Manuel sarebbe dovuto rimanere a New York per soli cinque giorni e tornare lo scorso sabato, ma ne sono trascorsi già nove e rientrerà solo domenica prossima. Non per colpa sua, intendiamoci, ma l’azienda sua cliente non era stata esauriente sull’effettiva entità dei problemi che lui avrebbe dovuto risolvere nel loro stabilimento statunitense.


In ogni caso, a farne le spese sono anche io, che non scopo da ben dieci giorni e la mia voglia di cazzo sta, ormai, rasentando la follia. Sono nervosa tutto il giorno, mi incazzo per niente e arrivo anche ad essere sgarbata con i miei allievi di danza, anche quando sono io a fare stronzate, perché sono distratta e riesco a pensare solo a quanto mi manca il suo pisello.


Le notti, poi, sono una tragedia. O non dormo, e mi masturbo continuamente, oppure, se riesco ad addormentarmi, faccio solamente sogni erotici, dove enormi cazzi mi devastano ogni buco, per poi annegarmi con enormi sborrate.


Fanculo a tutto e a tutti! Devo trovare una soluzione, altrimenti rischio il manicomio.


Oggi è mercoledì e, solitamente, per me è il giorno della settimana più tranquillo, dato che non ho lezioni o esibizioni. Normalmente lo dedico a scrivere, ma oggi sarà diverso, molto diverso.


Mi dispiace per Manuel che certo non se lo merita, Amore mio che mi copre di tante attenzioni e di tanta dolcezza, ma oggi, volente o nolente, devo scopare. Non ho alternative, ne va della mia salute mentale. Con lui cercherò di farmi perdonare e spero che comprenderà il mio stato attuale.


Mentre mi preparo, penso alla faccia che farebbe la nostra governante se mi vedesse uscire vestita in questo modo, senza mio marito. Ma chissenefrega, pensi quel cazzo che vuole!


Indosso la gonna bianca, super attillata, con lo spacco sulla coscia destra che arriva alla piega della gamba. Con questo indumento, ad ogni passo che faccio, mi si vede il triangolo del pube, che sarà coperto solamente dal body aderentissimo in lycra color Champagne, che mi fa anche due tette grandi così. Nient’altro, a parte i sandaletti beige con le borchie dorate e il tacco vertiginoso.


Raccolgo i capelli in uno chignon dietro alla nuca, metto un filo di trucco, un soffio di profumo e sono pronta per andare a caccia, che si svolgerà nel luogo più banale e più affollato che ho a tiro: il centro commerciale.


Scendo velocemente le scale, prendo al volo la borsetta e le chiavi della macchina, nella speranza che la domestica sia distratta e non mi veda così agghindata.


Molto bene: era in taverna, così sono potuta uscire indisturbata.


Lungo il tragitto, ad un semaforo, un motociclista si ferma accanto alla mia auto, attendendo che scatti il verde. Mi sta divorando con lo sguardo, e lo comprendo: le mie cosce sono completamente esposte, tanto da sembrare che indossi solo una mutandina bianca, che invece è la parte alta della gonna, ora quasi completamente invisibile, data l’apertura indecente dello spacco.


Lo ignoro. Non è il tipo d’uomo che sto cercando. Comunque, decido di rincarare la dose di erotismo che gli sto somministrando, così do una lenta ma profonda carezza alla mia albicocca.


Scatta il verde e lo brucio con un’accelerata fulminante che mi fa sprofondare nel sedile, quasi provocandomi un orgasmo.


Arrivo al centro commerciale e mi dirigo subito al parcheggio, situato sul tetto, solitamente quasi vuoto, che preferisco per l’incolumità del mio bolide.


Superate le porte d’ingresso, si verifica immediatamente il fenomeno che mi aspettavo: non c’è uomo che non sgrani gli occhi e che non si volti al mio passaggio, incredulo di vedere un tale pezzo di figa, vestita da autentica troia che, con aria indifferente, cammina lungo i corridoi.


Non parliamo delle donne: tutte mi truciderebbero all’istante, specialmente quelle accompagnate da marito o fidanzato. Si consumano i gomiti, infilzandoli nello stomaco o nei reni dei loro compagni, mentre questi ultimi, alla mia vista, sbavano a bocca spalancata.


Se non fosse che sono qui con un obiettivo ben preciso, mi sganascerei dalle risate, ma devo rimanere concentrata e trovare qualcuno da scoparmi, e anche in fretta, dato che, vestita così e con tutti gli occhi addosso, il mio livello di eccitazione è salito smisuratamente, ben oltre a quanto lo fosse prima di uscire di casa.


Cammino e mi guardo intorno per circa mezz’ora, ma niente. Tra le decine e decine di maschi che ho osservato e valutato, non c’è quello che sto cercando. Avendo avuto quasi un centinaio di uomini, prima di sposarmi, ho chiara l’idea dell’esemplare candidato a chiavarmi.


Ormai, il tipo giusto lo so riconoscere solamente guardandolo negli occhi e da come si atteggia. Mi basta acquisire questi due elementi per essere certa della decisione di prenderlo o scartarlo.


Per la scopata di oggi, non mi interessa che sia bello o brutto, elegante o trasandato. Invece, deve essere uno che si lascia dominare, avere una dotazione molto generosa e non essere un rompicoglioni che cerca anche un “dopo”. Tutto qua. Non mi preoccupo se possa rivelarsi aggressivo, dato che ho tutti gli strumenti per metterlo fuori combattimento in un istante.


Concedo ancora un quarto d’ora al destino, pensando già ad un territorio di caccia alternativo.


Delusa, incazzata e infoiata più che mai, decido di tornare alla mia auto. Salgo, metto in moto ed esco dal mio posto bruscamente, quando un imbecille con un’Audi tira un’inchiodata e quasi non mi tampona.


Inchiodo anche io e gli faccio un gestaccio, al quale lui non reagisce, ma rimane a guardarmi imperterrito.


Poveretto, ha ragione lui: viene tranquillo da destra e io gli taglio la strada, uscendo dallo stallo sgommando e senza guardare. Lo osservo attentamente e penso: “Cazzo, niente male il tipo!”, però voglio recitare la parte della stronza che ha comunque ragione, così vediamo se è uno che si lascia dominare.


Scendo dalla macchina con aria infuriata e mi dirigo a passi lunghi verso di lui. Mi guarda fisso, mentre mi avvicino: non so se è atterrito dalla paura o se è incantato dalla mia prorompente quanto puttanesca bellezza.


“Ehi, pirla!” lo apostrofo ad alta voce, bussando con forza sul finestrino che lui abbassa, dopo qualche istante di sgomento. “Che cazzo credevi di fare? Volevi distruggermi la macchina?”


“Scusi, veramente io…” cerca di rispondermi, quasi balbettando.


In un istante, cambio completamente tono e lo interrompo: “Se ammetti che sei un coglione e che guidi veramente di merda, ti faccio scopare con me. Ti va?”


“Scusi signora, sono veramente un coglione e guido di merda, Me lo dicono tutti.”


“Bravo tesoro!” esclamo sorridendogli. “Conosci un motel qui vicino?”


“Beh, sì. Ma quanto vuoi?” mi chiede curioso.


“Ehi! Non sono mica una puttana!” esclamo seria, “Anzi, il motel lo pago io.” concludo, nella speranza che non ci ripensi.


“Ah, ok! Allora seguimi.” replica tutto allegro.


Salgo in macchina e partiamo.


Sono passati poco più di dieci minuti, sono ancora vestita e sto sfregando il mio culo contro il suo membro, mentre lui è incollato ad una parete della camera e, con una mano, mi pastrugna furiosamente le tette, tenendo infilata l’altra sotto il body elasticizzato, affondata nella mia figa.


Ho capito che il mio look lo fa impazzire, così lo lascio fare per un po’, cercando di rimediare a come l’ho immeritatamente trattato prima. In fondo, è un brav’uomo, educato, gentile e pulito.


Sento arrivare la prima colata di miele che non riesco a trattenere, così slaccio i bottoncini del body, lasciando campo libero ala sua avida mano che ora non si accontenta della patata, ma vuole raggiungere il buchino posteriore.


Allargo maggiormente le gambe, per favorirgli le manovre nella mia intimità. Lui mi toglie la mano che teneva sulle tette e mi piazza anche quella tra le cosce. Io mi giro su un fianco e lo guardo con la faccia più porca che, certamente, non faccio fatica a fare.


Ho voglia di essere scopata selvaggiamente, così allungo le dita verso il suo pacco e inizio a stuzzicarlo, facendogli sentire le mie unghie attraverso la stoffa dei pantaloni.


Faccio correre più volte le mie dita lungo tutta l’asta, poi slaccio cintura e pantaloni e infilo la mano dentro i suoi boxer. Oltre ad averlo veramente grosso, lo sento essere molto nodoso e durissimo. Proprio ciò di cui ho bisogno adesso.


Non riuscendo più a trattenermi, mi svincolo dalla sua presa, mi chino davanti a lui, gli abbasso i boxer e fiondo la mia bocca spalancata verso la sua sbarra di carne, che è scattata prepotente davanti al mio viso.


Lo imbocco avidamente e inizio a pomparlo con tutta la potenza di cui sono capace. Gli prendo le mani e me le faccio mettere sulla testa, così che possa essere lui a darmi il ritmo del pompino e farmi sentire ancora più puttana.


Proseguo a spompinarlo a più non posso per diversi minuti, poi lo sento irrigidirsi. “Cazzo, no! Non deve venire adesso!” esclamo nella mia mente. Mi fermo, stringo con decisione il glande alla base, così da bloccare l’eventuale sborrata, ma comunque gli chiedo: “Devi sborrare?”


“Se continui così, non posso farne a meno.” mi risponde, stringendo i denti dallo sforzo di non eiaculare.


“Se ti faccio spruzzare, poi riesci a chiavarmi?”


“Si, cara. Ne faccio anche due.”


“Sicuro? Guarda che, se poi non ci riesci, ti sfondo i vetri della macchina!”


“Tranquilla. Ci tengo alla mia macchina.” mi risponde con tutto il tono rassicurante di cui era capace.


“Bene, allora fatti una bella sborrata in bocca alla tua troia.” Riprendo il pompino e lo accompagno con potenti segate. Questo trattamento micidiale lo fa capitolare dopo nemmeno trenta secondi.


Lui urla il suo godimento, mentre la mia bocca, in un attimo, si riempie di crema densa e profumata. Non mi sta tutta in bocca, così spalanco le labbra e lascio che gli ultimi due schizzi mi si impiastrino sul viso.


Nel frattempo, lo guardo dritto negli occhi, ingoio e sorrido. Lui continua a ripetere: “Cazzo, cazzo, cazzo….”.


Mi alzo, prendo alcuni fazzolettini di carta e mi ci pulisco. Lui continua a guardarmi, rimanendo inerme, appoggiato al muro.


“Ora devi dare il tuo meglio, caro.” gli ricordo, mentre lui inizia a slacciarsi la camicia e io a spogliarmi.


Recupero un preservativo dal kit di cortesia del motel, lo faccio sdraiare sul letto, gli do qualche colpo di sega e il suo cazzo torna duro come il marmo.


Con voce suadente, gli dico: “Che bravo…”, scarto il condom e glielo calzo. Lo scavallo e mi impalo all’istante. “Ahhh, finalmente!” penso.


Chiudo gli occhi e mi godo la meravigliosa sensazione di sentirmi piena di cazzo. Il randello del tipo è veramente massiccio. Lo sento benissimo, tanto che potrei disegnare una mappa dettagliata della sua superficie, rugosa e irta di vene.


Non lascio passare nemmeno un istante e inizio a muovere il bacino in tutte le direzioni, facendomi letteralmente trivellare la vagina. Il tizio è rapito e ammutolito dalla mia intraprendenza e dalla dimostrazione di grande chiavatrice che gli sto dando.


Mi abbasso verso il suo busto, affinché il mio clitoride sfreghi sul suo ventre. Questa mossa non mi lascia scampo: sento la squirtata arrivare repentina e, un attimo dopo, sono costretta a sollevarmi dal cazzo per consentire al getto di sparare fuori. La violenza è tale che lo squirt annaffia la poltroncina in fondo al letto.


Mi rinfilo subito il cazzo e riprendo la cavalcata come una forsennata. Lui mi mette le mani sui fianchi, forse tentando di farmi rallentare il micidiale martellamento a cui lo sto sottoponendo. Lo ignoro completamente, continuando ad assestargli tremendi affondi. Capisco che è al capolinea: “Devi venire, tesoro?” gli chiedo, ansimando dal godimento e dallo sforzo.


“Ti dispiace?” mi risponde un po’ preoccupato.


“Affatto. Dai, sborra… Fammi sentire come mi riempi… Ahhh, siiii… Dai che ci sono anch’io… Ohhhh… Cazzo… Vaiii… Siiii…”


Il tipo emette un rantolo, chiude gli occhi e inclina la testa indietro, digrignando i denti. Sento distintamente i fiotti di sperma che corrono lungo la sua asta ed esplodono nel serbatoio del preservativo.


Lo seguo a ruota e l’orgasmo mi trafigge dal cervello alla vagina. Vengo attraversata da contrazioni indicibili e penso al dispiacere di aver dovuto mettere il condom, perché mi sarebbe piaciuto sentire una tale sborrata riempirmi fino all’utero.


Rallento la cavalcata ma non mi fermo: voglio che si svuoti per bene e che sia pienamente soddisfatto.


Gli sorrido, se l’è meritato. Lui ricambia.


Io non sono ancora sazia, così lo incalzo: “Un’altra?”


Lui annuisce, così mi ribalto con la schiena sul materasso. Mentre lui si alza per cambiare il preservativo e prendere posizione, divarico completamente le mie gambe in spaccata.


Rimane a osservarmi, impietrito dalla mia posizione tremendamente oscena. Dentro di me rido, perché non ho mai incontrato un uomo che non sia rimasto totalmente basito dall’immagine di suprema troia che offro, a gambe spalancate, con la vulva completamente sbocciata. Anche a mio marito che, pur avendomi vista così innumerevoli volte, fa sempre un grande effetto.


“Dai, caro. Scopa ancora la tua troia.” gli dico, per fargli interrompere lo stato di trance in cui sembra essere caduto, guardandomi la figa rivolta al cielo.


Finalmente, viene verso di me tenendosi il cazzo in mano. Attendo che si inginocchi sul letto e arrivi a penetrarmi. Porto la mano sul mio pube, apro a forbice l’indice e il medio, e godo nel sentire il cazzo che scorre tra di esse, mentre si immerge nuovamente in me.


Tengo la mano lì. Sento quella sbarra che si lubrifica sempre di più con il mio nettare. Ho voglia di un altro orgasmo entro breve, così gli dico: “Dai, scopami come un animale. Fammi sentire il tuo cazzone che mi squarta. Dai, mio bel toro, scopami brutalmente!”


Lui non se lo fa ripetere e prende a martellarmi violentemente.


Cazzo! mi sento quasi stuprata!


Lavoro incessantemente con i miei muscoli vaginali, affinché gli provochino presto un’altra eiaculata. Aumento la loro azione, muovendo le gambe che ora sembrano le ali di un aereo impazzito.


Lui urla: “Cazzo, così non resisto oltre!”


“Dai, sborra, porco, che vengo anch’io!” urlo a mia volta.


Sento che sta per venire, ma devo sparare un’altra squirtata: “Toglilo, toglilo!!!” gli ordino. Lui esce giusto in tempo, quando il mio getto fuoriesce violentissimo. Data la mia posizione, la copiosissima spruzzata vola verso il soffitto, per poi ricadere, docciandoci completamente e riducendo il letto in un autentico disastro.


Lui si è tolto il preservativo e spara seme dappertutto, specialmente sul mio ventre e sulle mie tette. È l’apoteosi dei liquidi sessuali!


Il letto è completamente inzuppato, come la poltroncina: mi immagino cosa penserà chi, tra poco, verrà a riassettare la camera. Va a finire che mi addebitano le spese extra di pulizia.


Sono devastata e ho perso completamente il controllo della mia mente. Me ne sto ad occhi chiusi, attendendo che gli spasmi e le contrazioni del mio orgasmo si plachino. Lui mi guarda un po’ preoccupato, ancora inginocchiato sul letto e con il cazzo in mano. Mi sforzo di fargli un sorriso, per tranquillizzarlo che non sono in agonia.


Mi si avvicina e mi chiede se va tutto bene. “Sì, tutto benissimo. Grazie.” gli rispondo con il poco fiato che mi resta, poi aggiungo: “Tu, tutto bene?”


“Oh, sì. Che fantastica scopata che mi hai fatto fare! Mi dispiace solo che non abbiamo avuto tempo nemmeno un minuto per parlare.” mi dice.


“Parlare di cosa?” replico, mentre provo a mettermi a sedere in quel poco di lenzuolo rimasto asciutto. “Abbiamo fatto tutto quello di cui avevamo bisogno entrambi, senza doverci dire nulla. Non ti pare che le parole sarebbero inutili adesso ?”


“In effetti. Ma non so nemmeno come ti chiami…”


“Farebbe differenza se ti dicessi che mi chiamo Laura, Monica o Roberta?”


“No, però.…”


“Però niente, caro. Ti ringrazio della fantastica chiavata, ma dobbiamo salutarci. Immagino che avrai i tuoi impegni e io ho i miei.” concludo, con tono un po’ distaccato e, ormai, disinteressato.


Mi sono presa ciò di cui avevo necessità e in grande abbondanza: ora non ho più bisogno di lui e voglio solamente andare a farmi una doccia, darmi una sistemata e tornare a casa.


Tra poco, a New York sarà mattino e il mio dolce Amore mi farà la sua consueta telefonata, alla quale non posso mancare per sentire la sua voce e comunicargli quanto lo amo e quanto mi manca.


Prima che lui rientri, ho tre giorni di tempo per trovare le parole giuste e confessargli cosa ho combinato oggi. Mi perdonerà?


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