Quando mi sono disteso sull’asciugamano per terra, non ero tranquillo. Ero agitato. Dentro di me qualcosa mi stava turbando pesantemente, al punto da non pensare neanche più al fatto che Daniela era in acqua, senza reggiseno e sola. Ho cercato di riflettere e tranquillizzarmi, capire cosa mi stesse succedendo. Avevo la testa che non rispondeva più ai miei comandi, cercavo di capire il perché, come mai avevo deciso di andare via dall’acqua, senza capire perché. Stare disteso non mi aiutava, così mi sono alzato e mi sono messo seduto, guardando il mare, guardando Daniela sola in acqua piegata su sè stessa con solo la testa fuori dall’acqua. Era bellissima, si stava rilassando. Ogni tanto portava la testa all’indietro per bagnare i capelli, poi la rialzava e si aiutava con le mani a strizzarli. Il suo seno era tuttavia sempre coperto dall’acqua, per quanto possibile. Di certo un occhio attento non si sarebbe fatto sfuggire che il reggiseno o era di color carne o non c’era proprio. È stato proprio in quegli attimi di riflessione che l’ho vista sorridere a distanza a quell’uomo che le aveva appena detto qualcosa: un sorriso un po’ timido che mai le avevo visto fare, sicuramente carico di vergogna ed imbarazzo ma comunque un sorriso. Ho notato che lui ha aggiunto qualcosa, lei credo che gli abbia risposto grazie e dopo un po’ lui ha continuato la sua camminata in acqua e lei il suo bagno. In quel momento volevo alzarmi, entrare in acqua e andare a prenderla. Vederla sorridere mi aveva fatto mancare il fiato più di un pugno alla bocca dello stomaco. Volevo andare e farla uscire dall’acqua. Ma il mio corpo è rimasto fermo. Ho visto così Daniela che veniva verso di me, sempre rimanendo dentro l’acqua per coprire le sue grazie. Fino a quando è stato possibile. Ho visto tante cose belle nella mia vita ma credo che mai nessuna supererà quello che stavo per vedere. Daniela, con la sua grazia, dolcezza, eleganza e timidezza, piena di vergogna, guardandosi intorno, si alzava dall’acqua del mare ed il suo seno abbondante usciva fuori. Era la venere di Botticelli. Vedevo l’acqua scivolare sul suo corpo e scoprire velocemente il suo seno, i suoi capezzoli nudi. Erano duri, come prima non lo erano. Il seno era gonfio, pieno, rigoroso e ballerino. Le areole ben marcate e rosa chiaro circondavano i suoi capezzoli che prepotentemente si facevano notare. Lei camminava in avanti in acqua e ad ogni passo il seno ballava forte, a destra e sinistra, in maniera non coordinata e non sincronizzata, aumentando esponenzialmente l’eccitazione di quella scena. In quel momento non mi sono minimamente chiesto se era guardata o meno, se qualcuno che ci conosceva poteva vederci, se qualcuno voleva fotografarla o altro. Ero solo per lei, incapace di pensare ad altro se non alla sua bellezza. Le piccole onde del mare le facevano continuamente perdere l’equilibrio precario sulla sabbia, aumentando quel ballo divino delle sue mammelle. Era bellissima anche sulla sabbia, quando ormai il seno ballava meno ma, rigoroso, accentrava l’occhio di qualsiasi osservatore che fosse presente.


Ero a bocca aperta, innamorato perso della mia donna, incapace di distrarmi ed incapace di pensare. Guardavo e stavo zitto perché non c’erano parole da dire. Era la perfezione. Una volta arrivata da me si è distesa sull’asciugamano a pancia in giù, strizzandosi i capelli e rilassandosi un po’. Era tesa, sicuramente, come lo ero io. Ma era felice. Nessuno dei due in quel momento ha avuto il coraggio di parlare. L’aria era carica di tensione, da parte mia di eccitazione.


Dopo essermi sdraiato di nuovo a pancia in su, ho chiuso gli occhi per rilassarmi, con il rumore delle piccole onde sul bagnasciuga e la leggera brezza marina che accarezzava la pelle. Volevo dormire, rilassarmi, scappare da tutta quella tensione emotiva. Il tutto mentre a circa 10 metri da noi, il signore che era in acqua con Daniela usciva dal mare e si sdraiava. Daniela era tra me e lui. Dormire era impossibile quindi mi guardavo intorno, cercando di trovare qualcosa che mi tenesse la mente occupata per non pensare a me, alla mia guerra interna, al mio stomaco che mi toglieva ancora il fiato. E qualcosa ha richiamato pesantemente la mia attenzione. L’uomo, sui 50, 55 anni, brizzolato con i capelli corti, alto, robusto, anzi decisamente robusto, a volte girava il suo sguardo verso Daniela, guardandola attentamente. Non credo che in quegli attimi Daniela si fosse accorta di cosa stava succedendo, aveva gli occhi chiusi ed era girata verso di me con il viso, dando, metaforicamente parlando, le spalle a lui. Tanto che, dopo essersi asciugata dietro si è fatta coraggio e si è girata, tornando a mostrare il seno nudo ai pochi presenti disinteressati da lei, ad eccezione di una sola persona. È stato un attimo, un fulmine a ciel sereno, lei seduta che si pinzava i capelli, lui a distanza sdraiato con lo sguardo verso di lei. I loro occhi si sono incontrati, su di lui un sorriso, su di lei un altro sorriso come quello in acqua, timida ma felice. Di nuovo senza fiato, di nuovo un buco enorme allo stomaco. Si erano sorrisi!


“Daniela ma… cosa ti ha detto quell’uomo in acqua?” ho cercato di riprendere in mano la situazione, provando a tornare in me.


“Chi amore?”


“Lo sai, quell’uomo che ti ha appena sorriso.” L’ho vista diventare rossa, imbarazzata. Si stava vergognando, era evidente, ma qualcosa di strano stava aleggiando in lei, qualcosa che non aveva mai provato. Era rossa si, era imbarazzata si, ma nei suoi occhi c’era gioia.


“Ma niente amore… mi ha detto che… sono carica… io però gliel’ho detto che ci sei tu, che c’è il mio fidanzato!”


Quando lei mi ha detto del complimento, le mie orecchie si sono chiuse, le gambe hanno iniziato a tremare, lo stomaco sotto di sopra mi aveva definitivamente tolto il fiato. Sono rimasto a bocca aperta, sconvolto ed incapace di rispondere. Incapace anche di ascoltare che Daniela lo aveva allontanato dicendogli che era fidanzata. Un uomo sconosciuto, con me a pochi metri, aveva fatto un complimento alla mia donna. Ed ecco che la gelosia mi stava offuscando la testa, chiudendomi gli occhi, serrandomi le orecchie e seccandomi la bocca. La salivazione era sparita. Lui continuava a guardarla, a volte ha incrociato anche il mio sguardo, sorridendomi. Io impassibile, come una statua di gesso, lo guardavo e mi chiedevo come poteva non vergognarsi di guardare Daniela davanti a me. Ero ormai scioccato da quell’atteggiamento deciso e anche strafottente di un uomo maturo che guarda, senza paura di essere visto, la fidanzata di un ragazzo seduto accanto a lei. Quando Daniela si è accorta che gli occhi di lui erano spesso su di lei, si è spaventata, tanto che si è rigirata su se stessa, tornando a stare a pancia in giù. Era tesa, era turbata pesantemente anche lei. Si agitava continuamente sul suo telo e spesso, ma veramente spesso, girava lo sguardo verso di lui che le sorrideva. Dopo diversi sguardi incrociati, cambi di posizione da parte mia e di lei, in un momento in cui tutti e tre ci siamo guardati contemporaneamente, io e lui e lei e lui, l’ho visto farci un segno con gli occhi, invitandoci a farci in bagno. E qui probabilmente bisognerebbe studiare la psiche umana, come questa si comporta e come questa può essere non in grado di gestire fisicamente un corpo. Perché in quel momento io pensavo una cosa ed il mio corpo invece non rispondeva. Immobile come se fossi incapace di muoverlo. 
Ricordo lo sguardo perplesso di Daniela che mi ha guardato, cercando la forza in me, sperando che io mi alzassi ed andassi a cattivo muso contro quell’uomo per dirgli di lasciarci in pace. Ero incapace di fare tutto ciò, ho avuto solo la forza di allungare il braccio, afferrare il suo reggiseno e passarglielo. Lui, mentre Daniela si copriva, veniva verso di noi.


“Ciao ragazzi, vi va un bagno in compagnia?”  una deflagrazione di una bomba credo che avrebbe fatto meno rumore dentro di me. Ero una statua, una statua che muoveva gli occhi e la testa senza sapere dove guardare. La bocca, secca e senza saliva, era incapace di emettere suoni. Ma vedere Daniela alzarsi e sistemarsi, seppur coperta, e guardarmi, come a dirmi che cosa volessi fare, se volevo che andassimo o no, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso della mia insicurezza e instabilità. La bocca si è aperta da sola, sconnessa dalla mia mente, sconnessa da qualsiasi parte del mio corpo seduto sulla sabbia.


“Amore se vuoi andare, vai pure.” non credevo a ciò che avevo appena pronunciato. Non era possibile. Un uomo sconosciuto ci stava invitando a fare un bagno insieme al mare ed io vigliaccamente sono rimasto seduto, per di più dando la forza a lei di andare sola! Da quel momento ho iniziato ad essere imbambolato, alla ricerca del perché di quella mia affermazione. Nulla riusciva più a distrarmi da quel pensiero fisso, il perché della mia risposta, il perché di non essere alzato. Si dice che i meandri della mente sono infiniti, che nessuno conosce totalmente gli algoritmi che regolano la mente umana. Ma forse questo algoritmo non esiste. Forse l’istinto è puramente istinto. È un attimo, una scarica che dura un nulla.


Gli occhi fissi all’orizzonte intravedevano a pochi centimetri da me lui andare verso il mare. Lei aveva lo sguardo verso di me, nell’attesa che la fermassi, vogliosa di essere fermata da me, incapace di fermarsi da sola. Non ci sono riuscito. I suoi occhi erano desiderosi di vedermi alzare, le sue gambe invece erano voglioso di andare in acqua. Volevo fermarla, lanciarle una corda, stopparla e portarla via. Dal mio viso nulla è uscito, né un sorriso, né un’emozione, né una parola. Lei, sconvolta dalla mia mancata reazione, si è lasciata trasportare in acqua dal suo corpo, probabilmente curioso di quella situazione che stava nascendo. 
Prima di entrare in acqua si è girata un’ultima volta verso di me, cercando in tutti i modi un mio cenno, una mia reazione. Non è arrivato nulla. È entrata in acqua, raggiungendo lui piano, con la sua mente che probabilmente meglio della mia non stava. Li ho visti parlare, li ho visti sorridere, e poi ho visto lei seria, lui che le sorrideva e lei con lo sguardo imbarazzato che scuoteva leggermente la testa. E poi li ho visti passeggiare. Andare in acque più profonde, dove lei si piegava in se stessa per coprire il suo corpo e lasciando fuori solo la sua testa. E di nuovo vedere lei seria e lui che le parlava. E lei che scuoteva la testa, fino a quando aveva lo sguardo basso e non rispondeva più a lui. Lui le parlava, lei in silenzio mi ha dato un ultimo sguardo disperato. Troppo lontana però per leggere nei miei occhi qualcosa. Che poi non c’era. In quell’istante lei si è portata le mani dietro il collo, come se volesse sistemarsi i capelli. Ma non si è sistemata i capelli. Daniela stava sciogliendo il suo reggiseno. Si stava togliendo il costume davanti ad un altro uomo. E lo ha fatto. Le sue mammelle nude erano a pochi centimetri dagli occhi di lui. Dentro di me la ricerca della ragione della mia mancata reazione continuava. Ero come un pc impallato, incapace di sviluppare altri processo. Incapace di capire che Daniela si era appena denudata il seno davanti ad uno sconosciuto. Lei, con il reggiseno in mano e lo sguardo basso, ascoltava lui, ciò che le diceva. Ogni tanto un sorriso nasceva sul suo viso come il sole la mattina. Si sono poi portati verso la riva, camminando un po’ in acqua, questa volta in piedi, con il seno di lei a vista. Attimi infiniti, durati un’eternità e per sempre scolpiti nella mia testa. 


Si sono salutati con un sorriso, lo stesso sorriso che dal suo volto non se ne è andato fino a quando è tornata da me. Senza reggiseno in mano, sparito chissà dove. Libera dal coprirsi, libera anche dalla vergogna e dall’imbarazzo che l’avevano frenata. Libera soprattutto dalla vergogna per dirmi…


“Amore, Antonio ci ha invitato a casa sua questa sera a cena”.


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