Salve a tutti. Io sono un Master, virtuale ma non troppo. Virtuale nel senso che opero tramite internet, non troppo nel senso che pretendo le prove che le cose che si dicono sono vere. Questo racconto è un misto di fantasia e realtà, ed è visto dagli occhi di una mia controparte femminile che stesse sperimentando le cose che le offro. Nella vita ho scritto parecchio, ma è la prima volta che mi cimento nel genere erotico, e sopratutto la prima che faccio una cosa che se pure in parte, parla di me. La mail che appare nel racconto è la mia, per aggiungere un pizzico di pepe, e se qualcuna vuole contattarmi per chiedere qualcosa si senta libera di farlo, come io mi sentirò libero di rispondere o meno a seconda dell'interesse e dell'educazione del messaggio.

LA CHAT – Episodio 1

Io sono Anna, 44 anni di età, ma un fisico ancora piacevole. Ho i capelli castani e pur non essendo alta sono ben proporzionata. Ed all'epoca ero annoiata, terribilmente. Il sesso con mio marito Luigi era sempre stato particolarmente poco eccitante, lui sopra e io sotto per il minimo indispensabile. Mi era andato bene per 22 anni, metà della mia vita, e ritenevo che mi sarei accontentata anche per gli anni futuri, fino a quando il desiderio di entrambi (tra breve, a quanto si poteva giudicare) si fosse del tutto spento. Quella mattina mentre Luigi era al lavoro avevo acceso il PC, e più per noia che per fare davvero qualcosa per cambiare la situazione mi ero messa in cerca di una chat erotica. E pensa tu, la avevo anche trovata. Così con il nickname che mi ero scelta (Annoianna) mi stavo divertendo a veder passare le mirabolanti offerte di sesso dalla dubbia credibilità, (alto due metri e con 22 cm di cazzo), oppure quelli che cercavano cose strane (uno che voleva essere usato come sacchetto per raccogliere escrementi di cane) ed altre cose strane o incredibili, intercalate da cose più noiose ancora del sesso con mio marito. Ad un certo punto un post passò veloce nella chat ma si fermò il tempo sufficiente a colpire la mia fantasia. Ripartì a razzo prima che potessi finirlo di leggere, ma fermando la chat e risalendo con il cursore lo ripresi subito.

"Cerco femmina sottomessa per D/s, contatti in chat e via email. Ti farò stare bagnata per ore, ti farò godere. No alle fiche fake, si alle curiose che si informano".

Per curiosità e pensando di divertirmi alle sue spalle lo contattai in privato. "Ciao, scusa, cosa sarebbe il D/s?" Mi rispose dopo parecchio,pensavo mi avesse ignorata. E mi rispose in modo stranamente gentile, per uno che postava frasi di quel genere. La risposta era lunga, quindi era per quello che erano passati diversi minuti: "Si tratta di una pratica sessuale dove il piacere non è soltanto fisico ma anche e soprattutto mentale. Il master prende il controllo sulla sottomessa, ordinandole cosa fare e cercando di spingerla ai suoi limiti, che spesso sono solo illusori, e farglieli superare. Fargli fare cose mai fatte, cose che non sapeva si facessero, sia subito che eventualmente dopo. Si può arrivare ad una dominazione 24/7, ovvero continua 24 ore al giorno per 7 giorni alla settimana, oppure accordarsi per dei paletti. In ogni caso la sottomessa può sempre liberarsi limitandosi a non rispondere più, dato che parliamo di "virt", ovvero un rapporto virtuale, via chat, via email, via webcam, con foto o altro. Nel mio caso parlo di un rapporto dove non ci vedremo mai in faccia, quindi non ci sarà mai modo di far uscire questa cosa dal virtuale a meno che entrambi non siamo concordi, e ti anticipo che io non lo sono e non lo sarò mai. Resterò per sempre lo sconosciuto senza volto con le mie schiave."

La risposta proseguiva, ma mi fermai. Schiave? Ma chi era quello? Stavo per chiudere, ma la curiosità prese il sopravvento e volli finire di leggere.

"Il gioco, perché si tratta comunque di un gioco, pur se erotico, ha delle regole. Una è che non si possono rifiutare ordini e continuare a giocare. Se rifiuti un ordine, il gioco per quel giorno si interrompe, e fino al giorno successivo non sono più il Master. Probabilmente non rispondo neanche alle mail o alle chat. In ogni caso di sicuro non riprendo il mio ruolo. Se succede troppe volte saluto per sempre la ragazza, e la nostra vita riprende da dove era."

Pensai che forse potevo tenerlo occupato per ancora qualche minuto, quindi a mia volta cominciai a scrivere: "Perché il gioco si interrompe?" Risposta secca: "Perché sono io in comando. Il gioco è mio. Rifiutare un ordine è nel diritto della schiava, ma questo significa che lei è uscita dal ruolo di schiava. E io a quel punto esco da quello di padrone."

Rimasi qualche secondo a pensare, ma dato che ero nella completa sicurezza di una chat anonima mi sentivo ancora pienamente nella mia zona comfort, e proseguii. "Parli di rifiutare un ordine, che ordini mi daresti se io volessi fare questo gioco con te?"

La risposta arrivò nel tempo necessario a scriverla: "Ordini che ti farebbero godere forte, ti terrebbero eccitata e ti spingerebbero a fare porcate che neanche immagini. Per sapere quali però dovrei sottoporti ad un fuoco di fila di domande, personali, imbarazzanti, penetranti. E' il punto di partenza, l'unica parte che non troverai stimolante quanto il resto. Devo capirti, capire quali pensi siano i tuoi limiti, capire che esperienze hai fatto, quali vorresti fare e quali non vorresti fare. Se vuoi ti lancio le domande, e tu devi rispondere a tutte, sinteticamente, senza saltarne e senza fare domande a tua volta.". OK, quel tipo strano aveva la mia attenzione. Sempre crogiolandomi nella mia "zona tranquilla" dell'anonimato totale acconsentii. Lui partì lanciandomi velocemente domande, a gruppi. Scriveva veloce, faticavo a stargli dietro. Domande a cui non avrei risposto di persona, o a voce, o facendo vedere la faccia. Ma il famoso anonimato da tastiera mi dette coraggio, e risposi. Inizialmente volevo mentire, ma per qualche motivo scelsi di dire la verità. Era mettersi a nudo, molto più che se improvvisamente mi fossi trovata senza vestiti seduta alla tastiera. E per qualche motivo lui capiva come fare per scavare anche nei segreti. Domande tipo "hai mai fatto sesso anale? Masturbazione anale? Quando sei sola ti masturbi? Quando sei con tuo marito fate giochi particolari a letto? Sex toys? Sei esibizionista? Hai tendenze esibizioniste?" - Io quasi mi vergognavo a sentirmi una imbranata. Ma come ho detto, scelsi di dire la verità, e nel farlo mi vergognavo e nel contempo cercavo di immaginare cosa mi fossi persa, nella vita.

Sull'ultimo punto però avevo le idee confuse. "Cosa intendi per tendenze esibizioniste?" e la risposta fu immediata "hai fantasie dove farti vedere nuda da sconosciuti ti eccita, o dove immagini di fare cose sconce in pubblico? Parlo solo di fantasie ovviamente". Come aveva fatto a beccarmi così? "Beh, non più. Da ragazzina si, mi masturbavo anche con quelle fantasie, ogni tanto". La serie di domande fu interminabile, mi lasciò sensazioni contrastanti, tra le quali anche una certa eccitazione di fondo.

Le domande proseguirono per un po', ed alla fine lui si fermò, dicendo che aveva ben chiaro ormai "di cosa avevo bisogno". Messa in quei termini mi inquietò leggermente, perché era proprio per una sorta di "bisogno" che mi ero trovata in quella chat. Mi scrisse il suo indirizzo email: "alpha_master_1964@protonmail.com", e mi disse di contattarlo li, scrivendogli con la mia. La mia risposta fu che non avevo alcuna intenzione di farlo, ma lui rispose che non gli importava. Il suo interesse per me sarebbe nato solo dopo che avessi risposto sulla mail, e dopo che avessi eseguito il suo primo ordine, che chiamò "test di ingresso". Mi disse che la chat una volta chiusa si sarebbe svuotata di tutto il testo, quindo avrei perso per sempre la sua mail. Non so perché con un Ctrl-C memorizzai il suo indirizzo, ma quando gli scrissi che non avrei comunque risposto la chat dette un errore. Era uscito dal sito. Chiusi tutto anche io, quasi arrabbiata che sentire che per lui non ero interessante senza quella email, ma anche sentendo una sensazione di calore al basso ventre che non sentivo da tempo. Accidenti, ero umida... per una chat con uno sconosciuto? Solo a pensare alle cose sconce che mi avrebbe chiesto di fare? Mi infilai una mano nei pantaloni della tuta e negli slip, per controllare. Mi toccai, ero davvero già bagnata... maledizione. E il mio tocco mi aveva dato una scarica elettrica che non sentivo da tempo... per la prima volta da quando non avevo più vent'anni mi feci un ditalino, godendo come da anni non facevo, al punto che dovetti cambiarmi gli slip e mettere i pantaloni della tuta allo sporco. Anche io mi sarei voluta mettere allo sporco, mi feci una doccia e cercai di non pensarci più.

La giornata proseguì apparentemente nei soliti binari, ma quella chat e soprattutto quel ditalino così carico di piacere continuavano a tornarmi in mente. Alle 18 mi misi di nuovo al PC, ed aprendo un nuovo documento ci feci dentro il Ctrl-V che non avevo fatto al mattino. L'email del tipo apparve di nuovo davanti a me. Pensai che in fondo potevo salvarla e pensarci di notte.

LA CHAT – Episodio 2

La mattina successiva quando mio marito se ne andò al lavoro accesi di nuovo il PC Sul desktop c'era il "Nuovo documento di testo" contenente la mail dello sconosciuto. Avevo dormito poco, la mia fica mi aveva tenuto sveglia, dicendomi che era vogliosa di un nuovo ditalino come quello della mattina, ma non la avevo potuta accontentare con Luigi accanto a me. Avevo provato una timida offerta al momento di andare a letto, ma lui aveva risposto di essere stanchissimo, e di non avere voglia.

"Va bene" pensai guardando quell'indirizzo email. "Cominciamo a vedere se questo sito esiste davvero" e digitai la parte finale dell'indirizzo. Esisteva, era un sito di email anonime e gratuite che dichiarava essere anche "criptate". Mi infilai la mano sinistra negli slip (oggi mi ero premurata di togliermi i pantaloni della tuta, non volevo cambiarne una al giorno) ma la mia fighetta reagiva svogliatamente. Voleva lo sconosciuto per godere. Pensai alla mia mail con nome e poi il cognome @gmail.com", e non potevo certo usarla. Sarei uscita dall'anonimato, e non volevo. Poi rimasi con le mani sospese sopra la tastiera... ma che accidenti stavo facendo? Volevo davvero rispondere al tizio misterioso e pieno di boria? Beh, mi risposi da sola, non è stato borioso. E' stato educato quanto uno che risponde per mera cortesia a qualcuno che non gli interessa e probabilmente gli sta rompendo le palle. Ecco, lo stavo pure difendendo... Beh, non potevo certamente spiattellagli nome e cognome. Con un giro su Facebook avrebbe trovato il resto, probabilmente. Ma se volevo saperne di più potevo giocare come lui, e farmi una mail anonima.

"annoianna" incredibilmente era occupato, ma aggiungendoci l'anno di nascita 1976 ero riuscita a farmi una email. Avevo messo una password che mio marito non avrebbe potuto mai indovinare, ed in qualche minuto ero proprietaria di una email anonima e che non avrebbe ricondotto a me. Ero di nuovo nella mia comfort zone dove la mia identità era al sicuro, ed avrei potuto tirarmi indietro in qualsiasi momento. E così mandai una mail a quell'indirizzo misterioso. L'oggetto e il testo erano abbastanza tiepidi, ma comunque era quello che mi aveva chiesto di fare, contattarlo via mail. E la mia micia ritornò a svegliarsi. Oddio, che stavo facendo? Mi sentivo stupida ed imbarazzata, ma ormai era partita.

La risposta arrivò in pochi minuti. "Mettiti in slip e reggiseno, scrivi su un foglio ALPHAMASTER, tienilo con una mano sulla pancia lasciando visibile la biancheria, e fatti un selfie allo specchio inquadrando dal collo in giù e mandamelo"

Diventai rossa come non ero mai stata in vita mia, l'imbarazzo mi causava enormi vampate di caldo. Ma soprattutto, stavo inzuppando le mutandine, ed anche quello mi faceva sentire una merda. Ma la figa inzuppata stava reclamando attenzioni. Stavo per chiudere il PC e nel contempo stavo già infilandomi una mano nelle mutande, quando arrivò una seconda risposta: "e non toccarti la fica, schiava. Potrai solo dopo aver fatto la foto ed averla mandata"

Tolsi di scatto la mano dagli slip. CAZZO! Come aveva fatto? Mi vedeva? Aveva acceso in qualche modo la webcam? No, porca puttana, non era neanche attaccata. La finestra aveva la tapparella giù, quindi non mi stava spiando. Quello stronzo semplicemente aveva capito con una chat e poche domande più di quanto avessi capito di me io stessa.

Non sarei stata al gioco, no. Avevo caldo, avevo voglia di toccarmi. Gli slip rosa quasi da bambina erano zuppi. "Va bene, voglio vedere dove vuoi arrivare" cercai di giustificarmi mentendo a me stessa. In realtà non vedevo l'ora di fare quella foto. Anonima, senza faccia, ed avrei usato come sfondo un muro bianco, quindi del tutto sicura, nessuno avrebbe potuto collegare la troia eccitata nella foto a me. Feci il foglio, e mi feci la foto. Avevo le mutandine zuppe, e nella foto si vedeva, ma non mi importava. Mi vergognavo, volevo morire, mi sentivo puttana, ed ero eccitatissima. Mandai la foto, e poi partii con la mia agognata masturbazione. Mi tolsi gli slip, e mi toccai. Ogni minimo contatto era una scossa elettrica a diecimila volt. Nonostante le sensazioni fossero le più forti mai provate volevo di più. Da toccarmi il clitoride passai ad infilarmi un dito dentro, poi due, poi tre. Esplosi in un orgasmo devastante, pensando alla troia della foto. Vergognandomi come una ladra, sentendomi umiliata dal fatto che mi fosse piaciuto così tanto.

Quando tornai in me guardai lo schermo del PC. Era arrivata una nuova risposta dal Master. Laconica. "Vieni in chat. Ora." Mi collegai al sito, rimisi "Annoianna" come nick, e lui era li. Mi contattò subito. "Ti sei masturbata dopo la foto?". Gli dissi di si, e gli chiesi come faceva a saperlo. Mi rispose semplicemente che lui conosceva bene il tipo di donna che ero, e questo per qualche motivo moltiplicò la mia vergogna. Ero davvero "quel" tipo di donna?

Mi scrisse che mi accettava come sottomessa, e volle sapere come mi sentivo mentre facevo la foto, e come mi ero sentita fisicamente e mentalmente mentre mi masturbavo dopo. Glielo dissi, fui sincera. Non nascosi il mio imbarazzo e la mia vergogna, ma neanche la mia lussuria. Lui mi chiese quanto erano bagnate le mie mutandine. Non "se" erano bagnate, ma "quanto". Gli risposi che erano inzuppate, e lui mi disse di toglierle e stare senza. Di nuovo... qualcosa che non mi aspettavo. La vergogna mi strozzava il fiato, ma la figa mi pulsava, quasi dolorosamente, e mi continuava ad inondare. Io cominciai a chiedermi se ero pazza mentre quasi in preda alla febbre per la vergogna mi alzavo e le toglievo. Forse ero anormale... una sorta di pervertita? O forse ero solo una troia che finalmente riconosceva di esserlo? Non lo sapevo, ma mi sentivo nuda molto più che se ci fossero stati occhi a vedermi. Gli confermai di essere nuda dalla vita in giù, e lui ricominciò con le sue domande. Mi chiese se progettavo di uscire, quella mattina e io confermai perché in effetti dovevo andare al supermercato.

Le sue domande cominciarono ad essere di nuovo insistenti ed imbarazzanti, e stuzzicare la parte troia di me con la quale apparentemente dovevo trovare un equilibrio. "Come intendi vestirti?" Risposi che non lo sapevo, probabilmente jeans, delle ballerine ed una maglietta, visto che eravamo a fine Settembre e faceva ancora parecchio caldo. Mi rispose di no, che avrei indossato cosa voleva lui. Cominciò a far domande su cosa avevo disponibile nel mio guardaroba, ed alla fine selezionò una mise molto più elegante. Non mi propose di vestirmi da troia come temevo, anzi. Era un insieme di gonna e maglietta che stava parecchio bene insieme, e delle scarpe con il tacco basso più femminili delle ballerine che avevo in mente. Poi però mi sganciò la bomba: "Devi mettere un reggiseno che non attiri troppo l'attenzione, ma comunque abbastanza carino, ma non devi mettere le mutande. Io mi congelai. "Come, scusa?" ... come se avessi potuto fraintendere qualcosa di detto, e non leggere a chiare lettere una cosa scritta. Lui non apprezzava che gli si chiedesse di ripetere, così rispose in modo insolitamente duro: "Come? Con il culo da troia e la fica grondante nuda, che cazzo pensavi?" E poi aggiunse che voleva una foto di me vestita che stavo per uscire, una seconda con la gonna tirata su a far vedere il culo, una terza di fronte a far vedere la fica, una quarta fuori scattata con gli stessi abiti, ed una quinta scattata nel bagno del supermercato, di nuovo con la gonna tirata su fino alla vita a mostrare il culo. Leggere che parlava di me in questi termini mi faceva avvampare, avrei voluto morire, o ucciderlo. Lo odiavo, perché sapeva che l'idea mi faceva vergognare come una ladra sorpresa a rubare, e mi odiavo perché mi piaceva. Feci per rispondere che neanche morta lo avrei fatto, e di nuovo la chat dette errore. Era uscito, senza lasciarmi il diritto di replica.

La mia fica aveva bisogno di carta igienica, o avrei colato su tutto il pavimento. Andai in bagno, e mi asciugai. Solo il contatto della carta mi toglieva il respiro, era come se la mia fica fosse spellata da tanto era sensibile. Di nuovo mi masturbai, furiosamente. Le dita non mi bastavano più ma non sapevo cosa infilarmi dentro, e continuai ad infilarmi quattro dita, cercando di allargarmela e di sentire dentro come ero fatta. Come se non avessi mai sentito il mio interno (ed in parte era così) Alla fine ero esausta e respiravo come dopo due ore di spinning a manetta. Mi ricomposi, mi lavai e iniziai a prepararmi per uscire. Tiri fuori i jeans che avevo previsto, ma non mi attiravano più. I capi che aveva scelto lui erano relativamente anonimi, ma di sicuro di maggior gusto. Aveva abbinato un bianco, un blu ed un azzurro molto adatti a quel fine estate, e mi piacevano. Mi vestii di tutto punto, ma infilandomi anche delle mutandine pulite, e feci per uscire. Sulla porta mi fermai. Ero vogliosa di nuovo di eccitarmi, ma non volevo, non potevo fare quello che mi aveva chiesto. Stetti a ciondolare davanti alla porta chiusa almeno 10 minuti, poi con uno scatto rabbioso, disprezzandomi, tolsi gli slip e li misi nella borsa. E tirai fuori il telefono per farmi quelle cazzo di foto.

LA CHAT – Episodio 3

Feci le tre foto che mi aveva chiesto, sempre con alle spalle la stessa anonima parete. La prima vestita, la seconda e la terza mostrando il mio dietro e la mia micia, tirando su la gonna con una mano a formare una V rovesciata che scopriva il centro del corpo ma lasciava coperti i fianchi, non so se sperando di essere meno nuda o per quale altro motivo. Comunque avevo le tre foto nella memoria del telefono, mi asciugai la vagina umida, mi sistemai i vestiti ed aprii la porta di casa.

Ero fuori, e mi pareva di avere gli sguardi di tutti dalle finestre concentrati sul mio sedere e sulla mia passerina. Mi batteva il cuore che ero sicura che mi sarebbe preso un malore, ed ero convinta che tutti potessero capire che ero senza slip. Ero sicuramente rossa in volto come se mi avessero ustionata, e la mia fica camminando si faceva sentire, viscida di umori perché maledetta lei era fradicia. Andai a prendere l'auto nel parcheggio condominiale, aprii la porta e mi bloccai. La gonna non era larga, ma entrando in auto dovevo stare attenta a come mi muovevo. Far vedere gli slip per errore era imbarazzante da svenire, ma far vedere la fica sarebbe stato da suicidio. Mi calai in auto con cura, e poi ruotai entrambe le gambe portandole dentro in contemporanea e ben chiuse. Dovevo ricordarmi di farlo anche uscendo.

Avevo paura di bagnare la gonna da quanto ero piena di umori, quindi facendo finta di niente inserii con un rapido movimento un fazzolettino tra il mio corpo e la stoffa. Il tragitto non era lungo, e cercai di stare concentrata sulla guida. La figa però si faceva sentire, pulsando piacevolmente.

Arrivata al supermercato trovai un posteggio e con cautela scesi dall'auto, ma sentii staccarsi da me qualcosa, e cadere. Cazzo! Il fazzolettino! Girai lo sguardo in basso, per terra c'era il fazzoletto di carta bagnato. Mi guardai intorno. Nessuno vicino, e nessuno che faceva caso a me. La cosa migliore era far finta di niente ed andarsene come se quel pezzo di carta bagnata fosse già li. Dovevo anche trovare il punto dove farsi una foto anonima, e li non era facile, ma mi venne una idea. Avrei tenuto il telefono in mano, e mi sarei fatta una foto di nascosto camminando davanti ad auto che non erano la mia. Lo feci, e nella foto si vedeva dietro di me correttamente vestita il fianco di un'auto di modello e colore casuali. Non si notava niente del fatto che fossi senza slip, e questo mi dette coraggio, anche se continuavo lo stesso a tremare e la fica continuava ad essere rovente, umida e viscida. Se avessero pensato che era la mia auto sarebbero stati fuori strada, e se invece avessero pensato che non lo era non avrebbero comunque avuto alcun modo di collegarmi alla ragazza delle foto.

Dentro al supermercato chiesi ad una addetta dove fosse il bagno, e ricevute le informazioni mi recai li prima di cominciare a fare la spesa. Entrai in bagno con la testa che pusava, girava e la fronte febbricitante. Mi chiusi dentro, mi alzai la gonna e feci per farmi l'ultima foto. Ma mi fermai, mi chiesi quando la mia mente avesse ceduto, trasformandomi in una che faceva certe cose. Ma nonostante questo, volevo farlo. La mia fica voleva. Anzi, volevo sentirmi fare dei complimenti, dirmi che ero stata brava. Avevo la gonna alla vita, nuda da li in giù e mentre con una mano reggevo il telefono per il selfie, con l'altra mi allargai le labbra della fica, oscenamente, come una troia senza ritegno. Poi un'altra foto, con due dita dentro. E un'altra, dove mostravo le dita praticamente gocciolanti in primo piano. Misi via il cellulare, mi asciugai la vagina (e lei mi implorò di masturbarla, ma le risposi che lo avrei fatto a casa) mi lavai le mani, misi via il telefono ed ancora in preda ad una tempesta di emozioni e sensazioni uscii per fare la spesa. Speravo che l'odore del mio sesso non si sentisse come pareva invece di sentire a me. Comprai un po' di roba che non mi sarebbe neanche servita, e mi dimenticai di metà della lista che avrei dovuto comprare. Il cuore galoppava, il respiro era pesante.

Andai alla cassa, pagai e mi trovai di nuovo nel parcheggio. Bloccai in partenza il solito tipo che voleva portarmi il carrello alla macchina, proprio non era il caso, ed arrivai alla station wagon di famiglia. Sistemato tutta la spesa nel bagagliaio mi calai di nuovo nell'auto, e partii. Porca miseria, non avevo messo il fazzoletto di carta sotto la mia micia, e sentivo già che si era appoggiata sulla gonna. Sperai che non riuscisse a bagnarla, e corsi a casa più veloce che potevo, compatibilmente con il traffico. In qualche minuto ero nel parcheggio sotto al condominio. Ero eccitata, ed ero convinta di essere impazzita, ne ero ormai certa. E volevo che il Master mi dicesse che ero stata molto brava. Lo agognavo. Quindi facendo finta di niente presi il telefono, me lo misi tra le gambe mentre ero seduta in auto e feci un'altra foto dentro la gonna, proprio alla fica. E partì il flash! Oddio! Guardai intorno, c'erano un paio di persone in cortile, ma erano lontane e non mi pareva che fossero girate a vedere me. Tremavo, ma dovevo arrivare a casa. Uscii con cautela dall'auto, e mi avviai.

Tragitto abbastanza tranquillo, incrociai un solo condomino, ma pareva sprofondato nei suoi pensieri, e mi sembrò che non mi notasse. Arrivata a casa e chiusa la porta alle spalle crollai in ginocchio. La tensione nervosa abbandonandomi di colpo mi lasciò spossata e senza forze, ma con una eccitazione selvaggia a dir poco. Scalciai le scarpe, mi tolsi la gonna e nel metterla via mi accorsi che dietro si vedeva chiaramente una chiazza di umido. I fluidi della mia vagina avevano avuto ragione della stoffa. Mi sentii svenire, ma anche sull'orlo di un orgasmo mai provato. La mia mano prese il telefono, mi girai con la gonna nell'altra mano e lo sfondo bianco, e feci una foto del disastro che avevo compiuto sull'indumento. Mollai il telefono e la gonna e le mie mani si avventarono sul mio sesso, con una mano mi penetravo passando da dietro la schiena per lasciare la strada libera all'altra, che da davanti andava a massaggiare il clitoride con violenza. Esplosi così, con le spalle appoggiate alla porta di casa, mugolando e con un urlo roco finale.

Mi trascinai ansimando fino alla doccia, dove con una lunga doccia tiepida mi ripulii e mi calmai. Poi con l'accappatoio ancora addosso, andai a recuperare il telefono. Il mio Master mi aveva chiesto cinque foto, e io ne avevo quasi una decina. Ma dovevo mandarle davvero? Anche solo le cinque chieste? La testa mi disse di no, di cancellare tutto, togliere l'app della posta criptata dal telefono e scordarmi per sempre di Alpha Master. Le farfalle che continuavano a volarmi nella pancia fino a solleticarmi la vagina dall'interno invece dissero di no. Vinsero loro. Mi collegai alla mail e le mandai tutte. Pensare che quelle foto sarebbero state viste da un estraneo era una sensazione incredibile, di vergoga, umiliazione ed incredibile eccitazione. Mi stava tornando voglia, ero diventata forse ninfomane?

La risposta arrivò dopo neanche una decina di minuti. “Hai fatto un buon lavoro troia, sono soddisfatto di te. Vieni in chat subito.” Anna avvampò di vergogna, ma Annoianna si gonfiò di orgoglio. OK. Ero troia e mi piaceva. Dovevo farci la pace, ed accettarmi per quel che ero. Mi collegai al sito della chat, e lui era li. Ci fu un lungo scambio di messaggi. Lui volle un racconto esatto di come mi ero sentita, e di cosa avevo provato. Gli dissi tutto, anche della masturbazione finale e della doccia. Lui approvò il tutto mostrandomi il suo apprezzamento, e mi disse che quelle foto erano ottime. Io ero al settimo cielo ed ero di nuovo un lago. Mi chiese se avevo delle banane in casa, e si. Le avevo appena comprate, quindi confermai. Ed il mio padrone mi gelò di nuovo, dicendomi che avrei dovuto prenderne una ed usarla come dildo per masturbarmi, come premio per la mia ottima prestazione con il suo ordine. Mi disse di spogliarmi nuda, ed andarla a prendere. Io lasciai scivolare a terra l'accappatoio, ma poi riflettei che la finestra di cucina non aveva la tapparella giù come in sala, dove avevo il PC. Lui era in silenzio, se avessi rifiutato l'ordine non sarebbe successo niente, se non la fine del gioco. E non volevo che finisse. Andai alla cucina, e sbirciai dalla porta, verso la finestra. In vista alle finestre dei palazzi di fronte non vedevo nessuno, ma in ogni caso erano lontani, non so cosa sarei riuscita a vedere. E lo stesso loro. Presi fiato forte, e poi in apnea mi buttai in cucina, arraffai una banana e corsi fuori.

Arrivata al PC confermai che la avevo in mano. Mi chiese come era la banana, e io la focalizzai per la prima volta. ODDIO! Era enorme! E lui riuscì a farmi di nuovo avvampare di vergogna, dicendomi che anche se io pensavo di averne presa una a caso il mio subconscio la aveva scelta. Apposta. Lo odiavo, ogni volta riusciva ad umiliarmi e farmi sentire una puttana. Ma poi iniziò a guidarmi dolcemente nella masturbazione con la banana, e fu folle. Dolce, fortissimo, nuovo (non lo avevo mai fatto), mi fece anche sfiorare il buchino del culo con le dita, appena appena, facendomi sentire scariche elettriche mentre lo facevo, e guidando la banana dentro al mio corpo a parole, mi fece toccare punti che non avevo mai toccato e raggiungere vette che non avevo mai raggiunto. Tra la banana, le sue parole che apparivano in chat e la sensazione data da tutta la situazione per la prima volta in vita mia squirtai, urlando il mio piacere in modo osceno. Rimisi a fuoco la vista alla meno peggio, e rimasero sul monitor le sue ultime parole. “I prossimi compiti te li scrivo stanotte, li troverai domattina quando ti alzi”

LA CHAT – Episodio 4

Tutto il giorno si trascinò lento ed esasperante. Stavo aspettando soltanto di arrivare al giorno successivo per poter leggere la Sua posta, con i Suoi ordini. Ormai ero completamente dipendente da quella sensazione di vergogna, umiliazione ed eccitazione. A metà pomeriggio, prima del ritorno di Luigi, mi misi di nuovo al PC, e presi l'iniziativa di scrivere al Padrone. Non avevo avuto modo di dirgli quanto avevo goduto con la banana, e volevo farglielo sapere. Gli descrissi tutte le mie sensazioni, tutte le mie emozioni ed anche lo squirt finale. Avvampavo in tutti i sensi. Ero rossa, calda – sia in faccia che nel sesso – e vogliosa. Volevo che sapesse esattamente ogni attimo di quella masturbazione con quel frutto giallo ed ingombrante, grande tre volte il cazzetto di mio marito. Una lunga email, che conclusi dicendogli che appena finito di scriverla mi sarei masturbata di nuovo. E questo mi precipitò ancora di più nell'umiliante sensazione di essere una puttana ninfomane. Ma ormai questa sensazione la amavo e la accettai come una punizione di cui essere grati.

Le dita mi portarono di nuovo in paradiso, seduta a cosce oscenamente aperte davanti al pc, mentre mi sgrillettavo e toccavo lievemente il buco del sedere. Mi mancava però qualcosa, e ormai sapevo cosa. Mi fotografai la micia fradicia, e mandai la foto ad Alpha Master. A quel punto esplosi di nuovo in un orgasmo che mi lasciò priva di forze. Il telefono vibrò, era l'app della mail. Era lui, ovviamente. L'unico che conosceva quell'indirizzo di posta elettronica.

“Sei una troia. Per domani devi preparare dei pennarelli colorati, di quelli che usano i bambini. Una intera scatola, non mi fare incazzare preparandone uno o due. Se li devi acquistare vai con la gonna ma senza slip”

Non avevo idea di dove volesse andare a parare, ma feci in tempo a vestirmi ed uscire, ovviamente senza slip. Oramai sapevo che la cosa mi avrebbe eccitata, ma la cartoleria era praticamente di faccia a casa mia, quindi sapevo anche che avrei fatto presto. Fu devastante ma rapido e non intenso come al supermercato, ma al ritorno ero di nuovo stanca come se avessi camminato per chilometri. Ero stata molto attenta stavolta, e non avendo dovuto sedermi ero riuscita a tenere pulita la gonna. Mi concessi l'ultimo ditalino della giornata, più calmo dei precedenti, ma molto piacevole, e feci rapporto via posta al mio Master. La serata fini con una cena tranquilla in cui mi mangiai metà della banana che mi ero infilata fino all'utero, e mio marito senza sapere niente l'altra metà. La banana – che mi ero dimenticata di lavare - la sbucciai io, e sulla buccia ancora potevo percepire l'odore di sesso. Ma Luigi non lo avrebbe mai scoperto. Si può essere cornuti di una banana, se la banana rappresenta qualcuno che te la guida nella vagina con esperienza? Decisi di si. Avevo fatto le corna a Luigi.

Dopo i numerosi orgasmi e la stanchezza della giornata dormii come un sasso, e la mattina arrivò, per mia fortuna, in un lampo.

La mattina successiva colazione per Luigi e per me, mangiata insieme, e poi il momento di aprire la posta elettronica. Dalla app avevo visto che c'era una mail, ma volevo godermela dal PC, e soprattutto dovevo aspettare che Luigi se ne andasse. Mi tolsi i pantaloni della tuta, la maglietta e mi misi delle autoreggenti che consideravo sexy e niente altro. Volevo essere troia e vergognarmene. Aprii il sito della posta, misi le mie credenziali per accedere e poi cliccai sulla mail. Vidi subito che era lunghissima.

“Ciao troia. Ti sei impegnata molto, ma ci sono cose che non vanno e che devi correggere immediatamente.” E da li io ero senza fiato. Ce la avevo messa tutta per farmi lodare...

“Prima di tutto il pelame sulla fica. A me non piace quella sorta di foresta arruffata” nuova crisi di vergogna. Era vero, non avevo curato molto il mio monte di venere. Proseguii. “Devi depilarti, ed intendo integralmente. Ti voglio liscia come una barbie, una bambina. La fica mi piace pulita e depilata. Fallo subito finito di leggere. Scatta delle foto mentre ti depili, ravvicinate e dettagliate.” Oddio... come mi sarei giustificata con Luigi? Beh, in fondo ero io che decidevo come depilarmi, non credo avrebbe obiettato. E poi le foto da vicino, si sarebbe vista la fichetta in primissimo piano. Morivo dentro.

“Dato che non hai avuto cura di te stessa, e dato che mi appartieni, non hai avuto cura di una mia proprietà. Per questo ti voglio punire, e ti farò provare un po' di dolore. Non tanto, ma un po' si.” Mi misi a tremare. Cosa voleva? Avevamo dei patti, fatti il primo giorno: Non mi avrebbe lasciato danni permanenti o segni permanenti, cosa dovevo fare? “Prenderai due mollette per il bucato, cercandole con la molla abbastanza dura, e te le applicherai ai capezzoli. La molletta deve essere attaccata verticalmente, e penzolare dal tuo capezzolo in giù parallela al corpo. Le terrai 20 minuti. Fotografa le mammelle da vacca con le mollette applicate, e mandamele.” Ero terrorizzata. Probabilmente non avrei sopportato il dolore, ed avrei dovuto staccarle prima. Subito dopo la foto, decisi. Non avrebbe mai potuto saperlo. La mail non era finita.

“Inoltre dato che hai gradito così tanto i due esperimenti seminuda in pubblico, Starai completamente spogliata a casa (per ora negli orari in cui tuo marito è assente) e fuori andrai sempre senza slip (nei momenti in cui non sei con lui, ma sono vietate per esempio se esci con una amica). Le mutande sono concesse solo durante il ciclo. Dovrai informarmi esattamente quando lo aspetti e quando arriva confermarne la presenza con una foto che farai infilandoti due dita dentro, tirandole fuori sporche di sangue ed inquadrandole dall'alto in basso, sullo sfondo del tuo corpo nudo.” Mi stava degradando giorno per giorno, ma la cosa che mi faceva più male era che mi piaceva. E lui lo sapeva, sapeva dove spingermi. Nuda a casa, dovevo stare attenta alle finestre. E le dita dentro col ciclo... come avrei fatto? Non era finita, ne avevo ancora da leggere. Presi fiato e lessi ancora. “Terrai a portata di mano un accappatoio, se dovessero suonare alla porta lo metterai, e dirai che stavi entrando nella doccia. Sarà come fuori, con la differenza che chi hai davanti saprà che sotto sei nuda. Occhio che muovendoti non si apra, o ti vedranno il corpo pronto a fare la puttana” Dovetti asciugarmi gli occhi per andare avanti, dato che stavo piangendo di vergogna. E la cosa peggiore era che ero ormai fradicia. Che persona ero davvero? La troia eccitata che ero ora o la donna di prima?

“Veniamo ai pennarelli. Il tuo culo è completamente vergine, quindi dato che la punizione ha avrai già scontata ci andrò piano.” Già avevo intuito dove voleva andare a finire, e voleva finire dentro al mio sfintere. Ero letteralmente senza fiato. Terrorizzata. Oggi sarebbe stata veramente la giornata in cui avrei capito me stessa. O lo mandavo a fanculo e rinunciavo a tutto, sparendo nel nulla ed archiviando la parentesi come alcuni giorni di follia e squilibrio mentale, o proseguivo a fare quello che diceva ed accettavo di essere una porca ninfomane sottomessa e degradata. Le labbra gocciolanti della mia fica mi facevano sospettare che non lo avrei mandato a quel paese... “Mettiti nuda sul letto, schiena sotto. Allarga le gambe e tirale su fino al petto, tenendo le spalle rialzate con un cuscino, e la testa ancora più su, magari contro la parete. Lubrificati il culo con dell'olio, e fai lo stesso con un pennarello, e poi inseriscitelo nell'ano. É sottile e liscio, ed entrerà agevolmente.” Mi stavo già toccando, colando come una fontana “non masturbarti prima di aver finito tutti i compiti”. Cazzo, di nuovo! Tolsi la mano di scatto come una bambina sorpresa dalla mamma. Che tu sia maledetto.. “Il tuo culo pulserà aprendosi e chiudendosi ritmicamente, per fare entrare il pennarello aspetta che si apra, e poi inseriscitelo. Puoi anche spingere come se tu volessi cagare.” Mi sfiorai lo sfintere con un dito, e stava già aprendosi e chiudendosi come aveva detto il mio padrone. “Fallo entrare 5/6 centimetri, tienilo qualche secondo ruotandolo avanti e indietro, e fallo uscire. Ripeti questo qualche decina di volte.” Già pensavo che sarebbe stato terribilmente fastidioso, ma non vedevo l'ora di farlo, e volevo toccarmi. Stavo uscendo di testa dalla voglia. “Fatto questo venti o trenta volte, rimettilo dentro e cambia l'angolo di penetrazione spostando la parte fuori (il tappo) verso l'alto, verso la fica, in modo che la parte dentro punti verso la schiena. A quel punto potrai farlo entrare molto di più, fino a 2 centimetri dal tappo.” Quel tipo era il diavolo in persona, quante ragazze erano passate sotto le sue mani perché sapesse tutte queste cose? “Quando sarà profondamente infilato potrai masturbarti. Infilando le dita nella vagina potrai percepire il pennarello che avrai infisso nel culo, e lo potrai anche far muovere spostandolo da un lato all'altro da dentro la fica. Fallo, e godi come una troia, tanto quella sei. Occhio, il pennarello tende a uscire, specialmente se lubrificato. Evita di farlo cadere.” Ero spaventata da morire, mi vergognavo e volevo sparire, ma soprattutto non vedevo l'ora di godere quelle sensazioni. “Voglio un bel servizio fotografico della mia schiava troia puttana che si fotte il culo e che si masturba. Fai le foto meglio che puoi per soddisfarmi, non ti dico come. Vediamo se ti meriterai delle lodi o delle punizioni. Voglio anche una ultima foto, al pennarello quando lo avrai tirato fuori. In qualunque stato sia messo.” Non avevo ben capito l'ultima foto, ma comunque avrei fatto del mio meglio.

Seguivano dei link di roba da acquistare online. Un kit di tre “plug”, un ovulo vibrante a comando remoto ed un vibratore liscio e levigato, con solo una forma di pene molto stilizzata. Li avrei guardati dopo, ora volevo godere.

Cominciai dal primo compito, ed andai in bagno per depilarmi la vagina. Mi misi nella vasca, ed alternando foto ad azioni mi insaponai bene la micia, e poi con il rasoio me la rasai bene. Alzando una gamba e poi l'altra, divaricandole e facendo tutte le posizioni necessarie, per quanto oscene, per arrivare ad ogni pelo possibile. E fotografando tutto. Piangevo di vergogna, ma soprattutto ero umiliata da quanto mi piacesse farlo e provare quella vergogna. Mi lavai con il telefono della doccia, fotografando anche questa ultima azione, e mi preparai per fare il secondo set di foto. Quelle con le mollette.

Cazzo, erano sul terrazzo! Per quanto l'idea mi facesse piegare le ginocchia dalla voglia di masturbarmi oppure di uscire senza niente addosso (o anche tutte e due le cose) non potevo andarci nuda. Mi sarei messa l'accappatoio, come per aprire a qualcuno. Probabilmente mi avrebbe punito, ma pazienza. Me lo misi, tenendolo chiuso con le mani perché non volevo mettere la cintura, volevo essere più troia di così. Uscii, presi la cesta con le mollette, e rientrando, quando ormai ero di spalle, lasciai aprire completamente l'accappatoio davanti. Dietro ero coperta, ma davanti avevo tette e fica rasata esposti. Indugiai alcuni secondi mentre con una mano tenevo la cesta e con l'altra aprivo la porta lentamente, apposta. Svenivo, ma l'eccitazione saliva, e con quella il sangue alla faccia ed alla testa, che mi sentivo girare. Sentivo le orecchie rombare. Entrai di nuovo in casa, e sempre con l'accappatoio aperto tornai al PC, dove lo tolsi. Era il momento di scoprire se ero sana di mente, mezza folle o del tutto. Misi la prima molletta, e faceva un male cane. Feci la prima foto, e poi misi la seconda. Avrei urlato. Feci la foto, e presi fiato. Ora potevo toglierle e dirgli che le avevo tenute. Potevo farlo. Avevo la mano che non voleva alzarsi, non voleva andare a prendere quei due pezzi di plastica e togliermeli dal torturare i miei seni. Le lasciai, e nuda e con le mollette che mi stringevano i capezzoli mi misi a rassettare la stanza per distrarmi. Non avrei mai pensato, ma dopo alcuni minuti il dolore era calato ad un livello sempre alto ma sopportabile, mentre la fica urlava che voleva la penetrassi, meglio se con una banana, o magari una zucchina. Niente, Lui non voleva, avrebbe aspettato che avessi fatto tutti i compiti per casa. Passati i 20 minuti le tolsi, scoprendo (bastardo, non me lo aveva detto) che nel momento in cui le toglievo il dolore tornava al livello iniziale ed addirittura di più. Mi accasciai in terra, massaggiandomi i seni con entrambe le mani. Avevo i capezzoli dritti come mai li avevo avuti, e sensibilissimi.

Era l'ora per andare ad eseguire il mio ultimo compito. Il pennarello, e poi mi sarei potuta finalmente spaccare la vagina con qualcosa.

LA CHAT – Episodio 5

Le istruzioni erano ben chiare, un vero manuale su come infilarsi un pennarello nel culo, non potevo certo dire di non aver capito. Mi misi sul letto dopo aver preparato tutto. Olio che usavo per il corpo, profumato, un pennarello di colore verde, ed un asciugamano sotto al sedere per non ungere le lenzuola. Un paio di foto, per cominciare. La prima alla fica, tenendo tra le gambe il cellulare e spingendo la testa indietro. Perfetto, la faccia non si vedeva, ma si vedeva la linea del mento ed un po' il naso, sfocati, ero irriconoscibile. Poi alzai le gambe, e mi feci un primo piano al buco del culo, la figa già colante umori. L'odore del sesso pervadeva già la camera inebriandomi.

Misi un po' di olio sullo sfintere massaggiandolo con delicatezza, e già stavo entrando in orbita, ed una goccia sul pennarello. Lo strofinai guardandolo intensamente, come se volessi farlo godere (ma quanto sono stupida), e poi me lo appoggiai sul buchetto vergine. Oddio, il culo mi si stringeva da morire, come a rifiutare quella penetrazione di plastica, ma rilassandomi riuscii a farlo riaprire, e con calma inserii il corpo estraneo. Era abbastanza fastidioso, ma mi sentivo troia ed eccitata. Feci 30 volte come ordinato, e poi altre cinque, cercando le lodi nel fare più di quanto richiesto. Alla fine entrava ed usciva senza alcun dolore, anzi... Le sensazioni si propagavano dal culo alla fica, facendomi impazzire di voglia. Era il momento di farlo entrare quasi tutto, come voleva il Padrone. Lo feci, e cambiandone l'angolo sentii che entrava senza resistenza e fino al punto che mi era stato comandato. Cazzo se era piacevole! Strano, con una lievissima sensazione di fastidio di sottofondo, ma molto alla lontana, ma contemporaneamente... una goduria! Facevo foto come impazzita, e poi me le guardavo, eccitandomi ancora di più vedendo nello schermo quel culo penetrato. Cominciai a sgrillettarmi sempre facendo foto come se fossi una attrice porno, e poi a penetrarmi con le dita. Dio, che paradiso, il pennarello che inizialmente si faceva sentire poco adesso si faceva sentire di più. La vagina occupata dalle dita sembrava più stretta, con il pennarello nel culo, ed il culo si stringeva fortissimo sull'oggetto di plastica che lo invadeva. Ero invasata, mugolavo e gemevo. Venni, squassata da lunghe sequenze di spasmi, e passati quelli onde che si propagavano dal mio sedere, rimasto per adesso occupato, raggiungendo la testa ed i piedi, che scemavano ma poi risalivano.

Lentamente tornai alla normalità. Mi sfilai quel corpo estraneo dallo sfintere, che si strinse quasi in un crampo dietro di lui, e poi tornò ad aprirsi. Lo sfiorai, sembrava un po' più dilatato. Mi sentii troia fino al punto da eccitarmi di nuovo. Lo fotografai così, rilassandolo al massimo che riuscivo per averlo più aperto possibile, e poi mi accinsi a fare l'ultima foto richiesta: il pennarello. Oh merda. Nel vero senso della parola. La parte superiore era piena di escrementi. Sia intorno che soprattutto dentro il tappino bianco finale che lo chiudeva ed era cavo. Gli feci due foto, umiliata dal doverlo fare. Il Padrone probabilmente si aspettava che sarebbe stato pieno di merda e sapeva quanto mi sarei sentita sporca nel fare quelle foto, per quello le aveva chieste. Comunque erano fatte, e io ero di nuovo vogliosa.

Andai in bagno, mi feci un bidet accurato, davanti e dietro, calmandomi un po' e poi lavai il pennarello fino a riportarlo a pulito.

Tornai al PC, sempre nuda come Comandato, scaricai le foto e le inviai tutte. Erano una marea, dalla depilazione al pennarello erano una tonnellata. Nella mail aggiunsi, come piaceva a Lui, tutte le cose successe e tutte le sensazioni provate, con tutta l'accuratezza che potevo. Sapevo ormai che lui amava che fossi precisa nel descrivere tutto, e mi ci impegnai, dall'accappatoio sul terrazzo – compreso come lo avevo aperto davanti rimanendo nascosta ma virtualmente nuda all'aperto – al dolore delle mollette, a come mi avessero lasciato i capezzoli eretti e sensibili, fino al gran finale con il pennarello.

La risposta non si fece attendere a lungo, e fu quella che speravo. “Vieni in chat. Adesso”. Mi precipitai sulla chat erotica, mi collegai e cominciai a bloccare tutti quelli che continuavano a farmi apparire decine di messaggi privati, ignorandoli. Aspettavo Lui. Eccolo!

“La tua fica ora mi piace, molto ben depilata, brava. Come quella di una puttana che non vuole prendere le piattole. Tienila così però, odio quando i peli scuri fanno capolino come una barba di tre giorni. Usa una crema per la pelle per mantenerla liscia e morbida come piace a me. Buono il servizio fotografico, le posizioni erano davvero oscene, brava.”

Mi aveva lodato per le foto! Ero al settimo cielo, e lo ringraziai. Gli assicurai che avrei tenuto la micia liscissima e morbida per lui. In fondo piaceva anche a me così. Mi pareva di essere tornata bambina, ed anche le sensazioni che provavo, tutte nuove, mi ricordavano quelle di quando avevo scoperto il piacere di toccarsi, in tenera età. Adesso sapevo che voleva che nelle foto fossi più oscena ed umiliata possibile, quindi avrei guadagnato spesso la sua approvazione. Ormai non avevo più limiti, più mi sentivo troia e più godevo. Che trasformazione, dove era finita la vecchia me?

“Ti sei messa l'accappatoio senza ordine, ma dovendo uscire sul terrazzo posso capirlo. Ti punirò poco per questo, contenta?” Assurdo, ero effettivamente contenta di venire “punita poco”... “mi piace molto che tu lo abbia fatto aprire davanti mentre eri ancora fuori. Approvo la scelta, bravissima” E di nuovo, la mia topolina si liquefece per la lode, la avevo davvero sperata. Gli dissi che le Sue lodi mi facevano colare come quando uscivo senza mutande.

“Questo è un problema che devo risolvere, se mi coli sui vestiti diventi si troia, ma anche impresentabile. Prendi un paio di mutande e dimmi quando le hai” Corsi in camera incurante della finestra aperta e presi un paio di mutande in pizzo bianco aderenti e trasparenti, e me le misi saltellando mentre tornavo al PC. “Fatto, le ho indosso”. La risposta però non fu quella che mi aspettavo. “STUPIDA TROIA! Ho detto prendile, non indossale. La tua punizione che era lieve diventa severa”. Mi vergognavo tremendamente mentre le toglievo, ed avevo una paura cane di cosa sarebbe successo. “Tolte. Perdonami Padrone. Ho paura, cosa mi farai?” la sua risposta riprese il tono distaccato di sempre. “Lo scoprirai quando ti manderò la mail con gli Ordini. Adesso mettiti in piedi a gambe larghe davanti alla tastiera, ed infilati le mutande nella figa. Usa un dito per farle penetrare ben dentro, ed accumulale tutte all'interno, l'ultimo lembo deve arrivare giusto all'altezza delle grandi labbra, ed essere nascosto quando stai in piedi normale. Devono stare tutte nel tuo corpo, ma essere recuperabili pizzicando l'ultima parte di stoffa con due dita. Esegui e mentre lo fai scatta delle immagini da mandarmi sulla mail dopo”.

Di nuovo quel rombo potente del sangue nelle orecchie. Cosa mi faceva fare? Mi misi nella posizione comandata, e mentre stavo allargando le gambe apparve un altro messaggio: “Allargale di più le gambe, puttana. Larghissime, quasi una spaccata”. Se fosse stato un film horror avrei chiamato questa cosa “jump scare”. Come faceva a beccarmi sempre come se mi vedesse? Divaricai le gambe fino a sentirmi squartata, mi toccai la gatta e la sentii aperta ed allargata dalla posizione. E fradicia, anche. Ero nata per essere sottomessa ed umiliata, dovevo farci i conti. Prima foto, poi altre man mano che il pizzo bianco e trasparente veniva spinto nel mio corpo. La sensazione era assurda, non avevo mai provato niente che neanche ci assomigliasse. La mia fica si riempiva, la sentivo stimolata dalla ruvidità del pizzo. Una foto tenendola divaricata con le dita, a mostrare lo scarso centimetro di stoffa che sporgeva, poi l'ultima, che mostrava che quando stavo in piedi normale non si vedeva niente. “Fatto Padrone. Le mutande sono dentro la mia fica, e sto impazzendo. Mi sento stimolare ed irritare insieme, sento che mi bagno ma sono asciutta come il Sahara”. La sua replica fu “Cammina per la stanza, e cerca di camminare senza far notare niente”. Ormai ero completamente nel pallone, non mi chiedevo neanche più quanto fossi folle ad eseguire questi Ordini. Camminai come richiesto, fingendo di non avere niente. Ma era un piacere/fastidio continuo. Rischiavo l'orgasmo ad ogni passo. Glielo dissi. - “Lo so. Per questo te le ho fatte infilare dentro, ma è colpa tua che coli come una vacca e non ti sai controllare. Adesso i succhi della tua vagina dovrebbero rimanere tutti all'interno, giusto? Almeno per un po', fino a quando non si inzupperanno troppo gli slip che ti farciscono come un cannolo. Tienili all'interno, e dimmi quanto tempo passa prima che tu cominci a gocciolare come una scrofa. Come camminavi? Si notava niente?” Gli risposi che mi sembrava di camminare a gambe larghe come se mi avessero sfondato, ma che ritenevo fosse solo una sensazione, e che rischiavo di venire di continuo. - “Molto bene. Da adesso non uscirai senza mutande, ma con le stesse ficcate dentro a riempirti. Contenta?” Che dovevo rispondere? Dissi di si e basta, tanto lo sapeva che venire umiliata e trattata così mi eccitava. - “In casa però a fine esperimento le toglierai e starai senza. Ma devo sapere quanto tempo ci mettono a colare, quindi per ora prosegui, e tienile fino a che non grondi di nuovo” Di nuovo mi limitai a confermare.

“Torniamo alle mollette” scrisse lui, distraendomi a metà dalla sensazione della mia intimità violata dalle mutandine che la riempivano “Vedo le foto, va bene come le hai messe. Si, dopo venti minuti sapevo bene che ti avrebbero dato una gran fitta quando le toglievi, ma volevo fosse una sorpresa. Il mio regalo a fine punizione.” Bastardo. Lo odiavo. O lo amavo, forse? Si può amare la mente di qualcuno senza neanche averlo mai visto una volta? La risposta che scrissi senza pensare mi lasciò di sasso. “Grazie”. Cosa? Lo avevo pure ringraziato?

“il servizio con il pennarello è molto completo, brava.” Volevo godere, ogni volta che mi ricompensava con una parola di apprezzamento la mia eccitazione aumentava, ma la fica era piena, potevo solo sgrilettarmi. “Posso masturbarmi, Padrone?” rispose di no, per ora. Dovevo misurare il tempo che gli slip impiegavano e smettere di assorbire il mio miele di fica, quindi niente ditalini che avrebbero falsato i conteggi. Disse che avrei potuto soltanto a fine esperienza. A quel punto mi disse che mi avrebbe mandato la mail con le istruzioni, e mi lasciò così, in attesa di inzuppare le mutandine abbastanza da poterGli dire il tempo, e poi mi sarei sfondata da sola. In cucina c'era una seconda banana che mi aspettava, e io sapevo cosa avrei fatto.
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