Il timore di essere stato riconosciuto da Marco era ormai scemato quando, una sera, percorrendo il parcheggio interrato condominiale, una mano mi afferrò con forza un braccio e mi sbattè contro la parete interna di una garage. Nella penombra riconobbi il mio vicino: alto più di me di venti centimetri, muscoloso, possente. 


"Cosa vuole?", domandai piuttosto spaventata.
"Prima mi succhi il cazzo e poi mi dai del lei?", rispose lui, ridendo. 


Nell'udire quella frase mi sentii venir meno. Il cuore mi batteva all'impazzata. Marco si accorse del mio sgomento e subito decise di approfittarne, mi afferrò per le guance, premendole con forza e facendo assumere alla mia bocca la nota forma a "culo di gallina", poi disse: 


"Ero certo che fossi un frocetto, sempre con quei pantaloni attillati, ma che addirittura facessi pompini vestito da puttana, beh, questo devo dire che proprio non me l'aspettavo"


Mi tenevo stretta al suo grosso braccio tatuato, nel frattempo, il mio cazzetto divenne vergognosamente duro, finendo per fuoriuscire dalla mutandine sexy che indossavo sotto a degli insospettabili jeans da uomo. La sua presa sul mio volto non accennava a diminuire, dunque, gli risposi con voce strozzata: 


"Ho vent'anni, posso succhiare il cazzo a chi voglio"


A quel punto, Marco, visibilmente divertito, mi conficcò in bocca il dito indice e il medio, spingendoli in profondità, strozzandomi. E con un tono greve affermò: 


"Allora non c'è nessun problema se trasformo le foto che ti ho fatto in delle gigantografia e le spedisco a tuo padre. Chissà come sarà contento quel povero coglione di sapere che suo figlio fa i pompini conciato come una baldracca"


Quella frase mi terrorizzò. Mi divincolai dalla sua presa e, con voce supplichevole, gli dissi: 


"Ti prego, non farlo, mi rovineresti la vita, non lo sa nessuno"


Marco rise, poi: "Hahahaha, mi piacerebbe proprio vedere la sua faccia... scherzo, ma sappi che da ora sei al mio servizio"


"Non puoi ricattarmi così", ribattei, nell'inutile tentativo d'impietosirlo. 


"Ma io non ti sto ricattando, stronzetta, sto realizzando solo le tue fantasie. Chissà da quanto tempo sognavi il tuo daddy maturo, ora lo hai trovato"


Aveva assolutamente ragione. Poi, nella debole luce del garage, tirò fuori dai pantaloni il suo cazzo, che da "barzotto" risultava già più grande della media. Fui rapito da quella visione. 


"Hai l'acquolina in bocca eh? Brutta troia. Ti piacerebbe lustrarmi la cappella, vero?"


Mi provocava, facendo leva sulla mia principale debolezza. Allungai una mano verso quella nerchia, immaginando che volesse una sega, ma lui me la colpì con uno schiaffo. 


"Non ti azzardare. Mi devi toccare solo quando sei vestito da puttana, così sei solo un frocetto. Adesso dammi il tuo numero di telefono e levati dai coglioni"


Ubbidii al suo ordine. Arrivato a casa mi accorsi di avere le mutandine bagnate e il culo pulsante. 


Per messaggio concordammo di vederci a casa sua alla prima occasione utile, ossia quando fossi stato solo, senza i miei genitori intorno, così da potermi truccare e vestire per bene. 


Il giorno previsto, un sabato sera, mi preparai a dovere: smalto rosa brillante su mani e piedi; tacchi plateau del medesimo colore; autoreggenti nere con fiocco sul retro, vestitino aderente e corto (copriva appena il culo e le balze di pizzo delle calze). Come sempre abbondai col trucco: rossetto rosa, ombretto, fard e blush sulle guance. Per finire, ciliegina sulla torta, un piccolo plug anale con diamante accomodato nel mio culetto. 


Alle 21 andai da Marco. Giunto davanti alla porta, suonai il campanello. Mi aprì e, solo a vederlo, mi venne duro. Alto, scamiciato, teneva in mano una bottiglia di birra. Una volta entrato mi guardò sornione e disse: "sembri una bambola. Quando vai in discoteca a sculettare non ti si scioglie il trucco?", poi rise.  


All'improvviso, con uno scatto, mi afferrò per il collo, mi tirò a se e mi sussurrò all'orecchio: "per te, sgualdrina, si prospetta una serata molto interessante".


Continua...