10. La Tensione Crescente
Il silenzio tra loro si fece denso, saturo di un'elettricità inquietante. Il suo sguardo fisso, la sua nudità così vicina, erano una sfida silenziosa, un promemoria tangibile del segreto che li legava in modo torbido. Lei sentiva il suo respiro farsi corto, il cuore battere all'impazzata contro le costole.
"Non... non è la stessa cosa," riuscì a dire, la voce appena un sussurro strozzato. "Quello che è successo... non doveva succedere."
Lui non batté ciglio. I suoi occhi la scrutavano con una intensità quasi predatoria, come se stesse cercando qualcosa nel profondo della sua anima. "Ma è successo," replicò, la voce bassa e roca, carica di una sottile, inquietante trionfalità. "E tu... tu non ti sei tirata indietro subito."
Le parole la colpirono come un pugno allo stomaco. Il ricordo confuso e vergognoso della notte precedente tornò a tormentarla, il suo corpo ancora memore di quel contatto proibito. Sentì il viso avvampare di vergogna.
"Era... un errore," balbettò, cercando disperatamente di negare la verità che lui sembrava volerle sbattere in faccia. "Un momento di debolezza."
Lui fece un piccolo passo avanti, riducendo ulteriormente la distanza tra i loro corpi. Lei sentì il suo odore, un odore familiare ma che in quel momento le sembrò stranamente intenso, quasi animalesco.
"Debolezza?" ripeté, un mezzo sorriso inquietante che gli increspò le labbra. "O forse... un desiderio nascosto?"
Le sue parole, così dirette e cariche di una insinuazione perversa, la fecero rabbrividire. Sentì un misto di paura e rabbia montare dentro di lei. "Smettila," sibilò, cercando di mantenere un tono di autorità. "Sei mio figlio. Questo è... malato."
Lui non si scompose. Anzi, sembrò quasi divertito dalla sua reazione. Allungò una mano, lentamente, pericolosamente, e le sfiorò un fianco attraverso la sottile stoffa della vestaglia. Lei sussultò, ritraendosi di scatto come se fosse stata bruciata.
"Non toccarmi!" esclamò, la voce ora carica di un terrore crescente.
Lui ritirò la mano, ma il suo sguardo rimase fisso su di lei, carico di una sfida silenziosa. "Perché no, mamma? Ieri sera ti piaceva essere toccata."
Le sue parole, così esplicite e crudeli, la fecero sentire come se fosse stata spogliata di ogni dignità. Le lacrime le bruciavano gli occhi, ma si rifiutò di piangere davanti a lui. Doveva mostrarsi forte, doveva fermare quella spirale perversa prima che fosse troppo tardi.
"Vattene," disse, la voce ora ferma nonostante il tremore interno. "Vestiti e vattene nella tua stanza. Non voglio vederti così."
Lui la guardò per un lungo momento, i suoi occhi che brillavano di una luce strana e inquietante. Sembrava soppesare le sue parole, valutare la sua reazione. Poi, con un sorriso lento e agghiacciante, si voltò e si diresse verso la sua camera, lasciandola lì, immobile, scossa da un terrore che le gelava il sangue nelle vene. La tensione nella casa era palpabile, un filo invisibile ma resistente che sembrava pronto a spezzarsi da un momento all'altro.

«Mi piace..continua, vediamo come vá a finire!»