più veloci, rievocando la sensazione delle sue dita, della sua lingua. Il mio respiro si fece affannoso, un gemito mi sfuggì. La mia figa si bagnò, inondando il peluche. Orgasmi multipli mi scossero, ondate di piacere che mi portarono via, lontano, finché, esausta, caddi in un sonno profondo e senza sogni. Il pomeriggio seguente, l'attesa mi divorava. La curiosità, l'eccitazione per ciò che mi aspettava, era quasi palpabile. Ero pronta, più che pronta. Ma in casa c'era anche Lucio, mio cugino, di tredici anni, con i suoi occhi vispi e il sorriso furbo. Era un dettaglio che non avevo previsto. Zio Giulio mi fece segno di seguirlo. Salii le scale, il mio cuore batteva forte, un ritmo tribale nelle mie orecchie. Entrammo nella sua camera. La stanza era in penombra, le tende tirate. Il suo sguardo, intenso come il giorno prima, mi invitava. "Spogliati, Lucia," la sua voce era calda, un sussurro che mi fece rabbrividire. Obbedii, le mie mani tremavano leggermente mentre sfilavo la maglietta, poi i pantaloncini, le mutandine. Rimasi nuda, esposta, ma non sentivo vergogna. Solo un desiderio ardente. Lui si spogliò a sua volta, i suoi vestiti caddero in un mucchio sul pavimento. Si sdraiò sul letto, il suo cazzo già duro, puntato verso l'alto. "Vieni qui," mi fece segno di avvicinarmi. Mi inginocchiai tra le sue gambe, il suo cazzo era proprio lì, davanti ai miei occhi. La sua mano mi guidò, spingendo la mia testa verso il basso. "Prendilo in bocca. Come ieri." Lo presi, il sapore familiare mi invase la bocca. Iniziai a succhiare, muovendo la testa su e giù, la lingua che avvolgeva la punta, poi scendeva lungo il fusto. Lui gemeva, le sue mani mi accarezzavano i capelli. "Più forte... così... brava... la lingua... muovi la lingua così..." Mi spiegava, grugnendo, i movimenti giusti, come usare la lingua, le labbra. Mi sentivo una studentessa zelante, desiderosa di imparare. Poi, la porta si aprì. Lucio. I suoi occhi si spalancarono, la sua bocca si aprì leggermente. Non disse nulla, ma il suo sguardo, rapido, si posò su di me, sul cazzo di zio Giulio nella mia bocca, poi sulla mia figa, già umida e pulsante. "Lucio, vieni qui," zio Giulio disse, senza distogliere lo sguardo da me. Lucio si avvicinò, i suoi occhi brillavano di eccitazione. Si inginocchiò accanto a me, poi si gettò sulla mia passerina, leccandola con una foga inaspettata. La sua lingua era più sottile, più agile di quella di zio Giulio, si insinuava, torturava il mio clitoride. Un gemito mi sfuggì, il cazzo di zio Giulio ancora nella mia bocca. Il piacere era doppio, una sinfonia di sensazioni che mi faceva tremare. Zio Giulio si ritirò dalla mia bocca, il suo cazzo flaccido, ma ancora gocciolante. "Ora, Lucia," disse, la voce roca. "Fai un pompino a Lucio. Voglio vedere se hai imparato." Mi girai, il mio corpo nudo contro quello di Lucio. Il suo cazzo era più piccolo di quello di zio Giulio, ma già turgido, pulsante. Lo presi in bocca, il sapore era diverso, più acerbo, ma ugualmente eccitante. Iniziai a succhiare, i movimenti che avevo appena imparato, la lingua che avvolgeva, le labbra che stringevano. Lucio gemeva, le sue mani mi afferrarono i capelli, tirandoli leggermente. "Ahhh... sì... così... brava..." Si scambiarono di posizione. Lucio era ora sulla mia testa, la sua lingua sulla mia figa. Io continuavo a succhiare, il suo cazzo pulsava nella mia bocca, la gola mi faceva male, ma non volevo fermarmi. Volevo sentire il suo sapore, volevo tutto. Lucio si contorceva, i suoi muscoli si irrigidivano. "Sto per venire!" la sua voce era un grido strozzato. Un getto caldo e denso mi riempì la bocca. Lo ingoiai, ogni goccia, il sapore dolce e metallico che si diffondeva sulla lingua. Lucio, esausto, si accasciò su di me, il suo corpo leggero. Ma io non avevo finito. Continuai a succhiare, a leccare, finché il suo cazzo non fu completamente prosciugato. Zio Giulio si riavvicinò, il suo cazzo di nuovo duro, pulsante. Mi guidò a terra, le mie ginocchia affondarono nel tappeto morbido. Mi fece inginocchiare, il suo cazzo si posò sul mio buchino. Non entrò. Solo la punta, la cappella, premette contro le mie labbra, poi si ritirò. Un gemito di delusione mi sfuggì. "Non ancora, piccola," la sua voce era un sussurro rauco. "Non ancora." Poi, un getto caldo e denso mi inondò la figa. Il suo sperma. Un brivido mi percorse. Era come un sigillo, una promessa. Lucio, ancora sdraiato, mi guardava, i suoi occhi brillavano. Questo gioco andò avanti per parecchio tempo. Ogni pomeriggio, dopo la scuola, era un rituale. Zio Giulio, Lucio, e io. Ogni giorno imparavo qualcosa di nuovo, ogni giorno il mio corpo si apriva a nuove sensazioni, a nuovi piaceri. La mia figa era costantemente umida, il mio clitoride sempre pronto a pulsare. Non c'era più spazio per la vergogna, solo per il desiderio. Poi, un giorno, zio Giulio fece una telefonata. Sentii solo frammenti, ma capii che stava parlando di me, di noi. "Dobbiamo coinvolgere anche Fabio," disse a Lucio, un sorriso furbo sul viso. Fabio. Mio cugino più grande, quindici anni. Era sempre stato più riservato, più silenzioso. Ma i suoi occhi, quando mi guardava, avevano sempre avuto una scintilla, un'attenzione che andava oltre il semplice affetto familiare. Il giorno dopo, Fabio era lì. Il suo cazzo era grosso, quasi come quello di zio Giulio, una presenza imponente che mi fece trattenere il respiro. Ero diventata una maestra, una vera esperta. I pompini non erano più un'incognita, ma un'arte che avevo padroneggiato. Li facevo a tutti, uno dopo l'altro, il mio corpo un tempio del piacere, una bocca insaziabile. Loro, a turno, mi mettevano solo la cappella nel culo. Un dolore acuto, poi un'espansione, un calore che mi riempiva. Non entravano mai del tutto, solo la punta, un assaggio, una promessa. Poi, il getto caldo, lo sperma che mi riempiva, una sensazione strana, un po' sporca, ma allo stesso tempo eccitante. I miei muscoli si contraevano, un piacere diverso, più profondo, che mi lasciava tremante. Le settimane si trasformarono in mesi. La scuola finì, e con essa, ogni pretesa di normalità. Le mie giornate erano interamente dedicate a loro. Svegliarsi, mangiare, e poi, il rituale. Il corpo di zio Giulio, quello di Lucio, quello di Fabio. I loro cazzi, le loro bocche, le loro mani. Ero la loro bambola, la loro puttana, la loro dea del piacere. Non c'erano più confini, non c'erano più limiti. Solo il desiderio, la carne, il sudore, lo sperma. Un pomeriggio, eravamo tutti e quattro in salotto, sdraiati sul divano, esausti e soddisfatti. La televisione era accesa, ma nessuno la guardava. I nostri corpi nudi si toccavano, si sfioravano, in un'intimità che era diventata la nostra normalità. Zio Giulio mi accarezzò i capelli. "Sai, Lucia," la sua voce era morbida, quasi affettuosa. "L'anno scolastico sta per ricominciare. E si avvicina anche il tuo compleanno." Un brivido mi percorse. Il mio compleanno. Tredici anni. "Ho un bel regalo per te," aggiunse, i suoi occhi che brillavano di quella luce intensa che ormai conoscevo così bene. Un sorriso enigmatico gli increspò le labbra. Il regalo. Mi domandai quale potesse essere. Un nuovo giocattolo? Qualcosa che avrebbe portato il nostro gioco a un livello successivo? La mia mente si accese, immaginando scenari sempre più audaci, sempre più perversi. Non vedevo l'ora. Il mio corpo pulsava, una promessa di piacere ancora più intenso. Ero pronta. Ero nata per questo. La notte prima del mio compleanno, non riuscii a dormire. L'attesa era insopportabile. Il regalo. Cosa sarebbe stato? Un nuovo giocattolo? Qualcosa che avrebbe portato il nostro gioco a un livello successivo? La mia mente si accese, immaginando scenari sempre più audaci, sempre più perversi. Non vedevo l'ora. Il mio corpo pulsava, una promessa di piacere ancora più intenso. Ero pronta. Ero nata per questo. La mattina del mio compleanno, mi svegliai con un nodo allo stomaco, un misto di eccitazione e un filo di nervosismo. Zio Giulio mi aspettava in salotto, seduto sulla poltrona, con un sorriso enigmatico. Lucio e Fabio erano in piedi accanto a lui, i loro sguardi pieni di attesa. "Buon compleanno, Lucia," zio Giulio disse, la sua voce calda e profonda. "Abbiamo una sorpresa per te." Mi fece segno di avvicinarmi. Mi sedetti sulle sue ginocchia, il suo cazzo premette contro il mio sedere nudo. Non indossavamo abiti, come al solito. "Il regalo, Lucia, è la tua iniziazione. È ora che tu diventi una vera donna." I suoi occhi brillavano. Il mio cuore martellava. Iniziazione. Donna. Le parole risuonavano nella mia mente. Mi prese la mano e mi condusse nella sua camera. Lucio e Fabio ci seguirono, i loro occhi fissi su di me. Sul letto, c'era un lenzuolo bianco, pulito, disteso. E al centro, un piccolo oggetto. Un dildo. Un brivido freddo mi percorse. Il mio respiro si fece corto. Un dildo? "Non aver paura, piccola serve per le notti quando sei sola," zio Giulio disse, notando la mia esitazione. "È solo un piccolo rituale. Per farti sentire davvero nostra." Mi fece sdraiare sul lenzuolo. Lucio e Fabio si posizionarono ai miei lati. Zio Giulio si mise in piedi ai miei piedi, il suo cazzo turgido che sfiorava la mia coscia. "Lucia, oggi diventerai una donna completa. Ti apriremo completamente, dentro e fuori." Lucio mi prese una mano, Fabio l'altra. Le loro dita si intrecciarono con le mie, una stretta forte, rassicurante. Zio Giulio mise il cazzo sulla mia figa "Questo è il tuo battesimo, Lucia. Il tuo ingresso nel nostro mondo." La sua mano, ferma, si posò sul mio clitoride. La mano abbassò Il cazzo, la punta che sfiorava la mia pelle. Un dolore acuto, bruciante. Un grido mi squarciò la gola. Il sangue. Rosso, caldo, che si diffondeva sul lenzuolo bianco. Poi, un dolore ancora più intenso, una pressione insopportabile. Zio Giulio premeva, il cazzo che si insinuava, aprendo. Le mie gambe si divincolavano, i miei muscoli si contraevano. Le mani di Lucio e Fabio mi tenevano ferma, le loro voci che mi sussurravano parole di incoraggiamento, di piacere. "Sì, Lucia... brava... apri le gambe... lascia che ti apra..." Un urlo disperato mi sfuggì. Il dolore era insopportabile, ma sotto di esso, un filo di piacere, perverso, oscuro, si faceva strada. Il sangue continuava a scorrere, la mia carne si apriva. Zio Giulio si inginocchiò tra le mie gambe, il suo cazzo turgido che premeva dentro la mia nuova apertura. "Ora, Lucia, sei pronta. Sei nostra." Spinse. Un dolore acuto, poi un'espansione, un calore che mi riempiva. Il suo cazzo entrò, completamente, lacerando, aprendo ancora di più. Un gemito strozzato mi sfuggì. Le mie mani afferrarono le lenzuola, stringendole forte. Zio Giulio si mosse, lentamente all'inizio, poi sempre più veloce. Ogni spinta era un misto di dolore e piacere, un'ondata di sensazioni che mi travolgeva. Lucio e Fabio si unirono, le loro dita che accarezzavano il mio corpo, le loro bocche che succhiavano i miei capezzoli, i loro cazzi che premevano contro il mio culo, contro la mia bocca. Ero un campo di battaglia, una tela su cui dipingevano il loro desiderio. Il mio corpo si contorceva, si inarcava, si apriva a ogni tocco, a ogni spinta. Non c'era più Lucia, la di dodici anni. C'era solo un corpo, un'apertura, un ricettacolo di piacere e dolore. Vennero, uno dopo l'altro, il loro sperma che mi riempiva, mi inondava, un fiume caldo che scorreva dentro di me. Quando finirono, ero esausta, il mio corpo dolorante, ma stranamente, in pace. Zio Giulio mi baciò sulla fronte, le sue labbra umide di sudore. "Benvenuta, Lucia. Benvenuta nel nostro mondo." Lucio e Fabio mi abbracciarono, i loro corpi caldi e nudi contro il mio. Ero una di loro. Ero la loro Lucia. Il giorno dopo, il dolore era ancora lì, ma era diverso. Era un dolore che portava con sé un senso di appartenenza, di completezza. Ero stata iniziata. La mia vita non sarebbe mai più stata la stessa. Ma non mi importava. Ero finalmente a casa. Ero finalmente me stessa. E il mio compleanno, il mio tredicesimo compleanno, era stato il regalo più bello che avessi mai ricevuto. Ero pronta per il futuro, per tutto ciò che avrebbero voluto da me. Ero la loro Lucia. E questo era il mio destino.

«Bellissimo! Molto eccitante!»