La festa è una di quelle occasioni in cui non esserci pesa assai più dell’esserci: in qualche caso, ho usato questa certezza per alzare un po’ di polvere intorno a me e a qualche evento che volevo lanciare; un ambiente alquanto di lusso, con almeno una cinquantina di invitati (in qualche caso, si parla addirittura di centinaia) dei quali, escluso il padrone di casa (o il parente al quale devi l’invito ricevuto) ed un paio di altre persone, non conosci assolutamente nessuno, anche se prudenza commerciale suggerisce di accogliere tutti con un largo sorriso, non sapendo di chi si tratti e quanto possa poi incidere sulla tua attività; in questo mare di noia e di ipocrisia, in genere ti aggiri per una mezz’oretta, ti fai notare soprattutto quando la stampa sta registrando, e alla fine scappi quanto più rapidamente è possibile salutando solo quelli di cui sei certo che li conosci.
Bea è una dei tanti sconosciuti in cui inciampo quella sera accettando di presenziare ad un party per non so quale inaugurazione; non è giovanissima, ma è bella da far paura; deve essere stata una starlette o una modella di grido, perché il corpo è praticamente perfetto, compresi gli accenni a sbavature che fanno capolino da qualche parte; il viso è quasi spigoloso, tendente al sottile e al tagliente, ma è impeccabilmente armonioso e, quando si abbandona al sorriso, ti apre il cielo su un mondo di sogno e ti manda in paradiso; quando assume pose sensuali, ti vien voglia di farle la festa, lì sul divano bianco dove il suo incarnato ambrato brilla come miele sul pane bianco; la rimiro incantato per qualche secondo, finché non mi accorgo che la mia aria assorta nella sua bellezza ha suscitato l’invidia della carampana al mio fianco, sicuramente un personaggio di grande prestigio, a giudicare da quelli che la circondano: per non creare dissapori, le sorrido, sollevo il bicchiere a brindare, ricambiato da lei, e torno a dedicarmi all’incantevole sconosciuta che ora voglio ad ogni costo conoscere.
Me lo suggerisce una delle poche persone che nella massa di invitati la conosce: non mi ero sbagliato né sull’età né sulla professione: ex modella ancora sulla breccia (pare che tenga una scuola di portamento), assai vicina ai cinquanta, ma senza accorgersene e soprattutto senza dare a vederlo; non si capisce bene se singola o con una storia clandestina in atto: e comunque non me ne frega niente perché è lei che mi affascina, non il suo stato civile; per quel che mi riguarda, potrebbe anche essere una mia figlia non conosciuta, visto che per età è assai vicina all’ultima mia figlia naturale, che vive, come sua madre, a qualche migliaio di chilometri ed ha con me formali rapporti solo nelle feste comandate; ma Bea, come direbbe il mio amico trevigiano “l’è proprio bea” (è proprio bella, per chi avesse bisogno di traduzione) ed io, forte delle mie radice terroniche, ci aggiungo anche “bea to chi se la fa…”; devo essere proprio rimbecillito, se arrivo a fare questi discorsi beceri; comunque, faccio di tutto per incrociarla e riesco a far tintinnare il mio calice di prosecco contro il suo.
“Ciao, meraviglia della natura .. Io sono Enzo … “
“Ciao, mio fan guardone, io sono Bea ed è mezz’ora che ti osservo farmi la radiografia … “
“Perdonami, non sono riuscito a frenare l’impeto della mia immensa ammirazione.”
“Ti perdono solo a patto che mi sottrai da questa tortura e mi porti in un posto dove possiamo respirare e parlare da persone civili, senza ipocrisie e convenzioni.”
Ci impiego un lampo a prendere commiato dai pochi che conosco e ad avviarmi all’uscito con la mia dea, che mi regala un attimo dei miei entusiasmi giovanili; mi viene involontariamente di sorridere, lei se ne accorge e mi chiede conto senza parlare, con uno sguardo tra l’interrogativo e l’indagatorio; mi vedo costretto a spiegarle che mi ha ricordato le volte che con la mia prima ragazza scappavo dalle sale affollate per nasconderci a baciarci.
“E’ durata poco?”
“L’ho sposata, qualche anno dopo; poi abbiamo anche divorziato ed ora viviamo lontani e non ci facciamo più la guerra come una volta.”
“Vi siete amati molto?”
“Bea, che cos’è questo interrogatorio? Ti pare bello voler entrare tanto nel vivo della mia esistenza addirittura passata?”
“Si, lo trovo meraviglioso e non smetto di meravigliarmi di fronte ad un personaggio come te così lineare e così complesso al tempo stesso … “
“Ragazza, ma che dici? Io non nessuna complessità, ho avuto una vita lineare e semplice.”
“Lo dici tu; intanto, devi essere ben vecchio, da come parli; eppure hai una vitalità che mi innamora; ed io non sono una che perde facilmente la testa; tu hai dato prova di iniziativa, di energia, di eleganza; tu mi hai innamorato e sono convinta che sai essere anche più convincente … “
“Senti, piccola mia, io potrei essere non solo tuo padre, ma forse addirittura tuo nonno; non stare a prendermi per i fondelli con la storia dell’amore; quello è una cosa seria!”
“Seria quanto? Era lei, il tuo primo amore, la ragazza di cui parlavi? Come vi siete conosciuti, cosa avete fatto, sei stato il suo primo uomo? E’ stata la prima donna con cui hai fatto sesso?”
“Ragazzina, dalle mie parti si dice che vuoi entrare troppo nel cappello del prete … “
“No, voglio solo sapere da una persona con qualche anno di più come ha vissuto il suo amore; io non ho una buona memoria del mio.”
“Ragazza, guarda che più di venti anni sono un quarto di secolo; e ne succedono di cose, in un quarto di secolo; fra me e te c’è la distanza di tutte quelle cose … Esempio? L’idea stessa di sesso, di verginità, di matrimonio … “
“Esattamente quello che voglio sentire da te, l’idea che avevate del sesso, il senso della verginità di tutti e due, come siete arrivati al matrimonio e perché poi si è sfasciato.”
“Bea, il sesso più di cinquanta anni fa era un autentico mistero, di cui si poteva parlare solo in piccoli gruppi clandestini; fare la corte a una ragazza impegnava un rituale che oggi ti apparirebbe insopportabile; rivolgerle la parola era una conquista e, alla fine, riuscivi anche a strapparle un bacio, di nascosto, infrattato da qualche parte e con un miliardo di paure perché lei, o forse tutti e due, eravate convinti che fosse già rimasta incinta; non ridere: era così e non ci potevi fare niente; forse adesso puoi capire quanti dolori di testa dopo un pomeriggio a passeggiare, a parlare anche del sesso degli angeli e a non poter sfogare in nessun modo la voglia che ti montava e che ti gonfiava tutto fino a farti dolere l’inguine.
“E come risolvevate?”
“Masturbazioni colossali, infinite, debilitanti, snervanti, fino a che non si riusciva a far capire che anche lei aveva bisogno di fare sesso e allora ti consentiva di accedere finalmente al seno o addirittura di appoggiare il sesso fra le cosce.”
“Oddio, aspetta, fammi capire; che cos’è questa storia del seno e delle cosce?”
“Il seno era una delle ‘zone sacre’ del corpo di una donna e per arrivare ad appoggiarci una mano, tenercela e poi, forse, arrivare a succhiare un capezzolo, dovevi elaborare un lungo rituale amoroso: è difficile raccontarti a parole cosa potesse sentire un ragazzo di diciassette o diciotto anni quando riusciva ad aprire i bottoni della camicetta e ‘sentire’ il seno, con gli occhi, con il naso, con la bocca: un afrore straordinario, indicibile, misto tra l’odore della terra appena bagnata, dell’aria dopo una pioggia, dell’erba tagliata, di una colonia dozzinale, del corpo umano, del languore di chi si sveglia dal sonno: ti ripeto, è impossibile descriverti l’odore che emanava da quella blusa appena aperta, dal seno virgineo che desideravi fino a morirne e che ti appariva alla fine a pochi centimetri; le erezioni che ti scatenavano quei momenti le puoi solo ricordare perché poi non ce ne sarebbero state più nemmeno lontanamente simili; se proprio vuoi, quello era il senso vero dell’amore, ma anche della verginità di tutti e due che scoprivamo un mondo assolutamente inesplorato e ce ne innamoravamo.
“Perché fra le cosce?”
“Perché la vagina non andava neppure sfiorata e tutto doveva avvenire al di qua delle mutande (stile antiviolenza, è perfino superfluo che te lo dica) e il sesso si appoggiava alle cosce nella parte che rimaneva scoperta tra la fine delle calze e l’inizio del reggicalze, che allora si usava; lì avveniva lo sfregamento che produceva l’orgasmo a tutti e due: lo sperma che il maschio spruzzava di solito si depositava sul retro coscia della ragazza, spesso con danni seri alle calze; comunque, il piacere era sicuramente più intenso e più nobile di tante copule attuali, perdonami se sono un po’ retrò.”
“Non devi scusarti; non puoi sapere cosa darei oggi, per vivere un momento come quello!”
“Per farti copulare tra le cosce e farti eiaculare sulle calze?”
“Ci sei o ci fai? Io non ti considero affatto né un padre né un nonno, ma un maschio che mi farei volentieri se fosse capace di darmi quell’amore che metteva in quei rapporti: caro il mio finto tonto, è di quello che ho nostalgia, dell’ingenuità, della verginità se proprio vuoi, anche del maschietto che assecondava gli ormoni impazziti facendo cose turche per copulare tra le cosce di una donna veramente amata alla follia, se il prezzo era quello.”
“Scusami, Bea, ho cercato di smitizzare, perché vedo che ti infervori; se ti racconto quegli anni, è certo che ti innamori, in parte perché, naturalmente, ti propongo il meglio delle emozioni, in parte perché capisco che non devono essere stati fiori e rose per te e certe dolcezze ti affascinano; ma non era tutto così semplice e non dimenticare che, a meno di vent’anni, io mi trovai a sposarmi con un figlio già avviato per ignoranza e con una moglie scelta soprattutto per avere la certezza di poter copulare, la sera: se ci rifletti, era la peggiore società che oggi si potrebbe auspicare.”
“Ma, in definitiva, facevate sesso anche prima del matrimonio? Dove? Come? Com’è andata la prima volta?”
“Vuoi proprio entrare anche nelle pieghe delle confessioni che si fanno al prete, vero? Ok; chiaro che facevamo sesso anche prima del matrimonio; lo facevamo in macchina, perché avevo cominciato a lavorare e la prima cosa che comprai fu una macchina, usata e a rate, e quella diventò anche la nostra alcova; andavamo al parco, su in colina, dove si ritrovavano tutte le auto con coppiette della città e lì, con qualche acrobazia, riuscivamo anche a fare l’amore completamente; la prima volta fu proprio in macchina; dopo mesi e mesi che lo facevamo tra le cosce, evidentemente anche la mia ragazza, poi mia moglie, era stanca e sentiva il bisogno di una penetrazione completa; ne avevamo parlato spesso, sempre con enorme timore e reticenza; poi una sera, che eravamo particolarmente ‘caldi’, si vide nettamente che qualcosa sarebbe successo; sin dal primo approccio fummo diversi: ci baciavamo con una furia mai registrata, sembrava che ci divorassimo a cominciare dalla bocca e non ci fermavamo. Considera che non avevo mai nemmeno provato a farglielo prendere in bocca e capirai che neppure potevamo pensare di scaricare così la voglia che avevamo; l’unica cosa che potevamo fare era massacrarci letteralmente con la bocca e con le mani, quasi per prenderci brandelli dell’altro, del suo amore, e tenerceli per noi; le aprii la camicetta e tirai fuori le tette, che aveva bellissime, carnose, gonfie e con due capezzoli dolci, delicati, piccoli, ma meravigliosi da sentire in bocca; la succhiai a lungo, quasi sperassi di vedere spuntare latte da due mammelle verginali; poi lei disse una cosa che mi lasciò perplesso; solo una parola ‘Fallo’ ed io non sapevo se dovevo considerarlo il sostantivo corrispondente a pene e fare ancora una volta l’amore tra le cosce come sempre o considerarlo l’imperativo del verbo fare e decidere di fare l’amore, finalmente!: voleva che lo facessi, sul serio, e me lo ribadì mentre le sfilavo le mutandine e le carezzavo, per la prima volta, il boschetto dei peli che, come ai tempi si usava, portava folto e incolto; da quel momento non capii più niente, non ricordai più niente, sentii solo che tutti e due venivamo portati in cielo come due angeli che uscivano dalla macchina, sforando il tettuccio, e volavano in paradiso a cogliere l’elisir di lunga vita: non ho più amato e non potrò amare mai più nessuno come ho amato in quel momento mia moglie: è stato senz’altro il momento più alto della nostra storia; l’unico problema che si pose, poi, fu spiegare a mia madre come mai i miei slip fossero insanguinati.”
“Ti odio, porco! Sono venuta nel perizoma senza toccarmi; adesso tu mi darai qualcosa di simile a quel momento; io non voglio te, vecchio maiale, rotto alle peggiori esperienze, abituato a copulare anche per mesi con tanta tecnica e niente amore; io voglio una sola occasione, un momento, forse solo un’ora, con quel ragazzo che si è sverginato sulla verginità di sua moglie; io voglio vivere quel tuo momento di vita che a me nessuno ha dato mai; tu sai e puoi darmelo; lo hai fatto adesso, portandomi all’orgasmo senza toccarmi; voglio questo da te, che mi dai il piacere dell’amore anche senza sesso, se non ti si rizza più.”
“Bea, ragazza mia, perché non cerchi un tuo coetaneo per questo desiderio? Mi conosci da meno di un’ora, va bene che sei riuscita a tirarmi fuori verità che avevo sepolto, va bene che ti sei esaltata fino a godere solo a sentirmi raccontare, ma per passare dalle parole ai fatti hai bisogno di chi corrisponda alle tue esigenze, non di un vecchietto in disarmo come me.”
“Strano, hai messo in tasca un rotolo di monete ben impilate o porti in tasca il calumet indiano? Cos’è questa cosa strana che mi vibra in mano? Per caso è il tuo fratellino che ti sconfessa e che rivela che sei eccitato come un mandrillo e che muori dalla voglia di fare l’amore con me? Per favore, smettila di difenderti ed esci allo scoperto. Fammi fare l’amore; dammi una sola ora di gioia e ti lascio in pace.”
“Col ca … volo! Se facciamo l’amore, ti fai per lo meno raccontare tutta la mia vita, con tutti i particolari, prima di mettermi da parte e rottamarmi come merito; non puoi portarmi davanti alla vetrina della pasticceria e poi dire che non mi compri niente; sei enormemente bella, sei immensa, affascinante, desiderabile; se ti assaggio, poi ti voglio; se ti lasci sverginare come mia moglie, poi ti farai anche possedere come le amanti della mia vita … e ti assicuro che non sono state poche!”
“ Ti ho detto forse che voglio limitarti o che voglio privarmi del piacere di fare l’amore? Smetti di chiacchierare e fammi sentire come svergini una vecchia di quasi cinquant’anni che ne ha fatte più di quante tu immagini!”
Andiamo alla mia macchina e mi dirigo al parco sulla collina; non è cambiato quasi niente: ancora c’è la strada percorribile dalle auto e, ai lati, lungo il muro di cinta coperto dall’edera, una stradina bianca sulla quale sono assiepate, l’una a ridosso dell’altra, le auto delle coppiette; mentre percorro a passo d’uomo la strada, faccio notare a Bea i movimenti inequivocabili delle auto dove le coppiette sono scatenate nelle copule e trasmettono all’esterno i molleggiamenti del sedile.
“Sapevo che qualcosa di simile succedeva ma non mi ero mai resa conto della realtà ... “
“Certo, una che può copulare in pace a casa sua, sul suo letto meraviglioso, oppure che può permettersi un motel o un albergo anche di lusso … “
“D’accordo, il mio è un altro modo di fare anche sesso; cosa fa una ragazza innamorata a questo punto?”
“Mentre lui guida piano cercando un buco per parcheggiare, lei si prende qualche anticipo e gli prende il sesso in mano per sentirlo gonfiarsi d’amore fin quasi a scoppiare; ma non lo fa godere, lo eccita per averlo più prontamente dentro, quando lui avrà trovato un posto per fermarsi; qualcuna più ardimentosa si tocca anche e lei e masturba tutti e due contemporaneamente.”
Mi sbottona la patta, infila la mano e tira fuori il sesso già ritto come un palo.
“Maiale, dici così? Dio, che obelisco che hai qui; e sei un povero vecchio in disarmo; chissà a quarant’anni cosa avevi!”
“Vuoi l’amore da me o te lo vai a cercare da un quarantenne?”
“Sta’ zitto, maiale prevaricatore di ragazzine innamorate! Ringrazia dio che stai guidando e non posso farti sentire il calore della mia bocca sul randello! … “
“Dio, tu mi mandi a sbattere, maledetta. Sai una cosa? Ti amo; sono folle ma ti amo, non riesco a farne a meno.”
“Questo lo dici a tutte per convincerle a dartela, è così?”
“No, se non mi dici che mi credi, mi fermo apro il tettuccio e grido a tutti che ti amo!”
“Non ti credo; se non ti vedo, se non ti ascolto, non ti credo!”
Blocco l’auto e la colonna che mi segue; apro il tettuccio, mi giro verso i guidatori delle altre auto ed urlo.
“Sono innamorato di Bea; lei è il mio grande amore vergine, lo capite, io la amo alla follia.”
Da una delle auto sporge una testa che risponde.
“Anche io amo la mia Sofia; ma adesso facci cercare il posto per fare l’amore!”
Quando rientro nell’auto, Bea mi abbraccia, mi bacia appassionatamente e mi sussurra.
“Anche io ti amo, maledetto vecchio; e adesso stai a sentire il signore: cerca un posto e fammi fare l’amore. Guarda che lì un’auto se ne va; quel posto è nostro, non lo perdere!”
Non lo perdo; parcheggio, tiro fuori una rivista finita sotto un sedile e mi preparo a schermare i finestrini; Bea segue con curiosità la manovra e solo dopo si rende conto che intendo fare un po’ di privacy per ripararci da eventuali guardoni.
“Sei proprio bravo e premuroso; io cosa dovrei fare adesso?”
“Potresti mantenere la promessa fatta poco fa … “
“Tua moglie quando lo prese in bocca la prima volta?”
“Dopo il terzo figlio, credo … “
“E allora dovrai aspettare; per ora solo le mani e la vagina.”
Le salto addosso e la bacio con una foga imprevedibile; si abbandona alla mia dolce violenza e ricambia l’entusiasmo.
“Sai, mi sento davvero quasi vergine, nuova senz’altro: hai un modo di baciare che mi sconvolge, riesci a trasmettere libidine, piacere, intensità, amore forse; mi piace sentirmi baciare da te, mi piace questa sensazione di novità; in fondo, essere vergini non significa solo e necessariamente avere un imene intatto; significa anche trovarsi davanti ad una persona, a dei comportamenti, a delle emozioni del tutto nuovi e sconosciuti, imparare a distinguerli e sentirsene travolti; in questo senso, mi sento davvero vergine, con te; poche ore fa non ti conoscevo e mi stavi pure un poco antipatico; ora ti sento sul mio corpo, nella mia bocca, sui miei seni, ti sento dentro di me anche se non sei ancora penetrato; sento che mi svergini ogni tanto in qualche cosa, dall’emozione del bacio che mi ha esaltato a quella delle mani che mi percorrono il corpo e che desidero sentire dappertutto, al tuo sesso che ho già sentito tra le mani vivo, palpitante, nuovo, mio in qualche modo, e che adesso voglio sentire in me, nel ventre, nell’intestino, nel cuore e nel cervello soprattutto, perché è lì che mi stai sverginando prima di tutto.”
Non riesco a frenarla, questa maledetta ragazza che mi sbatte davanti a me stesso e mi costringe a fare i conti col mio amore, con la mia storia, con le pieghe più belle e nascoste della mia vita; e mi sembra di sentirlo, il corpo verginale della ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie; ma è solo la mia fantasia bacata, perche Bea è una donna, meravigliosa ma vissuta, che non ha molto di verginale, se non quel donarsi a me con candore innaturale, con dolcezza infinita, con surreale ingenuità; la bacio con lunga intensità, mentre le mie mani corrono sul suo corpo, a scoprirlo, ad amarlo per la prima volta: ecco, è qui la verginità di cui parlava; io questo corpo lo scopro per la prima volta: non mi interessa quanto sia vissuto, che esperienze abbia fatto, con chi; questo corpo adesso è sotto le mie mani ed io sono quasi autorizzato a scoprirlo, ad amarlo, ad impossessarmene; e sembra che a lei non dispiaccia sentire che la percorro, la perlustro centimetro per centimetro, la guardo con l’occhio meravigliato del neofita sorpreso dal mondo; è inutile tentare di risvegliarmi; sono nel vortice della lussuria surreale, sono il ragazzo che scopre il sesso, il suo e quello dell’amata, e che ha quasi paura di trovarsi a goderne, ma intanto cerca il piacere sotto i polpastrelli; mi fermo a baciarla e sento il corpo che vibra sotto la pressione del mio sesso che si è gonfiato sulla sua vulva.
“Bea, ti rendi conto di quello che stiamo facendo?”
“Io mi rendo conto che sto amandoti e sono invischiata nel miele; se vuoi, vattene, io ci sto bene!”
Non c’è niente da fare; posso solo amarla e lasciarmi amare; gli scrupoli vanno bene per altro, non per una coppietta che si è imboscata al parco sulla collina e che, come tutte le altre presenti nello stesso posto, freme dalla voglia di fare sesso per la prima volta: il mio corpo che si struscia sul suo, disteso malamente sul sedile reclinato dall’auto, sembra cercare calore e comunicazione, quasi a raccomandarsi di non andare oltre certi limiti, di rispettare certe precauzioni per non trasformare un momento d’amore in un gesto avventato; mi sento folle, cerco di convincermi che è normale che succedano certe cose; ma io non sono folle e non sono ancora convinto che sto facendo le cose giuste; sento che il mio sesso si gonfia in maniera innaturale e mi accorgo che a lei quella pressione non dispiace; allungo timidamente una mano, le prendo il monte di venere e la sento gemere di piacere; forse non è sbagliato quello che stiamo facendo, forse è anche meraviglioso.
Le mani corrono nei pantaloni, il suo e il mio, alla ricerca dell’intimità, del contatto;il bacio si fa più intenso, si diffonde su tutto il corpo; sento che lei mi afferra il viso e mi porta a baciarla sul seno, a succhiarle un capezzolo; mi accorgo che si scuote dal piacere e che i suoi gemiti sono di estrema goduria; è lei adesso che si sta sfilando i pantaloni e il perizoma infinitesimale per mettere a nudo la sua intimità, mi sposta da parte per scoprirsi tutta ed offrirsi aperta, oscena, spudorata, ai miei occhi, al mio sesso; ho quasi timore ad accarezzare le labbra turgide, gonfie di piacere; poi le dita scivolano autonomamente lungo la fessura delle grandi labbra e vanno a cercare la nicchia del piacere, le piccole labbra, il clitoride, sento che si bagna, la sento quasi implorare di darle l’amore, di entrare dentro di lei; non mi oppongo più, apro la zip, libero la bestia e la appoggio alla vulva, tra le cosce; usa le mani per guidarmi e sento la cappella che si bagna quando varca l’ingresso alla vagina.
Un solo grido d’amore, contemporaneo, e il mio sesso entra in lei, percorre il canale vaginale assaporandolo, piega per piega, millimetro per millimetro, non si ferma finché la punta non urta la cervice; ‘ti amo’ mi sta sussurrando lei; ‘amore mio’ sto urlando nel silenzio della voce mentre mi sento sciogliere nel suo corpo, tutto; mi blocco così, immerso in lei, accarezzandole il viso, baciandole la bocca meravigliosa, amandola come l’essere più prezioso al mondo, cercando di non turbare quell’infinito profondo senso di fine di tutto che ci ha preso: non sentiamo più nessun rumore esterno, solo il nostro ansimo leggero come se avessimo corso a lungo; sento che Bea, standosene perfettamente immobile, sta amando il mio sesso, lo sta prendendo dentro di se, quasi risucchiandolo per semplice pressione muscolare.
“Cosa fai, Bea, cosa cerchi di ottenere?”
“Ti voglio dentro; voglio che mi dai nel ventre tutto l’amore che sai dare; vieni dentro di me!”
“Non è pericoloso?”
“Non lo è; se anche lo fosse, ti vorrei lo stesso, anche se poi dovessi avere un figlio tuo; ma non c’è pericolo.”
Mi lascio andare ad un orgasmo lungo, ricco, denso, una eiaculazione di cui non ricordo la simile nella mia vita.
“Ragazza mia, cosa mi fai fare?”
“Ti chiedo di darmi l’amore come lo sai dare tu; e non ti azzardare a negarmelo. Lo voglio.”
Non ho mai discusso con una donna innamorata;non lo faccio stasera anche se trovo assurdo tutto quello che avviene; ripulendoci alla meno peggio con fazzolettini di carta, cerchiamo di ripristinare una certa normalità ai nostri abiti molto strapazzati; Bea mi chiede di passare da un bar per rinfrescarsi e per prendere un caffè; abbandoniamo la postazione subito sostituiti da un’altra macchina in cerca di parcheggio e in pochi minuti arriviamo ad uno di quei locali con i tavolini e i tendoni fuori sul marciapiede; lei va in bagno per rassettarsi meglio ed io ordino i due caffè; quando torna al tavolo, Bea mi chiede.
“Vieni a dormire da me o andiamo da te, stasera?”
“Niente di tutto questo, Bea, abbiamo già precipitato troppo le cose; dobbiamo frenare e riflettere almeno un poco; se vengo da te o se tu vieni da me, abbiamo già cominciato una storia ed una relazione: tu sei troppo giovane per imbarcarti in un’avventura seria con un vecchio come me; per favore, prenditi un po’ di tempo per rifletterci, fuori dall’entusiasmo per quello che ti ho raccontato; se e quando sarai sicura di voler scegliere la vita insieme, io ci sarò; ma ho bisogno di sapere che ci avrai pensato bene, prima di decidere.”
“Sei proprio un ragioniere senza testicoli, lì a fare i calcoli delle opportunità senza nessuna concessione al sogno; e non capisci che è solo il sogno che ci fa vivere, che mi fa stare bene. Io ti concedo anche tutto il tempo che ti serve perché è a te che serve, perché sei tu che devi capire cosa vuoi; ma tu mi racconterai ancora dei tuoi amori, delle tue passioni; e mi farai fare tanto amore quanto sei stato capace di farne fare a tutte le altre tue donne; hai detto che sono state molte; ed io voglio sapere tutto, di tutte. Chiaro, caro il mio vecchietto? Adesso accompagnami a casa, dammi il bacio della buonanotte, non mi rimboccare le coperte e vattene al diavolo.”
Sembra avere un diavolo per capello; ma mi abbraccia e mi bacia con profondo amore; non riuscirò mai a capirla, questa meravigliosa donna.
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