Sono passati molti mesi da quella sera, io stessa ho cancellato quasi ogni ricordo. Certo, non ho più perso il bus e nei primi giorni controllavo spesso se vedevo passare la Golf grigia, ma poi piano piano il tempo tutto cancella, soprattutto le sensazioni provate quella volta. Quelle sensazioni, così inattese e prepotenti, erano svanite come nebbia al sole, lasciando un vago alone di stupore.
Ora siamo in estate, ci sono belle giornate, il lavoro è molto più tranquillo. A volte finiamo tutto già la mattina e mi prendo i pomeriggi liberi. Spesso vengo al lavoro in motorino, così poi posso andare al lago. È un bel giovedì di fine giugno, sono le 11 e Antonio, il responsabile del negozio, mi dice di andare a portare un sacchetto di prodotti freschi a una nostra cliente che vive non molto distante. Preparo i prodotti nel sacchetto e mi incammino.
Non mi sono neanche tolta il grembiule bianco e rosa con il nome del negozio, tanto la signora non vive lontano. Percorro le vie centrali del centro fino al portone. Suono al citofono, attendo un po' ma non risponde nessuno. Leggo bene il nome e suono ancora, niente…
«Ehi, Alessandra, ti chiami così, vero?»
Mi volto sorridente pensando a qualche amico, ma mi trovo davanti uno sconosciuto o, meglio, il viso mi è familiare. Ho… cazzo, è lui, Mario! Non so che fare, che dire, e mò?
«Sì, mi chiamo Francesca.»
«Tu non ti ricordi di me?»
Lo fisso, poi con voce bassissima: «Ah, sì, certo, Mario, vero?»
E lui: «Sììì, certo!» Facendo un passo avanti, mi abbraccia. «Che bello rivederti! Come stai?» mentre mi stringe forte. In quell'istante riprovo un po' di sensazioni provate quella sera e tutto mi torna alla mente. Un brivido inatteso corre lungo la schiena, un’eco del desiderio di allora.
Prendo fiato e appena mi libera dal suo abbraccio freddamente rispondo: «Bene, bene, sto lavorando.»
«Ah, sì, e che fai?»
«Nulla, faccio una consegna. Lavoro qui avanti.»
«Ah, bene! Mi ha fatto molto piacere rivederti, spero capiti ancora.»
Io, molto imbarazzata: «Sì, speriamo.» E in quel momento sento la voce della signora che mi chiede scusa: «Sono uscita per un’urgenza, sali pure.»
«Ok, allora ci si vede, Francesca.» E mi abbraccia ancora, dandomi un bacio sulla guancia. Il contatto della sua pelle, seppur fugace, riaccende una scintilla di quel lontano
<**erotismo**> di un tempo.
Dopo aver consegnato torno in strada, mi guardo in giro, lui non c'è più. Mi sento più tranquilla, ma forse un po' delusa, di sicuro non indifferente a quell'incontro. Una sensazione di vuoto e al contempo di attesa, quasi un desiderio sottile che si stesse risvegliando.
La settimana successiva, esco dal lavoro poco prima delle 16 e mentre accendo il motorino lo vedo appoggiato al cancello del piccolo parcheggio del palazzo dove si trova il mio negozio.
«Stai uscendo?» mi chiede.
«Sì, ho finito, vado a casa.» (Anche se la mia vera intenzione era di andare al lido.)
«Ah, peccato! Speravo mi facessi compagnia, ho un paio d'ore libere, ti offro qualcosa.»
Resto un po' indecisa. E non dovrei. Ma andarmene subito? «C'è un bel baretto qui vicino, dai, mi farebbe molto piacere.»
Non so neanche perché, ma mi lascio convincere. Mentre ci incamminiamo mi dice che mi ha pensato spesso e che non riusciva a togliersi dalla testa quella sera. Il suono della sua voce, così vicino, era un richiamo irresistibile, un preludio a un sensuale riavvicinamento.
Io, imbarazzata, riesco solo a dire: «E sì, è stato inconsueto.» Arrivati al bar entriamo, c'è l'aria condizionata, si sta bene. Lui va dritto a un tavolino per due in un angolo. Il bar è semi vuoto. Ordiniamo: io un succo mix tropical, lui una birra.
«Sai, volevo sapere cosa pensi tu di quella sera? Vero che non ti è dispiaciuto quello che è successo?» La sua voce era bassa, un sussurro che accarezzava l'aria tra noi, promettendo intimità.
«No, è stato inaspettato, strano, e mi ero preoccupata molto. Non sapevo come sarebbe andata a finire…»
«Poi è finita bene, però?» chiede lui mentre mi prende la mano, fissandomi. Il suo tocco sulla mia pelle accende una reazione a catena, un calore che si propaga, un desiderio che si fa strada silenziosamente.
Io abbasso lo sguardo dicendo: «Sì, certo, bene… molto emozionante.» L'emozione era una marea montante, impossibile da contenere.
Lui mi stringe la mano e sussurra: «Penso spesso alla tua bocca, al bacio, a come ti sei lasciata prendere dalla passione, a come mi stringevi il cazzo… solo a dirlo lo sento già duro.» Le sue parole sono una carezza audace, i suoi occhi bramano i miei, e la tensione quasi palpabile tra noi è un inno all' <**erotismo**> più puro.
Io mi guardo in giro, preoccupata che qualcuno ci senta, sono molto imbarazzata e allo stesso tempo lusingata. Una miscela vertiginosa di timore e ardore.
«No, lo avevi fatto spesso, vero?» chiede lui.
«Mai!» rispondo.
«Allora sei stata proprio fantastica! Senti, ti va se facciamo un giro?»
«Va bene,» rispondo. Lui paga e usciamo. Dopo un piccolo tragitto mi dice: «Sali, questa è la mia auto.» Vedo che non è più la Golf, ma un'Audi molto bella. Io dico: «Pensavo un giro a piedi...»
Lui ride: «Ma no, fa caldo, facciamo un giretto al lago.»

«Molto eccitante è venuto il cazzo duro anche a me»