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Lo sposo cui il destino m’ha affidato


sbuccia una mela e, pigro, il vuoto scruta


mentre una luce tenue e palpitante


m’acceca gli occhi, dal telefonino;


 


proprio non ci riesci a stare quieto?


Ragazzo maledetto e irriverente,


spavaldo, reso forte dal piacere


ora che sai quanto mi fai godere.


 


Ricambio il tuo vigore giovanile


con l’esperienza della mia magia...


non ho altri mezzi per legarti al petto


che darti tutta me: e così sia!


 


Nascondo la vergogna col calore,


la sera estiva è complice ed oscura;


scappo, faccio di tutto per celare


il tuo richiamo a chi non può sapere;


 


Guarda, mai come ora, te lo giuro,


sono stata ubbidiente e remissiva;


così subisco un doppio attacco, prona,


da lui e da te che mi volete doma...


 


lui, lo sopporto e te... t’amo, incosciente!


E leggo, rossa in viso, le minacce:


mi chiedi ancora ciò che t’ho negato


insisti, come fosse destinato...


 


Ora la mano mi disubbidisce


e m’accarezzo dove non dovrei;


è cedevole al tocco delle dita


il mio piccolo spacco... ed è bagnato.


 


È come se aspettasse rassegnato,


l’attacco che domani m’hai promesso:


vuoi entrare dietro, brutto depravato,


con quel tuo pene, grosso e profumato.