Questa è un altro fatto vero accadutomi in adolescenza.
Era un pomeriggio d’estate, faceva molto caldo, io e i miei 3 amici, compagni di classe, decidemmo di fare un giro con le biciclette. Avevamo allora 13 anni. Cominciammo a pedalare volevamo raggiungere un paesino per fermarci a mangiare un gelato. Nel 1992 qui da me era ancora poco abitato e quindi molte strade erano di campagna. Arrivammo a destinazione e mangiammo il gelato, eravamo molto accaldati, poi tra chiacchere e risate, decidemmo di ritornare indietro. Nel tragitto ci fermammo sul ciglio della strada per fare pipì e con l’occasione era il modo di confrontarci, si rideva e scherzava. Andammo verso le bici, ma notai che un amico aveva in mano una cordicella. Gli chiesi cosa gli serviva, ma lui guardando gli altri amici, non mi rispose. Mi avvicinai alla bicicletta dando le spalle a loro. A un certo punto senti un urlo: Addosso!!!!! Mi presero da dietro, per farmi uno scherzo pessimo, io cercai di dimenarmi ma loro erano in tre che mi tenevano. C’erano due alberelli più in la sempre sul ciglio della strada e mi misero con la schiena contro a esso. Io cercai di divincolarmi chiedendo di lasciarmi andare, ma loro usarono più forza e mi legarono i polsi in modo che non potevo muovermi dall’albero. Poi mi legarono anche le caviglie. A questo punto ero completamente bloccato. Cominciai a urlare dandogli dei nomi dietro e di non fare cazzate, ma loro se ne fregarono, mi ricordo che avevo una bandana e con quella mi tapparono la bocca. Poi mi dissero: adesso vediamo se ti riesci a liberarti o qualcuno che lo faccia. Io cominciai a dimenarmi cercando di liberami ma non ci riuscii, cercavo di urlare ma con la bandana erano grugniti. Mi dissero: ciao noi ce ne andiamo. E io cominciai a grugnire. Vidi il mio (stronzo) x non chiamarlo amico, avvicinarsi a e sorridendo, mi diede uno schiaffetto sulla guancia e mi tirò su la maglietta infilandomela sulla testa. In quel modo non potevo vedere più nulla. Poi mi sentii toccare la pancia come se mi stesse scrivendo qualcosa (che poi fece), non contento, mi abbassò i pantaloncini e slip. Vi ricordo che ero legato ad un alberello, sul ciglio della strada dove passavano i mezzi.
Sentii poi che gli altri si misero a ridere e se ne andarono. Cominciai a cercare di liberarmi ma più mi muovevo più mi creavo abrasione sulle natiche con la corteccia, passò del tempo e sentivo le auto sfrecciare ma nessuno si fermò, ogni tanto sentivo dei clacson o parole che non capivo. Non so quanto tempo passò, ad un certo punto sentii una macchina fermarsi, sentii una persona avvicinarsi ma non sapevo se era una donna o un uomo in quanto non vedevo, io cominciai a grugnire, cercando di chiedere aiuto, ma questa non fiatava ma la sentivo vicino. Cominciai ad avere paura, pensando cosa mi sarebbe accaduto o mi avrebbe fatto. Tutto un momento mi sentii afferrare il mio gioiellino, e cominciai a dimenarmi, ma lo teneva stretto, poi cominciò a prendermelo in bocca succhiandomelo fortemente. A quel punto essendo 13enne in pieno sviluppo ormonale, cominciavo a sentire piacere e mi calmai, oramai il mio gioiellino era in erezione e questa persona succhiava a più non posso, con una mano me lo teneva stretto mentre con l’altra mi mungeva le palle. Io ero in tilt ero arrapatissimo senza sapere chi fosse, stavo godendo un casino. Lo lasciai fare, anche perché poi non vi era modo di liberarmi, poi venni, ma sentii che sputava il mio nettare. Continuò a leccarmelo, ad un certo punto si alzò sempre in silenzio, sentendo che era li vicino a me, in quel momento mi si gelò il sangue, credendo che volesse farmi del male, o ferirmi. Sentii sbattere lo sportello della macchina e partire. E così rimasi li, questa persona mi abusò ma poi invece di liberarmi dopo avere fatto i suoi comodi mi lasciò li legato. Cominciava a fare più caldo, ero legato all’albero e sentivo il sole che mi stava bruciando, sentivo in continuazione auto e camion passare e suonare ma nessuno mi venne in aiuto. Ormai ero rassegnato, credevo di morire lì. Non so quanto tempo passò credo che svenissi dalla disidratazione. A un certo punto mi sentii toccare, sentendomi chiedere chi mi aveva legato e mi tolse la maglietta dalla faccia, ma essendo imbavagliato, non potevo rispondere, era una donna matura sulla 30tina, mi tolse il bavaglio, e cominciai a raccontargli tutto, poi mi si avvicinò davanti mettendomi le sue mani dietro per cercarmi di liberarmi, ma non ci riuscii. Il problema però, fu che avvicinandosi mi sfregò con la gamba il gioiellino e mi diventò duro. Disse che, in macchina aveva un coltellino, si girò senza accorgersene, poi arrivò con il coltello in mano e vide il mio gioiellino dritto. Io diventai rosso dalla vergogna e gli chiesi scusa, dicendogli che mi aveva sfregato con la sua gamba e così si era addrizzato.
L’unica cosa che mi ricordo che disse: tranquillo, io sono una mamma e ho due figli quasi della tua età, non ci faccio caso, ma almeno ogni tanto si vede qualcosa di bello. Io diventai ancora più rosso. Poi si mise dietro di me e mi slegò, polsi e caviglie. La ringraziai tanto e nel frattempo mi tirai su gli slip e pantaloncini, ma notai che sulla pancia quelli stronzi mi avevano scritto con il pennarello: CHI VUOLE SPOMPINARLO SI PUO’ SERVIRE, con una freccia rivolta verso il gioiellino.
Ecco perché quella persona si fermò e mi abusò.
Quelli stronzi dei compagni quando andarono via mi fregarono anche la mia bici, cosi ero completamente a piedi, questa donna si offrii a darmi un passaggio, anche perché ero molto disidratato, io non volevo disturbarla ma lei insistette. Mi accompagnò a casa ma prima si fermò a un bar a prendermi dell’acqua.
Mi portò a casa, nel tragitto però mi mise la sua mano destra sella mia gamba, io pensai che volesse abusarmi anche lei, ma invece la tenne li ferma, (anche se avrei preferito che lo facesse, nonostante la differenza di età era bella, formosa). Arrivai a casa, la salutai ringraziandola, e mi accinsi a entrare e notai che dentro il mio giardinetto c’era la mia bicicletta. Poi andai subito a farmi una doccia cecando di eliminarmi quella scritta e la serata finii li e non dissi nulla ai miei.
L’indomani mattina andai a cercare gli stronzi e a uno a uno gli diedi dei cazzotti, perdendo la loro amicizia. Ma codardi e infami, nel pomeriggio gli rincontrai, mi fermarono e mi massacrarono di botte, 3 contro uno.
Da quel giorno non volli più vedere, neanche dopo quando passai alle superiori 2 erano in classe con me, ma non li consideravo più amici ma solo degli infami.
E cosi si concluse una amicizia anzi più amicizie.
Anche se due poi mi chiesero se volevo sbocchinarli x recuperare l'amicizia ma era solo x un loro godimento ma non x amicizia e non feci nulla.
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