Valentina, tornata a vivere la sua vita di madre e compagna nella casa di famiglia, aveva riacquistato un minimo di fiducia nel padre delle sue figlie e avuto conferma che la sua decisione di lasciarlo, era stata l’unico modo per dare una svolta al loro rapporto e metterlo dopo tanti anni davanti al fatto, che sarebbe stata l’ultima occasione per cambiare.
Emanuele aveva iniziato un percorso serio, ed a detta di lui, assolutamente motivato, con l’unico obiettivo di iniziare a volersi bene: ciò che aveva intrapreso, non era per accontentare chi gli stava accanto, ma per la prima volta nella sua vita, per cercare di eliminare tutto il marcio che lo hanno sempre accompagnato nella sua vita.
Tutto sembrava incanalato nei giusti binari, anche se era solamente la partenza verso un obiettivo i cui esiti difficilmente potevano essere pronosticati.
Per la prima volta, aveva visto da parte di lui, fermezza e determinazione nel farsi aiutare a superare i suoi annosi problemi: questo era già molto, rispetto a ciò che aveva vissuto negli anni precedenti, pur consapevole delle difficoltà a cui sarebbero andati incontro e cosciente dell’incertezza dei risultati che avrebbero raggiunto.
Il lavoro, oltre a portarle via quasi tutto il tempo della settimana, non la gratificava, anzi aumentava stress ed insoddisfazione alla sua vita.
Il nostro rapporto ed i nostri contatti fisici, ormai ridotti esclusivamente al venerdì sera, inizialmente avevano aumentato i suoi punti interrogativi a cui cercare di dare una risposta: da una parte rappresentavano l’unica valvola di sfogo al suo momento complesso, dall’altra la facevano sentire in colpa verso la persona con cui stava cercando, in un percorso tortuoso e pieno di ostacoli, di ricostruire fondamenta solide e mura, a difesa della famiglia.
Dopo circa un anno da quando ci siamo conosciuti, per la prima volta, nel divano di casa mia, abbiamo passato quasi tutta la nottata a parlare, bevendo i nostri Gin Tonic: le sue perplessità, a cui mi chiedeva di dare una risposta, sono emerse, trascinandola a raccontarmi anche ciò, che precedentemente ho descritto.
Penso, ed è ciò che semplicemente ho detto a lei, che qualsiasi persona necessita di sostanza: la linfa vitale, che ci permette di affrontare qualsiasi battaglia, la possiamo trovare solo ed esclusivamente in determinate situazioni, che per caso, perché cercate o per chissà quale altro motivo, la vita, il destino, ci mette a disposizione.
Nel nostro caso, era nato qualcosa di speciale, un’attrazione ed un’empatia viscerale, che hanno tirato fuori dalla sua anima, ciò che mai aveva esternato al mondo: non doveva assolutamente sentirsi in colpa, per qualcosa che faceva esclusivamente per stare bene e non con cattiveria, per fare stare male qualcun altro.
Pochi e semplici dettami: nessuno mai dovrà sapere di noi due, altrimenti il dolore che provochi non giustifica il tuo benessere; deve rimanere intatto il rapporto gerarchico Generale, Tenente Colonnello. La prima regola è semplice da controllare; per la seconda, appena arrivano delle avvisaglie, degli alert, parliamone subito e cerchiamo una soluzione.
Questa è la sostanza, ovvio concetto, che usando un briciolo di razionalità, rendono la forma, priva di qualsiasi velleità: Valentina questo lo ha capito bene e ha trovato conforto a ciò che voleva continuare a vivere. Tra i punti d’incontro con il suo compagno, tra i principali c’è stato sempre, molta sostanza e poca forma.
Per la prima volta, come anticipato prima, abbiamo passato quasi tutta la nottata a parlare: quasi tutta perché, dopo è andata in scena una delle nostre migliori scopate.
Completamente ubriachi, dopo svariate ore di conversazione a base di Gin Tonic, mi sono preso un piccolo aiutino alla vigoria del mio cazzo: credevo ne avesse avuto necessità, ma in realtà il risultato è stato esclusivamente quello di rendermi una barra d’acciaio per quasi un’ora.
Dopo il nostro consueto e sensuale ballo, a base di incontri delle nostre lingue, adagiata sul tavolo, mi sono deliziato il cazzo facendomi masturbare dai suoi piedi avvolti nei collant, mentre guardandola negli occhi, le ricordavo che io ero il suo Generale.
La sua unicità, la trasmette anche in questi piccoli particolari: tenere il cazzo eretto tra i piedi e masturbarlo la gratifica, si vede che le dà estremo piacere.
Svestita dalle calze, tenendola per i piedi, le ho fatto avere il primo orgasmo, succhiandole il suo mastodontico clitoride: la sua fica è deliziosa, succulenta e invitante per essere raccolta in un pizzicotto, per poi essere gustata in bocca.
L’ho scopata in tutti i modi, e ad ogni cambio di posizione, approfittavo per farmi leccare, come lei magistralmente sa fare, i coglioni: i suoi pompini ai testicoli, che risucchia uno per volta in bocca, sono sublimi.
A gambe divaricate sulla poltrona, dopo averle leccato il culo, le ho inserito le tre palline anali, dopodiché’ tenendola per le caviglie ho ricominciato a chiavarla: l’additivo preso per precauzione, mi hanno reso l’uccello, una spada indistruttibile.
Dopo le mie rassicurazioni verbali, penso che i suoi svariati orgasmi, le abbiano fatto chiarezza sulla opportunità, di abbandonare le sue seghe mentali legate alla forma, e rafforzato il mio incipit legato alla sostanza.
La mia posizione preferita, da cui posso godermela a pieno, è appoggiarmi con il culo al tavolo, alzarla per i glutei, in modo che possa piantare i piedi e vederla pompare sull’asta: devi soltanto assecondare i suoi movimenti, come l’allenatore che si fa cura della sicurezza dell’atleta sulla panca pettorali.
Mentre le succhi i suoi turgidi capezzoli, le tue orecchie sentiranno la sinfonia della sua fica grondante, emettere suoni simili alle onde che si abbattono sugli scogli.
Facendo presa sul tuo collo, con entrambe le mani, si gode ad occhi chiusi o ribaltati, il suo giocattolo di carne: ritmo sempre elevato, da atleta e da adoratrice del cazzo. Vederla ti dà soddisfazione: ti trasmette la sua naturale voglia di godere e stare bene.
Quanta birra avevo dentro quella sera: prima di scaricarle dentro il frutto del mio lavoro, l’ho inculata a quattro zampe sul tappeto davanti al camino.
Quando viene sodomizzata, hai veramente la percezione, che lei ti trasmette, di quanto piacere provi: mai un urlo, la senti vivere il momento, ansimare con il respiro affannoso, e spendere le ultime energie, solo per chiederti in tono supplichevole, di continuare e non smettere.
Non vorresti mai godere, non hai mai la certezza di averla soddisfatta completamente, anche se quando sente il tuo cazzo ingrossarsi prima di liberare il nettare bianco nel suo culo, dalle sue labbra finalmente arrivano gratificazioni al tuo operato.
Accennando un sorriso, da me corrisposto, dalle sue labbra sono uscite queste parole: “Come sempre, è stato bellissimo. Vai a fare in culo. Cinque ore a parlare, ma di cosa?”
Ci siamo baciati appassionatamente. Strizzandole con le mani i glutei, le ho sussurrato: “Sei fantastica”
