Marco mi fece collocare al centro del suo salotto, in piedi, poi prese a girarmi intorno come un predatore famelico. Incrociai due volte il suo sguardo e mi accorsi che non voleva solo scoparmi, voleva di più, voleva sottomettermi e umiliarmi. 


A un certo punto, mi ordinò di levarmi le mutandine. Con studiata malizia le feci scivolare lungo le gambe, fino alle caviglie, e poi sotto di esse. Mi disse, inoltre, di mostrargli il cazzetto; allora sollevai il vestitino e lo esposi ai suoi occhi famelici. Marco si mise a sghignazzare e disse: "come maschio non vali proprio un cazzo". Infine, allungò una mano, prese una vecchia enciclopedia e cominciò a leggere: 


"I genitali maschili si differenziano da quelli femminili per forma e dimensioni. Negli uomini è presente un organo erettile, il pene, e le gonadi accolte nello scroto. Nelle donne abbiamo la vagina e il clitoride". 


Chiuse il libro con decisione e, senza smettere di ridacchiare per le dimensioni del mio pene, aggiunse: 


"Alessia - non ti dispiace se ti chiamo al femminile, no? - tu non hai un cazzo, ma nemmeno un clitoride, hai un inutile ammennicolo che, in mia presenza, dovrai sempre tenere ingabbiato o legato. Ci siamo capiti?". 


Risposi affermativamente. 


Marco si alzò dal divano, mi afferrò bruscamente per un braccio, me lo torse dietro alla schiena, e mi fece piegare in avanti. Mi mise ad angolo retto su un tavolo lì vicino, premendomi l'altra mano sulla nuca. Io spostai la testa di lato, così potetti avere una minima visuale sulle sue azioni. 


L'uomo si mise a giocare col piccolo plug che avevo in culo, facendolo entrare e uscire dal mio buchetto stretto. Infine, lo estrasse e me lo infilò in bocca. Prese a sfregare il pollice sul mio ano rosa e si accorse della mia verginità: 


"Un culo così stretto... sei una puttanella vergine, nessuno te lo ha mai sbattuto in culo a dovere. Vero?". 


Mugolai qualcosa e lui, per tutta risposta, mi rifilò una fortissima sculacciata. 


Mi prese per i fianchi e mi alzò il vestito risalendo con quella sua manona virile la coscia destra fino al gluteo, facendomi sussultare. Si abbassò la zip e sentii la sua verga bollente a contatto con il mio culetto scendere verso il basso e premere contro i miei testicoli risaliti per l'eccitazione.  


"Sei pronta, Alessia?". Adesso il suo uccello sfregava con forza sulla pelle del mio scroto. 


Ero pronto ad essere posseduta da quel delinquente di Marco, ma non era quello il suo intento, infatti disse: 


"Un culo da signorina come il tuo va sverginato in condizioni particolari, adesso mi limiterò a farti scoprire a cosa servono le tue inutili ovaie penzolanti". 


Marco continuò a sfregare la sua verga bollente sul mio perineo e sulle mie palle, avanti e indietro, sempre più a fondo. 


Il suo membro, incastrato tra le mie mutandine (che mi aveva fatto tirare su poco prima) ed il mio scroto, premeva con il glande in su verso il mio clitoridino ogni volta che andava in avanti. Lo sentivo bagnato e finii per bagnarmi a mia volta. Adesso scivolava meglio sulla base del mio glande, considerevolmente più piccolo del suo. Sembrava davvero che un pene stesse stimolando un clitoride da dietro. Godevo di vero piacere ad ogni affondo. 


"Sei proprio come una femmina, Alessia. Adesso capisco. Le tue palline, il tuo cazzetto quasi inesistente, sei una fottuta femmina in tutto e per tutto. Vedrai, farò di te una vera femmina". 


Non potevo più resistere: mi stava mandando in estasi. Sputai via il plug: 


"Marco... mmmmmh... Marco, mmmmh io...". 


Neanche il tempo di dirlo e sentii alla base del mio cazzetto energiche contrazioni di puro piacere pervaderlo rapidamente per tutta la sua lunghezza. Non so dire quanto schizzai, ma mi ritrovai con la mutandina di pizzo completamente bagnata. 


"Brava Alessia, ecco a cosa serve il tuo clitoride: a godere grazie ad un vero uomo!". 


"Sì, sono tua". 


Continuava a tenermi premuto sul tavolo, ma potevo vedere che aveva alzato la testa indietro e lo sentivo respirare sempre più intensamente. Ad un tratto lo sentii ansimare, e poi sempre più forte, in un crescendo. Un fiotto di sperma caldo mi bagnò il clitoridino, poi altri getti vennero scaricati sulla mia pelle, ovunque. Adesso le mie mutandine erano completamente fradice di sborra. Spostò il suo uccello ancora rigido indietro e se lo pulì sul mio buchetto. 


"Chissà cosa direbbe tuo padre - disse Marco - vedendoti così. Adesso puliscimi la cappella e vai fuori dai coglioni".