Tratto da:
Ciondolo d'oro: storie di un rent boy | qualunque cosa per il tuo piacere
di Bacchio Pilone
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Avevo appena terminato brillantemente il liceo e aspettavo la chiamata al servizio di leva. Mia madre aveva chiesto in giro chi mi potesse aiutare a svolgere la naia vicino a casa o comunque in un posto tranquillo. Venne a sapere, attraverso una sua collega di lavoro, che un maresciallo della vicina caserma militare dell’esercito, avrebbe potuto aiutarci e lo contattò. Il soldato venne a casa nostra per fare la mia conoscenza e ci promise che si sarebbe interessato lui alla vicenda. 


Così fu e, nel giro di pochi mesi, mi ritrovai a svolgere il servizio militare proprio nella caserma vicino casa, una fortuna inaspettata per la gioia di tutti. Nel frattempo mia madre aveva fatto amicizia con la moglie del maresciallo e, sovente, si vedevano per fare due chiacchiere e sorseggiare un caffè. Un pomeriggio ero a casa anch’io e la signora mi chiese se potessi interessarmi ad una sua parente che sarebbe venuta a passare una settimana di vacanze nelle vicine Terme di Saturnia. “Dovresti farmi la cortesia di andarla prendere alla stazione e condurla alla pensione che le ho prenotato” - mi chiese. Io accettai di buon grado e lei mi confessò che, questa parente, era una suora che stava facendo il seminario a Roma e voleva passare una settimana tranquilla nelle nostre zone. 


Il giorno dell’arrivo della suora parcheggiai di fronte alla stazione. Nonostante il treno fosse arrivato da cinque minuti non vedevo nessuna suora all’orizzonte e quindi mi armai di pazienza. Dopo qualche minuto “Ciao tu sei Bacchio?” Mi voltai e vidi una ragazza sui venticinque anni, un metro e sessanta circa, bionda e vestita con minigonna e camicetta. Stava trasportando una pesante valigia. Risposi che ero io e lei si presentò come la parente della moglie del maresciallo. “Mi aspettavo una suora, scusami” le dissi divertito e lei confermò di essere la religiosa che attendevo, solo che non era vestita da monaca ma con abiti civili. Caricai la valigia in macchina e partimmo alla volta della pensione, nei pressi delle Terme. L’accompagnai in camera, portandole la pesante valigia, poi mi congedai dicendole che, se avesse voluto, l’avrei accompagnata a fare un giro della zona. 


La sera, intorno alle ventuno, squillò il telefono di casa. Era madre Celeste che mi chiedeva se, l’indomani mattina, la potessi accompagnare a fare un giro della zona. Alle nove del mattino successivo ero di fronte alla pensione e lei uscì quasi di corsa e salì in macchina. Facemmo un bel giretto per un paesino e le campagne. Ci sedemmo in una trattoria e mangiammo qualcosa di tipico della zona, bevendoci su un bel po' di vino bianco. Celeste cominciò a ridere di gusto alle mie battute, con le guance arrossate un po' per il vino e un po' per il caldo. Lungo la strada ci fermammo e ci sedemmo sotto ad una grande quercia, dalla quale si vedeva un bel panorama. “Come mai hai scelto di fare la suora?” “Perché è un sogno che ho sin da ” - rispose “sono contraria ai legami affettivi e così facendo sto lontana dalle tentazioni.” “E il sesso?” - “Il sesso non è un problema, ho sempre adorato masturbarmi e continuo a farlo anche se, a volte, sento la mancanza di un uomo in carne ed ossa, ma non sei te” - disse ridendo - “gli uomini sognano di andare a letto con una suora, forse perché rappresenta il fascino del proibito” - terminò. 


Io affermai che, in realtà, non avevo mai avuto quei pensieri e, per provocarla, le dissi che comunque non era il mio tipo. Ero rimasto offeso dalla battuta di prima, non ero abituato ad essere scartato dalle donne. Anzi erano tutte ai miei piedi e sentirmi scaricare così mi aveva dato fastidio. Lei sembrò leggere nei miei pensieri e mi chiese se mi avesse offeso con la battuta di prima. Negai vagamente e lei mi diede un lieve bacio sulla guancia, chiedendomi scusa. La sostenni mentre scendeva lungo la piccola scarpata che conduceva all’auto riuscendo a sentire i suoi seni addosso a me, piccoli e sodi. 


Arrivammo alla pensione che erano le cinque inoltrate, accaldati e stanchi. Entrai nella sua camera, perfettamente ordinata. Celeste si fece una doccia, mentre io rimasi seduto sulla poltroncina a riposarmi, sorseggiando un po' d’acqua. Usci dal bagno con l’asciugamano attorno al corpo che lasciava intravedere le cosce tese e le spalle nude. Si avvicinò e si sedette sul letto, di fronte a me. “Mi sa che sei tu l’uomo in carne ed ossa che ogni tanto sogno.” Io facevo ‘offeso e avevo messo un po' il broncio. Lei mi venne più vicino e mi baciò sulle labbra. “Le suore non possono fare l’amore, vero?” - le dissi, e lei “le suore non potrebbero, ma io sono una novizia” – ribatté e, così dicendo, mi salì a cavalcioni sulle gambe e mi baciò sulle labbra. 


Nel giro di un minuto eravamo tutti e due nudi sul letto, con lei che mi aveva preso in mano l’uccello e lo ispezionava abbassando e alzando la pelle così da scoprire a coprire il glande. Io ero un po' perplesso e la toccavo lievemente sulla schiena e sulle natiche. Poi ci guardammo negli occhi e, senza dire una parola, lei prese in bocca l’uccello e cominciò a pomparlo lentamente. Allora presi coraggio e le aprii le gambe da dietro inserendole un dito nella vagina pelosa e bagnata. Quando il cazzo fu bello dritto mi salì a cavalcioni e se lo infilò nella fica, tenendomi prigioniero per i polsi e leccandomi le labbra. “Non venirmi dentro, che non prendo niente, mi sussurrò”, “non preoccuparti, a me piace venire in bocca o nel culo.” Dopo essere venuta continuò a tenerselo dentro per un po', soffocando i gridi di piacere e poggiandomi le mie mani sui suoi seni, stringendomi i polsi senza lasciarli. Si buttò di lato, rimanendo a guardarmi a gambe larghe. Allora misi i sui polpacci sopra alle mie spalle e la infilai delicatamente e muovendomi piano piano la feci venire ancora. Poi le tolsi il pisello dalla fica all’improvviso tanto che lei ebbe un sussulto dicendomi che ero un vero stronzo. Provai a infilarglielo nel culo ma si ritrasse dicendomi di no. Allora mi distesi pancia in su e ci mettemmo in posizione da sessantanove, leccandoci profondamente e succosamente. Restammo sul letto a coccolarci per una buona mezz’ora. Era una ragazza dolcissima che aveva avuto un trauma intorno ai sedici anni, anche per quello aveva deciso di donarsi alla Chiesa. Ci rivedemmo per tutta la settimana. L’accompagnai alla stazione e ci salutammo con due lievi baci sulle guance.

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Categorie: Etero