Un condominio di periferia, ultime luci rossastre di un pomeriggio di tarda primavera.
Un ragazzo sui 30 anni, da solo in casa, esce dalla doccia avvolto da una nuvola densa di vapore.
Musica sinuosa in sottofondo, avvolge liquida gli ambienti della casa.
Il ragazzo si sta preparando per una serata speciale.
Sta aspettando la sua ragazza, di ritorno dal lavoro, vuole farle una sorpresa; candele in camera da letto, olio profumato per massaggi e quella musica avvolgente.
Ora è nudo davanti allo specchio, si fa bello, due sole gocce di quel profumo che a lei piace tanto, “ti fa maschio” gli ha detto sorridendo. Poi va in camera, apre l’armadio e inizia a scrutare i vestiti appesi alla ricerca di qualcosa di adeguato. Le labbra si arricciano, niente sembra soddisfarlo.
Una lucina fra i suoi ricordi improvvisamente si accende, una sera di qualche mese prima, a giocare insieme alla sua ragazza, lei che indossa una sua camicia e roteando gli chiede “come sto?”. Lui che invece di risponderle raccoglie da terra qualcosa che adora vederle addosso e se lo infila facendole il verso “e io come sto?” le mani di lei lo accarezzano attraverso quel tessuto leggero e questo gli piace. Quel che successe dopo gli provoca un brivido, ormai non ha più dubbi! Apre l’armadio della sua ragazza e inizia a sfogliare con le dita i capi delicati. Eccola, pensa. Una vestaglietta orientale color rosso fuoco con dei ricami dorati, come un kimono di seta leggera dalle maniche larghe e soprattutto molto, molto corto. Copre appena i suoi glutei e il suo sesso completamente depilato.
Ancora qualche dettaglio e la sorpresa sarà pronta, lei tornerà dal lavoro stanca e lui ha una gran voglia di prendersene cura.
Uno sguardo all’orologio, tra venti minuti sarà qui.
Lui si aggira per casa e sistema le ultime cose, il vino in frigo, la cena nel forno: gamberoni arrosto.
Mentre cammina si gode la sensazione della seta che gli accarezza il corpo nudo, i lembi del kimono gli solleticano il sesso che leggermente inizia a eccitarsi.
Si ferma per un attimo davanti alla finestra del terrazzo e immagina di uscire fuori così com’è, con quello straccetto di seta che gli modella i lineamenti tonici del corpo nudo. Chissà se la ragazza del palazzo di fronte lo noterebbe. Chissà se lo guarderebbe incuriosita. Sorride.
dlin-dlon
Suonano alla porta, lei deve aver finito prima.
Un ultimo sguardo allo specchio e si incammina verso la porta.
Per un secondo pensa che potrebbe aprire e slacciarsi immediatamente la vestaglia, poi però si ricorda che non ha nessuna voglia di correre troppo, non stasera e soprattutto immagina gli occhi di lei che si perdono nel vedo/non vedo del kimono. Una nuova scarica di eccitazione lo accende.
Eccolo alla porta.
Apre e..
“Signora Viviani... buo... buonasera!”
La sua vicina di casa, una signora di quasi 50 anni che abita alla porta accanto. I cappelli biondi tenuti su da un mollettone qualsiasi.
È un istante.
Primo flash: nascondersi dietro alla porta per non farsi vedere così “vestito” dalla signora Viviani.
Secondo flash: defilarsi troppo in fretta darebbe l’effetto di qualcuno che ha qualcosa da nascondere! Opta allora per una via di mezzo, con la porta che lo cela solo a metà.
È un istante.
La signora Viviani ancora non ha parlato e quando lo fa chiede scusa, dice che non voleva disturbare, che si è permessa di bussare solo perché aveva bisogno di due uova.
Due uova.
Ma certo, non c’è niente di male, è una scena normalissima, la cara signora della porta accanto che chiede un favore, perché restare lì impalato? È abbastanza coperto si dice, può andare a prendere le uova e poi salutarla con cortesia.
Di certo non può farla aspettare lì sulla porta, se passa qualcuno? “prego, si accomodi”
L’accenno di erezione svanisce in un secondo, l’imbarazzo prende il sopravvento, si sente improvvisamente ridicolo.
Cammina davanti alla signora misurando i passi piccoli per non mostrare niente di inopportuno.
Due uova e poi sarà tutto finito.
La signora non dice niente, non ha più aperto bocca, si guarda intorno, ha quasi 50 anni ma capisce, crede di aver capito, la gioventù.. ah.. la gioventù!
La signora capisce e guarda.
Quel po’ di carne che non dovrebbe esposto ai suoi occhi, il suo giovane vicino cammina e lei riesce a vedere la pelle del suo sedere sodo, ma che mutande porta?
La signora Viviani ha caldo, vorrebbe andarsene al più presto, ma.. gli servono le uova, due uova lisce e rotonde.
Eccoli in cucina, sembra ci abbiano messo un’ora ad attraversare il corridoio, “si accomodi signora” come si accomodi? Ma sì, è una cara signora che potrebbe essere sua mamma, deve essere educato e gentile.
Ma riesce solo a essere nervoso, nervoso e impacciato, cosa voleva di preciso la signora? Non se lo ricorda più.
blip-blip
Il suono del suo cellulare, dov’è il cellulare? Sul forno, i gamberoni, la cena, sì.. lo prende e gli cade, ovviamente, “mi scusi signora”.
La signora è sempre lì impalata che non riesce a dire una sola parola, lui si china... lui si china??? Sì. Il cellulare, la vestaglia, le gambe chiuse mi raccomando. La signora non perde un movimento, le brucia la testa, si sente ubriaca come quando era giovane ah... la giovinezza!
Le cosce atletiche del suo giovane vicino di casa si scoprono mentre lui si accovaccia a raccogliere il cellulare, quella linea morbida che corre lungo la pelle e si curva proprio all’altezza dei suoi glutei rotondi, duri, nudi. Nudi? Ma che mutande porta? “mi scusi” e di che? Fai pure caro. È un messaggio. È la sua ragazza, “amore scusa, tardo un po’”
Un po’? Quant’è un po’?
Lui con gli occhi fissi sullo schermo del telefono risponde solo mentalmente “ok..” poi alza lo sguardo: la signora! “Si sieda signora” sì, cosa le serviva? Le uova! Già! Ma dove potranno mai essere le uova?
Quel maledetto programma di cucina in cui lo chef consigliava di mettere le uova fuori dal frigo, in alto, quanto alto? Troppo. Che per prenderle bisogna arrampicarsi, “si accomodi signora... faccio subito”
Lei prende una sedia e si accomoda, lui ne prende un’altra e ci sale sopra, proprio davanti alla signora Viviani che ormai ha la febbre.
La vestaglia che si solleva mentre il primo piede nudo si pianta sulla sedia, la seta che gli accarezza ancora lievemente il pisello tornando a stimolarlo un po’ e poi ancora più su, l’altro piede che si unisce al primo e issa quel corpo di uomo, qualcosa si vede, è un rallenty questo momento, non finisce mai, dio mio, cos’è?
La signora non capisce bene, cos’è? Cosa c’è? Quel grappolo di pelle nuda che si intravede dalla vestaglia del suo giovane vicino, può essere che.. no.. non può, la signora avvampa e sbarra gli occhi, due uova lisce e rotonde, è lì per questo in effetti.
Qualche altro centimetro e ormai non ha più dubbi, beata giovinezza che vigore!
Lui se ne accorge, cerca le uova e sente lo sguardo della signora proprio lì, si imbarazza? No, stavolta no, si compiace e il suo corpo reagisce. Improvvisamente una scarica elettrica che parte da sotto i testicoli e gli infiamma tutto il pube, gli piace, lo sguardo fisso della signora che ormai ha la piena certezza del sesso nudo del suo giovane vicino che sembra sussultare proprio davanti ai suoi occhi.
Dovrebbe abbassare lo sguardo ma non lo fa.
Non riesce a muoversi, è paralizzata e si sente bruciare le tempie.
Poi qualcosa. Un suono, una voce. Lui le ha fatto una domanda e lei non l’ha capita, si ridesta, si alza di scatto come fosse stata beccata con le mani nella marmellata, “no.. io non.. cosa? che dicevi?” “Le uova.. quante ne vuole?” Ed è lì che lui ruota il corpo proprio di fronte alla signora in piedi, la vestaglia leggermente sollevata, come un tetto a spiovente, la stoffa che scivola, il pene che si indurisce sempre di più, miracolo dell’idraulica umana, animale rapace che dispiega le ali di seta rossa e si solleva ruggendo proprio davanti alle fiamme del suo volto, beata, arrogante, giovinezza, ora si scopre in tutta la sua impertinenza.
È un cazzo quello signora mia, un grosso cazzo ormai completamente eretto e scoperto, lucido e brillante, come fosse leggermente umido, libero di farsi ammirare.
È un istante.
Fa caldo, ma quanto tempo è passato? Quando è iniziato questo spettacolo indecoroso?
Silenzio, nessuno parla.
Due, lei pensa, due uova mi servono. La bocca improvvisamente asciutta. Le labbra umide.
Lui suda e ha una specie di ghigno di soddisfazione dipinto sul viso sbarbato da giovane maleducato, vigoroso però, energico ed eccitato, sfrontato e irresistibile. “oh.. mi scusi signora” solo ora pare accorgersi, con una mano prova a coprirsi come può, nell’altra ha le uova. Scende dalla sedia e mentre lo fa mostra ancora una volta le sue cosce nude in mezzo alle quali una mano grande da uomo copre e non copre quello spettacolo vergognoso.
“ecco le uova.. mi scusi ancora” fintamente imbarazzato.
La signora non dice niente, sembra offesa, le dita della mano si muovono nell’aria impercettibilmente, come volessero afferrare qualcosa, forse la sua dignità.
Prende le uova infine, le accoglie nella mano tremante e bisbiglia qualcosa di incomprensibile, qualcosa come un ringraziamento. Per le uova? Lui sorride e arrossisce, forse ha esagerato? Un altro interminabile istante di silenzio, lei sembra non avere più occhi, smarriti dietro gli occhiali da signora, sembra non sapere più dove guardare.
Cosa diavolo doveva poi farci con le uova? Se lo chiede mentre piano si incammina verso la porta di quella casa che non è la sua casa, non è la sua vita, lei è solo una brava signora.
Lui la segue da dietro senza saper bene cos’altro aggiungere, guarda la schiena della sua vicina che si allontana, lascia cadere il suo sguardo appena più in basso e pensa che la signora Viviani è ancora una bella donna, vorrebbe scusarsi di nuovo. Ma non lo fa.
In un ultimo slancio di gentilezza la precede per aprirle la porta, profumo, profumo da maschio. “arrivederci signora, mi saluti suo marito”.
Lei è fuori dalla porta e ripete soltanto il suo grazie, grazie di tutto.
La porta si richiude dietro le sue spalle e solo ora si rende conto che in quella casa c’è musica, una vecchia canzone che le ricorda di quando, anche lei, era giovane.
Respira la signora Viviani dopo attimi interminabili di apnea, le uova nella mano da cinquantenne, pochi passi fino alla porta di casa sua.
Un’ultima sosta proprio mentre dalle scale arriva il suono di tacchi che salgono di fretta, la ragazza del suo vicino, “buonasera signora” neanche la guarda, neanche le risponde, apre e chiude in fretta la porta del suo rifugio calmo e tranquillo.
La sua casa senza musica.
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