Quando da bambina lo vedevo passare per le strade della mia città, mi fermavo spesso a guardarlo perché il suo stile mi faceva impazzire: capelli lunghi, maglia di qualche band e pantaloni di pelle. Poi per tanti anni non l’ho più visto ma molto probabilmente perché usciva con i suoi amici in qualche città vicina, non frequentavamo gli stessi posti e perché si era trasferito per qualche anno per frequentare l’università. Ma ultimamente abbiamo iniziato a parlare, dopo esserci visti in un pub una sera ed essere rimasti in contatto.

Un pomeriggio mi scrisse perché aveva organizzato una festa a casa sua. Fu un’occasione per conoscere meglio i suoi amici e le sue amiche. A fine serata mi misi in terrazza, seduta su un pouf a fumare mentre guardavo il cielo e cercavo di intravedere qualche stella invano. Troppa luce veniva dai palazzi vicini. Gli altri erano andati tutti via ed eravamo rimasti solo noi due. Durante la festa mi aveva chiesto se volessi rimanere a dormire lì, dato che sarei dovuta tornare a casa a piedi e lui aveva bevuto e non poteva guidare, dato che lì vicino facevano sempre controlli. E me lo aveva chiesto tra una risata e l’altra. Mi spiazzò. E accettai.

Lo sentivo in cucina che toglieva qualche ciotola di patatine e la metteva nell’acquaio, così, per dare l’idea di fare qualcosa e riordinare ma dopo una festa è sempre scontato che si rimandi le faccende al giorno dopo. Infatti poco dopo venne fuori a sedersi sull’altro pouf vicino a me. Mi chiese l’accendino e si accese una sigaretta, mentre aveva lo sguardo perso all’orizzonte. Chissà se anche lui stava cercando di intravedere qualche stella. Fece uscire dalla bocca una nuvola di fumo, che si disperse nell’aria, e si girò verso di me per ridarmi l’accendino. Lo misi in tasca.
“Ti sei divertita?” Mi chiese mentre si portava nuovamente la sigaretta alla bocca.
Annuii. “I tuoi amici sono divertenti, soprattutto Sa... quella che aveva il cappellino verde e il piercing al sopracciglio, Sara? Sa...”
“...mantha!”Mi suggerì.
“Samatha! Vero! È troppo simpatica, spero di incontrarla di nuovo perché è troppo divertente e mi farebbe piacere uscire di nuovo con lei e i suoi amici. Non avevo mai passato una serata con tutte queste persone così affiatate, nessuno che si lamenta di qualcun altro del gruppo”
“È vero” Con un gesto veloce buttò la cenere oltre il terrazzo. “Ormai possiamo dire che siamo cresciuti insieme”
“Non te l’ho mai chiesto ma quanti anni hai?”
“Quanti me ne dai?”
“Dai non voglio fare questi giochi stupidi, la gente si sofferma troppo sull’età”
“Beh” sorrise “tu hai appena voluto sapere la mia”
Ops. Mi portai la sigaretta alla bocca, sconfitta.
“È vero” Risi con lui. “Il punto è che non voglio intimare che ne dimostri di più o di meno, voglio solo saperlo, niente di più. Come se ti avessi chiesto qual è il tuo colore preferito.”
“Trentadue”
Mi uscì un ‘ah’ asciutto, all’improvviso.
“C’è qualcosa che non va?” Spense la sigaretta poco prima di arrivare alla fine.
Feci di no con la testa e guardai la mia: l’avevo accesa prima di lui e infatti era da buttare già da un po’. Ormai la tenevo tra le dita come una sorta di appiglio: finirla significava buttarla, che voleva dire accorciare i tempi per alzarsi e andarsene dal terrazzo. Non volevo assolutamente.
“Solo che dieci anni sono tanti, eppure non mi sembra di avere tutta questa differenza di età. Ci piacciono le stesse cose, parliamo senza problemi di quello che ci capita e non sembra ci sia un mare tra di noi”
“Forse stai già invecchiando pure tu”
Ridemmo. Ci fu silenzio per un paio di minuti.

“Ti va di rientrare?”
Feci cenno di sì, mi alzai dal pouf e lo seguii dentro. Mi girai per chiudere la portafinestra e, quando mi girai di nuovo, lui era lì davanti a me che mi fissava. Il suo sguardo era profondissimo e mi congelò per un instante.
“Ti do la roba per dormire e per lavarti” mi disse.

Dopo avermi fatto vedere dove teneva tutto ciò che poteva servirmi in bagno e avermi dato gli asciugamani se ne andò in camera sua, augurandomi la buona notte. Finii di lavarmi e struccarmi, mi fissai allo specchio mentre mi spazzolavo i capelli. Ero stanca ma non volevo andare subito a letto, avrei preferito rimanere in sua compagnia a parlare del più e del meno e godermi ogni instante.
Spensi la luce del bagno e andai in camera, mi misi nel letto e presi il telefono e le cuffie. Non avevo sonno e non volevo svegliarlo, quindi continuai a guardare la serie tv che avevo iniziato. Mentre seguivo la puntata mi venne in mente una cosa e aprii whatsapp, senza pensarci, per mandare un messaggio ad una mia amica. Sapevo di poter andare sul sicuro e di non svegliarla, perché nemmeno 20 chiamate nel bel mezzo nella notte lo avrebbero fatto, figuriamoci una sola notifica. Stavo per uscire dall’app quando mi arrivò la sua notifica:

Giacomo - non riesci a dormire?

Sorrisi. Iniziai a scrivere e inviai.
“Che fai mi spii?”
Vidi che stava digitando. Mi tolsi le cuffie per vedere se riuscivo a captare qualche suono dalla sua stanza.
“No ahahah ti ho visto online, anche io non riesco a dormire. Te come mai? Materasso scomodo? Letto nuovo?”
“Niente di tutto questo”
Inviai. Fissavo la sua scritta online. Volevo scrivergli di più, ma non sapevo come farlo. Abbozzai due frasi e cancellai, provai di nuovo, cancellai. Scrissi di nuovo, chiusi gli occhi e inviai senza guardare, mordendomi il labbro dalla tensione:
“Non so come dirti che vorrei dormire con te”
Online. Online. Online. Offline.

Posai le cuffie sul comodino accanto a me e spensi il telefono. Rimasi per circa cinque minuti a guardare il soffitto. Mi sentivo una scema ad avergli scritto in quel modo. Cosa mi aspettavo? Ormai nella mia mente c’era un susseguirsi di eventi tragici come lo screen di quella chat mandato ai suoi amici per farsi una risata, lui che sdegnato posava il telefono sul comodino e tornava a dormire...

Poi la porta di camera mia si aprì piano e lo vidi la sua figura entrare piano piano.
“Beh, sono stato tipo cinque minuti a pensare se venire da te o no… non perché non volessi ma perché non sapevo cosa fare”
Si avvicinò al letto e mise il ginocchio sopra il materasso, continuando a dire: “E così mi vuoi con te, eh?”. Fece scorrere la gamba sotto la coperta e poi fece lo stesso con l’altra. Era nel letto con me.

“Sì, sai letto diverso, camera diversa... è difficile prendere sonno” dissi ridendo nel buio. Chi volevo prendere in giro? La mia maschera ormai era caduta dopo quel messaggio. Lui rise e mi disse che allora mi avrebbe illustrato lui la camera. Accarezzò il letto e mi sussurrò “Questo è il letto”, poi si tirò più su la coperta “Questa è la coperta, e poi ci sono i cuscini”. Sentii la sua mano scorrere sul mio cuscino, accanto ai miei capelli. Ad ogni oggetto che diceva sorridevamo sempre di più come bambini persi nel loro gioco segreto.

“Poi questa sei tu, ma lo sai già” e la sua mano partì dalla mia spalla e mi accarezzò il corpo fino al fianco. Il suo tocco mi aveva scatenato dei brividi sulla mia pelle. “E questo sono io... però devi toccarmi sennò non vale”. Gli toccai il petto e con la mano scesi fino all’ombelico. Di colpo mi prese per i fianchi e mi avvicinò a lui e mi baciò. Un bacio desiderato da circa 20 anni. Mi strinsi a lui. Quando smise di baciarmi, cercammo i nostri occhi nell’oscurità, schiarita solo un po’ dalla luce della luna che entrava dalla finestra aperta. Poi tornammo subito a baciarci.

Mi avvicinai a lui, volevo sentire la sua erezione. Lui si avvinghiò a me con le gambe, facendomi aderire al suo corpo ancora di più. Si stava indurendo. Ormai quel bacio non era più casto come all’inizio, adesso sembravamo due adolescenti vogliosi. Mi iniziò a baciare le guance e si fermò al collo, mi leccò dietro le orecchie, mi succhiò i lobi, li morse, mi leccò di nuovo il collo e portò la lingua fino al mio petto. A stento riuscivo a trattenere qualche gemito. Mi abbassò una coppa del reggiseno e iniziò a succhiare avidamente la mia tetta, mordendomi il capezzolo ogni tanto, con l’altra mano, invece, stuzzicava l’altro capezzolo con movimenti veloci. Quando smise, tirò su nuovamente la coppa e cercò nuovamente la mia bocca.

Strinsi con forza il laccio delle sue mutande e lo tirai verso di me. Volevo di più. Ne avevo bisogno, ero bagnatissima. Lui non aspettò altro, mise l’indice e il medio sulle mie labbra, coperte dalle mutande, e iniziò a muovere le dita. Inzuppai le mutande, mentre mugolavo di piacere. Lui era accanto a me, sentivo il suo respiro sulla mia guancia, l’erezione spingermi sulla gamba. Solo la sua mano era laggiù, in esplorazione. L’unica cosa che riuscii a dire fu un supplicante “ti prego”. Colse subito il significato di queste due parole, si spostò e mi tolse le mutande, molto lentamente, e il fresco delle coperte incontrò subito il calore degli umori della mia figa. Infilò prima la punta del pollice dentro, spingendo verso il basso, come per assicurarsi l’entrata, poi di colpo tre dita: indice, medio e anulare. Si muoveva con vigore dentro di me, bagnandosi la mano. Poi tolse velocemente la coperta sopra di noi e si posizionò tra le mie gambe.

“Non devi farlo solo perché lo voglio io” gli dissi in un soffio, sperando che non si fermasse.
“Non ti ho tolto gli occhi di dosso per tutta la sera, sono mesi che desideravo ricevere un messaggio del genere da te” mi rispose, appoggiando forte alla mia figa fradicia la sua erezione ancora nascosta dalle mutande. Poi le tirò giù e pompò la sua mano su e giù come per farsi una sega.
“Allora perché ci hai pensato prima di venire qui?”. Intanto sentivo la punta del suo cazzo muoversi tra le labbra della mia figa.
“Non sapevo se era una cosa giusta… per quel discorso dell’età e poi...” stavo per interromperlo, la nostra differenza di età e quella conversazione avuta poco prima in terrazza non volevano dire niente, glielo avevo già spiegato.
“Beh, poi non volevo rovinare il rapporto che abbiamo. Da quando ci siamo messi a parlare in quel pub” continuò lui mentre mise la punta del pene all’entrata del mio buco fradicio “il mio desiderio di scopare con te non faceva che crescere ogni giorno di più, però mi affezionavo a te anche come amica e non volevo perdere quel rapporto, ma non sai quante seghe mi sono fatto quando tornavo a casa, dopo essere stato fuori con te. Ora sono felice perché non ne ho bisogno”. Appena finì la frase infilò tutto il suo cazzo dentro di me. Piano. Facendomelo assaporare tutto.

Mugolai di piacere inarcando leggermente la schiena. Lui, rimanendo dentro di me, si avvicinò sopra al mio viso “E sai mantenere un segreto?” mi chiese uscendo e spingendo veloce e con forza il suo cazzo dentro di me una volta. Feci di sì con la testa. Pompò di nuovo, spingendolo tutto all’interno. “Anche prima, durante la festa, sono andato in bagno a farmi una sega pensando a te. Pensando a noi due, a scopare di nascosto mentre tutti ridono e si divertono nelle altre stanze. Ho pensato a te che urlavi di piacere mentre ti scopavo veloce in piedi, tanto con la musica alta nessuno ci avrebbe sentito.” E ancora una volta lo infilò tutto dentro di colpo. “Che ne pensi?”. Un altro colpo di cazzo. “Ti piace come idea?” Ancora un altro.

“Mm-mm” fu l’unica cosa che riuscii a dire.
“Non ho capito”. Uscì e spinse il suo membro durissimo nella mia figa, rimanendo dentro e muovendolo leggermente.
“Sììì” mugolai vogliosa.
“Sì, cosa?”
“Sììì” pensai a cosa aggiungere, ma era difficile rimanere concentrata mente sentivo il suo pene bagnato dai miei umori “sì, per favore, facciamolo alla prossima festa... voglio che... oddio, voglio che mi scopi di nascosto, ti prego”
“Ottimo”
Iniziò a scoparmi con foga, mentre mi baciava: le nostre lingue si muovevano in una danza vorticosa. Mi avvinghiai a lui con le gambe per sentirlo tutto dentro di me. I suoi capelli lunghi mi solleticavano il volto.
Lo sentivo godere e godevamo insieme. Rimanemmo in quella posizione per un po’, poi mi girò di colpo e mi ritrovai sopra di lui. Mi muovevo piano avanti e indietro, decidevo io la velocità e volevo assaporarmelo in tutta la sua lunghezza. Lui, sdraiato sotto di me, si alzò leggermente un po’, aiutandosi con i gomiti e mi succhiò i capezzoli. Prima uno, poi l’altro, poi tornava a quello di prima e stuzzicava l’altro con il pollice e l’indice. Mi schiacciò insieme le tette e si portò alla bocca entrambi i miei capezzoli, succhiando forte e facendomi urlare di piacere. Muovevo su e giù il mio culo sul suo cazzo e ogni tanto mi teneva per i fianchi e spingeva il mio corpo verso il basso, per farmi stare di più dentro, in modo da potermelo muovere mentre era dentro di me. Tornò di nuovo a succhiarmi le tette ma nel frattempo stavolta mi stuzzicava il clitoride. Sentivo le mie gambe cedere e diventare pappa: ero tutta un brivido.

“Non credo di poter resistere ancora per molto” ammisi. Lui mi prese per i fianchi e mi mise accanto a lui, poi tornò sopra di me, mi alzò le gambe e le posizionò sopra le sue spalle. Entro nuovamente in me, andando velocissimo e torturandomi il clitoride.
“Posso venirti dentro?” Mi chiese. Gli dissi di sì e continuò a scoparmi. Mi stringeva forte per i fianchi. “Dimmi quando ci sei quasi...” avvicinò il suo volto al mio, gli sussurrai che stavo per venire e mi baciò. Il caldo mi accolse, urlai e lo sentii venire dentro di me.
Giacomo si accasciò accanto a me. Per una manciata di minuti in quella stanza ci fu solamente il suono dei nostri respiri profondi. Mi girai verso di lui e notai, nonostante il buio, che mi guardava. Scoppiammo a ridere.
“Cambierà qualcosa?”
“Non lo so”
“Vuoi che cambi?”
Gli risposi di no. “Teniamolo come un nostro segreto. Non sappiamo nemmeno noi cosa fare...”
“...e mi hai detto più volte che non sei pronta ad una nuova relazione, lasciamo le cose così”
“Esatto”
“Promesso?”
“Promesso”
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Categorie: Etero Sentimentali