Quarantena. Giorno 24.


Faccio scivolare la mano nella mutandine. Dio come sono bagnata. Sullo schermo del tablet che tengo appoggiato alle tette continuano a susseguirsi scene di sesso anale. Il volume al minimo per non essere scoperta. Un turgido cazzo che si infila nelle carni della fortunata di turno. Porto l’indice a sfiorare il clitoride. Risponde presente. Cambio scena. Primo piano di una doppia penetrazione. La tipa urla così forte che riesco a percepirlo anche con l’audio quasi mutato. Prendo a respirare con la bocca. Cambio scena. Un enorme palo di carne nera che si apre a forza il passaggio in un burroso culo bianco, leggermente arrossato sulle natiche. Lo sfila lasciando dietro di se una voragine senza fondo. Ci sborra dentro. Il mio medio scende a dare manforte all’indice. Pressioni circolari poco sopra il clitoride. Scivolo leggermente col sedere sulle coperte del letto. Mi risistemo appoggiata alla sponda e riprendo a massaggiarmi. Mi scosto un ciuffo di lisci capelli castani dal naso con uno sbuffo e lo sguardo cade per un istante sul cassetto del comodino. Sotto le canottiere c’è nascosto un vibratore a forma di rossetto. Goliardico regalo delle amiche per i miei 18 anni. C’era anche Antonio alla festa. Ero cotta di lui. E’ strano come ora i contorni del suo viso quasi mi sfuggano, mentre quelli del suo cazzo li ho nitidi negli occhi. Era un tipo impacciato, ma aveva un uccello da perderci la testa. Sembrava modellato perfettamente sulle dimensioni della mia fica. Un’occhiata al tablet. Il cazzone nero, uno dei più grandi che abbia mai visto, torna ad inculare la ragazza. Sborra calda che fuoriesce ad ogni affondo. Gli occhi corrono di nuovo al cassetto. Me ne ha date di soddisfazioni quel giocattolino negli ultimi 3 anni. Eppure è così lontano. Non voglio smettere. Sono vicina.


Bussano alla porta.


“Sara! Sei sveglia?”


Fanculo.


“Un secondo!”, vengo tradita da una voce insolitamente stridula. Ho la bocca impastata.
Nascondo il tablet nel cassetto del comodino e mi infilo sotto le coperte tirandole fino al collo.
“Dimmi!”
Roberto spalanca la porta ed entra. Speravo non lo facesse.
“Sto per buttare la pasta. Pranziamo insieme?”
Non mi ero accorta di che ore fossero. Se sta cucinando pasta deve essere martedì. Cristo con la quarantena ho perso traccia del passare dei giorni.  Mi metto in ascolto del mio corpo. Sotto la voglia di cazzo che infiamma gran parte del mio cervello mi sembra di scorgere un certo languorino.
“Sì, grazie. Due minuti e sono là”
“Bella”
Ancora quell’espressione. Quanto mi fa incazzare. La utilizza per tutto. Sono sempre stata così intollerante? La convivenza forzata mi ha reso un’isterica rottura di coglioni? O magari è l’assenza di cazzo a parlare.
Esce lasciando la porta aperta. Coglione.


La pasta non è male. Mezze maniche al pesto. Che novità! Saranno tre settimane che mangiamo lo stesso sugo. Non che abbia mai preso l’iniziativa per portare qualcosa di nuovo in tavola. Fino a un mese fa ci pensava mia madre ai pasti. O meglio, la madre di Roberto. Matrigna acquisita dopo che mio padre se l’è sposata l’anno scorso. “L’occasione per ricreare un ambiente familiare”, diceva. “Così avrai anche un fratello maggiore”. Chi cazzo l’ha mai chiesto un fratello maggiore! Perché non poteva semplicemente ricacciare indietro l’orgoglio e ricontattare mamma? La mia vera mamma. A quanto ho capito l’ha tradito con un collega di lavoro. Lui li ha beccati in casa nostra mentre ero in vacanza con le amiche. Al ritorno mi aspettava un’atmosfera da guerra civile e paroloni come “divorzio” e “puttana”. Ma la vita va avanti a quanto pare. Si è risposato con Margherita, una svampita quarantenne dalle tette rifatte e con l’ossessione della pulizia. Urrà per la mia nuova mamma!
Sono felice siano rimasti bloccati a Milano in zona rossa. L’albergo gli costerà una fortuna. Erano là per un concerto, nel bel mezzo della loro ritrovata giovinezza. Spero lei abbia il ciclo tutto il tempo! Ogni tanto ci videochiamiamo. Fanno le facce tristi ma so che se la stanno spassando e non vogliono farcelo pesare. Chiusi in una stanza d’hotel a consumare il proprio matrimonio. Ancora e ancora. Completamente sollevati dai doveri morali nei nostri confronti. 
Così mi ritrovo da quasi un mese a condividere settanta metri quadri con il mio fratellastro senza poter uscire e, a quanto pare, senza nemmeno potermi masturbare in santa pace. Lui non fa nulla per non farsi notare. Sembra riuscire ad occupare tutta la casa in ogni momento. Il divano è per la PlayStation, il salotto per la palestra mattutina, la cucina per i suoi goffi esperimenti culinari ed il bagno è perennemente tappezzato di quei peli neri e spessi che gli ricoprono le gambe. Tanto che ho preso l’abitudine di andarci in ciabatte. 
E’ praticamente la brutta copia di un orso. Perennemente sudato, dalla scoreggia facile e dai modi animaleschi. Ma forse sono troppo dura con lui. E’ questa cazzo di convivenza forzata. Preso a piccole dosi è anche simpatico e mi ha accettata nella sua vita più velocemente di quanto pensassi.


“Laura! Dai cazzo che si incolla tutta!”


…Forse sono troppo buona con lui.


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Quarantena. Giorno 29.


Fisso la pioggia infrangersi sul vetro della finestra. Sembra sporcare il mondo piuttosto che ripulirlo. L’ennesimo sfregio verso la razza umana. Un lampo illumina per un istante i contorni dei tetti. Comincio a contare mentalmente i secondi che mi separano dal tuono. E’ l’unica cosa che sono riuscita ad inventare per evitare di dormire tutto il pomeriggio: tenere mentalmente traccia dell’avvicinarsi della tempesta. 
Tre secondi scarsi. Come prima. Anche lei sembra annoiarsi a morte. Si rifiuta di muoversi. D'altronde la capisco. Saranno tutti a casa. Chi cazzo speri di bagnare con tutta quell’acqua? Non è divertente se non ci sono tutte quelle figurine impazzite che corrono tenendosi i giornali sulla testa o lottano contro il vento per il possesso del proprio ombrello.


Mi alzo per scrollarmi di dosso quella pelliccia di opprimente oziosità. Tanto vale farsi rompere il culo alla play dal mio delicatissimo coinquilino piuttosto che continuare a fissare il vuoto nella speranza che mi colpisca un fulmine e si porti via tutto in uno sfrigolio di carne e stoffa. Sto diventando anche piuttosto brava a quel gioco di lotta. Il segreto è premere i tasti a caso sperando che la popputa paladina della giustizia riesca finalmente a fottere il karateka di Roberto.  Spero finisca la quarantena ben prima che io impari seriamente a giocare, ma ehi! Se la vita ti dà limoni… Com’era? Strizzaglieli in un occhio? …Carina.


Busso alla porta della sua stanza. Nessuna risposta. Tendo l’orecchio per capire cosa stia facendo e mi accorgo che la doccia è in funzione dall’altra parte del corridoio. La caldaia impazzita che pompa acqua calda brontolando come una vecchietta. Ma quante cazzo di docce si fa al giorno? E’ incredibile come poi puzzi inevitabilmente di cane bagnato ogni volta che lo incrocio.


Decido di entrare per sbirciare in che condizioni versa la nostra ex stanza degli ospiti. Magari trovo qualcosa di divertente a cui giocare sul suo pc. 


Se non fossi vissuta per 21 anni in quella casa faticherei a riconoscerla. Sembra uscita dal set di quei film in cui i ladri mettono a soqquadro la stanza in cerca di documenti segretissimi dai quali dipenderà l’incolumità della nazione. Il letto è ricoperto di boxer ingialliti, vecchie magliette bucate, calzini spaiati ed un’incredibile quantità di cavi e cavetti dei quali ignoro l’utilità. Il tanfo mi ricorda le rare volte in cui andavamo a trovare i nonni in campagna. Un misto di selvatico e merda di maiale. Per arrivare alla scrivania del PC devo farmi strada tra una marea di fazzoletti usati, vecchie riviste di motociclette ed un pezzo di pane raffermo con ancora attaccata su un lato una strisciolina di lardo di prosciutto che calcio via con disgusto sperando non mi si appicci sulle ciabatte.


Il PC è acceso. Il desktop è invaso di cartelle e file dai nomi più assurdi che coprono a malapena una modella completamente nuda a fare da sfondo. E’ seduta a terra, appoggiata al muro, e con due dita si spalanca le grandi labbra oscenamente aperte ad uso e consumo dello spettatore. Timida la ragazza!


Noto una finestra di Firefox ridotta ad icona sulla barra dei collegamenti. Non avrei mai dovuto aprirla, ma la curiosità è donna…dicono. Il sito è PornHub, famoso anche fra chi non frequenta. Non che possa inserirmi nella lista degli ignari. Mi torna in mente il tablet dimenticato nel cassetto del comodino. Che scema. L’ho anche lasciato acceso. Dove cazzo sarà il cavetto per ricaricarlo? 


C’è un video messo in pausa sullo schermo. Il simbolo del play al centro a coprire quello che intuisco essere un rapporto a tre fra due donne ed un uomo. Lo premo. Le urla di piacere di una ragazza mi invadono le orecchie facendomi sobbalzare sulla sedia. Mi affretto a mettere pausa e mi volto verso la porta aspettandomi di vederlo entrare da un momento all’altro. Incazzato nero. Mi faccio piccola piccola. 
Non entra nessuno. Sento lo scrosciare della doccia continuare imperterrito e ringrazio la mia buona stella. Devo andarmene finchè sono in tempo. Non mi muovo. Voglio ripremere play. Immergermi in quel segreto. Scavare a fondo in quel vaso di Pandora che ha rotto la monotonia del pomeriggio. Prendo mentalmente nota del minuto in cui è fermo il video. Dovrò coprire le mie tracce. Mi ci vogliono trenta secondi per trovare il tasto “mute” sulla tastiera. Lo premo. Play.


L’inquadratura è stretta su un cazzo largo come il mio pugno, con un paio di vene gonfie lungo tutta l’asta, che entra ed esce dal culo di una ragazza di colore. Saranno almeno sette centimetri di diametro. Pazzesco. Due coglioni gonfi e completamente rasati ne seguono i movimenti come due guardie del corpo. Ai margini dell’inquadratura c’è la seconda ragazza. Una bionda, probabilmente dell’est a giudicare dai lineamenti, che con fare da invasata incita l’uomo a spingere più forte, spalancando le chiappe dell’amica con le mani. Vampate di calore si diramano dal mio ventre fino ad arrivarmi in testa. La sento girare. La mia fica si risveglia con un fremito dal torpore pomeridiano. Insoddisfatta. Prepotente. Mi torna in mente Marco, antica fiamma ormai estinta. Aveva un bel cazzo. Niente di paragonabile a quello che sto ammirando ora, certo.
Quanto gli piaceva sbattermelo nel culo! Ne andava pazzo. Quel periodo ero così abituata che ci accontentavamo di lubrificarlo solo con la saliva. Più di una volta sono andata all’università con ancora il suo seme dentro. Preoccupata che colasse fuori durante la lezione e mi sporcasse le mutandine. Era un dramma riuscire a farlo uscire tutto ogni volta. Aveva voglia sempre nelle situazioni più scomode. Prima di una cena coi parenti. In campeggio con gli amici. Appena svegli durante le vacanze di Natale, con sua madre in cucina a preparare il pranzo ed il padre in bagno a radersi fischiettando. Sapeva che faticavo a trattenere i gemiti e ci godeva. Sembrava spronarlo a spingere più forte, più a fondo. 
Non è stato il sesso a dividerci. No, quello era grandioso. E’ stata Tiziana. Quella gran troia. Piatta come una tavola. Che cazzo ci avrà trovato in lei poi. Diceva sempre di amare la mia terza abbondante. Le sue gemelline. Poi si fa sgamare a fottersela in macchina fuori da una discoteca. Li ho lasciati finire. Nemmeno per fare scenate. L’ho bloccato su tutti i social. Spero ci sia un fulmine in questa tempesta con il suo nome scritto sopra. 


Scuoto la testa per riprendermi. L’uomo è disteso su un fianco. Con una mano tiene alzata la gamba della ragazza nera. Il cazzo ancora ben piantato nel culo. Affondi più leggeri ora. Profondi. La bionda gli sta leccando il culo. Ci sputa e prende a succhiare. Amo leccare il culo ad uomo. Sembra così trasgressivo. Così proibito. Il pensiero torna al mio ex. Lui era un tipo tutto d’un pezzo signore e signori! Troppo maschio per ammettere che forse gli sarebbe piaciuto provare. Troppo insicuro per permettermi di tentare. Devo riprendermi. Sbaglio o la doccia è spenta? Cazzo. 


Mi muovo veloce come una gatta nell’oscurità. Riporto il video al punto in cui l’ho trovato. Riduco ad icona. Cancello le mie tracce. Valuto la possibilità di recuperare il pezzo di pane calciato in precedenza. Rimetterlo dov’era. Non credo se ne accorgerà. Non nel delirio in cui versa la stanza. Sgattaiolo fuori attenta a non far cigolare la porta quando la richiudo con cautela. 


Riprendo fiato solo al sicuro della mia camera da letto. Sento la porta del bagno aprirsi. Giusto in tempo. 


Riordino le idee. Il mio cervello prende a lavorare veloce. Quando dice di studiare in realtà è su PornHub a menarselo. Quanto spesso si masturba? Ama l’anale e non disdegna il rimming a quanto pare. Chissà che altre perversioni nasconde. Avrà mai visto un porno gay? Ha una pornostar preferita? Più di una? Cerca in base alle dimensioni del cazzo o al numero di donne presenti sulla scena? Mi si è appena aperto un mondo inesplorato davanti e voglio tuffarmici dentro. Voglio spiare il mio coinquilino nella sua intimità. Esporre i suoi segreti più nascosti. Cibarmene. Non so come fare. 


Apro Google e digito “spiare un computer”. Salvatore Aranzulla. E ti pareva. Leggo l’articolo con crescente entusiasmo. Sembra fattibile. Difficile, certo, ma fattibile. Il problema, a detta dell’esperto, è che bisognerebbe installare quello che chiamano “un demone” nel pc da voler spiare senza che il proprietario se ne accorga. Questo non dovrebbe essere un problema. Mi basterà aspettare che sia di nuovo sotto la doccia. C’è un tutorial da poter seguire. Dodici minuti. Mi ci immergo.


 

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Categorie: Etero Incesti
Tag: Culo Incesto