Ho preso ispirazione per questo testo breve da un video trovato su questo sito 


La notte


Il vetro freddo della finestra gli incollava il naso. Seduto sul davanzale, Claudio vide sua madre scivolare da un'auto, due uomini a bordo che ridevano. Poi la vide cadere, le mani che sbattevano sul cemento. L'auto sgommò via, e sua madre si rialzò a fatica, si tolse i tacchi barcollando verso casa. Dopo un tempo che gli parve eterno, si alzò e raggiunse la sua camera. Aprì la porta, e la vide. La luce fioca del comodino illuminava il suo corpo nudo, steso sul letto. Era a gambe aperte, una bottiglia di vodka vuota quasi le cadeva di mano, e l'altra stringeva una sigaretta spenta. I suoi tacchi neri e le sue mutande giacevano sul pavimento. Il figlio si abbassò, raccolse i tacchi e poi, con un moto di repulsione, afferrò le mutande umide che odoravano di sesso. La sua vista era un pugno che gli toglieva il respiro.


La mattina


La testa di Ilaria pulsava, un dolore sordo che si irradiava dietro gli occhi. Si alzò con un gemito e, in un gesto abitudinario, si diresse in cucina alla ricerca di un bicchiere d'acqua. La luce del mattino inondava la stanza, ma il suo corpo si bloccò, immobilizzato. Non era la nausea, non era il dolore. Era la figura di suo figlio Claudio, in ginocchio al centro della cucina.


Il busto nudo, il suo corpo pallido illuminato dalla luce che entrava dalla finestra. Ai suoi piedi, un paio di tacchi a spillo neri, le sue scarpe preferite. E, sopra i fianchi, un paio di mutande di pizzo nero. Le stesse che lei aveva indossato la sera prima.


Claudio non la vide. Era completamente assorto in un rito silenzioso e terribile. Tra le sue mani, un melone che aveva comprato al mercato. Un buco scavato in modo imperfetto. Le sue dita si stringevano attorno al frutto, mentre il suo bacino si muoveva con un ritmo lento e metodico, un movimento che non lasciava spazio a dubbi. Le labbra si muovevano in un sussurro che lei poteva a malapena sentire.


"Sei una puttana," mormorò, il viso premuto contro il frutto. "Fai schifo. Mi fai schifo. Mi fai schifo mamma!" La sua voce era bassa, un sibilo pieno di un disprezzo così viscerale che le fece tremare le gambe. Le parole non erano per lei, ma per il frutto che teneva tra le mani, che stava usando in quel modo. Era un'accusa che andava al di là di qualsiasi confronto. Il melone era lei, un oggetto usato per esprimere una rabbia che la consumava dall'interno.


Ilaria rimase immobile, la mano premuta contro la gola. Si sentiva il viso in fiamme, lo stomaco che si rivoltava. Non c'era sensualità in quella scena, solo orrore. Quello che Claudio stava facendo era la prova che il suo segreto, la sua vita notturna, era diventato un'arma nelle sue mani. E in quel momento, il silenzio tra di loro, era molto più doloroso di qualsiasi parola.

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