La pensioncina era di quelle rassicuranti, quiete, quasi familiari: gestita da una cooperativa, era praticamente asettica, quasi come un ambiente ospedaliero; per me andava benissimo, visto che l’unico obiettivo era godermi una settimana di dolce far niente, al massimo sbracandomi qualche ora al sole; non avrei mai pensato ad un soggiorno movimentato in nessun senso; ma appena ci sedemmo a tavola per il pranzo quasi obbligatorio (menù fisso e cucina da vecchi o da ammalati), qualcosa nell’aria mi suonò stonato e mi fece intuire sviluppi non coerenti con l’atmosfera di pace intravista.
A spezzare l’idea di disinfezione esasperata, era una signora intorno alla quarantina, molto ben tornita e molto appariscente, che era accompagnata da un giovanotto di forse una ventina di anni che mi era difficile catalogare finché non la chiamò ‘mamma’ ed accese ancora di più la mia curiosità; quasi interpretando il mio bisogno di sapere, il cameriere mi suggerì che la signora era la moglie di un famoso farmacista di un paese del territorio, molto ricco e assai più anziano di lei, che veniva tutte le estati con quel suo figlio ormai maggiorenne e passava da due settimane ad un mese, a seconda dei tempi e degli impegni: il marito non si vedeva neppure per saldare i conti, visto che faceva tutto telematicamente.
La mia curiosità divenne quasi patologica, però, quando, alla fine del pranzo, la signora si allontanò per andare in bagno: poiché tutte le camere aveva buoni servizi autonomi, mi pareva strano che andasse in quello comune, giù, e non in camera; più ancora mi incuriosii quando, dopo poco o niente anche il figlio si alzò e andò in bagno; mentre mi chiedevo come mai avessero fatto la scelta in momenti diversi ma così vicini, osservai che un terzo personaggio, un uomo di poco più di trent’anni, a un tavolo vicino, lasciava la moglie per dirigersi al bagno, forse troppo frequentato a quell’ora; per capirci, andai anch’io al bagno.
Dopo la porta comune, a sinistra c’era l’area per i maschi, a destra quella per le femmine; le cabine chiuse erano al centro, contrapposte e divise solo da una parete comune; sentii rumori sordi, tipici di una copula; andai alla sezione maschi, mi abbassai a terra e, dalle porte sollevate di circa 30 centimetri dal pavimento, notai che solo nell’ultima, in fondo, si notavano due scarpe con la punta rivolta verso la tazza, segno che l’occupante non era seduto sul water; entrai nella cabina vicina, montai sulla tazza e, dal divisorio che terminava mezzo metro circa dal soffitto, notai che il giovanotto, da un foro nella parete ricavato forse da un gancio che aveva smontato, stava riprendendo la cabina contrapposta, dalla quale provenivano i suoni che indicavano una copula in atto, segno che sua madre e il giovanotto avevano occupato quella cabina e stavano bellamente copulando; scesi in silenzio, uscii con cautela e mi riservai di approfittare della scoperta.
Il giorno dopo, mi sedetti appiccicato al tavolo di madre e figlio, intenzionato anche a cogliere eventuali dialoghi; ma non ne ricavai nessun elemento utile; quando lei si alzò per andare in bagno, la seguii a ruota, mi diressi all’ultima cabina, staccai il gancio come avevo visto e, scoperto che avevo una visione nitida dell’interno dell’altra cabina, preparai il telefono per la funzione video, deciso a cogliere anch’io la scena che mi si sarebbe presentata: lei era già dentro e si stava liberando delle poche cose che indossava, un pareo ed il bikini che a malapena sottolineava, senza coprire, un seno matronale decisamente notevole ed appetibile, ed una vulva carnosa, completamente rasata con le grandi labbra piene, mature, già roride di umori per l’evidente lussuria che animava la donna: con le dita, stava provvedendo ad allargarle per esporre le piccole labbra, rosa intenso, ancora serrate intorno al clitoride giovane e piccolo, in proporzione, ma eccitatissimo; un breve raspare alla porta la indusse ad aprire ed apparve il maschio dell’altra coppia che trasudava voglia e libidine dal viso fresco e giovanile ma soprattutto dal notevole rigonfiamento della patta.
Si abbracciarono con foga e le labbra si serrarono in un bacio passionale e ricco di desiderio e di promessa, vidi nette le mani di lui artigliare le natiche piene e carnose di lei, palparle a lungo e stringerle verso di sé, accarezzarle lussuriosamente e scivolare verso lo spacco tra i glutei fino a infilarsi nella larga fessura che conduceva all’ano e alla vulva; lei accompagnava i movimenti con goduriosi gemiti di piacere e intanto la sua mano si era mossa verso l’asta di lui: lo fece arretrare di un passo, abbassò il pantaloncino e si piegò sulle ginocchia; notai che con molta abilità, usando solo la bocca, infilava sull’arnese di lui, bello grosso, un preservativo che forse teneva nello slip o nel reggiseno; quindi imboccò una mazza di una ventina di centimetri dura come il cemento, che le ingombrò rapidamente la bocca certamente abituata a quelle pratiche; nonostante la scarsa ampiezza del foro di vista, utilizzando tutta la sapienza che avevo acquisito in centinaia di riprese fatte con mia moglie e con le amanti con cui mi intrattenevo spesso in giochi amorosi che prevedevano anche la ripresa video, riuscii a seguire quasi tutti i particolari della scena hard a cui diedero vita e le espressioni dei volti che si inebriavano di piacere.
Quando la fece sistemare con un piede sulla tazza del water e la penetrò da davanti, riuscii a cogliere alcuni tratti della copula, col sesso di lui che scivolava dolcemente in vagina; quando invece la fece piegare col busto sulla tazza, per penetrarla profondamente da dietro, io ebbi soltanto un primo piano nitido di lei che godeva ad essere penetrata anche con violenza; mi andò meglio quando la fece spostare a pecorina con le mani appoggiate ad una parete laterale, mentre lui la penetrava: riuscii a cogliere persino il momento in cui spostava la cappella dalla vagina all’ano e la penetrava nel retto con lunghi gemiti di goduria di lei che apprezzava molto la profonda copula anale e accoglieva agevolmente e serenamente la sberla nell’intestino.
L’incontro non poteva andare oltre un tempo possibilmente ragionevole e doveva necessariamente risolversi in una sveltina, ma i due riuscirono a copulare nell’ano, in vagina e in bocca abbastanza per ritirarsi sazi e soddisfatti dal bagno e rientrare con aria innocente nella sala da pranzo; lui tornò per primo e lei si dovette trattenere un poco per lavare le tracce del recente amplesso; dopo di lui, anche io tornai al mio posto e mi scontrai con lo sguardo feroce, non so quanto cosciente, del ragazzo che fremeva aspettando la madre: quando lei si sedette al tavolo, ci fu un lungo scambio di occhiate, feroci lui, vergognose lei, dalle quali mi sembrò di capire che il figlio condannava apertamente la madre, non tanto per l’immoralità, ma solo perché si sentiva tagliato fuori da piaceri che sognava (probabilmente masturbandosi alla grande) e per i quali non vedeva soddisfazione.
Subito dopo pranzo, lei, secondo una prassi evidentemente abituale, si diresse all’ascensore, per ritirarsi a riposare in camera: il particolare che era andata in bagno appena qualche minuto prima denunciava tutta la sua impudicizia; mi accostai al tavolo dove il ragazzo era rimato solo a rigirarsi i pollici; poggiai il telefonino sul tavolo, avviai il video che avevo realizzato e lo guardai con fare provocatorio; per un attimo, fu tentato di mandarmi al diavolo; poi dovete ripensarci perché si accomodò meglio sulla sedia e mi guardò con aria interrogativa.
“Chi credeva di convincere, andando in bagno un attimo prima di salire in camera dove è più libera e comoda … Perché non te la vai a scopare?”
“Che diamine dici? E’ mia madre … !”
“Davvero? E perché il fratellino esce dal pantaloncino? In questi filmati, sia nel mio sia in quelli che sicuramente tu hai a decine, è tutto tranne che una madre. Perché sei così coglione da farle fare quel che vuole e non chiedi neanche una scopata per te, visto che lo fa con chiunque?”
“Ti sembra facile? Che faccio? Vado sopra e le dico: adesso ti lasci scopare?”
“No, carino; tu vai di sopra e le esibisci accuratamente la tua collezione di video; poi le dici candidamente che, a lei, uno in più non fa effetto; per te è un’esperienza importante; se non ci sta, minacci che metti in giro i video e lei poi si arrangia con tuo padre e con tutte le mogli cornificate, a cominciare da questa seduta al tavolo accanto … “
Mi guardò come venissi da un altro pianeta; poi mi resi conto che meditava su quello che gli avevo detto; stette a rimuginare per qualche tempo, poi si alzò e si avviò all’ascensore; lo vidi che saliva ed ordinai un digestivo leggermente alcoolico, nonostante il caldo afoso della giornata; riuscii a sorbirlo tutto, a spostarmi su una poltrona lungo la parete e ad appisolarmi anche un poco, prima di vederlo tornare con l’aria imbronciata di chi non è affatto contento di qualcosa che è capitato; si sedette sulla poltrona accanto alla mia e borbottò.
“Lo sapevo; non ci è stata!”
“Raccontami!”
“Ho fatto come mi hai detto, le ho fatto vedere i video, si è incazzata una cifra e mi ha sbattuto fuori della stanza; mentre me ne andavo, l’ho minacciata di mettere i video in rete, ma non so nemmeno se mi ha capito … “
“Sta scendendo anche lei, fai finta di telefonare e se ti chiede di’ che chiami tuo padre per farti venire a riprendere … “
Lei era visibilmente incavolata e si muoveva a coda ritta, impettita come in una scena da film degli anni cinquanta, offesa ed umiliata; lui accennò a formare un numero sul display; lei lo bloccò immediatamente.
“A chi telefoni?”
“A papà, mi hai cacciato via, non ho dove andare e gli chiedo di venirmi a prendere perché gli spiego cosa è successo … “
“Aspetta, che fai? Corri a chiamare papà perché hai litigato con mamma?”
“Io avverto papà dei comportamenti di mamma, per i quali è lui che deve assumere decisioni … “
“Non parlavi di mettere in rete? Poi, cosa significa, mettere in rete?”
“Mettere su internet qualcosa che è disponibile a tutti e che può essere visto da chiunque … “
“Oh, mio dio, e tu vorresti fare questo a tua madre?”
“Quale madre? Io faccio questo ad una che la da a tutti ma la nega solo a me … “
“Ma tu sei mio figlio … “
“ … il che significa che, non essendoci mio padre, sono il vero ed unico cornuto … “
Il ragazzo aveva preso in mano la situazione e adesso lei non aveva scampo; si guardò in giro con aria sperduta, si soffermò sul maschio con cui poche ore prima aveva copulato ma lui si fingeva attento alla moglie, guardò anche verso di me che feci il pesce in barile; poi chiese al figlio se voleva tornare su con lei, per riparlare della cosa; mi preparai ad aspettarlo per sapere come si sarebbe evoluta la vicenda; ma passò tutto il pomeriggio e venne l’ora di cena, prima che madre e figlio scendessero nella sala comune con l’aria netta di chi ha vissuto quelle ore molto bene, anche se non si è molto riposato come segnavano le tracce sul viso di entrambi; per quella sera non ebbi modo di parlare col ragazzo; ma la mattina seguente era stata organizzata una passeggiata in pineta alla quale sia io che lui avevamo rinunciato; ci trovammo così sotto gli ombrelloni vicini, da soli, passò sotto il mio, si stese su un secondo lettino ed esordì quasi con entusiasmo.
“Hai avuto ragione; alla fine anche Elvira, mia madre, era d’accordo con te che la soluzione era la più giusta; ho passato quasi la metà di questa notte nel letto con lei ed abbiamo copulato veramente alla grande per tutto il tempo.”
Ma la parte più interessante era stata prima di cena, dopo che lo aveva portato su con se; neanche erano entrati in camera che lei lo aveva già abbrancato e baciato come con una ventosa: aveva sentito la bocca divorata dalla sua e la sua lingua percorrergli tutta la cavità orale; Carlo cercava di spiegare cosa avesse sentito: il mondo si era spalancato ed era sprofondato in un paradiso di nuvolette e di angelici suoni; era frastornato, incantato, immenso, immortale; aveva ricambiato il bacio con lo stesso entusiasmo e lei gli aveva suggerito, a gesti, come renderlo più lussurioso ed intenso; mentre lo baciava, aveva infilato la mano nel pantaloncino e gli aveva afferrato il pene che intanto era diventato un palo di cemento: si era sentito sprofondare, quando aveva avvertito la sua mano intorno al sesso; aveva eiaculato a lungo, abbondantemente, senza nemmeno accorgersene: e si era vergognato di averlo fatto così in fretta.
“Perdonami, non mi sono controllato; era tutto così meraviglioso, sei tu che sei straordinaria, meravigliosa, immensa, mamma!”
“Carlo, ti prego, in questa situazione usare quel temine è un’offesa a tutto; devi imparare a chiamarmi Elvira; anzi, per evitare errori, chiamami sempre Elvira, così se lo fai in pubblico, davanti a mio marito, non succede niente.”
“Va bene, Elvira: allora vuol dire che non sarà solo questa occasione?”
“Perché, Carlo? Hai un bell’arnese qui, sufficiente a darmi il piacere che voglio, ti ho in casa, ti ho sempre con me, possiamo inventarci quello che vogliamo e fare l’amore ogni momento. Perché dovrei cercare altro? Se ti piace, faccio molto volentieri l’amore con te.”
Era veramente al settimo cielo; fino a un’ora prima, moriva di gelosia perché vedeva la madre copulare con sconosciuti con grande foga; adesso, all’improvviso, Elvira diventava la sua donna e poteva amarla come e quando voleva, poteva riempire il vuoto che suo padre lasciava non occupandosi di una donna meravigliosa; ed aveva solo avviato la conoscenza dei piaceri che l’amore può dare.
Subito dopo, il ragazzo fu avviato ai piaceri dell’amore da una donna calda, vogliosa, trascurata da suo marito e feroce contro di lui per come si era comportato e per come continuava a comportarsi: non appena lo vide riprendersi, se lo portò sul letto e lo svezzò nella maniera più elegante e delicata possibile, tenendo conto della ingenuità totale, forse problematica, di lui; dei pericoli connessi all’apprendimento dei primi rudimenti della pratica sessuale; della voglia che gli aveva sempre ispirato e delle possibile interferenze del giudizio pubblico; si limitò ad amarlo come mai aveva fatto con nessuno, nemmeno con suo marito, e lo guidò dall’abbraccio avido e goloso ai palpeggiamenti più azzardati sui seni, sulle natiche, sulla vulva; lo accompagnò a succhiare i capezzoli come se tornasse poppante e si alimentasse al suo seno matronale; lo guidò a leccarle la vulva e a trattare il clitoride come un grosso capezzolo da succhiare o come un piccolo pene da masturbare; gli indicò come penetrarla con le dita in vagina e nell’ano; lo portò finalmente alla penetrazione in vagina fino a sfondarle l’utero: urlò anche, senza infingimenti, perché la mazza del suo giovane nuovo amante era sul serio più grossa di quelle che aveva mai assaggiato e colpiva dolorosamente la cervice, quando l’enfasi giovanile spingeva a picchiare duro; accarezzandolo sulla testa e guidandolo con amore, gli insegnò tutti i percorsi per dare piacere e prenderne all’infinito.
Carlo era veramente eccitato mentre mi raccontava l’incontro con Elvira nel pomeriggio; ma sfiorò veramente l’orgasmo, senza toccarsi, quando mi raccontò come avesse vissuto, poi, la serata con lei, completamente libero di manifestarsi e finalmente in grado di dare corpo alle sue voglie anche più segrete e vergognose; dall’immediato dopocena alla notte più fonda, non fecero altre che copulare in ogni modo e in ogni foro; Elvira lo sottopose ad una fellatio che fece durare intere ore, succhiando e masturbandosi, soffocandosi con la mazza fino al’esofago e facendolo urlare con profonde e lunghe leccate sull’asta che gli scatenavano brividi da febbre quartana su tutto il corpo; quando, dopo avergli succhiato a lungo l’asta, lo costrinse ad eiaculare, raccolse nella bocca tutto lo sperma e lo bevve fino all’ultima goccia; il ragazzo ne rimase sconvolto; ma lei gli spiegò che non faceva male, che a lei piaceva e che era un modo diverso per assumerlo dentro di sé: Carlo non seppe ribattere e si limitò ad accettare, a ripromettersi di eiacularle ancora in bocca e, in cambio, di succhiarle la vagina fino a farla squirtare in bocca, anche se avvertiva netto un sentore di orina che non gli dava più altro che sensazioni di godimento ed orgasmi continui.
In una notte di sesso sfrenato, Elvira si fece possedere con infinito amore sia in vagina che nel retto: di fronte alle riserve di lui sempre meno vivaci, gli disse solo che voleva sentirlo comunque, dappertutto fosse possibile e lecito; Carlo imparò anche a prendere dimestichezza con il corpo di lei, leccandole l’ano profondamene e cercando di arrivare con la punta della lingua a sentire il sapore dell’interno dell’intestino, anche se temeva che si trattasse di scorie: si innamorava irrimediabilmente di quel corpo che avvertiva suo ma che sentiva anche come la sorgente della sua vita, specie nella parte da dove era venuto fuori lui con le sue passioni; mentre Carlo mi raccontava queste cose, era giunta l’ora di pranzo; la pattuglia degli ospiti rientrava dalla passeggiata e nella sala comune si preparavano i tavoli per il pranzo; madre e figlio mi chiesero di sedere con loro, accettai di buon grado; Elvira con molta determinazione mi avvertì che Carlo le aveva raccontato dei nostri scambi di opinione e che sapeva che il reale artefice del ricatto, in fondo ero io; mi chiese perché avessi affidato al ragazzo il compito di portarlo a compimento.
“Elvira, se volessi estorcerti una copula, avrei i mezzi per farlo e riuscirei anche a farmelo perdonare; ti ho filmato anche io; ho visto come ti muovi ; ti assicuro che sarei in grado di farti scoppiare una tale voglia che non sapresti più fare a meno di me. Ma per me come per te una copula in più o in meno ha un valore limitato; per un ragazzo, il modo in cui si rapporta la prima volta al sesso è fondamentale; Carlo ha avuto l’approccio più bello ed importante che poteva avere; glielo abbiamo costruito noi; se avessi tanta voglia di assaporarti, potrei comunque ricattarti; ma non mi va affatto e non perché tu non mi piaccia ma perché è più bello fantasticare su quello che accadrà a voi, adesso.”
“Perché?”
“Io provo ad immaginarmi cosa succederà a casa vostra, adesso, con un marito a quanto pare almeno distratto e un giovane amante che vive con te tutti i momenti della giornata; chiaro che hai scoperto in casa quel che cercavi fuori; ma, adesso, come ti cambia la vita?”
“Quando avevo l’età che oggi ha Carlo, un riccastro potente mi sorprese nel bagno di un pub, mi sverginò a tradimento e senza precauzioni, mi mise incinta e, bontà sua, mi sposò ‘per riparare’ come si diceva; aveva il doppio della mia età; non ci siamo mai amati; mi ha ridotto al rango di domestica chiudendomi undici mesi all’anno in una casa da ricchi; per un mese, mi concede libertà; in sedici anni, non ne ho mai approfittato: non sapevo neanche farlo; l’anno scorso ebbi un’occasione e lo tradii; mio figlio se ne accorse e quest’anno lo ha documentato; tu hai scoperto la sua magagna, avete parlato e lui mi ha chiesto amore; gliene ho dato ed ho capito che è lui che voglio come alternativa a mio marito; non voglio nessun altro e ti manderei al diavolo, anche se mi ricattassi: piuttosto forse ti ucciderei e mi ucciderei. Forse mi sto innamorando dell’ultima persona al mondo che sono libera di amare. Ma mi succede così e non voglio farci niente.”
“Scusa, dove sta il problema? Vi amate? Per ora va tutto da dio; forse tra qualche anno lui sentirà il bisogno di farsi una famiglia, questa situazione si farà pesante e dovrete prendere decisioni pesanti; per ora potete vivere il vostro amore serenamente … “
“Facile a dirsi. Io ho un marito che per undici mesi mi tiene in prigione nella sua casa; finora l’ambiente riservato della pensioncina e la presenza di un figlio grande è stata per lui la garanzia che il suo onore era al sicuro; noi tre sappiamo che non era affatto così, ma lui certamente non abbasserà la guardia; non avremo vita facile … “
“Scherzi? Come guardate la televisione?”
“Che c’entra? Ci sediamo sul divano … “
“Carlo sta a fianco a te? Potete mettere una coperta sulle gambe?”
“Sei la perfidia fatta persona … ti ho capito; sotto la coperta le mani fanno tutto; se convinco Carlo a stendersi con me e ci copriamo con la coperta perché fa freddo, lui può penetrarmi da dietro, persino analmente e lo fa sotto gli occhi del padre … “
“Vuoi che ti parli dei momenti che restate da soli in casa, cosa del tutto naturale e quotidiana? O delle docce che si fanno insieme per giocare e qualche volte anche sul serio? Vuoi che ti suggerisca di andare a cinema e di farti accompagnare da Carlo perché tuo marito non ci viene, e poi al buio del cinema pomiciate come fidanzatini? Vuoi accompagnare tuo figlio a una festa e lungo strada vi fermate in un parcheggio a pomiciare da ragazzini? Non capita mai che tuo marito viaggi e stia fuori una o due notti per lavoro? Devo proprio suggerirti tutto?”
“No! Sei stato già pericoloso consigliere fraudolento! Adesso tocca veramente a noi stabilire se vogliamo amarci sul serio e se siamo disposti ad affrontare qualche rischio, nel caso che qualcosa dovesse davvero andare malissimo. Non ci sto a fare sesso con te; da ieri sera, il mio unico amore è Carlo e a lui dedico ogni mia energia ogni sensazione ogni particolare emozione. Grazie per tutto; e adesso, scusaci ma andiamo in camera a riposare … dopo, naturalmente.”
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