Siamo in spiaggia. Io e lei. Mi ordina di spogliarmi ed io eseguo come un cagnolino ubbidiente. Comincio a masturbarmi guardandola. Il rumore delle onde a riempirmi le orecchie. Il suo sguardo sprezzante sul mio membro. Dal nulla compare un ragazzo. E’ giovane e affascinante. Folti ricci biondi ed un sorriso magnetico. Si baciano di fronte a me. Vedo le loro lingue intrecciarsi. Sara geme. La sento godere. Lui è meglio di me. Più uomo. Ha ciò che io non avrò mai.
Mi masturbo più veloce, ma i due non fanno caso a me. Lui scende a leccarle il collo. Luccicante saliva sulla morbida pelle. Sara gli afferra la testa e se la schiaccia sul petto. Lo sento leccare e mordere dovunque può. 
Una mano smaltata di nero scende a posarsi sul pacco che tende il costume. Lo afferra attraverso il tessuto. L’invidia mi brucia dentro come lava. Lei mi guarda. 
“Sei ancora qui? Non ho più bisogno di te. Vattene”
Il Mondo si sgretola davanti ai miei occhi. Li sento lucidi. Vorrei urlare.


Mi sveglio di soprassalto nel cuore della notte. Uno spesso strato di sudore mi ricopre il corpo tremante. L’ho sognata di nuovo. 
Afferro il cellulare dal comodino. Le 05:16 di martedì. Sto per riporlo quando lo sento vibrare. Al centro dello schermo compare una notifica. E’ un messaggio Telegram da un utente che non conosco. Il nickname è semplicemente “S”. Lo apro con dita tremanti: è lei.
“Da questo momento in poi ti è severamente proibito masturbarti.
Se sgarri lo saprò.
A lunedì.
S.”
La mente ancora intorpidita fatica a dare un senso compiuto a quelle poche parole. Cado in un sonno profondo prima ancora di riuscire a riporre il cellulare sul comodino. Sogno lei. Di nuovo.



La settimana, o quel che ne resta, sembra non voler passare mai. Ho i nervi a fior di pelle e le palle gonfie. Doloranti. Ho rischiato di cedere più di una volta. Il cazzo reclama attenzioni continuamente oramai e non poterlo toccare o soddisfare le mie voglie mi rende irascibile e scontroso. Di notte la sogno, di giorno la immagino ad occhi aperti. E’ una tortura. 
Mi accascio a letto sfinito. Domani la vedrò. Basta questo fugace pensiero per farmelo tornare duro da far male.  Sarà una lunga notte. Sarà. Sara.


Mi sveglio presto e lavo via le fatiche della nottata con una doccia. Sono esausto.


La sento arrivare e salutare i miei, come sempre in partenza per i rispettivi lavori. Si avvicina lentamente alla porta della mia camera. Ne sento i passi. Si ferma lì fuori. I nervi tesi in attesa che entri. Ne vedo l’ombra filtrare da sotto il legno. Poi se ne va. La porta del bagno che si apre poi si richiude. La chiave che gira nella toppa. Rimango in attesa.


Dopo 10 lunghissimi minuti la sento schiavare la porta ed uscire. Ora i passi sono pesanti. Rimbombano nella casa come chiodi nel legno. Schiocchi assordanti che si avvicinano a me. Spalanca la porta ed entra. 


E’ una Dea di spaventosa bellezza. Disarmante. Si imprime a fuoco nella mia memoria. Ha gli occhi cerchiati da una polverina viola luccicante. Un mascara nero ne risalta le iridi azzurro ghiaccio. Le labbra sono senza rossetto ed il contrasto è delizioso. Un corpetto di pelle nero chiuso sul davanti con dei lacci intrecciati le fascia le tette rialzandole. L’ombelico è nudo. Le mani guantate di pelle nera piantate sui fianchi. Le cosce avvolte in dei pantaloni che ne disegnano le forme come dipinti addosso, mentre degli stivaletti dal tacco vertiginoso le coprono i piedi e la fanno apparire ancora più forte e autoritaria.


Deglutisco a fatica senza riuscire a staccare gli occhi da lei. 
“Hai fatto il bravo questa settimana?”
Sembra cavarmi a forza la verità dalla bocca con un tono che non ammette repliche.
“S-Sì… ….Padrona” 
Lei mie parole sembrano colpirla più di quanto mi aspettassi. La mia mente, oramai soggiogata al suo volere, ha partorito quel “Padrona” senza pensarci. Come avessi voluto dirlo da sempre. 
L’espressione che ha dipinta in volto è indecifrabile. Sembra…commossa? Forse è furente, ma c’è qualcosa in lei che tradisce un profondo tumulto interiore. Si avvicina lentamente a me, seduto alla scrivania. La sua mano prende ad accarezzarmi i capelli con dolcezza. La guardo negli occhi. Sembra fiera di me. Sono al settimo cielo. 
Afferra i capelli e mi tira indietro la testa con forza. 
“Meriti una ricompensa”
Si china su di me e lascia colare un denso rivolo di bianca saliva sulla mia faccia. Mi affretto ad aprire la bocca per raccoglierlo. Lo sento sporcarmi il viso e la lingua. Il cazzo preme indemoniato nelle mutande lanciandomi fitte di dolore.
“Grazie, Padrona”
“Nudo” ordina.
Eseguo.
“Stenditi sul letto. Sulla schiena”
Sale anche lei e si sistema a cavalcioni sul mio petto. Mi schiaccia abbandonandosi completamente su di me. Mi sovrasta come fosse un gigante ed è bellissimo. Mi sento il suo zerbino. Il cazzo sul punto di scoppiare.
La vedo armeggiare col corpetto e sfilarne quello che sembrano un paio di calze nere da donna, fin lì tenute nascoste tra le tette ed il tessuto. Mi afferra entrambi i polsi, li porta sopra la mia testa e li avvolge con una delle due calze. Ho le sue tette praticamente in faccia e mi sembra di svenire. Il tessuto scivola sulla mia pelle facendomi il solletico. Poi la sento stringere. Forte. Il nodo è d’acciaio, impossibile da sciogliere anche volessi. Ed io non voglio. Non vorrò mai.
Appoggia l’altra calza sulle lenzuola e comincia a scivolare sensualmente su di me. Il cazzo schiacciato tra i nostri due corpi. Il morbido della pelle, il graffio dei lacci del corsetto, il sollievo quando il tessuto si apre nell’incavo delle tette. La sua bocca è ad un centimetro dalla cappella ora. Ne sento il caldo respiro. I muscoli si tendono involontariamente nel tentativo di colmare quel gap che ci divide. Non oso alzare il bacino per raggiungere le sue labbra. So che non mi è concesso, non c’è bisogno che me lo dica.
La sento soffiarmi sulla cappella delicatamente. Il mio inguine è pelle d’oca ed elettricità. Serro i pugni costretti dal tessuto. Si stacca da me. In piedi davanti al letto. Per un breve istante temo si giri e se ne vada. Lasciandomi così. 
Si piega a raccogliere qualcosa. Non vedo cosa stia facendo ma la sento sfilare qualcosa dagli stivali. Si rialza con in mano una piccola boccetta di plastica trasparente, piena di un liquido dall’aria viscosa. E’ lubrificante.
Stappa la boccetta e se ne versa un’abbondante quantità sui guanti in pelle, rendendoli lucidi e viscosi. 
Il contatto della sua mano, coperta solo da un piccolo strato di stoffa, sul mio cazzo mi porta quasi al limite dell’orgasmo. E’ fantastico. Il tocco è leggero, delicato. Il lubrificante rende il tutto ovattato e piacevole. Le dita guantate scivolano sulla cappella bagnandola. Scendono lungo l’asta percorrendone i contorni. Non ricordo di averlo mai avuto così duro. Sento il polpastrello dell’indice appoggiarsi al frenulo. Lo percorre su e giù al rallentatore. Sento i capezzoli indurirsi e vengo scosso da un brivido. Una goccia di sperma fa capolino dalla cappella gonfia e scende veloce d’un lato. Sono vicinissimo. Il più leggero dei tocchi mi porterebbe ad esplodere come un vulcano, ma non arriva mai. 


Interrompe il trattamento lasciandomi ansimante e insoddisfatto. Afferra la calza posata lì di fianco e comincia ad avvolgermela alla base del cazzo. Attenta a non stimolarmi troppo, consapevole del mio stato. Di nuovo ne fa uno stretto nodo e sento immediatamente l’erezione scemare. Ho le palle gonfie e doloranti. Alzo la testa per osservare il mio cazzo: la calza alla base sembra un fiocco regalo. Le vene sono gonfie e perfettamente visibili. Lo sento pulsare dolorosamente.
Quando i nostri sguardi si incrociano mi sorride maliziosa. Sembra una con un giocattolo.
Afferra il lubrificante e lo versa direttamente sulla cappella inondandola. Lo spalma con le dita in maniera uniforme e mi stringe il cazzo nel pugno. Dio.
Comincia a masturbarmi con un ritmo frenetico, come indemoniata. Sento il cazzo irrigidirsi, ma non vengo. La calza blocca parzialmente l’afflusso di sangue costringendomi in un limbo fra il piacere ed il dolore. Comincio a gemere senza vergogna. La mano che danza veloce su e giù sul mio cazzo. Scivolosa. Forte. Il rumore di sciacquio, come ciabatte in piscina, è l’unico che rompe il silenzio della stanza. Il suo volto è deformato da una smorfia di piacere. Il mio lo immagino a metà tra il sofferente e l’estasi. Sento l’orgasmo crescere nonostante tutto. E’ forte. Travolgente. Lo sento ribollire nello stomaco. Gemo incapace di trattenermi. Ma lei si ferma. 
I muscoli del mio corpo si tendono tutti all’unisono. Sono così vicino a venire che mi sembra di impazzire. I sensi si acuiscono. Posso sentire chiaramente una leggera corrente d’aria, proveniente dalla finestra socchiusa, soffiarmi sulla cappella, torturandola. Sento ogni cosa che mi circonda. La più piccola sensazione mi scuote come un albero al vento. Serro i denti per evitare di urlare e piano piano i muscoli si rilassano. Lentamente. Uno alla volta. L’eccitazione cala. Solo un po’, ma tanto basta a riportarmi cosciente. 
Mi accascio sulle lenzuola completamente sfinito. Sento la cappella pulsare infuriata. La mente vuota. La gola secca. 
Altro lubrificante e ricomincia a segarmi. Veloce come prima. Inesorabile. Instancabile.  
Ben presto sono di nuovo al limite. Ad un tocco dal paradiso.
Ma si ferma di nuovo. 
Poi di nuovo. 
E ancora. 


Non so per quanto vada avanti così. Ho il cervello in pappa ed il corpo devastato. Lo stomaco mi fa un male cane, come se tutta la sborra creata e non espulsa si stesse accumulando lì. Sono sudato e dolorante. Le lenzuola sono zuppe della mia saliva. Devo aver sbavato senza accorgermene. Lo sguardo perso nel vuoto. La mente appesa ad un esile filo sopra l’oblio. Eppure non mi passa mai per la testa di chiederle di fermarsi. Paradossalmente ne voglio ancora. Mai sazio. 


La sento sciogliere il nodo alla base del cazzo e liberarlo, finalmente. Il sangue riprende a fluire normalmente facendomelo formicolare. La sensazione è paradisiaca. Come stiracchiarsi dopo un lungo viaggio in macchina. 
Si alza, mi afferra per i piedi e mi trascina sino al bordo del letto. Mi alzo a sedere male interpretando le sue intenzioni.
“Stai giù” 
Mi ridistendo con la schiena sulle lenzuola ed i piedi appoggiati a terra. 
“Ora voglio che ti rilassi e che alzi i piedi in aria più in alto che puoi”
Eseguo.
“Bravo. Tienili così e non ti azzardare ad abbassarli”
La posizione in cui mi ha costretto è tremendamente imbarazzante. Mi sento aperto e vulnerabile. Completamente alla sua mercé. 
Mi allarga le gambe con un movimento deciso delle mani e si inginocchia a terra sotto di me. 
La sento armeggiare per l’ennesima volta con la boccetta di lubrificante. Riversarne il contenuto sui guanti ed un’abbondante quantità anche sui miei coglioni. Li sento zuppi di quel liquido viscoso che mi appiccica i peli. Lo sento scivolare sulle cosce ed andare a sporcarmi l’ano. 
La sua mano prende a massaggiarmi le palle ravvivandomi l’erezione per l’ennesima volta. Mi afferra il cazzo finalmente libero e comincia a masturbarlo piano. Lenti carezze mi riportano ad uno stato di tensione inimmaginabile.


Poi lo sento: il suo indice guantato che preme sul mio ano. Strabuzzo gli occhi intuendo quali siano le sue reali intenzioni. L’istinto mi urla di protestare, ma qualcosa dentro di me muore dalla voglia di sentire cosa si provi. Inspiro profondamente tentando di rilassarmi. La sento massaggiarmelo col polpastrello. Fa il solletico. Mi viene da contrarlo ma mi costringo a non farlo. Il cazzo è teso quanto me, sembra anche lui in attesa. La sua mano mi masturba lentamente senza sosta. 
“Oggi è il primo giorno della tua nuova vita” dal tono di voce sembra tesa anche lei. 
L’indice mi forza il culo con una leggera pressione e scivola dentro aiutato dal lubrificante. Non so quanto ne sia entrato. Lo sento a malapena. La pressione aumenta ed affonda centimetro dopo centimetro nel mio ano. Ora lo sento dentro di me. Non c’è dolore. Ne rimango sorpreso. E’ una sensazione strana. Un’invasione intima. Imbarazzante. Lo sento muoversi al mio interno. Curioso. Poi lo inarca all’insù e comincia a massaggiarmi da dentro con movimenti circolari, a volte facendo su e giù come stesse schiacciando un pulsante. 
Il mio cazzo reagisce istantaneamente ai suoi movimenti indurendosi come non credevo fosse possibile. Ogni volta che affonda il polpastrello andando a fare pressione in quel punto, delle scariche elettriche mi risalgono la spina dorsale per esplodermi in testa come fuochi d’artificio. Gemo come una troia. Non ho mai provato nulla di simile in vita mia, ma so già che non ne potrò più fare a meno. Il piacere è forte e selvaggio. Completamente diverso dalla masturbazione. Travolgente.  


La sua mano sinistra smette di masturbarmi mentre la destra continua a premere sulla mia prostata con decisione ad intervalli regolari. E’ incredibile come sembra me lo stia toccando. Sento il cazzo contrarsi come quando stimolato eppure è lì inerme, dimenticato da tutti. 
Sento un secondo dito premere all’entrata del mio ano. E’ lubrificato ma lo spazio comincia a scarseggiare e questa volta la sua corsa al mio interno mi provoca fitte di dolore. Stringo i denti e lo accolgo dentro di me. Lo sento raggiungere il suo fratellino in quella danza ipnotica. Ne avverto immediatamente gli effetti. Una goccia di sborra fuoriesce dalla cappella. Densa e veloce, scivola via come rugiada al vento. 
Sara mi afferra i coglioni in una morsa. Li stringe nel pugno costringendomi ad inarcare la schiena dal dolore. Nel frattempo le sue dita al mio interno si fanno più audaci: sono piantate dentro di me fin quasi alla nocca e fanno su e giù ad un ritmo infernale. Sento uscire un verso gutturale dalla mia gola. Un lungo lamento involontario che trema al ritmo delle sue dita. Sto impazzendo. Il mio corpo è puro piacere. Un orgasmo tremendo mi esplode dentro completamente inaspettato. Sto venendo senza stimolazione diretta al cazzo. Sto venendo con il mio culo. La sborra zampilla fuori con schizzi fulminei. Densa ed abbondante. Mi sporca la pancia andando ad incollarsi ai miei peli, poi il petto, un getto mi arriva fin sul collo. Le dita di Sara martellano più forte di prima. Ogni affondo sento lo stomaco contrarsi ed altra sborra fuoriuscire copiosa. Sembra non finire mai. Un piacere così intenso da essere spaventoso. 


Le dita si fermano. Escono lentamente lasciandomi con una fastidiosa sensazione. Come se non controllassi più completamente i muscoli dell’ano e non riuscissi a richiuderlo. Anche il mio corpo si ferma. La tempesta è passata ed io ne sono le macerie rimaste.
“Ora, da bravo, abbassa le gambe”
Faccio come mi ordina e riprendo coscienza poco a poco del mio corpo. Mi accorgo solo ora che il mio cazzo è ancora duro e pulsante. Non è possibile. Ho appena sborrato. 
Guardo Sara con uno sguardo interrogativo e lei sembra capire al volo.
“Tranquillo, è normale. Fin qui ti ho solamente tirato fuori a forza la sborra. Ora ti farò venire”
Non è possibile. 


Versa un’altra abbondante dose di lubrificante direttamente sulla cappella e lo afferra con entrambe le mani intrecciando le dita. Poi comincia a masturbarmi così veloce che mi coglie alla sprovvista. 
La sua stretta è tremenda. Mi avvolge completamente. Il ritmo è infernale. I primi secondi sono di un fastidio pungente, non proprio dolore, ma ben presto diventa piacevole oltre ogni umana comprensione. Effettivamente il mio cazzo è duro. Lo sento irrigidirsi fra le sue mani. Gonfiarsi. Le palle si induriscono, oramai tese allo stremo. Mi sento svenire. I crampi mi attanagliano lo stomaco. Sta salendo. Sono vicino oramai. Dio fa che non si fermi. Ho bisogno di venire. 


Le sue mani stringono ulteriormente la presa. Comincio a balbettare parole incomprensibili.
“Ti piace eh?!”
“Sì!!” è un urlo, incontrollato.
“Vuoi sborrare?”
“DIO, Sì!” 
“Non c’è nessun Dio. Lo devi chiedere a ME”
“Sì! P-PADRONA. L-LA PREGO”
“La prego…cosa?”
“VOGLIO SBORRARE. FAMMI SBORRARE”
“Sborra allora” 
Quelle parole hanno il magico effetto di sbloccarmi da quel limbo insostenibile. Vengo senza controllo per la seconda volta. La bocca spalancata in un urlo muto, le mani giunte sopra di me, la schiena arcuata. Il piacere è così intenso che dopo 30 secondi di pura estasi dei sensi mi sento mancare e mille luci mi esplodono davanti gli occhi. La testa ronza fastidiosamente, come se stessi per svenire.


Sembrano passati diversi minuti quando riapro gli occhi. 
Mi sento completamente svuotato. Troppo piccolo in un Mondo di giganti.
Sono completamente inzuppato della mia sborra. E’ dappertutto.  Ne sento l’odore impregnare l’aria. Pungente, acre. 
Sara è stesa al mio fianco. Mi guarda soddisfatta con la testa appoggiata al braccio. La sua mano sinistra ancora guantata gioca con le pozzanghere di sborra sulla mia pancia. La gira col dito, ne esamina i filamenti, la trasporta lungo il corpo. Poi la vedo raccoglierne con due dita una quantità considerevole e portarla su fin davanti alla mia bocca. 
“Aprila”
La spalanco lentamente. Le sue dita si appoggiano sulla punta della lingua lasciandomi assaggiare la mia stessa sborra. Un sapore amaro che mi punge le papille gustative. Poi me le infila in bocca andando a spalmare lo sperma dappertutto. Sulle gengive, sui denti, lungo l’interno delle guance. Sento chiaramente quell’odore invadermi i sensi. E’ la prima volta che la assaggio. So che potrei abituarmi al sapore. Non è disgustoso. 
“Leccali”
Li serro con le labbra e li lecco avidamente ripulendoli per bene. Ne escono lucidi ed immacolati. Inghiotto il grumo di sborra formatosi sulla lingua e torno a guardare Sara. 


“G-Grazie” le dico con gli occhi lucidi.


Armeggia con il nodo ai polsi e lo slaccia dandomi un sollievo inaspettato. 
Si alza e raggiunge la porta della camera. Resta ferma così per qualche secondo, come valutasse il da farsi.


Poi, senza mai voltarsi, se ne va.