L’amica di Gagliano
Io il solito BASTARDO


Avendo fatto esperienza l’anno precedente al campeggio, per arrotondare la sera andavo a lavorare in un bar di Leuca, avevo una certa presenza e con le persone ci sapevo fare, e con l’esperienza acquisita mi misero quindi al bancone, la sera girava tanta gente e il bar funzionava molto bene, avevo però difficoltà a tenere il bancone pulito, non avevo tempo di lavare tazze e bicchieri, chiesi quindi mi affiancassero un aiuto per svuotare il lavandino.


Fui accontentato e mi misero una signora che aveva solo il compito di liberare il lavandino e procurarmi bicchieri puliti.


Molto ben vestita e curata, aveva le unghia delle mani corte e con lo smalto rosso, alta, due fianchi prepotenti e un seno prosperoso, lavorammo insieme per una settimana ma c’era un’inconveniente, con lei che era intenta a lavare i bicchieri e io che andavo avanti ed indietro ogni tanto capitava che passandole dietro mi strusciassi sul suo bel culo.


Ogni volta le chiedevo scusa e lei sorrideva, capiva perfettamente che non lo facessi apposta, ma una sera prima di iniziare mi disse “E’ inutile che ti scusi ogni volta che ti appoggi al mio culo, che se non se ne accorge nessuno ti sentono scusarti, appoggiati e basta” il ragionamento non faceva una piega, ma quella precisazione fece scattare in me un campanello.


Nelle serate successive quando capitava che come diceva lei “mi appoggiassi” non mi scusavo più, anzi qualche volta mi appoggiavo di proposito, quando però mi appoggiavo di proposito lo capiva, mi guardava e sorrideva.


Così una giorno a fine serata si avvicinò e mi chiese se la accompagnavo a casa, la sua macchina aveva avuto dei problemi e si era fatta accompagnare da suo cognato.


La accompagnavo volentieri, avrei potuto conoscere meglio quella signora, così infilatasi nella macchina iniziammo a parlare, mi disse che era separata, che aveva un figlio e che lavorava perché il marito ogni tanto saltava la rata degli alimenti.


Il percorso Leuca-Gagliano non è poi lungo, la sua compagnia mi piaceva e io cercavo di andare quanto più piano possibile, ma quanto piano potessi andare dopo 20 minuti raggiungemmo l’inizio del paese. 


Non sapendo dove portarla chiesi a lei indicazioni, senza battere ciglio mi indicò delle stradine interne per poi ritrovarci nuovamente su una stradina di campagna.


“Ecco fermati qua, ti dispiace se parliamo un pochino” io accostai e spensi la macchina, prese fiato e disse “mi sono accorta che qualche volta ti appoggi al mio culo volontariamente” Risposi subito “Non puoi certo farmene una colpa, hai un culo che è una favola, mi viene voglia di toccarlo anche adesso” “Fallo adesso allora, così ci togliamo sto tarmo che mi logora il cervello”, inarcò il bacino e sfilò i pantaloni e le mutande.


Con un gesto lesto le abbassai il sedile dal suo lato mentre con l’altra mano le accarezzavo la figa che era piena di umori, bagnata fradicia, mi sfilai i pantaloni, lei si girò, si mise in ginocchio sul sedile e mi disse “ti prego appoggiati al mio culo” non mi feci pregare, puntai la cappella alla sua figa e subito le fui dentro.


Le stavo scopando la figa, la sentii venire, usci e mi misi a sfregarle il cazzo per tutta la lunghezza tra la figa ed il culo, poi presi di mira il buco del suo culo e senza bisogno di lubrificante lo lasciai entrare lentamente, era un continuo sussulto “Posso” le chiesi “Si ti prego” e dopo un paio di colpi le venni dentro, ebbe un secondo orgasmo e si accasciò sul sedile sfinita.


Si fece riaccompagnare a casa e mentre scendeva mi disse “Adesso quando ti appoggi pensa a quando sei dentro” e andò via.


Bastarda, mi aveva messo nelle condizioni che quando mi appoggiavo mi veniva duro, molte altre sera la accompagnai a casa, ma prima di lasciarla mi appoggiavo al suo culo riempiendola non prima però di averla leccata per bene e facendomi fare un pompino per durare di più. 

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Categorie: Confessioni Etero