Con il cazzo indolenzito e i muscoli peggio ancora per aver chiavato Delia la notte scorsa e aver stuprato sua madre la mattina successiva, Giacomo camminava per le strade come nulla fosse successo, senza nessun senso di colpa, anzi, si sentiva potente. Forse per quella strana mania di onnipotenza che è innata in alcuni individui e che si alimenta maggiormente quando riescono a sottomettere, finché diventa una dipendenza.  Sentiva un po’ di dolore al braccio e alla mano che sua madre aveva cercato di mordergli. Ma anche questo gli procuravano uno strano piacere: lei aveva provato a ribellassi con un semplice morso, fallendo miseramente. Lui l’aveva ugualmente sottomessa e violentata. Gli sembrava di poter fare qualunque cosa. Si sentiva come invincibile e infallibile. Paura di suo padre? Per niente. Lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani fracassandogli il cranio. Paura della polizia? Nemmeno. Avrebbe ucciso anche gli sbirri e in carcere non si sarebbe sottomesso né a loro né agli altri detenuti. Probabilmente sarebbe diventato il loro idolo mostrando la propria forza e il proprio coraggio. Questo, almeno, era ciò che lui immaginava.


Si fermò davanti a un palazzo, bussando a un portone.


“Chi è?” domandò una voce, che era per metà maschile e metà femminile.


“Tanya, sono io, Giacomo”.


“Amore, entra”.


Gli aprì una transessuale bellissima, alta e formosa, con un fisico mozzafiato: aveva delle belle cosce lunghe e sode e un bel culo sodo, che risaltavano grazie ai tacchi alti. Indossava un abito bianco trasparente dal quale si vedeva il perizoma verde e le bellissime tette che, senza reggiseno, soltanto a guardarle facevano venir voglia di succhiarle. Aveva i capelli lunghi e neri, , gli occhi verdi e un viso bellissimo e femminile che nessuno avrebbe mai detto che sarebbe potuto appartenere a un uomo in passato. Le labbra carnose, ma non gonfie.


Giacomo ce l’aveva già di nuovo duro, nonostante avesse già chiavato due volte. “Che splendida creatura” pensò Giacomo osservandola. La afferrò delicatamente e la fece voltare verso di sé. “Sei stupenda” le disse, toccandole il pacco, bello duro e grosso. Tanya gli diede uno schiaffetto scherzoso sulla mano e sorridendo protestò “ce li hai i soldi, cornutello?”


Giacomo sorrise con il suo viso brutto e maligno “ma certo, amore” e sganciò le banconote, che Tanya conservo nel cassetto. Giacomo la baciò sulla bocca, usando la lingua. Era un’eccezione, di solito le prostitute non se lo fanno fare, ma con Giacomo si era ormai creato un rapporto speciale. Si afferrarono il cazzo a vicenda e cominciarono a masturbarsi reciprocamente. Giacomo si abbassò e glielo prese in bocca. Era un cazzo molto lungo e doppio, duro. Nulla a che vedere con certi cazzi mosci di alcune transessuali passive che si vedono in certi film porno. Tanya era attiva e passiva contemporaneamente. Per questo Giacomo l’adorava. La transessuale chiuse gli occhi godendo e gemendo di piacere. Giacomo continuava a succhiare e a leccare il cazzo e le palle della trans, mentre il suo diventava sempre più duro. Apriva la bocca e se lo faceva infilare quasi fino in gola, le faceva tanti bei risucchi.


“Sì, sì, ah, che bello sì” gemeva Tanya “dai, ciucciamelo, porcone”.


Giacomo gustava sempre di più il cazzo della divina transessuale e quella sua voce mista tra maschile ed effeminata, gli fece provare un’immensa sensazione di goduria.


Leccò e succhiò i coglioni grossi di Tanya e l’asta bella lunga e dura, fino alla cappella, roteando la lingua in senso orario e in senso antiorario. Poi si alzò in piedi masturbando Tanya che a sua volta afferrò il cazzo di Giacomo segandolo. Giacomo si girò e si mise a pecora “mettimelo in culo, Tanya”.


“Ce l’hai pulito il culo?” domandò Tanya, schizzinosa “non voglio ritrovarmi la merda sul cazzo”.


“Mettimelo in culo e basta” ruggì Giacomo “ti ho pagata, brutta troia”.


“Oh, piano con le parole”.


“Inculami, ti prego”.


“Va bene, va bene, stai calmo, amore”.


Tanya si infilò il preservativo e Giacomo, vedendolo, si indignò “no, no, io voglio sentire la carne del tuo cazzo nel mio culo…”


“E io non voglio prendere infezione…prendere o lasciare…”


“Stronza” fece Giacomo, ma preferì non fare storie e accontentarsi di prenderlo in culo con il preservativo.


Tanya aprì il culo flaccido di Giacomo, ci sputò dentro l’ano e cominciò a inserire prima un dito, poi due dita, dopodiché la cappella piano piano, delicatamente, da brava esperta qual era. Un po’ alla volta cominciò a chiavare il culo di Giacomo con più forza e con un ritmo più veloce. Con sua delusione, Giacomo si rese conto che non gli stava piacendo.


“Non sto godendo” ammise “forse hai sbagliato posizione”.


Riprovo, la trans cacciò fuori il cazzo dal culo di Giacomo e lo infilò di nuovo, mettendolo un po’ più giù. Giacomo avvertì un po’ più piacere “sì, brava, così, dai, in culo”. Tanya riprese a chiavarlo e lui godeva e gemeva “ah sì, dai, ancora, inculami, inculami, fottimi…sì, sfondami il buco del culo, troia, bravissima, amore mio, sì mia Dea divina! Ah ah” e le palle sbattevano sulle natiche grasse di Giacomo.


Si fermarono. Giacomo si girò e toccò con il proprio cazzo quello della bellissima trans, muovendo il corpo e i cazzi strusciandosi uno contro l’altra. Giacomo le toccava il culo con le mani e le succhiava i capezzoli, le leccava le tette. Entrambi i loro cazzi erano molto duri.


La trans, che lo faceva per lavoro ma si eccitava davvero, si abbassò e prese in bocca il cazzo di Giacomo. Faceva avanti e indietro con la testa, ruotava la lingua attorno alla cappella e quasi non ingoiava il cazzo del suo cliente.


“Fattelo mettere in culo, dai, Tanya”.


“Va bene, amore” disse la trans con la sua voce mezza effeminata e mezza maschile “ma sempre con il cappuccio”.


“E che palle”.


“O col cappuccio o niente, dai, te lo metto io”.


Sapeva ormai, che Giacomo non era nemmeno in grado di indossarlo correttamente. Infilò il cazzo del cliente nel profilattico e si girò puntando il culo verso di lui. Giacomo le leccò l’ano, baciandolo anche ogni tanto, infilando la lingua fino in fondo. Il cazzo era così duro che gli sembrava scoppiare. Forse doveva anche pisciare, ma non voleva perdere tempo e per una forma di orgoglio non voleva fermarsi. Allargò il culo della trans con le dita, ci sputò dentro e ci ficcò il cazzo. Fu violento e indelicato e la voce lamentosa della trans lo faceva arrapare ancora di più. “Sì, dai, ancora, amore, dai!” esclamava e gemeva Tanya “sì”.


“Che bella troietta che sei, amore mio” disse Giacomo, che sudava. Era vero che le forze cominciavano a mancargli, tuttavia, aver chiavato e sborrato già due volte precedentemente lo stava anche aiutando a durare di più. Era quasi mezzogiorno e mezzo quando Giacomo si rese conto che doveva accelerare il processo di eiaculazione. Gli bastò ansimare di più per poter sborrare prima.


“Tanya, devo andare, girati, così ti sborro in bocca”.


Tanya obbedì. Giacomo si segò davanti alla faccia di lei, che se ne stava in ginocchio con la bocca aperta e la lingua di fuori.


“Ah, ah, ah, ah, sì, sì, cazzo, sì! Sto venendo” e le sborrò sulla bocca, sporcandole il viso e i capelli. Ora Giacomo si sedette, si sentiva mancare le gambe. Tre chiavate consecutive non sono da poco. Aveva consumato molte energie. La trans si alzò. Gli domandò se andasse tutto bene. Giacomo annuì, affannato e forzando un sorriso apparentemente tranquillo, disse “ho chiavato un po’ troppo stamattina”.


“Ti faccio un caffè?”


“Volentieri”.


Tanya si rivestì e preparò un caffè per sé e per Giacomo. Bevettero insieme. Si salutarono poco dopo e Giacomo riprese a camminare, con in testa il suo inseparabile cappuccio della felpa nera.


Passò davanti alla casa di Cosimo e vide che c’era la Vespa di Vittorio. Fece uno dei suoi sorrisi di trionfo. Si sentiva ancora potente, nonostante fosse debole e barcollasse. L’istinto gli suggerì di salire e scopare, anche contro la loro volontà, sia Delia che suo fratello Vittorio. Poi gli venne un’idea: dove poteva essere Cosimo, se non con sua sorella?


Si diresse verso casa di Stella e vide la motocicletta di Cosimo. Li attese che scendessero. Lui sapeva che Stella, per consolare il fratello, gli aveva sicuramente aperto le cosce.


Era giù al portone, quando li vide sorridere come una coppia di innamorati.


E aveva visto il loro sorriso spegnersi, quando si erano accorti della sua presenza.


“Giacomo!” esclamò Cosimo con un tono voce che a Giacomo sembrava spaventato.


“Ciao, Cosimo. Ciao, Stella”.