Il mio matrimonio era finito e mi sentivo stanco e sfiduciato.
Passavo le giornate chiuso in casa, al computer o a letto.
Mi ero iscritto a un sito di incontri, ma dopo aver scambiato un paio di messaggi con le varie signore che mi rispondevano, troncavo il collegamento, perché, in fin dei conti, non mi andava piu’ di ricominciare.
Avevo 71 anni e alla mia età, pensavo, avrei dovuto tirare i remi in barca.
L’unica con cui rimasi in contatto era una signora russa, Irina.
Non era la classica donna russa. Aveva i lineamenti tipici delle donne asiatiche e viveva in una citta nell’estremo oriente, sul fiume Amur, a 8 ore di aereo da Mosca e una differenza di fuso orario di 10 ore dall’Italia. 
Forse proprio la lontananza e la convinzione che non ci saremmo mai incontrati, l’avevo trasformata nella mia confidente.
Un giorno di novembre mi disse che avrebbe passato le feste di Capodanno e del Natale 
ortodosso (7 gennaio) a Mosca ospite della figlia e che c’era posto anche per me se volevo incontrarla.
Pensai che un viaggio a Mosca non era poi cosi male e mi organizzai per raggiungerla. Lei sarebbe arrivata a Mosca due ore prima e mi avrebbe aspettato in aeroporto, per poi andare insieme in città con il treno.
Prima di partire mi chiese se volevo che si presentasse senza reggiseno. 
Io, scherzando, le dissi che per me sarebbe stato meglio senza reggiseno e senza mutandine.
Arrivato a Mosca, la trovai ad aspettarmi.
Era come la vedevo su Whatsapp, niente di speciale.
Tipici lineamenti asiatici, magrolina, capelli neri cortissimi, occhi scuri.
Vestiva un cappottino che in Italia le donne indossano in primavera, ma, mi spiego’, per lei le temperature di Mosca in inverno erano come nelle sua città in primavera. Era abituata a temperature di -40 gradi .
Salimmo sul treno e io mi sedetti vicino al finestrino e lei lato corridoio.
Il treno era affollato e tutti i posti erano occupati.
Lei tolse il cappottino e resto’ con una camicetta leggerissima e abbondante su un pantalone jeans.
Dopo pochi minuti di viaggio, volli saggiare un po’ il terreno allungando la mano per verificare 
se effettivamente si era tolto il reggiseno come mi aveva detto.
Lei mi lascio’ fare continuando a parlare. 
Sotto la camicetta non aveva assolutamente nulla. Mi fu facile arrivare al seno, i capezzoli erano rigidi e io giocherellai un po’ prima su quello sinistro e poi a destra.


La cosa mi piaceva. Erano 50 anni che non facevo piu una cosa del genere in pubblico.
Lei intanto aveva preso il suo cappottino e se lo era steso sul suo corpo a coprire i miei movimenti.
Era tempo di esplorare nuovi orizzonti.
Infilai la mano nei suoi jeans da dietro e scesi verso il suo culo.
Aveva eseguito la mia richiesta fatta per scherzo e non aveva mutandine.
Raggiunsi il culo facilmente e lei si sollevo’ leggermente per permettere alla mia mano di proseguire fino a toccarle la sua fighetta ormai bagnata.
Quando dico fighetta , non è un vezzeggiativo.
Malgrado molti anni sposata con un coreano, aveva una figa davvero strettissima.
Intanto la sua mano saggiava la consistenza del mio uccello che premeva contro i miei indumenti.
Eravamo in astinenza da molto tempo e avevamo perso la testa.
Non parlavamo piu’.
Io incomincia a massaggiare l suo fiorellino che si bagnava sempre di piu e lei porto’ il suo cappottino a coprire i miei pantaloni.
Aprì la mia zip e tiro’ fuori il mio cazzo duro come non mi capitava da anni .
Il controllore chiese i biglietti, ma ne lui e ne i viaggiatori seduti dall’altra parte detter o segnodi aver notato le nostre manovre.
Il treno correva nella notte mentre le nostre mani ci davano piacere. Lei esplorava le mie palle, saliva su, mi scappellava piano piano, accarezzava la cappella ormai bagnata con le sue piccole dita, accennava a segarmi e poi cambiava sapientemente per non accelerare troppo i tempi.
Io con una mano accarezzavo il suo piccolo seno e con l’altra mano esploravo la sua fighetta, eravamo dei matti. Io con i miei 71 anni e lei 57. 
Dei nonni pazzi.
Ad un tratto lei sussulto’ trattenendosi dall’urlare di piacere. Le mie mani la sentivano vibrare .Accelero’ a segarmi . Venni anche io.  


Il treno aveva raggiunto ormai la periferia di Mosca.
Prima di scendere lei mi chiese: “How many years old are we ?”


Io risposi: " 20 " 


E mi sentivo realmente un ragazzo di 20 anni

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