È una tiepida mattina d’autunno. Alla guida della mia utilitaria sono diretta fuori Napoli per un incontro di lavoro. Non arrivo a destinazione. L'auto si ferma a causa di un improvviso guasto meccanico. Il luogo dell’appuntamento è ancora molto distante e non posso di certo raggiungerlo a piedi. Non perdo tempo, avviso il direttore della società che mi sta attendendo. Il dottor Corradi, cordiale come al solito, senza fare tante storie mi annulla l'incontro, aggiornandolo per l’indomani. 


Risolta la questione lavoro, ancora a bordo della vettura, che per fortuna sono riuscita ad accostare al margine della mia corsia di marcia, quasi in sicurezza, provo a contattare mio cugino Giuseppe, il primo che mi viene in mente quale esperto di motori, ma il suo cellulare risulta irraggiungibile.


La strada non è molto transitata, e ciò non mi fa ben sperare di ricevere una qualsiasi forma di soccorso da parte di qualche anima pia. L’opzione che mi resta, quindi, prima di chiamare l’assistenza, è quella di parlare con il mio meccanico di fiducia per farmi consigliare sul da farsi. Questa volta sono più fortunata. Al secondo squillo ricevo la risposta. «Cara», mi dice, il tono di festosa esultanza di chi è felice di avere una conversazione con te in quel momento. La parola “cara”, mi sorprende, penso che Gaetano mi abbia confusa per qualcun’altra. «Ma, hai capito chi sono?» gli chiedo di rimando.


«Certamente. Sei il dottore.»


Gaetano, in officina, mi ha sempre dato questo appellativo. Ho la conferma che mi ha riconosciuta, e nonostante la mia curiosità mi trattengo dal chiedergli perché, invece, mi avesse chiamato “cara”. Anche se non mi ha mai vista travestita da donna, il mio modo di apparire è molto femminile: capelli lunghi lisci raccolti in una coda, corpo depilato e atteggiamento femminio. Non ci vuole molto a fare due più due, penso tra me. Abbandono questi pensieri e mi concentro a raccontargli quanto successo.


«Dove ti trovi?» mi chiede.


Mi guardo intorno alla ricerca di qualche punto di riferimento. «Non conosco bene la zona.»


«Inviami la tua posizione, facciamo prima.»


Attivo il navigatore sull'Iphone, faccio uno screenshot con la mappa del luogo e glielo trasmetto su WhatsApp.


La risposta di Gaetano è immediata.  «Conosco il posto. Posso raggiungerti tra un quarto d'ora.»


«Ti aspetto, allora. Grazie.»


Il tempo di consultare le email ricevute che dallo specchietto retrovisore vedo avvicinarsi un furgoncino tappezzato di adesivi, che rendono irriconoscibile il colore del fondo. 


Deve essere lui, e con movimenti automatici mi porto fuori dall’abitacolo. Gli vado incontro. Gaetano è appena sceso dall’automezzo che ha parcheggiato dietro la mia auto. Non lo ricordavo così carino. L’effetto della tuta da meccanico che indossa, perfettamente aderente al corpo e il suo colore predominante, il giallo, mi lascia immaginare un fisico tonico, degno di un uomo maturo, sulla quarantina, età che deduco dalla barba corta con qualche accenno di bianco e dalla presenza di alcune rughe sul volto. In poche parole uno con il quale ci farei volentieri sesso.


Lo saluto sollevando il mento.


«Allora, cara, cos’è successo?» mi chiede con enfasi.


Noto che continua a trattarmi come se fossi una donna. L’atteggiamento non mi da fastidio. Allargo le mani come a per dire “non so”.


Gaetano entra nella mia Renault e prova a girare la chiave per accendere il quadro. Nulla. Allora sfila il cavo dal macchinario che ha appoggiato sul sedile passeggero e lo inserisce nell’accendisigaro, mentre per collegare l’altro cavo sotto lo sterzo è costretto a farsi spazio. Sposta una gamba fuori dall’auto e la inserisce tra le mie irte davanti alla portiera aperta, che allargo automaticamente per rendergli comoda la nuova posizione. Ma quando abbasso gli occhi e noto che cerca volutamente il contatto con il mio corpo, i miei arti inferiori, d’istinto, la stringono a se. In tutta risposta, Gaetano, inizia a spingerla lentamente in avanti e indietro così da simulare una penetrazione.


Non lo respingo. Sono curiosa di vedere come andrà a finire.


Gaetano, nell’attesa del completamento del test, avendo le mani libere, con la destra inizia a toccarsi la patta. Non posso fare a meno di osservarlo e nel contempo godere della visione del rigonfiamento della tuta. Avverto la sensazione che si sta creando dell’intimità tra noi. La cosa inizia a eccitarmi.


«Sono tre giorni che mia moglie non mi fa scopare», mi confessa spudoratamente.


«Il solito mal di testa», rispondo con nonchalance.


Il volto di Gaetano si ritrae in una smorfia di amarezza.


Una notifica audio proveniente dal mio smartphone, poggiato sul cruscotto, distoglie la mia attenzione dalla conversazione. Per afferrarlo sono costretta a curvarmi, per portare il mio corpo all’interno della vettura. Gaetano ne approfitta per palparmi il culo e in tutta risposta gli accarezzo l’arnese. Lo sento pulsare sotto la tuta. È durissimo. Non resisto, e  mi abbasso per baciarlo. 


«Troia è tutto tuo», profferisce soddisfatto.


Mi piace essere trattata così, ma non glielo dico.


Il bip del macchinario, questa volta, attira l’attenzione di Gaetano. «Il test è concluso», mi riferisce, e io lo libero dalla stretta per consentirgli di controllare il risultato. «Dobbiamo trasportare l’auto in officina, non posso fare nulla da qui», sentenzia. E chiama il pronto intervento.


In attesa del carro attrezzi, Gaetano mi invita a seguirlo nel retro del furgone. Sposta dei contenitori degli attrezzi e ricava uno spazio dove possono stare comode due persone. Mi aiuta a salire  e mentre con l’indice mi mostra una cassa su cui accomodarmi, con l’altra mano spinge la porta scorrevole laterale, lasciandola aperta di qualche centimetro per permettere alla luce di entrare. Anche se so cosa accadrà di li a poco, mi sento un pochino imbarazzata. Ma è Gaetano a fare la prima mossa. Si posiziona dinanzi a me e tira fuori dalla tuta il suo arnese. Nella mia posizione da seduta me lo ritrovo a distanza ravvicinata dalla mia faccia. Per un attimo resto a osservarlo pulsare. Tanto basta per scatenare la reazione di Gaetano. «Cos’è, non ti piace?»


«Certo che si», gli rispondo, e lo afferro con una mano ma, dato il suo spessore, non riesco a contenerlo tra il pollice e l’indice chiusi in cerchio.


Gaetano accenna un sorriso di compiacimento. «Allora mi fai vedere quanto sei brava.»


Non me lo faccio ripetere due volte. La morbida carne delle mie labbra entrano in contatto con la larga cappella, assaporandone tutta la consistenza. Inizio a baciarla delicatamente per poi ruotarvi intorno la punta della lingua. Gaetano mi piace e voglio fare il possibile per farlo godere al massimo. Ma non è quello che si aspetta da me in questo momento, tant’è vero che è lui a ricercarsi il piacere. Con le dita mi stringe le narici costringendomi ad aprire la bocca per infilarvi il cazzo, fino a farmelo sentire in gola. «Succhia troia», mi intima, l’espressione del volto soddisfatta. Mi sento soffocare, resisto per qualche secondo e poi gli afferro la mano con la quale mi tiene chiuso il naso, cercando, invano, di liberarlo dalla morsa. Dopo qualche tentativo Gaetano molla la presa consentendomi di respirare.


La tregua, però, dura solo pochi attimi. Gaetano mi afferra per i capelli che libera dall’elastico che li tiene raccolti, e li tira in direzione del suo arnese. «Apri la bocca che voglio riempirtela di sborra.» 


Obbedisco. E ricomincia a penetrarmi la bocca, la testa tenuta ferma con le mani. I colpi diventano sempre più forti e più a fondo, ritmati e veloci. Gaetano agisce come se fosse preso da un raptus, e non si ferma, nonostante cercassi in tutti i modi di allontanare il suo corpo. Lo guardo negli occhi come per implorarlo, ma nulla.


«Arrivo», grida dopo qualche attimo, e la mia bocca si riempie di sperma.


«Ingoia troia, altrimenti non lo tiro fuori.»


Deglutisco, e lui estrae il cazzo, continuando a strofinarmelo sul volto per pulirlo per bene.


«Non abbiamo finito», mi dice poi. «Voglio il tuo culo. Ma, soprattutto, voglio trasformarti in una grande puttana.»


Sto per rispondergli "sinceramente non so se è quello che desidero", ma il suono di un clacson me lo impedisce. Gaetano si precipita fuori per accogliere il carro attrezzi appena arrivato.