Sono Adriana, ho 31 anni, un'età che fa impazzire gli uomini. Perdipiù sono una sventola di ragazza. Due gambe da gazzella, abbronzate, liscie e lucide grazie alle costosissime cure quotidiane. I piedi sono molto sexy, inguainati in sandaletti preziosi a tacco altissimo. Quando passo io il ticchettio fa voltare i maschi da 8 a 99 anni. Ho un seno da favola, classica terza a coppa di champagne che associato ad un reggiseno a balconcino di pizzo nero che fa capolino dalla generosa scollatura va a trafiggere gli occhi degli uomini. I miei capelli sono lunghi e lisci, lucenti, di un nero corvino, raccolti in una lunga coda che oscilla a destra e sinistra ad ogni passo. Ho un culo bello alto e sodo che valorizzo con mutandine anch'esse di pizzo nero il cui bordo si immagina sotto al vestitino leggero e fasciante. L'addome è tondeggiante quel poco che, assieme alla curva delle cosce, mette la voglia di scoprire che cosa ci sta in quello spazio triangolare che è al di sotto e che sembra libero, ma che gli uomini sanno ospitare il motore del mondo. Le spalle e una buona porzione di shiena le prediligo nude e la curva dei lombi (quando sono nuda, che splendide fossette!!) Guida inevitabilmente l'occhio verso le natiche. La mia bocca è carnosa e sensuale, una vera seconda figa, e non esco mai senza rossetto sulle labbra. Occhioni azzurri di ghiaccio, truccatissimi, che mettono in soggezione parecchi maschi ma che li arrapano. Insomma, mi piace essere guardata e spesso "divorata" con lo sguardo, a volte anche da donne.

Una notte tornavo a casa in auto dopo una serata con gli amici. Ero tirata da strafiga, come di solito. Avevo inoltre una gonna nera con uno spacco che ci mancava poco che lasciasse vedere il buco del culo. All'improvviso il motore comincia a tossire, l'auto sussulta e poi si ferma. Un vago senso D'inquietudine mi assale. Tento invano di riavviarla fino a che la batteria si scarica del tutto, morta. Non ho scelta, non mi resta che scendere e avviarmi a piedi. Il quartiere non è dei migliori, c'è tutto un mondo piuttosto torbido che ci vive di notte. Un pensiero sorge improvviso nella mia mente e mi fulmina: sono "svestita" da gran troia e il famoso ticchettio dei miei tacchi sul selciato sembra urlare a quel mondo: dai, venite tutti, sono quì apposta per essere violentata. L'inquietudine si è trasformata in paura. I vicoli sono apparentemente deserti. Cammino veloce guardandomi continuamente alle spalle. Una voce roca e rozza mi raggiunge: "ehi bella! Me lo ciucci? Quanto vuoi? Mi ritrovo a rispondere inebetita "no! no!". Comincio a correre col risultato che il rumore dei tacchi risuona per i vicoli stretti nella notte e potrebbe attirare l'attenzione dei numerosi balordi che popolano il quartiere. Mi viene un'idea luminosa: mi fermo, mi chino, mi slaccio un sandaletto e lo sfilo. Sto per slacciare anche l'altro, e mi accorgo di come, così china in avanti, lo spacco vertiginoso della mia gonna si apra come un sipario sullo spettacolo delle mie cosce. Un fischio di apprezzamento accompagnato da un volgarissimo "beato chi ti monta" mi arriva alle spalle. Mi rialzo di scatto in preda alla paura e mi ritrovo zoppa, un piede sul trampolo del tacco altissimo e l'altro nudo, incapace di correre, al bisogno. Sono in piedi (si fa per dire), tutta sbilenca e oscenamente ancheggiante. Davanti a me un tipo con la faccia patibolare mi sbarra la strada e con gesto eloquente si massaggia il pacco in mezzo alle gambe. La paura si trasforma in terrore. Mi volto nel tentativo di sfuggirgli ripercorrendo i miei passi e mi scontro con l'autore del fischio di poc'anzi. Finisco letteralmente tra le sue braccia forti. Sono caduta nella trappola e mi ci sono messa con le mie mani. Mi sembra di essere un pesce che ha appena abboccato all'amo e mi dibatto inutilmente. Il tipo mi tiene forte, senza sforzo apparente e sembra provare molto gusto ad avere tra le mani le mie curve, le mie rotondità e le mie morbidezze. Il terzo individuo, quello che declamava la beatitudine di chi sta abitualmente sopra di me, arriva a dare man forte al suo compare e con la scusa di aiutarlo partecipa a piene mani alle gioie della palpazione della pecorella. Mi sento urlare, poi implorare, poi piangere calde lacrime. Invano, nessuno compare all'orizzonte per portarmi soccorso, come il cavaliere senza macchia e senza paura di tanti film. Percepisco qualche movimento dietro le persiane ma evidentemente in questo quartiere  l'omertà regna sovrana. I tre  si stringono intorno a me, sento parecchie mani sul mio corpo e vengo sospinta piano piano verso un androne buio e puzzolente a pochi passi di distanza. Mi sento perduta come una barchetta nel mare in tempesta. Comincio ad intravvedere il mio destino e mi metto di nuovo ad urlare terrorizzata. Mi arriva uno schiaffone che mi fa barcollare e un "zitta troia altrimenti ti stacco la testa". Intanto siamo entrati nell'androne ed ormai vedo allontanarsi la possibilità di essere aiutata. Così tra spintoni e strattoni mi ritrovo in una stanza disadorna debolmente illuminata da una fioca lampadina. Mi colpisce il tavolo che sta in centro e temo di capire a cosa servirà. Questi bastardi stanno per stuprarmi, sono in preda alla disperazione. Ed ecco che nei recessi della mia coscienza qualcosa si va abbozzando, confusamente. L'animo umano, e specie quello di una donna, è pieno di risorse (e anche piuttosto contorto). Sono quì in questa stanza squallida con tre uomini arrapati e decisi a prendersi il loro piacere su di me. Ve l'ho già detto, sono una splendida gnocca e perdipiù agghindata in maniera che più provocante non si può. Mi piace da matti provocare gli uomini, vedere la voglia sul loro viso, le contrazioni nervose delle labbra nel tentativo di tenerla sotto controllo. In fondo la situazione in cui mi trovo l'ho creata io, l'ho fortemente voluta, sono anni che persevero, che affino le mie tecniche di adescamento, il mio modo di abbigliarmi, di mostrare il mio splendido corpo facendo sognare ciò che solo si intravvede. Ad esempio con lo spacco vertiginoso della gonna che cattura lo sguardo del maschio e lo guida su su per le cosce verso i buchetti del piacere. Ma lo sguardo deve arrestarsi di netto alla fine dello spacco. Solo il pensiero può continuare a salire. Ed il pensiero, nell'uomo, è direttamente connesso con l'afflusso di sangue nei corpi cavernosi del pene, che in parole povere significa che a quei porci viene duro subito.

"Stenditi sul tavolo, puttana!!!"
L'ordine arriva dal tipo con la voce roca e non lascia dubbi sulle conseguenze in caso di rifiuto. Mi coglie una sensazione di paura e di frizzante insieme, il terrore è passato e la parte più porca e masochista di me comincia ad alzare la testa. Poggio la mia natica destra sul tavolo, sollevo la gamba col piedino nudo e resto così, con la gonna che risale sulle cosce. Una spallina mi scende e la spalla si fa nuda, un seno sembra voler schizzare fuori. Devo essere una bomba di erotismo perchè il tipo, che deve essere il capo, e che si arroga il diritto di assaggiarmi per primo, tira fuori dai calzoni un cazzo di almeno venti centimetri, duro come un bastone. A parte la faccia da delinquente non è neppure male. Si avvicina e, stranamente delicato, mi riversa sul tavolo e mi costringe ad aprire le gambe. Sento un "crack" e lo spacco della mia bella e costosa gonna a tubino arriva in cintura. Come se gli altri due avessero ricevuto il via libera mi sono intorno col cazzo in mano. Non ho più paura e comincio ad eccitarmi. Tre maschioni mi vogliono stuprare e mi sento preda. La mia natura viene fuori prepotente. Sono una domatrice di cazzi, li voglio tutti dentro di me, anche due o tre contemporaneamente. Voglio spremer loro fuori tutta la sborra di cui sono capaci, anche se sono cazzi feroci e pericolosi perchè portano attaccato un uomo che quando sente profumo di figa diventa selvaggio. Voglio ridurli ai minimi termini, senza più la forza di restare ritti davanti a me, mosci e viscidi come vermetti. Voglio il maschio sazio di figa, senza neppure più la coscienza di avere qualcosa in mezzo alle gambe. Voglio trionfare sui miei sedicenti violentatori e diventare padrona anche del loro cervello. Stupratrice a mia volta. Una contro tre, vittoriosa.
Questo stato d'animo si impadronisce di me e mi trasformo in una porca senza più limiti. La paura non so più cosa sia. Mentre il primo mi entra dentro comincio a guaire di piacere. Loro scambiano i miei vocalizzi per pianto e si arrapano ancora di più. Il secondo cominca a sfregarmi il suo cazzo sul viso. Alle mie narici arriva l'odore acre del cazzo non lavato. Si sfrega sulle guance, sul naso e sugli occhi, la sua bava mi decora il viso finchè non trova la strada tra le mie labbra e mi riempie la bocca scappellandosi. Il gusto di piscio mi strappa una smorfia ma subito dopo diventa sublime e lo lavo ben bene con la mia abbondante saliva. Mi sto veramente straeccitando e godo come una vacca a farmi penetrare fino in gola. Qualche affondo più intenso mi provoca conati di vomito e la cosa è molto apprezzata dai miei presunti violentatori, dà loro l'illusione di farmi subire una sorta di tortura e li fa sentire più machos. Sento il seno che viene denudato con il rumore di stoffa lacerata e un forte strattone che mi provoca un leggero dolore. Le mammelle si spandono libere e bianchissime per la gioia del terzo partecipante alla mia festa. Un'altra cappella bagnata e puzzona cerca i miei capezzoli eretti. Devo dar loro l'impressione di soffrire perchè si scatenino ulteriormente. In effetti le lacrime mi solcano le guance ma sono dovute al gran ciucciare. Le accompagno con qualche mugolio che potrebbe essere scambiato per orrore e per pianto. Forse pensano che sia tale la mia paura da far si che io non mi ribelli e subisca la loro violenza con rassegnazione. In breve i tre bastardi non sono più in grado di intendere e volere, sono completamente soggiogati dalle sensazioni che provengono dai loro cazzi di ferro. La visione della femmina nuda e aperta sotto di loro li fa impazzire. Quello che si è dedicato al mio seno deve essere il meno resistente e deve soffrire di eiaculazione precoce perchè lo sento rantolare e poi gli schizzi caldi del suo seme mi scaldano il petto. Mi prende la mano e se la porta all'asta per farmi terminare il lavoro. Io ubbidiente me lo strofino sulle tette. Il secondo, più resistente continua a dedicarsi al mio viso e alla mia gola. È piuttosto peloso e il suo pelo pubico mi solletica piacevolmente il viso e il mento. Poi i due rimasti in gara decidono di scambiarsi il posto sulla vacca. Per un attimo mi sento abbandonata da ogni cazzo, mi sento vuota e desolata, non come quando il cazzo si ritrae pian piano ammosciandosi, dopo averti eiaculato dentro fiumi di sborra bollente e lasciandoti una sensazione di trionfo sul maschio che hai fatto godere fino allo spossamento totale, come se l'avessi risucchiato tu, con la figa. Comunque il gioco continua. Diavoli di uomini, sono già venti minuti che mi pompano e non accennano a sborrare. Le mie mascelle sono già affaticate e la figa comincia ad essere tutta arrossata. 

E allora, che cambio sia. 

Il capo mi prende la testa e me la gira verso il suo tarello prepotente. Apro la bocca e me lo ritrovo di botto in gola, le palle mi sbattono sul mento. Mi tiene così, con una manona preme sulla nuca, vuole vedermi che mi dimeno mezza soffocata e violacea in volto, e io lo accontento. Comincio a dimenarmi e a sforbiciare con le gambe come se stessi annegando. Si sente un dio violentatore, gode come un pazzo, urla e sbava. Poi mi lascia respirare, meno male perchè cominciavo a preoccuparmi. Il suo socio, che ha preso il posto tra le mie gambe, è un tipo molto esigente. Non si accontenta della mia figa da sogno, carnosa e pelosa con piccole labbra sinuose e fluttuanti. Vuole il mio culo e spinge per entrare senza chiedere permesso. In quattro colpi è dentro di me fino alle palle. Abbozzo una recita della vittima che tenta di ribellarsi e li insulto chiamandoli porci e bastardi. Mi arrivano due sberle sonore e il gioco si fa delicato. Devo fare attenzione a non esagerare o questi mi fanno male sul serio. Stringo leggermente le gambe in modo da far si che quello che mi incula abbia un contatto più intimo con l'interno morbidissimo e vellutato delle mie cosce. Pare apprezzare, il ritmo della sua pompata si fa più veloce poi, quasi per tenerezza nei miei confronti (non è così ma mi piace pensarlo), esce dal mio buco martoriato e mi entra nella figa molto meglio lubrificata. Evidentemente vuole concludere col gusto della donna sulla punta dell'uccello. Le mie cosce gli hanno suggerito l'idea della femminilità. Il respiro si fa corto e rumoroso, si riversa su di me e comincia a ciucciarmi i capezzoli. Assecondo questa manifestazione di fragilità e accompagno la sua scopata con movimenti del bacino. Ho deciso, IO, che è arrivato il momento di carpirgli il nettare che dà la vita. Mi avete capita, voglio farlo sborrare. Ancora qualche colpo di maglio che mi scuote tutta poi erutta tutto il suo sperma (tanto) dentro di me ululando come un lupo e contraendosi in ogni muscolo. Una sborrata che non finisce mai, sento i getti bollenti sulla bocca del mio utero e poi strabordare fuori dalla vagina. Il tipo conclude accasciandosi su di me come un pupazzo di pezza. Senza più forze. 

E due!

Resta ancora il capo che si è goduto la scena del socio che godeva dentro di me. Credo che abbia una certa omosessualità latente, ma lui non lo sa. Quando avrà imparato a farci i conti forse non sarà più così violento. Per il momento guarda il compare godere e si masturba all'impazzata. Una goccina fuoriesce dal suo meato urinario e preannuncia l'eiaculazione. Comincia a vocalizzare il suo piacere montante e mi insulta chiamandomi "bagascia schifosa, lurida porca, poi il piacere gli toglie la capacità di parlare ed emette solo più grugniti, sul suo viso paonazzo compaiono le smorfie premonitrici dell'orgasmo. Si sega furiosamente. Lui non lo sa ma godo anch'io. Ora decido IO che è ora di finirla e comincio a carezzargli delicatamente le palle con la punta delle mie dita affusolate. Gli do il colpo di grazia e lo schizzo potente e lunghissimo mi colpisce in pieno viso, ne seguono altri che mi decorano il seno, il collo e i capelli. Questo porco è un serbatoio pieno di sborra, non finisce più di innaffiarmi. Ma dove cavolo la prende? 
I tre porci sono domati! Solo più qualche respiro affannoso che va calmandosi riempie il silenzio. Sono distesa sul tavolo con le gambe aperte e tutti i tesori al vento, occhi chiusi e bocca semiaperta, coperta di sborra bianca e tutta stracciata. Devo essere uno spettacolo celestiale per l'orgoglio dei miei maschi. Ora si avvicinano tutti tre e mi circondano, come prima. Che vogliano ricominciare? Non è possibile! E invece capisco che non è una nuova ouverture ma semplicemente un ritorno in scena prima della chiusura definitiva del sipario. Si prendono diligentemente il cazzo in mano e come ultimo gesto di spregio nei confronti della loro preda, cominciano a riversarmi sul corpo nudo e sborrato la loro piscia calda. La ricevo sul viso e in bocca, sui capelli e sul seno, sul pelo della figa e sulle gambe. Getti potenti di maschi giovani e senza problemi di prostata che poi pian piano, dopo un tempo interminabile, si fanno goccioline. Poi si sistemano il cazzo ormai moscio nei calzoni e se ne vanno con le ultime parole gentili: "Questo succede alle troie come te che vanno in giro per il nostro quartiere di notte". Prima di andarsene hanno ancora la finezza di sputarmi addosso.
Sono ormai sola e marcia di piscio, sborra e sputo. Il reggiseno lacerato e le mutandine a terra a brandelli. I capelli bagnati tutti appiccicati al volto. Eppure, nonostante la violenza subita sono eccitata. Il mio corpo ha fatto godere tre uomini contemporaneamente. Mi coglie un senso di trionfo e comincio a smanettarmi la passera fino all'orgasmo violento e svuotante che arriva in pochi istanti con la consapevolezza di essere una vacca.
Ora si tratta di tornare a casa...

 

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Categorie: Sesso di gruppo