Avevamo appena ricevuto i gradi di sottotenente, io e Franchino Mazza, quando fummo comandati per un’esercitazione di lancio in mare nei pressi di Livorno. Il tutto faceva parte di un “joint exercise” con la base USA di Camp Darby. Infatti saremmo stati alloggiati per due giorni proprio presso la base americana.


Il lancio dalla porta assiale ancdò (quasi) bene, nel senso che io e Franchino, primi alla porta per i reciproci plotoni, beccammo un improvviso ventaccio che ci portò quasi sulla spiaggia. Atterrammo in neanche un metro d’acqua per la gioia di molti ospitati nella colonia estiva antistante. Fummo praticamente circondati e prima che il battellino di recupero ci raggiungesse, avevamo fatto in tempo a conoscere alcune graziose vigilatrici che, forse affascinate da questi coraggiosi paracadutisti (Franchino era molto bello di suo), accettarono di incontrrarci la sera stessa in un locale da ballo (sì, parlo di molto tempo fa) a Calambrone.


Puntualissimi arrivammo al locale ed incontrammo le ragazze – erano, mia pare – tre o quattro. Mi sembrò di cogliere in loro un po’ di delusione perché i due “coraggiosi” erano abbigliati come comuni mortali: jeans e maglietta. Ballammo a turno con le ragazze fino all’orario che le obbligava al rientro e questo ci fece anche capire che non saremmo andati oltre qualche ballo lento molto stretti. Ricordo che una, sentito che avevo l’uccello in tiro, spingeva così forte con il bacino che quasi mi faceva venire. Tentai di baciarla: niente.


Rientrammo quindi a Camp Darby e ci dissero che dovevamo dividere l’alloggio. Una squallida stanzetta con due lettini e calda come una stufa. MI feci una lunga doccia e poi mi stesi sul letto, certo che non avrei dormito per il caldo. Anche Franchino si docciò e rientrato in camera, notai che aveva un un cazzo di tutto rispetto – una ventina di centimetri o più. Spegnemmo la luce, ma la stanza era tutt’altro che al buio: gli americani avevano la fissa della sicurezza, per cui era un continuo lampeggiare di lucette di vario colore per ogni vario rilevatore (fumo, ossido di carbonio,ecc).


Come detto, non riuscivo in alcun modo a prendere sono e non facevo che girarmi nel letto, quando ho visto che Franchino si stava segando con buon impegno. Eravamo giovani e la cosa non mi sorprese più di tanto anche se continuai a guardare non senza un po’ di eccitazione. Anche il mio cazzo stava diventando duro. Poi gli dissi: la dedichi a qualcuna delle ragazze di stasera ? Con molta decisione mi rispose: neanche per sogno ! E allora a chi ? Dissi io – a te, fu la risposta che mi lasciò di sasso. Non dissi niente e lui continuò a segarsi quando, improvvisamente, si alzò dal letto – ricordo perfettamente la sua silhouette con questo suo cazzo torreggiante – e si avvicinò al mio lettino, si inginocchiò e prese il mio cazzo in bocca. Era già duro e lui cominciò un pompino magistrale, tanto che gli dissi: guarda che vengo in un attimo. Allora si sdraiò accanto a me e appoggiò il culo sul mio cazzo. Non so quando lo avesse fatto, ma aveva già lubrificato il tutto e non abbi difficoltà ad infilarglielo tutto dentro. Avevo già inculato qualche donna, ma era la prima volta che lo facevo con un uomo. Lui si muoveva in maniera stupenda e mugolava come una qualsiasi troietta, ma non resistetti alla tentazione di toccargli quel cazzo enorme. Cominciai a segarlo al ritmo dei colpi che gli davo nel cuolo, fino a quando quasi urlò che stava per venire. Sborrò copiosamente ed a mia volta gli sborrai in culo. Il giorno dopo ci comportammo come se non fosse accaduto niente, ma la sera, in camera volle nuovamente godere con me. Facemmo un grande sessantanove e fu per me la prima volta che prendevo in bocca un cazzo e poi di quali dimensioni ! Tentò anche di incularmi, ma rifiutai con decisione: ero terrorizzato da quell’enorme arnese. Lui, invece, lo volle ancora in culo e godette come la sera precedente.


Poi fummo trasferiti definitivamente, lui a Pisa e io a Livorno. Quindi divisi, ma Livorno e Pisa non erano lontane…...

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Categorie: Gay e Bisex