La consegna  



E così arrivò quella sera. Mi recai sola all’indirizzo, che si trovava una ventina di metri distante da quel parcheggio fatidico con cui mi appartavo con Marco. Parcheggiai in una zona sconosciuta, in un punto che impediva il transito di veicoli in un cortile privato. Ero fuori di me. Spaventata ma eccitatissima. Stavo facendo una di quelle cose assurde che sono guidate da istinto puro. L’indirizzo preciso sul pacco mi invitava ad attraversare l’ingresso del cortile da una porticina, percorrere una serie di condomìni interni, girare un paio di angoli e raggiungere un lungo corridoio fatto di saracinesche, all’aperto, fino a raggiungere in fondo a destra una porta che dava ad un appartamento al piano terra. Quella porta sembrava essere stata costruita più recentemente rispetto al resto dei garage, e dedussi che quell’indirizzo prima corrispondeva ad un garage come quello degli altri, trasformato successivamente in un interno abitabile.  
La porta aveva delle vetrate opache, di quelle che permettono di capire solo se le stanze al suo interno sono illuminate o meno. Notavo infatti che la luce dall’interno era accesa. Accanto alla porta vi era un campanello, e mentre mi apprestavo a suonare mi resi conto che c’era un mix di musica e suoni al loro interno. Decisi di origliare un pochettino. Riuscii a riconoscere dei gemiti di donna e voci di uomini. Le loro voci non erano chiarissime ma si capiva che si riferivano a quei gemiti, e mi davano l’idea stessero commentando con degli insulti ciò che stava succedendo al loro interno. Quella cosa mi diede una incredibile curiosità e non pensai più a nulla. Suonai il campanello.



Dopo qualche secondo, la musica e i suoni dei gemiti si stopparono e cominciai a sentire invece un mormorio di voci. Passarono secondi, forse minuti, prima di ricevere altri feedback. In quel lasso di tempo, realizzai con più lucidità il modo in cui ero vestita. Era una sera di fine maggio, e faceva già abbastanza caldo. Avevo i capelli raccolti a coda di cavallo, un leggero tocco di mascara e ombretto, con un lucidalabbra trasparente. Indossavo delle sneakers e un pantaloncino jeans aderente. Forse era troppo aderente, cazzarola. Eh già, ma oramai era troppo tardi per pensarci. E soprattutto, mentre ero con quella borsa in mano ad attendere fuori la porta di chissà dove e chissà chi, mi resi conto che indossavo una maglietta senza però portare alcun reggiseno. E l’eccitazione di quel momento mi mostrava due evidenti capezzoli turgidi. Non era davvero possibile nascondere quel dettaglio.


(JP sta per JerkParty)
JP- Chi è?  
G- C'è un pacco per voi.  
JP- A quest’ora?  



Mi sentii osservata dall’occhiello della porta. Una voce sussurrò ad altre persone qualcosa... poi gridò di rimettere a posto tutto. Riuscii anche a distinguere un nome, che senz’altro era rivolto a me. Avevano pronunciato il nome “Sasha”, il mio nickname su Badoo. Solo in quel momento ebbi modo di constatare che erano proprio loro.  Una scarica elettrica di emozioni mi balenò su tutto il corpo, portandomi a un respiro corto e un groppone in gola, eccitata e spaventata per questa nuova rivelazione. In quegli attimi di collasso, però, qualcuno venne ad aprire la porta.
Lui era un omaccione atletico, capelli ricci e biondi. Molto carino, davvero tanto tanto carino. Ed era visibilmente e stranamente sudato.



JP- Tu sei Sasha.  
G- Così mi chiamano. Voi siete Jerk Party?  
JP- Come cazzo hai fatto a trovarci?  
G- Questo pacco è per voi?  



Quel tale, mentre fissava la borsa enigmatica e lanciava occhiate sul mio corpo, rimase a bocca aperta. Nel frattempo, mentre ero sull’uscio di quella porta, mi pervase un odore che proveniva dall’interno di quel locale. Dopo un paio di secondi da quella sensazione, dentro di me sentii qualcosa che mi fece provare un senso di spaesamento ed eccitazione. Ero spaesata perché avevo senza dubbio già sentito quel forte odore. Capii anche in un attimo dove l’avevo già sentito.



JP1- Vuoi entrare? Così ci mostri di cosa si tratta.



E mi fece entrare nel locale. Ebbi modo di constatare, come avevo già dedotto prima, che era un garage a tutti gli effetti, ma trasformato appunto in appartamentino, a mò di salotto con divanetti, scrivania, un monitor, e altri arredi. In quel locale c’erano altri 3 uomini, tutti molto carini, che a differenza del belloccio che mi aveva accolto, che era vestito da testa a piedi, si mostravano a me solo con un paio di jeans, ma a petto nudo. Anche loro erano sudati, e i loro occhi trasudavano un evidente stato avanzato di eccitazione: respiro corto, sguardi taglienti e perversi su di me.



JP1- La riconoscete? Salutate Sasha.



E tutti mi salutano con la mano, restando in silenzio seri e concentrati.



JP1 – Allora, cara, cosa ti ha portato qui da noi? Non ti avevamo mai scritto dove fossimo, anche se volevamo averti qui fin da subito.  
G- Ho portato questo per voi – e sfilai dalla borsa il pacco, che riconobbero subito.
JP1- Ma... come è possibile?  
G- Marco è il mio ragazzo.  
JP1- Davvero?! Ma tu guarda quello stronzetto... - e scoppiarono tutti a ridere.  
G- Cosa contiene il pacco?  
JP2 – Dai apriamolo! Così lo scoprirai, anche se dovresti immaginarlo – e questo fece un’espressione in viso che evidentemente voleva trattenere l’opinione che aveva di me.



Passai al tipo riccioluto la scatola, che la lanciò a quello che mi stava parlando. Mentre lo spacchettava con le sue possenti mani, fui invitata a visitare quel luogo che tanto pareva appartenermi, a detta loro. Capii subito a cosa stavano alludendo, avendo appurato che loro usavano quel luogo principalmente per masturbarsi. E avevo anche ormai capito il contenuto del pacco: erano dvd porno. Il tipo me ne mostrò uno, e con questa scusa si avvicinò maggiormente a me. Tutti quanti a poco a poco, lentamente si avvicinarono a me, mentre io non opponevo resistenza e cercavo di mantenere la calma. Il problema però è che non ci riuscivo, a restare calma, distaccata. Per niente. Loro mi avevano vista nuda, ero stata così tante volte con loro al gioco in quelle chat perverse, alle loro provocazioni, ai loro insulti... e averli così vicini mi stava inevitabilmente ancor di più eccitando. Il mio pensiero era rivolto anche a Marco, in quegli attimi, ed ero intenta a far loro tutte le domande per capire al meglio cosa era successo. Ma, sopra ogni cosa, sopra tutte le cose che stavano avvenendo fino a quel momento, ce n’era una che mi stava lentamente annebbiando il cervello, che mi impediva di ragionare e mi stava portando verso di loro, verso gesti inconsueti. Quella stanza era impregnata di un odore intenso di sborra. Era così forte, che non si riusciva a percepire altro. 
E quando avevo già sentito quell’odore allora?! Ebbene, quello era lo stesso odore che aveva Marco quando tornava in auto, dopo aver consegnato loro il pacco ogni lunedì mattina.



JP3- Dai mettiamo sotto questo film – indicando il dvd che sventolava l’altro. Mentre metteva il disco nel lettore, e avviava il film porno, mi fece – Sai di cosa parla questo film, Sasha?  
G- Cosa c’entra Marco con voi?  
JP1 – Davvero non lo sai? - e riscoppiarono a ridere - ...molto strano, vuol dire che lui non sa che tu sei qui.  
G- Infatti, se avete contatti con lui vi pregherei di non parlarne.  
JP1 – Tranquilla, Sasha... Noi non lo sentiamo da un po’, ma dobbiamo comunque pagargli l’affitto, questo locale è suo.



Rimasi sbigottita, ma capii finalmente qualcosa di più.



G- Quindi lo conoscete per questo?  
JP2 – Nono, noi lo conosciamo da un sacco, quello stronzetto! Ecco perché ci siamo stupiti se non ci ha parlato proprio di te... Che cagasotto!  
G- Siete amici?  
JP1- Abbiamo fatto le scuole insieme, diciamo che siamo i suoi amici... - e continuarono a ridacchiarsela..  
G- Ma vi aiuta con queste consegne.  
JP1- Beh, sarebbe il minimo, cazzo! Se quell’imbecille non è in grado di consegnare un pacco al nostro indirizzo nel momento giusto, allora che si fotta. Cazzarola è il suo lavoro! A sto punto, quando facciamo i nostri ordini online mettiamo direttamente il suo indirizzo, così ce lo viene a consegnare obbligatoriamente. E se anche tu hai intuito il momento giusto per consegnarcelo, hai solo confermato quello che stiamo dicendo e che pensiamo di lui.  
G- Perché siete così cattivi con lui?  
JP2- Perché gli piace. Non lo capisci? - e mi fissò il seno – Guarda guarda, come siamo eccitate... ma che fantastici capezzoli che ci hai portato stasera - Stavo perdendo il controllo. Ero troppo assuefatta dal loro odore. E il porno che andava avanti, di fronte a noi, non stava aiutando. Era una gangbang di sottomissione, ovviamente. I quattro non smettevano di fissarmi tutta, mi sentivo esplorata nel profondo, con quelle occhiate così taglienti.  
JP4- Basta parlare di quel coglioncello. Cosa vorresti fare tu adesso?



Alla sua domanda, non potetti fare a meno di osservare il suo possente fisico, pieno di muscoli sudati e tesi, mi sentivo sempre più sporca dentro e, dopo un paio di secondi... Ponendomi le mani sui miei fianchi, mi lasciai andare ad un’esclamazione indiscreta:



G- Questo locale sa di cazzo. Il vostro.



Il riccio dietro di me, non si trattenne più. Con una manata decisa mi diede una sculacciata flagrante, mantenendo la presa sul mi culo afferrandolo. Con l’altra mano, agguantò la mia chioma e si portò dietro di me, tirandomi la nuca all’indietro. Lasciò la presa del mio culo, e con la stessa mano si portò davanti infilandola sotto la mia maglietta, stringendo il mio seno sinistro, e di fatto stringendo il mio corpo al suo. Percepivo ora tra le mie natiche l’invadente pacco che cominciò a strusciarmi addosso, e pronunciò con un ghigno tra i denti, rabbioso ed infoiato:



JP1- Adesso lo senti il mio cazzo, lurida puttanella?



Davanti a me, due di loro stavano cominciando ad avvicinarsi, mentre il quarto si era già sfilato i jeans. Sotto non aveva nient’altro, probabilmente perché erano già nudi e si erano vestiti di fretta per me. Avevo ormai chiuso i miei occhi in preda ad un’eccitazione fuori controllo, e di quel mandrillo dietro di me che mi aveva arpionato.  
Un clacson in lontananza, strombazzato a ripetizione, mi riportò i sensi sotto il mio controllo per quei successivi secondi. Evidentemente la mia auto doveva essere spostata. Era una buona scusa perfetta per svignarmela.


 
G- Lasciami. Ho la macchina parcheggiata davanti all’ingresso.  
JG1- Tu non vai da nessuna parte – E fece cenno agli altri di mobilitarsi. Uno dei due che si stava avvicinando a me, mi afferrò entrambi i seni frontalmente, mentre il tipo dietro di me lasciava la presa della tetta e afferrò il mio collo stringendolo e affaticando il mio respiro. Ero letteralmente braccata. Il terzo di loro puntò alla mia borsetta e la riversò sulla scrivania dov’era il monitor di un pc. Su quel monitor, con la coda dell’occhio, mi resi conto che vi era la finestra chat di badoo, ed erano collegati proprio alla mia chat. Trovò le chiavi della mia auto e disse agli altri:



JP3- Vado io a spostare la tua macchina, arrivo subito – Provai ad opporre resistenza ma loro 2 erano decisamente più forti di me. E mentre stavo rinunciando alla fuga, il porco davanti a me cominciò a baciarmi in una maniera che non provavo da tempo. Aveva già accumulato un bel po’ di saliva, da riversare nella mia bocca sporcandomi tutto il muso, e invadendola di slinguacciate così penetranti che mi sembrava volesse arrivare alla mia gola. Mi stavo cominciando a bagnare completamente. Mentre non smetteva di darci dentro con la lingua, questo con tutta la forza che aveva afferrò la maglietta e me la strappò in due brandelli, lasciando scoperti i miei seni che mostravano due capezzoli duri come punte di ghisa.  
Emisi un gemito dal profondo, dopo quel gesto. Fissai il tale davanti a me, che stavolta prendeva la mira e mi sputava in faccia:



JP2- Troia.



Un altro gemito venne fuori dal mio diaframma, limpido come l’acqua. Ero completamente preda di loro. Il tipo dietro di me continuava a strusciarmi il cazzo in mezzo alle mie natiche, fin quando mi ordinò:



JP1- Vuoi assaggiare i nostri cazzi? - E lasciò per un momento andare la presa, ovvero la chioma e il mio collo. Fui libera di muovermi adesso. E con il volto sporcato dallo sputo del secondo avanti a me, mi rivolsi al suo jeans sbottonandolo e cercando il suo cazzone. Era davvero enorme, decisamente più grosso e lungo di quello di Marco. Rimasi un secondo a fissarlo davanti a me. Aveva un odore meraviglioso. Chiusi gli occhi e provai ad infilarmelo da sola tutto in bocca. Ma non ci riuscivo. Allora questo afferrò adesso la mia chioma e spinse con tutta la forza dentro di me, raggiungendo una profondità che mi mancava da tempo, soffocandomi.



Mi mancava tutto questo, da tempo. L’essere afferrata in quel modo, il sentirmi infilata così violentemente in bocca da un megacazzone. O il ritmo forsennato come di quel maiale, che ci dava dentro scopandomi in bocca da lì in poi. La mia estasi mi portò a gemere tutto il tempo. Emettevo un quantitativo eccessivo, ora, di saliva, che risputavo fuori dalla bocca sul pube di quel tale sconosciuto. Mi arrivò una manata in faccia, simile ad uno schiaffo, ma era più una presa. Mi sfilò il cazzone e tirò la mia faccia in alto, di poco sotto il suo volto. Mi sputò 3-4 volte chiamandomi zoccola, e mi lasciò andare.  
Nel frattempo, attorno a me, tutti gli altri aspettavano il loro turno. Anche il quarto era ritornato. Avevo dimenticato dove fosse andato. Adesso ciò che mi interessava di più era rivedere il suo cazzone. L’avevo indovinato, era quello che mi piaceva di più in chat. Una cappella enorme. Ci fu una strana intesa tra me e lui, tale che lui si avventò sulla mia faccia, e ripetette quasi esattamente ciò che aveva appena fatto l’altro con la mia bocca. Mentre mi scopava in bocca lui, gli altri mi spogliarono completamente, e mi masturbarono violentemente. Ero completamente fradicia, là sotto. Dopo qualche minuto, ci ritrovammo tutti avvinghiati. Uno mi scopava la passera, l’altro la bocca, gli altri due mi insultavano a ripetizione, mentre uno di questi teneva le mie braccia ferme dietro la mia schiena, come se fossi legata. Finito quello che mi scopava la bocca, di darci dentro, dopo aver estratto quel cilindro di carne dalla mia gola mi ridiede la possibilità di parola. Dopo qualche attimo di respiro, tra gemiti e desiderio esclamai:



G- Mettetemelo nel culo... Mettetemelo nel culo, per favore....



Il quarto di loro, più libero, si fece spazio dietro di me. Afferrò le natiche e si accertò della grandezza del mio ano. Non era di primo pelo, ma non era nemmeno alla portata delle sue dimensioni. Allora andò a prendere del lubrificante che lasciò affogare dentro di me. E cominciò ad aprirmi il culo, spinta dopo spinta.  
Urlai di piacere. Da quel momento in poi ero completamente soggetta ad ogni cosa avessero voluto fare di me. Ricordo che non smettevano di sputarmi tutti quanti, ma la cosa era ormai parte di un processo di eccitazione che mi portava a ripetuti orgasmi. In quel momento mi scopavano sia dalla passera che dal culo, contemporaneamente. E mentre avveniva tutto questo, pensavo davvero che avrebbero fatto di me qualunque cosa. Ho addirittura supposto che mi avrebbero urinato addosso, cosa che mi capitò di guardare in alcuni porno che condividevano con me. Non successe, ma se l’avessero fatto glie l’avrei lasciato fare senza ritegno.  
Mentre mi continuavano a scopare, cominciarono ad alludere alla storia con Marco, insultandolo indirettamente tramite me:



JP1- Lui lo sa che ti fai trapanare in questa maniera?  
JP2- Lo sa che sei una zoccola?  
JP3- Deve averlo capito, è un coglioncello ma non è stupido.  
JP4- Come la prenderebbe se sapesse che ti stiamo per inondare di sborra?



Questo loro tono con me non fece altro che farmi gemere ancora. Ero lì, che miagolavo come una gatta in calore, tutta sporca e piena di rossori sul corpo, per le continue percussioni, sculacciate, schiaffi, manate. Avevo la faccia insudiciata di sputi. Continuavano ad insultare me e Marco. E io continuavo ad avere un orgasmo dietro l’altro quanto più ci andavano pesante con le parole...  
Dopo qualche minuto si diedero un segnale tra loro, e smisero di scoparmi. Stavano ormai per venire anche loro, finalmente. Mi spinsero al centro di loro, per terra, e uno ad uno mi sborrarono addosso, sul volto, sui capelli. Un continuum di schizzi roventi mi lasciò imbrattata davanti a loro, che non smettevano di chiamarmi troia.



Anche dopo aver finito, restarono immobili ad insultarmi. A insultare me e il povero Marco. Io personalmente volevo un attimo riprendere fiato e godermi quel momento, ma un senso di colpa mi assalì forte in me. Così cominciai a darmi da fare per rimettermi a posto un minimo. Uno di loro mi lanciò una loro maglietta sudata, dicendomi che potevo portarmela via addosso, essendo la mia ormai ridotta a brandelli.  
Mi asciugai con delle salviettine il volto deturpato e ancora intriso di un fortissimo odore, mix di liquidi organici prodotti dai 4 tutti assieme. Mi misi addosso la loro maglietta, ancora umida su tutto il corpo, mentre cercavo i miei slip. Non riuscii trovarli, allora rindossai i jeans senza di quelli, scarpe: e via. Scappai. Mentre mi vestivo, loro mi fecero capire che se avessi voluto, avremmo potuto vederci ogni lunedì alla stessa maniera. Quando arrivai in auto, rimasi un quarto d’ora a rimettermi un po’ a posto. Specchiandomi, davo davvero l’idea di una puttanella che era stata appena sbattuta in una gangbang.



Non venivo scopata in quella maniera da troppo tempo. Durante l’atto, riapparivano le immagini di Marco che osservava quel porno di gangbang così meravigliato e confuso, da immaginarmi che in quel porno, in quei momenti di visione, al posto di quella pornostar ci fossi io. In quegli attimi ebbi un’illuminazione.


(continua)