Estate. Era una delle ultime serate miti che precedevano quelle afose. C'erano i mondiali di calcio, le zanzare e poi c'ero io che volevo prendermi una serata per me assieme alle mie amiche. Ero tranquilla e spensierata quando ad un certo punto mi sentii chiamare.


"Aida? Cosa cazzo ci fai qui?"


Tutto mi sarei aspettata tranne di trovare la signora Silvana in coda per entrare al Red Pleasure, uno dei più noti club di sesso alternativo della città. Avevo sempre pensato che lei ed il mondo kink fossero due mondi incompatibili e lontani eppure era in coda proprio come lo ero io.


Mi staccai un attimo dalle mie due amiche, Angelina e Vanessa, per avvicinarmi a lei che osservò più del dovuto il mio abbigliamento succinto. Penso che la cosa che la colpì di meno erano i miei stivali neri. Non disse nulla ma chissà cosa avrebbe voluto dire sui miei shorts in stile jeans che erano talmente corti ed aderenti da mostrare le forme del mio sedere come se fosse nudo oppure sulla mia maglietta smanicata dall'orlo così alto che si poteva vedere il mio ombelico, il mio addome ed un primo accenno delle mie abbondanti tette che facevano capolino dal basso palesando che non portassi il reggiseno. Probabilmente non le piaceva neppure il trucco pesante che avevo in faccia e che non mettevo mai quando andavo a fare le pulizie da lei. La signora Silvana mi guardava come fossi una puttana. Che stronza! Io ero solo una ragazza colombiana che voleva divertirsi con le sue amiche. Era lei piuttosto ad essere vestita fuori luogo e ad essere fuori posto. Il perché si trovasse lì fu proprio lei a dirmelo.


A quanto pare suo figlio Niccolò teneva nascoste alcune inconfessabili pulsioni sessuali. Era stato un suo amico a spifferare questo segreto. Bell'amico!


"Ha un fetish capisci? Mio figlio ha un fetish! E viene qui a divertirsi con questa cosa che non so manco cos'è. Ma cosa cazzo è un fetish?"


Non le risposi. Avrei dovuto spiegarle troppe cose. Mi venne naturale però fantasticare su che tipo di fantasia sessuale potesse avere il figlio di questa madre di famiglia in difficoltà. Personalmente Niccolò mi era sempre sembrato un ragazzo abbastanza comune che pensava solo alla figa ed ogni tanto guardava il mio culo mentre lavoravo. Purtroppo non ho avuto molto tempo per usare la mia immaginazione perché la signora Silvana stava iniziando a dare in escandescenze.


"Non posso aspettare qua fuori. Non posso rispettare la fila. Io devo entrare. Basta! Adesso faccio un casino."


Voleva chiamare la polizia. Io riuscii a fermarla dicendole che avrei trovato il modo per farla entrare dentro al locale. C'era Rico a fare selezione all'ingresso. Lo conoscevo. Era un aitante ragazzone peruviano a cui ogni tanto avevo fatto un paio di favori orali per poter entrare dentro al Red Pleasure anche quando non avrei potuto. Lo chiamai sbracciandomi.


"Rico! Ehi Rico! Ciao! Puoi venire un attimo?"


Rico mi guardò, mi salutò, disse ad un collega di continuare al suo posto e si avvicinò. Guardava le mie tette coperte a stento dalla mia maglietta ad orlo altissimo. Era eccitato e quindi malleabile. Potevo farcela.


"Hola Rico... potresti fare entrare questa mia amica?"


Lui guardò con perplessità la signora Silvana vestita con un casto abito lungo estivo dal colore anonimo. Ci si veste così per fare una passeggiata sul lungomare non per entrare in un locale del genere. Il dress code al Red Pleasure era importante. Rico non era molto convinto. Io gli dissi (ad un orecchio per non farmi sentire dalla signora) che mi sarei sdebitata nel solito modo e magicamente si aprì uno spiraglio.


"Està bien. Però la faccio entrare dal retro."


Rico voleva far passare la signora Silvana dai camerini per darle una sistemata e toglierle di dosso l'aspetto da triste madre di famiglia con le ragnatele nella figa. Lei non la prese benissimo.


"Mi devo cambiare? E cosa mi dovrei mettere?"


Lei si mise controvoglia dietro ad un paravento ed io e le mie amiche iniziammo cercare qualcosa di adatto a lei. La scelta era tanta tra tutta la lingerie e gli striminziti abiti dimenticati in quella stanza. C'era pero un dolcevita trasparente che era proprio della sua taglia ed addosso a lei faceva la sua porca figura. Sbirciai un po' dietro il separè e un commento lo posso fare. Per essere vicina ai cinquant'anni la signora Silvana aveva un bel paio di tette, stavano su anche senza reggiseno e aveva due bei capezzoloni carnosi che trasudavano maternità.


La signora Silvana si lamentava a voce ma pur di entrare si lasciò vestire come se dovesse girare un porno. Chissà se anche io quando sarò madre sarò capace di fare certi umilianti sacrifici per mio figlio! Deglutì amaro quando io le passai i pantacollant a rete che avrebbero coperto pochissimo le sue gambe ed il suo sedere da matrona. Poi le sporsi la minigonna che era cortissima, avrebbe dovuto passare tutto il tempo a tirare giù l'orlo di quel minuscolo indumento se non non avesse voluto mostrare le mutande. E poi ovviamente le passammo un paio di scarpe con un tacco piuttosto alto che per slanciarla andava benissimo. Quando lei uscì da dietro il separè Rico non si trattenne dal fare un commento dei suoi.


"Carajo! Què milfona!"


"Ma come si permette? Milfona a chi?"


Dovemmo calmarla prima di truccarla. Al trucco ci pensammo io e le mie amiche. Aveva delle belle labbra la signora Silvana. Il mio rossetto valorizzò quella bocca da cui sembrò non uscire un bacio appassionato e una lingua pronta a limonare duro da tanto tempo. E poi c'erano quei due grandi occhi color nocciola da rendere penetranti. Nessuna di noi era un'artista del make-up ma facemmo tutte e tre un buon lavoro di equipe. A lei ovviamente quella sua trasformazione non piaceva e davanti allo specchio mostrò tutto il suo disappunto.


"Ma sembro una baldracca! Non mi avete lasciato nemmeno il reggiseno!"


Non sopportava di vedersi così. Preferì non pensarci ed infilò la porta che dava sulla sala principale. La aprì, vidi la sua faccia e vi giuro che era incredibile. In quel momento si rese di non essere entrata in una banale discoteca. Vide Masters e Mistresses coi loro abiti di pelle, vide i loro schiavi. Si accorse che alcune donne che ballavano più in là non erano donne ma crosdressers che si eccitavano a vestirsi in modo femminile. Come se non bastasse in quel periodo al Red Pleasure andava forte la blasfemia. C'erano un sacco di finte suore mezze nude con scollature vertiginose e col trucco da troie. Persino alcune tracce musicali seguivano il genere blasfemo. Io ero una colombiana atipica, ero atea e me ne fregavo ma la signora sopportava quell'ambiente con fatica. Si fece coraggio, sospirò ed uscì fuori seguita dalle mie due amiche. Io invece restai nel camerino. Rico mi trattenne.


"L'ho fatta entrare come hai chiesto tu. Adesso devi sdebitarti."


Che cazzone aveva Rico! Me lo appoggiò dietro mentre mi disse quelle parole facendomi accendere di brutto. Giù i suoi pantaloni e le sue mutande. Il grosso pisellone di quello spesso buttafuori era più duro che mai. A Rico piaceva tenere il contatto visivo durante un pompino. Io lo sapevo e lo accontentai fin da subito. Mi chinai ed iniziai prendere di mira la sua cappella con dolci colpi di lingua guardandolo sempre negli occhi. Lui sorrideva contento mentre gli accarezzavo lo scroto giocando coi suoi peli pubici nerissimi. Passai con la bocca lungo tutta la sua asta, la rollai bene per renderla umida. Serviva però più saliva per un pompino ben fatto e per ottenerla non esitai a far entrare il grosso cazzo di lui nella mia bocca. Feci alcune stantuffate e la saliva iniziava a strabordare dalle mie labbra. A lui piaceva da morire vedermi buttare fuori tutto quel liquido specie se colava sul suo membro sempre più unto. Che gran porco! Glielo dissi nella mia lingua.


"Què cerdo eres!"


"Y tù eres una puta colombiana."


Colombiane, peruviane, venezuelane, cilene... Rico si scopava un sacco di fiche italiane ma quando aveva sotto il naso il profumo di una sudamericana si ingrifava ancora di più. Una volta me lo confidò lui stesso. Certi lineamenti, l'accento ispanico e lunghi capelli neri come i miei lo facevano infoiare più del normale. E infatti quella volta da me volle più di un semplice pompino.


"Vi ho fatto frugare nei camerini. Se lo sapesse il titolare perderei il posto. Stavolta devi darmela Aida. Me la merito."


Io non opposi una gran resistenza dopotutto se ero andata al Red Pleasure era per fare sesso. Mi lasciai caricare sulle sue braccia e mettere di fronte alla specchiera. Mi fece mettere il culo sul piano e dopo che mi sfilai i miei jeans lui mi levò le mutande. Non gli piaceva il loro colore ma bensì l'odore intimo che io ci avevo lasciato sopra. Què cerdo! Il suo bel cazzone già unto entrò facilmente nella mia carnosa fessura bagnata anch'essa di una certa eccitazione. Rico mi sbatteva con forza. Voleva farmi gemere e ci riusciva. Me ne sono fatti tanti di uomini palestrati. Molti di loro mi hanno sempre usata come fossi un attrezzo ginnico, mi afferravano per le caviglie per tenermi su le gambe e stantuffare con forza. Lui era di sicuro uno di essi. Porca puttana come pompava bene! Io mi aggrappavo al suo blazer da lavoro e quando dava delle spinte più decise sentivo delle scariche di piacere che mi arrivano dritte al cervello. Non capivo più niente. A furia di tenermi a lui gli stavo persino sgualcendo l'abito ma a lui non importava, neppure se ne accorgeva avendo gli occhi chiusi. Li riaprì solo quando mi disse cosa volesse davvero da me.


"Quiero tu culo Aida."


In un attimo mi trovai chinata con le tette poggiate sul piano. Lui dietro di me mi entrò dentro di nuovo. Sentivo Rico poggiato su di me col suo blazer ed il suo profumo da uomo che stava lasciando il posto all'odore del suo sudore. Ancora oggi ho l'immagine di noi due e del nostro amplesso chiara in testa grazie al riflesso dello specchio contro cui ero messa. Vedevo lui dietro me che continuava a stantuffare col volto sudato e la foga di un posseduto e poi c'ero io che avevo il viso rosso ed i lineamenti carichi di godimento. Gemevo mentre mi muovevo facevo dondolare i miei grandi seni quando Rico non li afferrava con le sue grandi mani avide.


"Què vacca! Que tetonas!"


Ad un certo punto Rico iniziò a ficcare di brutto. C'era quasi. Io ricordo che non ce la facevo a non stringere gli occhi ed a non mordermi le labbra. Provavo un piacere incredibile. Era dura restare lucida. Senza dubbio lo ero meno di lui che sborrò ricordandosi di tirarlo fuori al momento opportuno. Mi lordò tutto il sedere con la sua sborra, gli schizzi erano abbondanti ed in mezzo alle mie chiappe ne finì parecchia. Mentre io mi pulii usando fazzolettini lui mi salutò per tornare al suo lavoro.


"Fammi sapere se ti servono altri favori. Hola Aida."


Ormai era mezzanotte passata. Mi ero trattenuta con Rico più di quanto pensassi. Chissà dov'era la signora Silvana! Chiesi alle mie amiche dove fosse e mi dissero che aveva cercato suo figlio per un'ora tra la pista da ballo, le stanze dei giochi erotici ed il salottino senza però trovarlo. Alla fine l'avevano lasciata al bar da Lola. Non era il suo vero nome ma la chiamavano tutti così la bartender del Red Pleasure, era colpa delle sue enormi tette se le avevano dato il nome di una vacca. Trovai la signora Silvana proprio al bancone di Lola. Aveva già bevuto alcuni chupitos alla pera e stava parlando con la formosa barista.


"Che latteria! Quando sarai madre anche tu farai ingozzare tuo figlio fino a farlo scoppiare."


Sentivo la signora Silvana biascicare le parole, era ubriaca.


Conoscevo Lola e sapevo per certo che lei non volesse figli e che si fosse premunita per non poterne allattare mai. Quando abbassò l'orlo del suo scollacciato abito da lavoro mostrò alla signora i suoi bellissimi piercing ai capezzoli che rendevano impossibile succhiare latte da quelle enormi mammelle. La signora Silvana sgranò gli occhi davanti a quelle grandi tette nude poi si lasciò andare ad una amara riflessione.


"Avrei dovuto chiudere i miei capezzoli anche io. Anzi avrei dovuto chiudere le tette e la figa. Chiudere tutto. E non farlo nemmeno nascere quello stronzo di Niccolò."


Brutti pensieri. Mi sentivo in dovere di intervenire, non ero sua amica ma comunque la conoscevo. Non ce la facevo a vederla così. Purtroppo me ne pentii subito. Appena mi vide ebbe per me parole di fuoco.


"Tu! Sei stata tu a far conoscere a mio figlio questo posto!"


"Què? Io?"


"Sì! Tu! TU! Scommetto che gliene hai parlato mentre eri a casa mia a fare le pulizie. Vero?"


"Guardi che io a suo figlio non ho detto proprio niente."


"Ah adesso fai la santarellina? Ma se sei vestita come una baldracca! Anzi sai cosa ti dico? Tu sei una baldracca! E io non voglio avere donnacce come te a casa mia. Lunedì vieni a prendere i soldi che ti devo e poi sparisci. Brutta schifosa!"


Non ci potevo credere. Pensavo che la signora Silvana fosse più intelligente di così o che almeno non avesse certi pregiudizi. Invece era bastato il mio abbigliamento provocante ed alcuni chupitos per farle perdere tutta la stima che aveva per me. Non volevo piangere, non volevo darle quella soddisfazione. Mi congedai ostentando freddezza.


"Come vuole. Le auguro di trovare suo figlio quanto prima. Buona serata signora."


Forse l'ultima frase la cacciai fuori con troppa acidità. Pazienza. Tornai da Angelina e Vanessa che fino a quel momento avevo trascurato. Desideravo solo andare sulla pista da ballo e fare a gara con le mie amiche a chi riceveva più palpate sul culo. La signora Silvana per me poteva andare a farsi fottere. Non mi importava più nulla nè di lei nè di quel coglione di suo figlio.