L’escursione al privè mi riservava però ancora grosse sorprese: uscito dalla camera dove avevamo copulato io Elena e Nicola, mentre mi dirigevo al salone di ingresso, fui bloccato da una bellissima ragazza, molto giovane, che si fece riconoscere per una delle impiegate amministrative che lavorava in un ufficio vicino al mio.
“Ingegnere, come mai lei qui?”
“Sono azionista di maggioranza della società e devo valutare le potenzialità del centro.”
“Ah, per lavoro; peccato; io sono qui per divertirmi e speravo di farlo con lei.”
“Per raccontare a tutta la fabbrica che hai fatto l’amore col titolare?”
“Non credo che ci sia qualcosa di male; e poi, … qualcuno già lo può dire …”
“Vieni, Cristiana, entriamo qui.”
La guidai in una sala piccola con un letto per due, non molti spettatori alle finestrelle e nessuno in sala; visto che Elena aveva deciso di stare con Nicola, tanto valeva che cominciasi a prendere confidenza con le giovani lavoratrici che avevo ogni giorno intorno, la feci sdraiare supina sul letto e cominciai a sollevare il vestito a partire dai piedi; scoprii progressivamente le gambe e le cosce: su ogni parte che scoprivo mi soffermavo a baciare, leccare accarezzare, strappandole gemiti di piacere e ‘si, si’ che mi incitavano ad andare avanti fino all’inguine: il perizoma era veramente un minuscolo brandello di stoffa che non copriva niente e sottolineava invece una vulva meravigliosa con grandi labbra pronunciate e già roride di umori vaginali, che chiudevano il bocciolo delle piccole labbra tra cui si ergeva superbo il clitoride grosso, gonfio, eccitatissimo: lo agguantai con le labbra e cominciai a succhiarlo come un poppante: urlò per una decina di minuti, quanto resistetti a succhiarle l’anima dalla vulva; poi mi scaraventò letteralmente sul letto accanto a lei, spinse giù quasi con violenza pantaloni e slip ed afferrò la bestia.
“Perdinci, è proprio come dice Rachele, è un mostro, no un drago magico. Mi farà male?”
“Rachele non ti ha detto? Fa godere da divina: tu sei abbastanza divina?”
“Senti, amore, in questo momento sono autorizzata a chiamarti Enzo; domani sarai l’ingegnere il titolare; ora sei solo il fallo che mi delizia la vagina, il drago che mi porta in cielo e posso chiamarti per nome. Enzo, fammi andare in paradiso: so che lo sai e lo puoi fare; voglio sentirmi spaccare da te, voglio darti tutto l’amore che meriti!”
“Ma non ce l’hai un fidanzato? … E vieni al privè per fare sesso? … Ah, c’è anche lui!?!? Perfetto. Devo imparare.”
“Intanto, impara ad amarmi, alla grande … “
Le presi la testa e la portai sul sesso; ingoiò la cappella e manipolò alla radice l’asta; ero stimolato fuori misura e fremevo in ogni dove; la pregai di fermarsi per non farmi godere in fretta; si placò e cominciammo a scoprirci con calma e con gusto; contemporaneamente, prendevamo coscienza del corpo dell’altro ed io mi sbizzarrii a succhiarle il seno e soprattutto i grossi capezzoli che sembravano fragoloni; le accarezzai e le succhiai il ventre e l’ombelico; arrivato alla vulva, mi fermai; mi spogliai del tutto, le montai addosso e cominciai a penetrarla: soffriva, e non poco, la dimensione inusitata del sesso che la penetrava, anche se non appariva affatto inesperta; entrai comunque fino in fondo e lei mi sussurrò solo.
“Sono venuta almeno cinque volte solo mentre entravi; Cosa succederà adesso?”
“Lo scopriremo solo vivendo.”
Scherzai parafrasando una canzonetta in voga.
Facemmo l’amore per un’ora e più; la lasciai che appena si reggeva in piedi: aveva voluto sperimentare tutto e il suo ano era uscito molto dolorante dalla penetrazione che aveva voluto ed attuato ad ogni costo; al momento di lasciarla, le ricordai che quell’episodio era patrimonio inalienabile dei nostri ricordi e che dall’indomani i ruoli sarebbero tornati dominanti; mi diede un ultimo bacio, a conferma del ricordo meraviglioso che si stampava nella sua mente, rispose al fidanzato che la chiamava al telefono e lo invitò a raggiungerlo in quella sala per continuare con lui a fare l’amore per non sciupare il languore dell’amplesso appena goduto con me.
Uscito dalla camera, andai verso il salone d’ingresso e qui la prima persona che incrociai mi lasciò di stucco: Marina, la mia ex moglie, truccata come una baldracca, vestita con abiti sgargianti molto volgari stava maltrattando un omuncolo che l’accompagnava, evidentemente la persona con cui viveva.
“E tu che ci fai qui?”
“Vengo a controllare le mie proprietà e vedo che vengono svilite da presenze indegne.”
“Proprietà?!?!? Che proprietà?”
“L’ingegnere è il maggiore azionista della società che possiede il Centro Benessere.”
Commentò un addetto.
“Ah, anche qui sei il padrone …!”
“Già … non riesci ad uscire dalle mie proprietà, purtroppo per te! … Mi hanno detto che il figlio che hai ucciso era mio … ”
“Ti avevo avvisato che avrei abortito; da sola non potevo tenerlo.”
“E l’analisi prima non la potevi fare …”
“E dartela vinta? Mai!”
“Ringrazia tua madre se sei ancora qui.”
Proprio in quel momento arrivarono Nicola ed Elena.
“Ah, hai perso la figlia e ti metti con la madre. E tu, Nicola, continui a reggere il moccolo? E mio padre dove l’hai lasciato, cara mammina?”
“Lurida sgualdrina, tuo padre l’hai spedito tu su un tavolo del Pronto Soccorso con un infarto che lo ha privato di tutto, lo ha reso un vegetale che solo l’amore mio, la cura appassionata di Nicola e la grande magnanimità di Enzo hanno tirato fuori dalla tomba; tuo padre mi aspetta con amore e fiducia a casa nostra; non può più fare sesso e mi lascia libera di trovarmi un maschio che mi soddisfi; ci ho provato col tuo ex, ma non sono riuscita a sostituirti nel cuore di Enzo, perché, purtroppo per lui, è rimasto legato al ricordo di una ragazza meravigliosa, quella si mia figlia, che si è perduta nelle fogne della città; ho avuto una grande storia con lui, ma amo tuo padre come l’ho sempre amato; ho però bisogno di passione, di sesso ed ora me lo da Nicola, che mi adora anche sapendo che io il mio amore lo do, incondizionatamente, a Renato; ma a una troia come te questi discorsi non entrano in testa perché tu pretendi tutto e intanto copuli come una scimmia con chiunque”
“Enzo, è vero che mi padre sta così male?”
Le rispose Nicola.
“Marina, sai quanto bene ti ho voluto; ma adesso non lo meriti più; tuo padre non sta solo male, diciamo che trascina coi denti quel poco di vita che gli resta; per fortuna, Enzo ha concesso loro di tornare nel vecchio appartamento, quello che avevano perduto perché tu ti eri comportata da troia; gli ha ridato anche il ruolo di Direttore Generale della sua fabbrica, ma devo stargli vicino passo passo, come un bambino, perché anche le cose più semplici gli risultano difficili: devo fargli da figlio e da figlia perché sua figlia pensa a farsi sbattere in giro. Hai un quadro chiaro?”
“Perché mi massacrate? Perché mi addossate tutte le colpe? Tu, maledetto, che avevi giurato di amarmi, perché non sei riuscito a perdonarmi dopo che ti avevo tradito con quest’idiota, perché te ne sei andato e non mi hai preso a sberle come meritavo? Due sberle sarebbero state sufficienti … “
“ … per farmi sbattere in galera su denuncia di quell’imbecille della mia ex moglie! O credi che ci voglia molto a capire quanto sei perversa? Quanti vantaggi hai avuto dal metterti con questo lurido personaggio? Lo sa quest’imbecille che il cornuto le corna gliele fa tagliare, se solo vuole, insieme alla zucca vuota che chiama testa?”
Nicola mi suggerì sottovoce che il giovane era figlio di un imprenditore che mi era largamente debitore e che tenevo in pratica per le palle, come si usa dire; gli dissi di chiamarlo e di farlo venire con la sua quota, il 5 per cento, di proprietà del Centro per discuterne la cessione; mentre Nicola lo faceva, chiesi ad Elena cosa si aspettasse che io facessi con sua figlia, che ormai si comportava da prostituta e che forse quella stessa sera sarebbe stata costretta davvero a battere se voleva trovare una soluzione abitativa; mi guardò spaventata e mi chiese cosa significasse quel discorso; anche Marina pareva impressionata, stavolta.
“Tra poco verrà il padre di quest’essere che è un miserabile; io gli spiegherò chi è suo figlio e cosa mi ha fatto; lui lo caccerà dall’appartamento dove vive adesso, anche perché ne pretenderò la cessione; tua figlia non avrà dove andare. Cosa decidi di fare? Cosa vuoi che io faccia? Cosa le vuoi suggerire di fare?”
Marina è sbigottita.
“Suo padre è un tuo subalterno?”
“No, suo padre è come tuo padre, proprietario di una fabbrica, pieno di debiti che io ho rastrellato; se mi gira storta perché mi prudono le corna che suo figlio mi ha fatto, lo metto sul lastrico: ti ricorda qualcosa questa frase? Stasera lui avrà al massimo il suo lettino in casa di papà e mamma. Tu cosa farai?”
Sta piangendo e stavolta non deve sforzarsi di recitare perché le lacrime sono vere, calde e grosse; guarda implorante anche verso Nicola, che non può offrirsi di ospitarla perché vive in un appartamento fornito gratis da me e non vuole offendermi; c’è nell’aria un forte disagio; a sbloccare la situazione, arriva il padre del ragazzo che con un solo sguardo si rende conto della verità, forse perché non è arrivato impreparato; in silenzio, mi consegna gli atti della sua percentuale sul centro e chiede se questo soddisfa almeno la pendenza con suo figlio.
“Portatelo via e che non si faccia più vedere da me; la mia vendetta sarà implacabile se resta in zona.”
Se ne vanno in un silenzio di morte; Marina chiede sottovoce a Nicola cosa succede: lui sbotta.
“Sei così cretina che scateni le guerre e non ti rendi conto dei morti che restano sul campo? … Enzo ha avvertito il padre del tuo ragazzo che, se non lo fa emigrare all’estero e non lo fa sparire per sempre dalla circolazione mi da l’ordine di ammazzarlo e quello è morto, stanne certa!”
“E tu uccideresti se te lo comanda?”
“Una sola risposta e segnatela bene: sei fortunata che ancora non me l’ha ordinato; se mi chiede di farti uccidere, non ti salva nessuno!”
“Ma è così sanguinario, Enzo?”
“No, figlia deficiente! No, figlia stupida, cretina, inetta, incapace, ottusa, ignorante, NO non è lui il sanguinario: sono gli imbecilli come te che lo mettono nella necessità di difendere la sua credibilità, il suo onore, la sua dignità anche ammazzando chi lo offende, se diventa necessario, se qualche imbecille come te tira troppo la corda. Gli ha detto di sparire, sparisca, vada a far danni da un’altra parte; se resta qui, se l’è cercata, per una legge non scritta: ma noi obbediamo alle leggi, non ce le facciamo a nostro uso e consumo, come hai fatto tu, in nostra presenza, davanti a noi che dovremmo essere la prima autorità da rispettare e che tu invece calpesti.
“Quindi lui rispetta la legge del potere!”
“In questo paese vige una legge non scritta che tu chiami del potere; se non vuoi obbedire, o cancelli quella legge - e ti prego di farlo, se ci riesci - o ti adatti o TE NE VAI. Tu purtroppo, non vuoi accettare, non sei in grado di cancellare le leggi del potere e non te ne vuoi andare. Quindi, è come se avessi scelto di morire e qualcuno dovrà ucciderti; se non l’hai capito, sei viva perché Enzo continua ad amare il ricordo di te e perché io sono tua madre e non accetto di vederti morire; se diventi pericolosa, la tua vita non vale un soldo bucato.”
“Lo dici per farmi paura!”
“Va bene. Enzo, mandala su un marciapiede e trovale un protettore che la massacri, così imparerà che anche per fare la prostituta deve sottostare a leggi e poteri.”
“Ma che dici? Protettori? Io non ne ho bisogno!... ”
Nicola è oltre i limiti.
“Ragazzina, vattene coi tuoi piedi; tra due minuti ti massacro di botte e ti trasportano in ambulanza.”
“Nicola, perché? Che ho detto?”
“Hai dimostrato di essere imbecille, ignorante, deficiente, menomata, incapace …”
“Perché?”
“Hai mai sentito parlare di mercato della prostituzione?”
“Si, ho letto degli articoli ma credevo che fossero esagerazioni giornalistiche.”
“Elvira, vieni un po’ qui; quanto vuoi per una copula?”
“Per te, cinquanta euro.”
“E se lei me la fa per trenta?”
“Parlo col mio magnaccia mi lamento che lei mi rovina la piazza, lui le rompe le ossa; così impara e si mette al suo servizio.”
“Ciao, non ho bisogno di niente … Allora, vuoi lo scoop giornalistico? Anche nei privè comandano i magnaccia; forse non lo capisci perché ormai è chiaro che sei totalmente cretina ed ignorante; se non lo capisci, magnaccia e protettore sono sinonimi.”
“Quindi, se volessi andare sul marciapiede a battere, dovrei trovare prima un magnaccia che mi prendesse nella sua squadra e poi dovrei lavorare per lui … “
“No, prima dovresti farti sbattere duramente da lui e da tutti i suoi amici, dovrebbero accertarsi che tutti i tuoi buchi sono belli spanati e sbrindellati per accogliere qualunque mostro; quando saresti pronta, ti manderebbero sulla strada assegnandoti un posticino; alla sera dovresti aver fatto almeno il lavoro che ti chiedono, che so dieci copule; se non le fai, sono botte; la metà dei guadagni sono per il magnaccia; tu con la tua metà ci devi vivere e, poiché capita spesso che restino incinte, ci devi mantenere la famiglia.”
“Credevo che fosse più facile fare la battona. … Forse essere la moglie di Enzo era assai più comodo; … ma ormai. Mamma, per favore, mi aiuti?”
“Come, figlia mia?”
“Portami a casa tua … “
“Lo sai che abito nell’appartamento a fianco ad Enzo: credi che lui accetterebbe che lo facessi senza il suo permesso?”
“Non possiamo chiederglielo?”
“Piccola mia, tra le altre cose, hai una memoria terribilmente corta. Ricordi cosa ti profetizzò tuo marito mentre te ne andavi dalla sua casa? Ti disse ‘… quel potere che dici di voler combattere … ti costringerà a venire in ginocchio a chiedere pietà!’ Bene, quel momento è arrivato: se vuoi, puoi strisciare in ginocchio fino a lui, leccargli le scarpe, baciargli piedi e mani e chiedergli se per pietà ti concede di andare a stare con tuo padre, con la promessa solenne che non muoverai neppure un dito per non disturbare la sua quiete, che non dirai una parola neanche in caso di grave pericolo, che sarai la schiava muta e perfetta. Te la senti di affrontare questa prova e di prendere questi impegni? Bada che io non garantisco per te e, se sgarri, Nicola riceverà l’ordine finale … Ti consiglio di pensarci prima di decidere.”
“Enzo, quanti anni sono che io sono al tuo servizio?”
“Che domande! Tu eri con mio padre, mi hai visto nascere e, dopo la morte di mio padre, sei diventato per me il padre alternativo; vivi con me senza essere al servizio di nessuno da quando sono nato; se proprio devo quantificare, posso dire trentadue anni.”
“Esatto. In questi trentadue anni, quante cose ti ho chiesto?”
“Senti, non mi va di fare giochini; credo, anzi sono certo che non mi hai mai chiesto niente.”
“OK; allora adesso io per la prima volta nella nostra vita ti chiedo una cosa e tu non puoi negarmela … Smetti di giudicare e condannare questa ragazza; ha sbagliato assai, è colpevole senza appello, ma non me la sento di eseguire una condanna, anche se me lo ordinassi, senza aver provato prima a tirarla per i capelli fuori dalla melma in cui s’è immersa. Tu sei intelligente, creativo, capace di coordinare il mondo; tu hai sempre una soluzione. Per favore, scegli la soluzione più opportuna e intelligente per lei e mettila in atto, adesso, prima che sia troppo tardi. Mi fai questo favore?”
“No, non ti faccio nessun favore: hai ragione, devo trovare io la soluzione; lo devo a te, lo devo a Renato, lo devo a Elena, lo devo a me e soprattutto lo devo a questa sciagurata che è più stupida che colpevole.”
“Enzo, per quel poco d’amore che ti ho potuto dare, aiutami a salvare questa maledetta figlia … “
“Elena, li vedi quei cartelloni? Proclamano miss sesso e dicono che ha record per me spaventosi; venti fellazioni in un’ora, cinquanta copule in una sera, trenta centimetri di mazza nel retto: capisci che individuo c’è dietro quella miss sesso? Qui dire fogna è essere blandi; qui si tratta di un pozzo di san Patrizio pieno di sperma, quest’essere è la cosa più ignobile che possa immaginarsi. Sai chi è quella miss? … Vedi Nicola, stavo pensando di parlare con madame Dorè che la potrebbe prendere nella sua scuderia di escort; ma come fai ad offrire come escort una con una vagina peggio del Sempione, con un retto più trafficato del Brennero, con una bocca che anche defecarci dentro è normale? Io non me la sento di rifilare un simile bidone ad una professionista seria come madama Dorè; ho pensato di proporla come amante del Gorilla, che è proprio un bestia, ma sarebbe condannarla a morte, tanto varrebbe farla ammazzare subito: quello le squarta le donne, non le possiede. Questa donna è una merce avariata assai difficile da sbolognare. Posso solo arrivare alla conclusione che diceva Elena, tenerla a casa e controllarla: ma sei certo che ce la fai? Tu da stasera vai a stare in casa con Elena e Renato; se te la senti, fate venire anche Marina, ma devi assicurarti che non faccia danni; se ne facesse, non avrai l’ordine, lo eseguirai in automatico.”
“Mamma, che vuol dire tutto questo?”
“Cavolo, ma non capisci neanche una sentenza di morte pronunciata contro di te?”
“Si, credo di aver capito ma voglio la conferma. Lui dice che non posso fare la escort perché sono troppo sfondata ormai ed è vero, sono ormai malridotta; non mi vuole dare in pasto a un camorrista perché mi ammazzerebbe e lui non vuole la mia morte e forse dovrei addirittura essergli grata; accetta che tu mi porti a casa con te, dove da stasera ci sarà anche Nicola che diventa il tuo uomo, fermo restando l’amore tra te e papà; però voi dovete controllare che non faccio stupidaggini; alla prima che faccio, Nicola non deve neppure ricevere un ordine: mi fa uccidere e basta. E’ così?”
“Si, Marina, è così; ed io ho tanta paura: se ti abbandono può darsi che nel giro di qualche giorno finisci massacrata in un vicolo cieco; se ti porto a casa, è quasi certo che entro pochi mesi ti fai venire un brutto prurito e Nicola sarà costretto a farti sparire. Io non so che fare … “
“Elena, c’è bisogno di un atto di fede; io sono pronto a credere che Marina è sinceramente pentita, che si comporterà in maniera impeccabile e che si ripulirà fino ad essere degna di trovarsi un uomo che la ami: se riesci a fare questo passo verso la fede, allora ce la portiamo a casa, con noi, come se fosse nostra figlia, visto che Renato non ha la forza di lottare, e la obblighiamo a comportarsi da persona ragionevole. Ci vuoi provare, per favore?”
“Nico, stai parlando di mia figlia! Chiaro che voglio provarci e voglio anche credere che ce la faremo, che lei ce la farà e noi saremo felici di averci creduto. Forse ci sarà bisogno di tanto amore. Vuol dire che quell’amore che non possiamo esprimere tra di noi, lo trasferiamo a lei e ci amiamo per transfert.”
“Senti, uomo potente, ingegnere, grande capo, quello che vuoi, posso dirti una piccola cosa?”
Tutti tremarono di fronte alla sortita di Marina: era un suo classico, spaccare tutto quando sembrava raggiunta una conclusione.
“Enzo, amore mio, anche se non vuoi credermi più, anche se non ti merito più, io mi inginocchio e ti chiedo pietà per la mia condizione di emarginata, ti chiedo di darmi ancora una piccola occasione per uscire dalla fogna che sono diventata e cercare di recuperare quel minimo di dignità che mi faccia diventare persona. Ho bisogno del tuo aiuto, della misericordia che hai avuto sempre infinita senza che me ne accorgessi, della tua generosità che ho scialacquato da imbecille, del tuo affetto e di quel poco di amore che conservi per la ragazzina che hai amato. Ti prego, in ginocchio, di darmi quest’ultima mano; ti assicuro che farò in modo che non te ne debba pentire; lasciami aiutare ed assistere mio padre, lasciami stare vicino a mia madre e al suo uomo; cerca di darmi, se ti riesce, qualche briciola dell’affetto che stoltamente ho dissipato. Io ti amo ancora: sotto questa melma di cui mi sono coperta, c‘è ancora un cuore che batte per te; so che non ti serve più, so che avrai presto una moglie e dei figli; ma fammi la carità di un ultimo gesto d’amore; aiutami.”
“Adesso si, che vorrei ammazzarti, ma per amore, perché mi metti in crisi. Vai a stare da tuo padre, rifai pace con tua madre, affezionati a Nicola; ma non ti azzardare a rompermi le scatole, soprattutto quando porterò a casa le mie donne. Ti ucciderò con le mie mani, se necessario.”
Cominciò lì un altro capitolo della nostra esistenza, quello in cui Elena, Nicola e Renato trovarono uno strano e meraviglioso equilibrio per cui vivevano insieme e si amavano in maniera unanime, senza che la gelosia turbasse il rapporto; il fatto di vivere a contatto di gomito con me, favoriva anche la possibilità che si occupassero delle due case e che io facessi in qualche modo parte della loro unanimità; la presenza di Marina fu imbarazzante, agli inizi, perché troppe cose ricordavano il periodo in cui lei era stata padrona in quella casa; mantenne tutti gli impegni, si prodigò per suo padre da figlia affettuosa e alleggerì non poco il lavoro di Nicola; quello che le mancava e la faceva stare male, era il contatto con un maschio, non tanto il sesso o fare l’amore, ma sentirsi desiderata e coccolata: purtroppo per lei, proprio quell’amore viscerale che le aveva fatto commettere follie non riusciva a vederlo neppure nei sogni.
In compenso, non perdeva occasione per essere affettuosa e carinissima con me, dal portarmi le pantofole quando rientravo al servirmi il cognac in salotto dopo la cena; non osò mai, però, tentare neanche il più larvato approccio ad una vicinanza che andasse oltre il decoro della convivenza forzata; io mi dovetti sforzare più volte di tirarmi indietro quando la tenerezza mi prendeva e sentivo nostalgia della sua pelle; spesso sognavo di farci l’amore e qualche volta approfittai di occasioni banali per accarezzarle il viso o sfiorarle il seno; fu Elena ad affrontare l’argomento senza che glielo chiedessi.
“Enzo, ti pare bello masturbarti per Marina come un ragazzino? Non cercare di negare: siamo tutti in grado di vedere come la divori con gli occhi e come devi scappare in bagno quando non ce la fai più. Non è più la fogna che ti faceva ribrezzo; non ti consiglio di penetrarla perché troveresti tunnel che ti spaventerebbero, ma sa usare le mani e almeno una masturbazione, fatta da lei, ti soddisferebbe più di quella che ti fai da solo. Io ti consiglio di lasciarti fare almeno una volta: se va, bene; se non va, pazienza; ma almeno prova … e non pensare che baciarla ti avveleni o ti contagi …”
Non si ferma lì, naturalmente, e alla prima occasione me la butta letteralmente in braccio.
“Non vedi che questo poveraccio si sta slogando il polso? Dagli una mano: ne ha bisogno e non la rifiuterà … “
“Mamma, ma io non voglio che lui pensi che cerco di circuirlo … “
“Tu circuisci; poi a pensare provvede lui, fagli svuotare i testicoli … con le mani … poi si vedrà …”
Marina mi venne vicino e mi accarezzò il petto, la strinsi in vita e la baciai: ritrovai di colpo un sapore antico, amato e perduto: non quello della sua pelle, della sua saliva, della sua lingua; quello dell’amore che ci mettevamo quando ci divoravamo le bocche con la frenesie delle prime sensazioni sessuali, delle tempeste ormonali che ci scatenavamo dentro; sentii il sesso che scattava come una molla e le picchiava sul ventre; mi accorsi che stava piangendo.
“Perché? … “
“Non ci badare … è solo gioia, gioia di ritrovarti, di sentirti ancor una volta dentro di me … “
“Ma se ci stiamo solo baciando!”
“Appunto! Mi baci e ti sento in me; lo so che dentro di me non ci vuoi entrare perché ti fa paura la situazione che potresti trovare, ma il tuo sesso tra le mani l’ho tenuto tante volte; quello puoi concedermelo; credo di riuscire ancora a farti godere molto.”
Non ci fu bisogno di altro; mi aprì i pantaloni e li abbassò alle ginocchia insieme allo slip e mi guardò sorpresa.
“Non ti meravigliare: non ricordavo che l’avessi così grosso e bello. Posso sentirlo mio per questi momenti?”
“E’ tuo; fanne quello che vuoi; ma trattamelo bene: ci tengo troppo!”
Si sollevò di nuovo in piedi e mi baciò con una passione straordinaria, intanto la sua mano aveva afferrato la mazza e la manipolava con una abilità e con una sapienza che mi sconvolsero; non riuscii a stare zitto.
“Cavolo se sei brava, ne hai fatta di esperienza … “
“Per favore, non costringermi a darti dell’imbecille; in questo momento sono la Marina che ti masturbava al mare, dietro la barca; è l’amore che guida i movimenti; solo al primo amore e ai ragazzini inesperti si pratica la masturbazione; gli adulti la snobbano; tu non sei un ragazzo inesperto ma sei il mio primo grande amore ed io sono la Marina di quella volta, anche se solo per questi minuti; posso toccarmi mentre ti masturbo? Ho voglia di sentire un orgasmo con te.”
“Devi masturbarti con me; è la prima volta che facciamo qualcosa insieme, dopo la tempesta; ed è giusto che la facciamo insieme; se vuoi, ti masturbo io … “
“No, Enzo, non rovinare tutto: non sai quanto desidero le tue mani, la tua bocca, il tuo sesso sulla mia vulva; ma se tocchi, troverai solo la certezza delle rovine che la tempesta ha lasciato; non voglio che ti nausei ancora di me; le mani e la bocca sono ancora praticabili per il nostro amore; il resto come minimo deve aspettare che mi ripulisca. Sappi però che ti amo e che questo momento serve soprattutto a dimostrartelo.”
Ha preso a mandare la mano su e giù lungo l’asta con un movimento e delle sensazioni che mi risuonano nel cuore come qualcosa di antico: davvero è la Marina giovane, quella del lido e delle barche, che mi sta manipolando l’asta e sta cercando con me il piacere nelle pieghe del mio amore; è decisamente brava, a masturbare; anni di esperienza si vedono; ed io vedo ruotarmi negli occhi fuochi d’artificio immensi; mi eccito anche di più quando, abbassando lo sguardo, noto il movimento della mano tra le cosce, segno che si sta masturbando in contemporanea; al momento del massimo piacere, quando sento che sto per esplodere, la avverto che sto per eiaculare; mi risponde con un gemito lungo, lunghissimo, che diventa alla fine un urlo, mentre la cappella mi si gonfia sul punto di scoppiare: Marina si abbassa di colpo accosciandosi, accosta la cappella alla bocca e si lascia esplodere in gola un orgasmo lungo, ricco, sapido, caldo, generoso; non ne perde una goccia, prende in bocca la cappella e la succhia a lungo per ricavarne le ultime lacrime di orgasmo.
“Scusami, non ho resistito; avevo bisogno di sentirti godere dentro di me; lo so che ti fa schifo sapere che lo hai fatto in questa bocca, ma io ne avevo tanto bisogno … “
“Marina, io non so se avrò mai la forza per cancellare quello che è stato e dimenticare le colpe, le tue ma anche le mie, per tornare ad essere con te come volevo, come forse vorrei essere ancora; non devo vergognarmi di dirti che ti amo, perché è stato sempre vero, anche nei momenti peggiori; non so neppure se voglio prendermi una donna per farne la mia compagna e avere dei figli. Ho paura di te, ma soprattutto ho paura di scoprirmi debole di fronte a te che alla fine distruggi il buono che fai con un colpo di testa imprevedibile. E’ stata la copula più bella della mia vita; ed era solo una masturbazione. Non so se riuscirò adesso a fare a meno di chiederti di darmi ancora l’amore che mi hai fatto assaggiare adesso; non so se questo significherà riavvicinarci e perdonare. Ma ti amo: di questo sono certo. E sono molto confuso: anche questo è certo. Aspettiamo.”
“Mi vuoi abbracciare un momento? Solo un abbraccio, solo sentirmi tra le tue braccia!”
FINE
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