Era una giornata stupenda.
Avete presente quando ci si alza col piede giusto e tutto magicamente sembra procedere nella giusta direzione? Ecco, così sembrava... Sembrava!
L'aria in faccia era così gradevole, quella leggera brezza maggiolina era una manna tutta da deglutire, assaporandone ogni molecola.
Il mio ex pedalava a fatica con i chili messi su grazie al suo lavoro sedentario. Pensare che era fissatissimo con sport e alimentazione, ma è ancora giovane, può migliorare se vuole.
Io mi godevo gli sguardi fugaci dei ragazzi e degli uomini sulle mie gambe e i miei glutei e procedevo con rinnovata energia sulla mia mountain bike.
In garage quasi spaventata dai rumori, incontro mio figlio con un suo amico che avevano appena sistemato le loro bici.
“Anche voi una pedalata oggi?”
“Ciao ma'... Si e pure tosta, con tanto di foratura, ma tutto sistemato”
“Vedo... Ciao Andrea, chi ha sudato di più?”
“Ciao, non so ma tuo figlio ha i razzi ai polpacci e in salita è un demone, poi gli faccio pena e si fa raggiungere”
Ridemmo tutti e tre e ci accomiatammo da Andrea, anche lui a solleticare il mio orgoglio: come?
Semplice, come tutti i maschietti: guardandomi culo e gambe.
Io e Luca una volta in casa bevemmo un litro in due di preparato salino: che sete!
“Io mi faccio una doccia veloce” disse
“Muoviti che non mi va di stare sudata”
I suoi cinque minuti scorsero veloci come il sapone che vedevo colargli addosso dai vetri trasparenti della doccia. Mi spogliai e avvolsi l'asciugamano attorno al mio dorso fino a coprire alla bell'e meglio le parti intime.
Dallo specchio controllavo il mio viso e inevitabilmente l'occhio cadde sul corpo di quel ventisettenne che usciva dalla doccia. Le gocce scendevano lentamente su di lui.
Scendevano fino a dove non avrei dovuto guardare con insistenza. Quel palo di carne ondeggiava come un batacchio di una campana e per alcuni millisecondi che parvero ore, restai immobile a fissarlo come fosse un totem da adorare.
“Mamma?”
“Oh si, hai fatto?”
“Si, se mi passi l'accappatoio dietro la porta per favore...”
Lui usci, appoggiò i piedi sul tappeto, rimanendo fermo, in attesa.
“Ma non c'è nulla qui dietro tesoro...”
“Ma come no?”
“Guarda!” feci di scatto per spostare la porta e mostrargli che non c'era.
Sovrappensiero, non mi resi bene conto che ero con un semplice asciugamano addosso, il quale con quel gesto repentino si afflosciò a terra come una foglia morente, ma con il peso di un'incudine. “Wow”, fece mio figlio fissandomi il culo.
“Scemo” gli feci eco, guardando quella statua ricca di muscoli e nervature.
E lo vidi, a quarantasette anni non ci si sbaglia su certi dettagli.
Il cuore, totalmente staccato dal cervello, aumentò i battiti nel vedere quel cazzo che stava diventando duro.
Scelsi di tacere, avevo l'arsura in bocca. Abbassai lo sguardo, raccolsi l'asciugamani e lo tenni come meglio potevo davanti a me.
“Mi asciugo con quello?”
“Ehm, si dai, tanto non c'è altro, potevi controllare però...” avvicinandomi a lui, invece di allungare le braccia.
“Madonna quanti problemi, ma'...”
Non risposi, lui si mise l'asciugamani in testa coprendosi cranio e volto strofinando per togliere l'eccesso d'acqua. Io ero paralizzata. Una scema che oscillava lo sguardo dal suo volto coperto, al suo cazzo, che mezzo duro, sembrava cercare un appiglio per contenere il suo moto ondulatorio.
Per entrare in doccia dovevo passargli accanto. Lo pestai per sbaglio.
“S-scusa” balbettai cercando di indovinare il suo piede, la visuale coperta dal tronco che puntava verso me.
“Niente”
Svicolai quella situazione imbarazzante e mi tuffai sotto una doccia tiepida.
Gli diedi le spalle per quei tre/quatto minuti in cui mi insaponai, eccitata, e mi risciacquai sperando di far defluire sudore, sporcizia, sapone e umori sessuali al limite della decenza.
Chiusi l'acqua e mi girai. Lo vidi: mio figlio se ne stava tranquillo a radersi la barba e le ascelle.
Nudo.
Realizzai che nella confusione di prima non avevo preparato un asciugamani e l'unico lo avevo dato a lui. Aprii la doccia.
Fu come entrare in un divieto di transito, di notte, in una stradina nera in mezzo a un bosco.
Lui si stava asciugando la faccia.
Io misi il primo piede fuori, sul tappetino.
Si girò, il cazzo sfiorò il mio addome, non era in tiro ma era bello gonfio e con la cappella rossa in bella vista.
“Mamma?!”
“Senti passami l'asciugamani e non fiatare”
Uscii del tutto, mi avvicinai pericolosamente a lui che si tolse l'asciugamani dal collo e lo mise sul mio capo. Iniziò a massaggiarmi delicatamente i capelli.
Emisi un lungo sospiro e mi avvicinai a mio figlio e lui a me. Ora eravamo attaccati.
Sorrisi ma non aprii gli occhi, dovevo ancora digerire questa nostra intimità.
Lo abbracciai, seppur con fare materno. Ma il suo pene non reagi con fare innocente.
Lo sentivo pulsare e crescere contro la mia pancia e data la differenza di altezza, raggiungere quasi il mio seno.
Ero in un limbo. Ancora in tempo a non scivolare. Ancora in tempo per frenare e uscire dal bosco.
Ma non lo feci. Lui mi asciugava garbatamente e il suo uccello mi strusciava sull'addome con nuova irruenza.
I perché non erano e non sono contemplati: in quel momento eravamo due adulti i cui respiri di sesso andavano oltre l'incesto o etichette di qualsiasi tipo.
Lo strinsi a me. Il suo pene era sempre più duro. Ora lui mise una mano dietro la mia schiena umida e mi fece ancora più sua.
Non una parola fino a quel momento uscì dalle nostre bocche.
Solo respiri profondi.
Aliti che entravano nelle orecchie e intrappolavano il cervello in una morsa di calda lussuria.
Mi lasciai andare e scivolando su di lui, piegai le ginocchia e faccia a faccia con quel poderoso fallo lo presi fra le mani.
La sua cappella brillava, lucida e austera. Tirai comunque di quel poco possibile la pelle verso il basso e quell'uccello davvero ora era di marmo. Iniziai una lenta sega. Una mano un verso l'altra al contrario. La sua pelle fra le mie dita era calda, tiratissima. Fu così che totalmente in preda al desiderio represso, misi in bocca quella grossa cappella.
Fu lui, mio figlio a interrompere il silenzio: “Oddio...” disse.
Con Dio avrei fatto i conti dopo, ora ero pazza di quei gesti, di quei profumi e di quel sapore.
Glielo pompavo con amore e ardore e mi sentivo una fontana tra le gambe. Qualcosa di simile a uno squirt scendeva lungo le cosce.
Mi accarezzo la testa e spinse il suo bellissimo cazzo in fondo alla mia gola.
Tossii e mi sembrava di affogare. Ne avevo oltre la metà in bocca.
Con forza mi scansai il respiro affannoso e gli occhi lucidi. Sputai saliva in eccesso sul suo uccello.
In un batter d'occhio mi sentii presa da due forti braccia.
Senza capire come, ero appoggiata sul lavabo. Le gambe sospese in aria e le sue braccia che gli passavano sotto, puntate sui miei fianchi. Poi sentii avvicinare la cappella alla mia fica.
Fu tutto rapido.
Non ebbe bisogno di essere guidato, era così duro che poteva trapassarmi.
Trovato il buco lo sentii entrare con prepotenza, fino in fondo.
Sentivo di avere gli occhi spalancati e il fiato di chi ha fatto le scale di corsa.
E iniziò così a pomparmi.
Lo faceva talmente bene che ero inebetita.
Fili di saliva scendevano senza freni dalla mia bocca, colando sul petto danzante.
Iniziammo a gemere sul serio.
Con una presa poderosa, mio figlio mi prese sotto le cosce e mi sollevò come un fossi un fuscello.
Ero fra le sue braccia, come essere su una nuvola, ma con un palo impiantato nella figa.
Che bello era: le mie braccia appoggiate sulle sue spalle, la testa all'indietro e lui che mi faceva andare su e giù nel vuoto ancorata al suo cazzone. Venni senza preavviso e i miei umori letteralmente esplosero sul suo cazzo invadendo le sue parti intime. Mi scopava come fossi la sua troia e io ne godevo immensamente. Gli schizzi producevano tanti di quegli umori che ora ogni volta che facevo su e giù la stanza era un susseguirsi di rumori sì come una spugna strizzata.
A volte nelle cose superbe il diavolo ci mette lo zampino: fummo riportati sulla Terra dal mio telefono che trillava con insistenza.
“Non ti farò scendere, non ora”
Lo accarezzai “prometto che continueremo”
“No mamma”
E in quella posizione mi portò in sala.
Rimasi impressionata dalla sua forza.
Mi morsi il labbro inferiore e strinsi la vagina attorno al suo uccello in segno di approvazione.
Il telefono continuava a suonare quando mio figlio me lo passò: era il mio ex marito, suo padre.
Ci scambiammo un sorriso perverso. E mentre lo guardavo risposi.
Lui strinse le mie chiappe con forza, fin quasi a farmi male. E sentii un suo dito addentrarsi nel mio culetto. Cercavo risposte brevi per celare il mio stato, lui voleva solo sapere se mi andava aggregarmi a lui e altri colleghi per una gita di lavoro. Risposi affermativamente mentre quello stronzo di mio figlio riprese a mulinarmi la figa col suo bastone.
Per tutta risposta inizia anche io a cavalcarlo e con una scusa chiusi la chiamata.
Ora i gemiti erano profondi e di nuovo la situazione mi eccitò così tanto da farmi uscire tanti di quegli umori ,che se non fosse per le dimensioni del pene di mio figlio, quasi ero impossibilitata a percepirlo. Aprii la bocca per godere di quel sesso fantastico, ma lui si attaccò alla mia baciandomi con una lingua infuocata. Ricambiai e di lì a un paio di secondi sentii tutta l'energia della montata.
Il cazzo mi arrivò allo stomaco, iniziò la sborrata e veloce riprese a stantuffarmi in tutta la sua lunghezza: con precisione chirurgica mi sollevava fino quasi ad estrarlo, poi giù con violenza cieca fino a sfondarmi. Sembrava un'eternità, ero fuori dalla concezione temporale. Pochi secondi che parevano anni luce. Lampi ovunque, scosse, vibrazioni... Il suo seme era ovunque in me.
Cercò il divano. Si sedette sulla punta del cuscino. Io gli rimasi incollata come una ragazzina alle prime scopate. Solo che questa era stata una voragine di piacere. Lo baciai. Gli diedi un seno da... succhiare, lo ciucciò avidamente, donandomi altro immenso piacere e forse per questo il suo cazzo rimase duro a lungo.
Poi cedette ma feci in modo di tenerlo in me più tempo possibile.
Era caldo. Lo eravamo anche noi.
Appoggiai il viso sull'incavo del suo trapezio e ci rilassammo.
“Mi sa che serve un'altra doccia...” disse sottovoce.
“Mmm, si si...” risposi e per alcuni minuti cademmo in un oblio profondo.
Senza suoni, senza rumori, solo respiro e pace dei sensi.

«Ti riconfermi in questo racconto per l’ottima scrittura ed una rivelazione nei commenti: “qualcosa di vissuto c’è “. Rimane il dubbio che ci lasci: se quello che descrivi tu lo abbia vissuto con l’incesto o con un rapporto “qualsiasi”…»
«complimenti davvero ben scritto»
«Ogni volta che lo leggo mi fai fare una sega........mmmmmm anche adesso»
«Grazie cari. Bè per rispondere a qualcuno... C'è sempre una buona dose di vissuto nei miei racconti!»
«stupendo»
«Racconto scritto molto bene...eccitante»
«Fantastico molto eccitante complimenti»
«Stupendo racconto, vero o fantasia?»
«Grande finalmente. Sei sempre perfetta nei racconti»