Tutta la vicenda si svolse come in un sogno straordinario: incontrai Marina, vivace ragazza che animava le serate del Lido dove ero abituato a passare i mesi estivi, e me ne innamorai a prima vista; favorii tutti i suoi piccoli e grandi capricci senza pormi nessun problema di razionalità, di logica, di rispetto delle regole, anche perché lei era da sempre abituata a comportarsi in quel modo: il padre, piccolo industriale benestante, e la madre, piccola borghese nullafacente, non facevano niente che potesse ostacolare i desideri della loro unica figlioletta e Marina crebbe nella certezza che tutto le fosse dovuto, senza nessun controllo, senza giustificazione, spesso senza raziocinio; io come suo padre, mi ero buttato nell’imprenditoria e, con un po’ di fortuna e tanta cattiveria, ero riuscito a dare la scalata al potere e ritagliarmene una fetta assai notevole; anche quelle mie energie erano considerate da Marina un suo patrimonio personale di cui avvalersi quando le facesse comodo, senza curarsi di quello che costavano le cose.
Ci incontrammo assai presto anche sul piano sessuale, perché sin dai primi incontri scoprii che Marina, pur essendo decisamente casta e pura per antica educazione, era abbastanza informata sull’arte amatoria, era disponibile a tutte le proposte e non si tirava indietro: dopo qualche ‘passeggiata’ di assaggio, passai decisamente alle proposte più consistenti e non ebbe nessuna difficoltà a prendere in mano il sesso e a masturbarmi con molta grazia e sapienza; subito dopo, abbassandole la testa e premendole sulla nuca, la convinsi ad accosciarsi e prenderlo in bocca: anche in questo caso, dopo una leggera e non incisiva esitazione, lo prese di gusto fino in fondo e in poco tempo mi praticò la più succosa fellazione che mi fosse mai capitato di ricevere; violarle l’ano richiese qualche pratica in più ed una certa preparazione ma, nonostante la mole non indifferente della mia dotazione, se lo prese nel retto tutto, con grande gioia anche; per l’imene, fu necessaria una certa pazienza, per abbattere la riserva atavica di concedere la verginità prima del matrimonio; ma ci riuscii e alla fine facemmo l’amore per intere estati con molta gioia; d’inverno, era meno facile incontrarsi in ambienti idonei per copulare, ma comunque riuscivamo a tenere un buon ritmo.
Quando ormai ero sui venticinque anni e lei ne aveva ventitre, venne posto con forza il problema della vita insieme, con o senza matrimonio; dichiarai che avrei volentieri sposato la ragazza che amavo al di sopra di ogni cosa e che, se avesse scelto la convivenza senza matrimonio, comunque sarei stato felice di dividere con lei la mia vita futura; optammo per il matrimonio, anche per tacitare i mugugni che venivano dagli innumerevoli parenti e da tutto il paese di origine, per il quale il matrimonio della figlia di uno dei personaggi in vista era un evento; per l’occasione, poiché il matrimonio aveva coinciso con una iniziativa particolarmente felice in cui avevo ottenuto degli appalti di prestigio e di grande guadagno, comprai due appartamenti in centro e li rendemmo comunicanti con un’apposita porta, in maniera che Marina potesse contemporaneamente vivere la dimensione della famiglia di origine e quella della famiglia costruita con me: va da se che la mia sposina fosse particolarmente felice delle attenzioni che le erano riservate.
Anche sul piano dei rapporti personali, e in particolare quelli sessuali, le cose andavano benissimo e ci concedevamo lunghissime e dolcissime, quanto pesanti e faticose, intere giornate di sesso giovane e forte; a mano a mano, si cominciò anche ad accennare ad ipotesi ‘altre’ di sessualità, ma lasciando sempre che tutto si sviluppasse nell’ambito della pura ipotesi più o meno fantasiosa; le volte che, per particolari ricorrenze, ci trovavamo a frequentare coppie di amici di più o meno lunga data, le fantasie, ovviamente, prendevano una certa direzione più precisa e miravano ad obiettivi concreti: in particolare, mi intrigava un casino Eleonora, la moglie di Riccardo, un giovane imprenditore che si stava dando molto da fare; Marina lo sapeva e spesso ci scherzava volentieri; io ribattevo che anche Riccardo le era tutt’altro che indifferente e lei non negava ma cercava sempre di glissare e di spostare il discorso.
La sera cruciale venne quella volta che, in un concorso, io e lui ci eravamo trovati alleati a concorrere per un appalto ed avevamo vinto; inevitabilmente, si decise di cenare da loro, in una casetta leggermente isolata verso la periferia, con giardino e piscina; la serata fu naturalmente spumeggiante, sia per l’euforia che ci dava il successo sia per le bollicine del vino che scorreva abbastanza veloce tra noi; quando ci si rese conto dell’ora avanzata, ci accorgemmo anche che eravamo troppo su di giri ed io avevo bevuto troppo per mettermi alla guida; decidemmo di fermarci per la notte nella camera degli ospiti e di completare la serata bevendo in libertà: sbracati sulle poltrone cominciammo a parlare a ruota libera e il discorso virò quasi immediatamente sulle pratiche sessuali, per le quali scoprimmo che loro avevano le nostre stesse curiosità e qualche desiderio nascosto; quando gli accenni si fecero riferimenti concreti, Eleonora ridendo mi chiese se avrei resistito alle sue avances o se ero così preso da lei da cadere come una pera ai suoi piedi; nel dirlo, si accostò alla mia poltrona, mi si sedette in braccio e appoggiò il suo culetto a mandolino direttamente sul mio pacco: il fratellino reagì d’istinto e si alzò nello spacco tra le natiche.
Si avviò a quel punto la copula più intensa, più ricca e più gustosa che mai avessi provato o che avessi potuto immaginare; Eleonora rapidamente si sistemò sulla poltrona, sopra di me, inginocchiata con le cosce ai miei fianchi e si trovò così a baciarmi con una passione ed una violenza che non mi aspettavo; ne approfittai per aprirle la camicetta, tirare fuori i seni e sganciarle il reggiseno; scese per un attimo dalla sua posizione, si sfilò pantaloni e collant e mi trascinò con se sul tappeto per terra; poco dopo le stavo succhiando alternativamente i capezzoli mentre le mie dita si infilavano in vagina e cercavano i punti erogeni per masturbarla; godette assai rapidamente, e più di una volta; poi mi incitò a penetrarla: ero travolto dalla frenesia con cui faceva succedere le cose senza un attimo di requie e mi abbandonai al suo gioco perverso; aveva deciso che dovevo essere il suo giocattolo sessuale e mi sfilò insieme pantaloni, slip e calzini lasciandomi scoperto dalla cintola in giù; si fiondò sul mio sesso gonfio allo spasimo e se lo fece entrare fin nella parte più interna della gola, rischiando più volte di soffocare.
Quando si fu alquanto placata, si dedicò con calma alla fellatio, dimostrando una grandissima maestria nel succhiare: di tanto in tanto, si girava verso il marito, che stava cercando di penetrare Marina con scarso successo, ed agitava la mia mazza quasi ad indicargli che quella, si, meritava la sua attenzione; vedevo Riccardo abbastanza deluso ed umiliato; ed ancor più mi colpiva l’atteggiamento di Marina che, contrariamente a quanto fantasticato nel privato della nostra alcova, non ci dava dentro come mi sarei aspettato; temevo che i due fossero rimasti delusi, ma si erano lasciati coinvolgere e quindi era tutta loro la responsabilità se non avevano saputo frenare Eleonora e si erano lasciati prendere nel gioco.
Il malanimo però era aperto ed evidente; quando vidi mia moglie rivestirsi e uscire in giardino, capii che la cosa non aveva funzionato e che bisognava interrompere le iniziative; Eleonora sembrava particolarmente decisa a non lasciare a metà l’eccitazione che aveva raggiunto, ma non ci furono versi e dovette lasciarmi rivestire e andare via; Riccardo mi disse poi che subito dopo l’aveva aggredito verbalmente, aveva minacciato di tradirlo con chiunque finché lui l’aveva cacciata di casa: in fondo, mi confessò, era stata la scelta più logica con una ninfomane che non si era rivelata finché non era andata a convivere e che, alla fine, aveva cacciato via senza molti rimpianti: non sapeva che fine avesse fatto, ma lui si era ricostruito una vita con una segretaria di fiducia.
A noi andò anche peggio; la deludente conclusione dell’esperienza aveva fatto sfumare tutti i fumi dell’alcool e decidemmo di tornare a casa; Marina mise il muso e non mi rivolse parola fino all’arrivo; tentò di spedirmi nella camera degli ospiti; la sbattei con violenza contro il muro e, per la prima volta in vita mia, le urlai che quella era casa mia e che se qualcuno se ne andava nella camera degli ospiti, quello non ero certo io; prese la sua camicia da notte e se ne andò: non sarebbe mai più tornata con me; la mattina seguente Elena, sua madre, che era venuta come sempre a prendere il caffè con noi, lesse la situazione e mi limitai ad avvertirla che i capricci della loro figliola viziata mi avevano esasperato; se non si fosse calmata, la cacciavo via senza pietà; chiese conto a Marina e lei si limitò a rispondere che io avevo sempre dettato le leggi; da quel momento le leggi le dettava lei e se non mi stava bene, me ne andassi pure; la madre le fece pazientemente osservare che, nel caso, erano loro che dovevano lasciare le mie proprietà; lei concluse che le stava bene.
Un mesetto dopo, Nicola, il mio uomo di fiducia, mi portò delle foto che dimostravano chiaramente che Marina aveva rapporti sessuali con un giovane a me sconosciuto; all’ora di pranzo, li trovai tutti e tre a tavola ed esibii le foto.
“E allora? Ti avevo avvertito; le regole adesso le faccio io e la prima è che faccio quello che voglio; hai le corna e te le tieni.”
“Elena, Renato; io passerò fuori sede tutta la prossima settimana per controlli fuori regione: non sarebbe necessario, ma voglio che abbiate il tempo per fare il vostro trasloco senza darmi fastidio; quando torno, non dovete più essere qui.”
“Che succede del grande progetto che avevamo previsto?”
“Lo porto avanti, ma la tua ditta non è più tra quelle vicine ai miei interessi; ho rastrellato tutti i tuoi debiti; dalla prossima settimana o dichiari fallimento e metti sul lastrico gli operai oppure ti fai da parte, rinunci alla direzione ed io subentro a tutti gli effetti.”
“Enzo, ma questo vuol dire che ci butti sul lastrico!”
“Elena, mi dispiace, sono le norme che detta tua figlia a buttarvi sul lastrico. Comunque, tu puoi anche trovarti un lavoro visto che tanti anni hai vissuto di rendita … “
“Tu daresti un lavoro ad una come me, di cinquant’anni, senza una qualifica, senza referenze, senza un curriculum?”
“No, ma tua figlia che detta legge può fare anche questo!”
Marina mastica amaro.
“Allora!?!? Ce ne andiamo?”
“Dove, Marina?”
“A casa di nonna!”
“Come quando andiamo a fare visita e loro si stringono per darci una camera per tutti e tre?”
“E poi troveremo una soluzione.”
“Hai un amante con tante possibilità da dare lavoro a tuo padre, a me e a te?”
“Io non ho nessun amante! Mi sono ribellata al suo strapotere e gli ho fatto le corna; se mi amasse veramente, avrebbe la forza di perdonare e dimenticare … “
“Già … e ti darebbe il diritto di fargli le corna ogni volta che ti gira e dovrebbe perdonarti ogni volta per amore?”
“Se mi ama, si; se non mi ama, peggio per lui! Mi perderà.”
“Hai visto come piange all’idea di perderti!?!?!? Sei una povera imbecille, capricciosa, viziata e pericolosa; con una sola levata di testa hai distrutto due famiglie e la vita di tutti noi!”
“Uffa! Se non ti va, me ne vado da sola, da nonna.”
“Prima avvertila che hai fatto le corna a tuo marito … “
“No, questo non devi dirglielo neanche tu … “
“La regina ha ancora altri ordini?”
“No, mamma, per favore, cerca di capire, lui mi opprime col suo potere, coi suoi soldi, con la sua arroganza; io mi sono permessa un solo sbaglio; lui mi deve perdonare … “
“E se non lo fa?”
“Non lo so … “
Chiusi in cassaforte tutti i preziosi in giro per casa, mi feci dare da Marina anche i gioielli che indossava, le ritirai le carte di credito e le chiavi dell’auto e della casa.
“Devi uscire da quella porta come ci sei entrata, solo con gli abiti che indossi; il resto è mia proprietà, è in mio potere, in quel potere che dici di voler combattere e che ti costringerà a venire in ginocchio a chiedere pietà!”
“Questo te lo sogni solo tu!”
Mi ribatté sbattendo sul tavolo i gioielli e le chiavi; sua madre stava piangendo e suo padre stava evidentemente male; li lasciai senza altro aggiungere e andai via; non tornai a dormire a casa e dall’albergo partii per il mio giro di ricognizione delle fabbriche; tornai dopo una settimana; l’appartamento che occupavano i genitori era vuoto e il mio lo era ancora più tristemente e mortalmente; chiamai Rachele, una mia segretaria, e la invitai a cena; venne senza esitare e quella notte si fermò da me non solo per dormire, anche se un poco mi ripugnava l’idea di fare l’amore con lei, come una rivendicazione per le corna che mi avevano distrutto.
Ma ormai ero chiaramente esasperato dall’atteggiamento della mia ex moglie e decisi che valeva la pena, come avevo saputo da Riccardo, che mi dedicassi un poco a me stesso, cercassi di capire che cosa offriva il territorio e, alla fine, anche se con una delle segretarie, stabilissi quanto meno una relazione di pura passione, anche se l’amore era ormai merce introvabile, per me; la serata con Rachele si svolse appunto all’insegna di una grande disponibilità reciproca: la portai a cena in un lussuoso ristorante sul mare, che si raggiungeva facilmente con una superstrada, e ci trovammo quasi involontariamente a goderci la serata passeggiando sulla battigia come se fossimo davvero una coppia di innamorati in attesa di accoppiarsi con tutto l’amore del mondo; la baciai con molta tenerezza e con molta convinzione; sentii che rispondeva con una enorme passione e non con la freddezza di chi mette tanta tecnica per piacere, ma con il calore di chi partecipa umanamente all’evento; non riuscii quasi ad articolare parola e lasciai che fosse lei e fare chiarezza.
“Enzo, non ti chiedo di amarmi; lo so che sei troppo coinvolto con tua moglie, anche se si deve considerarla ormai una ex; però se ti pesa troppo l’idea di tradirla, se devi soffrire anziché rilassarti e stare bene con me, allora riportami a casa e restiamo col meraviglioso ricordo di questa cena, di questo ambiente, di questa sera straordinaria.”
“Rachele, ma tu cosa provi per me?”
“Io direi trasporto, passione, tanta voglia di sentirmi parte di te, di sentirti dentro di me. Non è amore, se è questo che ti preoccupa; quello lo riservo solo al mio fidanzato: lui sa che faccio volentieri sesso, sa che stasera sono con te e che forse faremo anche sesso, benché io continui a sperare che sia amore e non solo sesso; ma intanto, il mio amore, quello spirituale, etereo, è tutto per lui; a te riservo quello che basta a fare l’amore e a stare bene. Non so se è chiaro.”
“E’ chiarissimo; a queste condizioni, non faccio torto a nessuno, e soprattutto a me stesso, se dico che in questo momento ti amo veramente; domani mattina sarò il principale, ma in questo momento sono un uomo innamorato che vuole perdersi in te. Andiamo a fare l’amore? Non sesso, ragazza: AMORE tutto maiuscolo!”
Andammo a casa mia e, appena entrati, Rachele mi avvinse in un abbraccio straordinario che mi lasciò senza respiro; mentre lei infilava una mano tra di noi per prendere il sesso che si ingrossava nel pantalone, io la baciavo su tutto il viso, come amavo fare con mia moglie; capì tutto e mi sussurrò.
“Baciami le orecchie e infilaci la lingua, mi fai morire se mi succhi i lobi e mi lecchi tutto l’interno.”
Capii che stavo ancora sbagliando e mi dedicai alle sue orecchie: le percorsi tutte quante con la lingua, mentre le sussurravo stupide dolcezze come ‘sei bellissima’ ‘amore mio’ ‘quanto ti desidero’ e simili; eppure, sentivo che ogni stupidaggine che entrava in quelle orecchie era uno stimolo che si aggiungeva al desiderio e il ventre immediatamente ne teneva conto, schiacciandosi contro il mio e strusciando l’osso pelvico fino a farsi e a farmi male; la spogliai molto più rapidamente di quanto avrei desiderato e mi trovai di fronte ad un corpo meravigliosamente giovane e caldo; infilai le dita nella vulva e presi a titillare il clitoride, cominciò a gemere dolcemente e a farsi sempre più languida mentre la sua vagina secerneva umori che si scaricavano a rivoli sulla mia mano che le aveva artigliato la vulva.
Sembrò riscuotersi e aprì la patta, inserì una mano e cercò di tirare fuori la mia bestia; ma dovette staccarsi un poco, aprire tutto il pantalone e solo alla fine riuscì a far emergere l’asta in tutta la sua lunghezza.
“Dio, ma è un mostro; rischi di farmi male.”
“Vuoi che rinuncio?”
“No, ti voglio dentro; adesso ti voglio dentro, non dappertutto perché dietro mi faresti male; ma ti voglio sentire nel mio ventre; adesso io ti amo e ti voglio.”
“E’ vero, anch’io adesso ti amo e ti voglio!”
La spinsi verso il letto e la feci sdraiare supina; montai anch’io sul materasso e, mentre lo facevo, mi liberavo di pantaloni, slip e calzini; quando fui sistemato fra le sue cosce, accostai la cappella alla vagina e spinsi: sentivo il canale vaginale aprirsi come se fosse vergine e per la prima volta un membro ingombrasse lo spazio; lei gemeva dolcemente, emetteva suoni insensati che però riconobbi spesso come parole d’amore frenate ed io stesso cominciai a sussurrarle ‘ti amo’ come invasato; quando la mazza fu tutta dentro di lei e la punta andò ad urtare dolorosamente la cervice, mi fermai un attimo e la baciai dolcemente sulle labbra, mi sollevai un poco e guardandola negli occhi, le dissi.
“Rachele, è con te che sto facendo l’amore, nessun surrogato, nessun transfert, nessuna diavoleria, ti sto amando come meriti e spero che sia abbastanza per una ragazza meravigliosa come te.”
“Enzo, lo so che stai facendo l’amore con me; lo sento dal tuo membro che mi occupa il ventre e mi dà dolcezza; sento anche che da molto tempo non fai l’amore. Non avere esitazioni; quando vuoi, vienimi dentro: sono protetta; ma tu scaricami dentro il corpo tutta la tua passione, anche tutta la tua rabbia, se vuoi, ma fammi godere all’infinito.”
Mi bastarono pochi colpi di cavalcata, per sentire l’orgasmo montarmi su dai testicoli; l’avvertii, lei urlo il suo orgasmo conclusivo ed io le scaricai dentro mesi di tensione, di attesa, di voglia, di amore; sentii di amarla, profondamente, in quel momento, e mi chiesi perché non prendevo in esame l’ipotesi di prenderla a vivere con me; mi ricordai a quel punto del suo fidanzato, della mia passione incessante per Marina e capii che quel momento era meraviglioso proprio per la sua caducità; glielo dissi e lei mi rispose con la calma che già avevo ammirato.
“Enzo, mentre mi cavalcavi, io pensavo esattamene che era il momento migliore per morire, quello in cui si realizzava un sogno antico, fare l’amore con un uomo straordinario, che ammiro oltre ogni limite, ma col quale non vivrei per non dover portare con lui il peso delle responsabilità; ed ho capito anche che non devo affatto morire per portarmi dentro il ricordo, la sensazione, la vivezza di questo momento di amore immenso, sconfinato, che è già passato e per questo è bello. Sei già stanco o pensi ad una notte lunga?”
“La donna con la quale ho fatto di più l’amore ti potrebbe testimoniare che mi piace farlo anche per giorni interi; noi domani dobbiamo essere al lavoro in perfetta forma: facciamo tutto l’amore che vuoi, tutto quello che senti di voler fare; poi riposeremo anche un poco e, se necessario, domani te ne vai in licenza per un giorno.”
Resistemmo fin verso le tre: Rachele si fece prendere in ogni dove: contrariamente a quanto temuto, mi diede anche il lato B e ne fu felice; si fece possedere in vagina almeno cinque volte, sempre godendo come una pazza con orgasmi violenti; mi succhiò fino a strapparmi l’anima dal sesso; percorse con me tutto il kamasutra vulgato; poi cademmo addormentati.
Dopo quella serata straordinaria di amore e di sesso, passarono un paio di mesi, nel corso dei quali seppi che Renato era stato molto male, dopo la scenata che c’era stata in casa; che qualcosa di brutto aveva caratterizzato un’uscita notturna di Marina, al punto che Elena l’aveva cacciata di casa e che la mia ormai ex moglie (la pratica per la separazione era stata già impostata ed avviata) era finita non si sapeva dove; Rachele fu molto discreta e non disse una parola sui vari temi che emergevano dai dialoghi con Nicola, soprattutto; le chiesi scusa per come erano andate le cose la famosa sera; si limitò a dirmi di chiamarla se avessi avuto bisogno; assolutamente inaspettata arrivò Elena in compagnia di Marina; le lasciai rosolare un bel poco in anticamera, anche per sbollire la prepotente rabbia che mi procurava la vista della mia ex moglie; poi mi decisi a farle entrare; parlò Elena, come era giusto e logico.
“Enzo, bada che Marina è incinta e dice che avevate fatto sesso non protetto pochi giorni prima della fine del vostro matrimonio.”
“Se lo dice Marina l’onnipotente, allora è vero; io, per la verità, non mi ricordo di aver fatto sesso con lei da almeno un anno; però se lei è sicura che quello che aspetta è mio figlio, l’esame del DNA ce lo confermerà e io non mi tirerò indietro.”
“Io non sono certissima che sia tuo figlio; so che abbiamo fatto sesso poche sere prima che tu andassi via; ma poiché sono successe altre cose, non sono certa che sia tu il padre naturale. Comunque, io ancora una volta esigo un gesto d’amore: se veramente mi ami, questo figlio deve essere nostro anche se lo spermatozoo non è tuo; non è uno spermatozoo che cambia la vita delle persone.”
“Elena, fammi il favore di portarti via questa arrogante sottospecie di donna; io sto cercando di non dare in escandescenze; ma vi avverto che, se non la smette con queste arie da santona onnisciente, da arbitra del mondo, ve ne faccio pentire così amaramente che pregherete di morire per non soffrire più. Senta, signora ex moglie: io non l’amo più, ho smesso da tempo di amarla; non sono tenuto a dare prova di un sentimento che non provo più. Le vada a chiedere ai suoi amanti, le prove d’amore.”
“Marina, ti ordino di andare fuori e di aspettarmi al bar in piazza; devo parlare con Enzo, da sola, e tu devi andartene: chiaro?”
“Va bene, visto che non mi ami non ti deve interessare se abortisco. Addio!”
Uscì a cresta ritta, con aria offesa e con molto sussiego; notai tra il personale sorrisetti divertiti; Elena si sedette sulla poltrona più vicina, quasi per entrare in maggiore confidenza; prima che avesse tempo di cominciare a parlare le chiesi.
“Che cos’è questa storia delle altre cose successe e che metterebbero in dubbio la paternità del bambino?”
“Non sei stato informato di niente?”
“Senti, non giocare ai quesiti. Cosa è successo?”
“La sera che sei partito per quel giro, Marina andò in discoteca per esprimere la sua presunta libertà; lì incontrò dei ragazzi: lei dice che l’hanno drogata e violentata; io temo che li abbia provocati e ci abbia fatto sesso nei bagni della discoteca; sta di fatto che la riportarono a casa molto malridotta e ricoperta di sperma dai piedi fin sui capelli; lei crede che, se non è rimasta incinta di te, lo è stata per quella che indica come una violenza di cui non si sente colpevole.”
“E pretenderebbe anche che io non solo le credessi, non solo le perdonassi e dimenticassi, per amore dice lei, le porcherie che ha fatto per scelte improvvide e cretine, ma che addirittura accettassi di accogliere come mio un bastardino frutto del suo ignobile libertinaggio?”
“Senti, ex genero, io ho già cacciato via mia figlia perché non ne accetto i modi ignobili; però mi pare che anche tu non scherzi in quanto ad emotività. Non credi di aver commesso un errore buttando il bambino con l’acqua sporca?”
“Perché dici questo?”
“Trovi giusto aver umiliato Renato ed aver cacciato me dalla tua vita solo per la stupidità di nostra figlia? Fin dove vuole arrivare la tua vendetta?”
“Elena, ma di che vendetta vai cianciando? Io credo di aver fatto scelte coerenti … “
“Hai parlato con Nicola della fabbrica che era di Renato? Hai saputo come va, senza la sua direzione?”
“Aspetta: di che diamine parli e dove vuoi arrivare?”
Intanto chiamai per telefono Nicola e gli chiesi di parlarmi della fabbrica che fu di mio suocero; mi disse che sarebbe venuto dopo a parlare del rendimento generale delle nostre aziende ma confermò che quella fabbrica in particolare non andava bene e che, parlando con l’ex proprietario, si era reso conto che, guidata da lui con un progetto preciso, avrebbe migliorato esponenzialmente la redditività; mi suggeriva, praticamente, di rimetterlo in sella se volevo evitare il tracollo.
“La situazione è quella che dici tu; come mai ti occupi di queste cose?”
“Enzo, devo parlarti a lungo e con calma di cose molto delicate; non vorrei farlo nel tuo ufficio; possiamo vederci a casa tua, come se tornassimo indietro di qualche mese?”
“Io non sono in grado di prepararti una cena e non so neppure se c’è abbastanza per farlo … “
“Io ho ancora le chiavi di casa tua. Se mi autorizzi ad entrare, preparo io come posso.”
“Chi saremmo?”
“Io, tu e Renato.”
“Questa è una carta di credito della società. Compra quel che vuoi. Io alle sette chiudo l’ufficio e vengo a casa. Stasera ceno con gli ex suoceri?”
“Hai paura di una cena a sorpresa?”
“Una di quelle sorprese che mi ha fatto tua figlia?”
“Non posso dirti: se non sarà di tuo gradimento, lo dirai subito e andrà a monte; se ti piacerà, credo che sarai costretto a leccarti le dita … “
“Compra il tiramisù, per dolce … “
“Hai un buon cognac?”
“Pensi di sedurmi?”
“Ci stai andando vicino … “
(continua)
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