Ci sono degli ‘incidenti di percorso’ che a volte si rivelano assai più interessanti degli eventi lineari: succede soprattutto quanto un’interferenza imprevista ed occasionale porta alla luce qualcosa che si cercava di tenere nascosto o per lo meno sotto il tappeto e che invece, per un serie di coincidenze, esplode in piena evidenza; è quello che è capitato a Cristina, la mia compagna ‘storica’ (nel senso che da quasi trent’anni conviviamo, tra alti e bassi, fratture al limite e riappacificazioni forzate), che si è trovata con un altarino scoperto nella maniera meno credibile del mondo.
Da molti giorni ha grossi problemi intestinali e, in sostanza, non riesce ad evacuare in maniera soddisfacente; alla fine, si è determinata a ricorrere ad una pera, non potendo ipotizzare un clistere che lei non sapeva praticare e di cui io, l’unica altra persona presente in casa, non avevo neppure una vaga informazione; ha deciso quindi di ricorrere ad una pera per lavaggi intestinali di notevoli dimensioni (più di mezzo litro di liquido) con un beccuccio sottile e lungo o, in alternativa, essendo l’oggetto destinato a varie funzioni, con un irrigatore per doccia vaginale di una quindicina di centimetri, per due di diametro, in pratica un fallo da infilare nel retto per scaricare liquido pulente.
Mi chiede di assisterla nell’operazione e non me la sento, né posso impunemente, negarle il mio aiuto; ricorriamo allora ad un gel lubrificante vaginale di cui si è già servita per ovviare a problemi naturali di secchezza, carico il contenitore, applico l’irrigatore, ungo col lubrificante sia l’ano che il beccuccio e cerco di infilarlo il più delicatamente possibile nel canale rettale: non ho bisogno di fare nemmeno pressione, perché l’irrigatore vaginale è letteralmente risucchiato nel suo intestino con una facilità che mi sbalordisce: le volte che avevamo praticato sesso anale, aveva fatto un sacco di resistenze perché diceva che la mia mazza le faceva male; stavolta invece è più il timore per il liquido che entra nell’intestino di quello del tubo dell’irrigatore che forza lo sfintere, anzi non lo forza ma si fa risucchiare direttamente.
Sul momento, poiché l’interesse primario è alla soluzione del problema igienico - sanitario, non ci facciamo quasi caso; ma il tarlo comincia subito dopo ad agire e a bucare il cervello: sesso anale con me non ne ha fatto negli ultimi quindici anni ed ogni volta è stato problematico; di più, abbiamo fissato a chiare lettere che, se si fosse presentata l’occasione di una copula “trasversale”, niente impediva di godersela, ma con la pregiudiziale categorica di avvertire l’altro/a e, potendo, di renderlo/a partecipe; invece io non ho avuto notizie da Cristina di copule di alcun genere, meno che mai anali; eppure, il suo sfintere è decisamente allentato, non certo spontaneamente, e suggerisce immediatamente che lei si è lasciata andare a pratiche sessuali anali e con falli di notevole dimensione, vista la spanatura del condotto.
Le chiedo conto della cosa e appare immediatamente in difficoltà, in parte evidentemente per la scabrosità dell’argomento: sta ancora cercando di pulirsi dalle scorie del lavaggio intestinale e non è certo contenta di aver dovuto ricorrere a quella pratica; in parte, anche maggiore, perché si rende conto di avermi consentito di scoprire, chiedendomi di aiutarla nel lavaggio intestinale, che ha avuto esperienze sessuali fuori della coppia, a mia insaputa (corna, per dirla volgarmente) ed infine ma forse soprattutto perché ha calpestato quel principio di lealtà reciproca che avevamo dichiarato di voler mettere a fondamento del nostro rapporto; non è neanche necessario spiegarle che tutto può essere perdonato e dimenticato, ma che lo sfregio alla lealtà reclama vendetta.
Poiché mi conosce ormai da più di trent’anni, Cristina sa che certi argomenti mi stimolano piuttosto che deprimermi e parte decisamente all’attacco, intenzionata a trasformare una difesa strenua e impossibile in un dialogo sensuale e forse erotico tra noi due; parte dicendo che ha volutamente ignorato l’accordo che avevamo fatto, perché trova umiliante fissare per norme una scelta che deve essere frutto di una libera volontà; definito con chiarezza che le mie condizioni di salute generale non mi consentono più grandi entusiasmi sessuali, ha lucidamente e serenamente deciso di vivere la sua sessualità senza farsi condizionare dal mio stato di salute, cosa che le ho suggerito io stesso e che le ripeto quando mi rendo conto che la sua vivacità sessuale è soffocata dal fatto che il mio rendimento è ormai ridotto al lumicino; che trova giusto vivere le sue esperienze senza sentirsi obbligata a raccontarmele preventivamente; se accettassi di parlarne ‘dopo’ la cosa sarebbe più intrigante; parlarne prima è come chiederle di avvisare prima di mettere le dita nella marmellata per rubarla; se proprio ci tenevo, poteva raccontare tutto, con dovizia di particolari e con amore, ma che smettessi di volerle organizzare anche gli orgasmi.
Probabilmente il mio viso trasmette emozioni forti di pentimento, di vergogna, ma anche di desiderio e di eccitazione; ed il fratellino lì sotto registra movimenti non proprio abituali di questi tempi; certamente se ne avvede lei, che mi conosce bene; mi si avvicina, mi accarezza il viso, mi sfiora le labbra con un bacio e, accostandosi all’orecchio, con fare sensuale, mi sussurra.
“Vuoi sentire il racconto particolareggiato dei fatti o preferisci aprire una tavola rotonda sulla giustizia delle ‘copule private’ per definire il diritto che abbiamo a qualche ‘amplesso fuorilegge’ e i limiti del suo esercizio?”
“Non ti basta ribaltare la questione e farmi tornare ad essere il solito maschilista anche quando sei stata così scorretta? Adesso vuoi anche che ti implori per avere quel pizzico di erotismo che ne potrei derivare? Se è così, rinuncio; ho anche una dignità da rispettare.”
“No, amore; non esasperare. Sto solo scherzando; è chiaro che devo e voglio per lo meno farti un racconto morboso di quello che è capitato; ma questo non esclude che sul serio abbia ripensato ai rapporti; con questi presupposti che avevamo deciso, non solo io, ma anche tu rimani ingabbiato in una libertà apparente; sono convinta che quando avrai saputo sarai anche tu contento che io abbia fatto una scelta di libertà molto significativa e molto interessante.
“Ok; però adesso smetti di teorizzare e raccontami tutto, anche i peli che hai dovuto sputare mentre lo succhiavi. Dimmi quando è cominciato, dove e come. E non dire che faccio l’inquisitore, è solo curiosità morbosa, voglia di sentire, di partecipare, di essere idealmente lì con te …”
Cristina mi trascina sul letto, si sveste e, in intimo, si stende supina sul letto, mi fa restare solo son lo slip e mi fa sdraiare accanto a lei; mi prende una mano, se la appoggia sulla vulva e spinge il medio a titillare il clitoride; la trovo già grondante; contemporaneamente, mi fa girare su un fianco, mi bacia senza forzare molto, infila la mano nello slip e prende la verga che è diventata di ferro.
“Quanto ti amo, quando sei così reattivo; adesso ti racconto tutto e ti faccio morire!”
Una delle cose che voi maschietti non riuscite a capire e che noi femmine amiamo alla follia è fare salotto in qualunque punto ci troviamo a coincidere con amiche, con conoscenti ed anche con sconosciute incontrate per caso; gli ambienti fuori e dentro un supermercato sono l’ideale perché quattro o cinque donne si possano trovare, appoggiate ai loro carrelli, vuoti o pieni importa poco, a chiacchierare delle cose più assurde e strane; circa sei mesi fa si era stabilito una sorta di tacito accordo tra alcune di noi che erano particolarmente curiose di sapere se era vero che nei parcheggi del supermercato, sia quello coperto che quello scoperto, e perfino nei bagni di servizio del supermercato, era possibile imboscarsi e fare sesso eventualmente anche con sconosciuti.
Neanche a dirlo, i pareri erano contrapposti e variegati ma nessuna di noi era in grado di dare notizie certe e motivate circa questi incontri più o meno clandestini; la più sfrontata osservò che noi non avevamo conoscenze dirette ma che il ragazzo che ‘accudiva’, per così dire, ai carrelli forse qualcosa di preciso sapeva; il nero, che poi ho saputo che si chiama James, invitato a parlare, disse che si, nella parte più lontana e più in ombra del parcheggio molte coppie si appartavano e facevano sesso in macchina, ma con qualche rischio; che anche nei bagni del supermercato si poteva ma bisognava stare attenti che non destasse scandalo, ad esempio, un maschio che entrava in un gabinetto per signore, dove incontrare la sua amante; infine, che c’erano degli ambienti utili, noti solo a pochi, dove si poteva liberamente fare del buon sesso completo.
Mentre illustrava queste informazioni, avevo notato che non toglieva gli occhi dal mio decolleté e che li spostava solo per appuntarli sul mio sedere o sull’inguine che non era neanche tanto evidenziato dalla gonna che indossavo quel giorno; quelle profonde occhiate mi eccitarono molto; sentivo addirittura che dall’utero, dalla vagina, mi scorrevano verso la vulva umori di piacere che andavano a bagnare il perizoma che in un attimo fu inservibile; decisi che avrei fatto la sciocchezza, quel giorno o mai più; pensai anche di avvisarti con un messaggio; poi temetti di anticipare i tempi e, nel dubbio che non se ne facesse niente, ti comunicai solo che per problemi di spesa avrei tardato a tornare a casa; se cerchi nei tuoi messaggi, forse lo trovi ancora, anche se dopo sei mesi è assai improbabile.
Anche lui ricorda perfettamente quell’occasione perché lo aveva molto colpito il tono di quel messaggio; per fortuna non sorsero sospetti perché ammette che, effettivamente, il preavviso forse avrebbe svilito la tensione di un meraviglioso momento; dopo averlo ringraziato per questa onesta ammissione, con una lunga carezza sull’asta che continuavo a tenere in mano e a titillare delicatamente, riprendo la narrazione; accampando un problema alle ruote del carrello, feci in modo da lasciare andare via le amiche e chiesi direttamente a James perché mi guardasse sempre con tanta intensità, anche se non ero certo la più bella tra le signore che frequentavano il supermercato; la risposta mi colpì come una scossa elettrica tra i capezzoli e la vulva.
“Ti chiami Cristina, vero? … Beh, Cristina, se mi chiedi di indicare chi, di tutte le donne che girano qui, di tutte le donne che girano in città, nella provincia, di tutte le donne del mondo, io sarei pronto a farmi uccidere per farci sesso almeno una volta, stai certa che in cima alla lista ci sei tu: a parte il fatto che il tuo grado di bellezza, se permetti, lo stabilisco io, almeno per me, e lo verifico da come ti guardano tutti gli uomini che sbavano per te; a parte il fatto che, oltre a forme superbe, hai una grazia, un garbo, un’intelligenza una generosità uniche; a parte tutto quello che vuoi, io impazzisco per te.”
Alla domanda successiva, se lo facesse per professione, mi rispose piccato che accettava volentieri l’elemosina delle mance perché doveva sopravvivere; gradiva moltissimo che una donna meravigliosa, come io facevo spesso, gli offrisse un panino o una birra comprati apposta per lui; che accettava qualunque tipo di aiuto ma che non era mai successo e non sarebbe mai successo che si facesse pagare per provare piacere con una Divina che gli si concedesse; a quel punto, ero cotta e andai a fondo.
“Quando esco, dammi il tempo di caricare la spesa in macchina; quando ti riporto il carrello, tu mi porti a conoscere gli angoli dell’amore di questo posto e mi fai fare tanto amore.”
“Se vuoi fare l’amore e vuoi essere sicura, nei corridoi dei bagni trovi le macchinette per comprare preservativi, salviette umidificate e altre cose utili.”
Me ne andai con quel viatico ma tutto il percorso fu un galleggiamento nella voglia, nel piacere, nella libidine e, perdonami, nella libertà: era la prima volta che mi organizzavo una copula senza di te e mi sentivo stranamente euforica, come se avessi sconfitto un drago; mi dispiace se può suonarti offensivo, ma dovevo ribellarmi, almeno un volta; più di ogni altra cosa, mi preoccupai di andare nei bagni a verificare i distributori; trovai che si vendevano preservativi di ogni tipo e ne presi un pacchetto a caso, ma che c’erano anche confezioni di gel lubrificante e, non sapendo fin dove si sarebbe spinta la mia voglia di trasgressione, ne presi due confezioni; comprai anche un pacchetto di salviette umidificata e decisi che adesso mi restava solo da andare a copulare con gioia; una volta ancora mi venne in mente di mandarti un messaggio per avvertirti che stavo per tradirti; poi una vocina dentro mi suggerì che una sola cosa, almeno, poteva essere solo mia; non ti avvertii e quasi mi precipitai fuori col carrello che ormai rappresentava il mio percorso per la goduria.
Quando, sistemata la spesa e riposto il carrello, James fu salito in macchina, mi indicò immediatamente il posto più remoto del parcheggio esterno; era mattino e quindi la visibilità era fin troppo chiara; mi chiese se preferivo un posto più protetto: qualche dubbio che non avevo preso ancora in considerazione mi suggerì di non fidarmi troppo e risposi che potevamo per ora restare in vista; fermai la macchina, spensi il motore e lo ebbi tra le braccia: mi baciò con una foga che non ricordavo più, dai primi filarini al mare; ricambiai con un’enfasi pari e mi sentii lentamente sciogliere anche dai dubbi: sentivo che c’era nel suo atteggiamento un amore vero, che mi scaldava; gli accarezzai il viso mentre lui mi tirava fuori le tette dal vestito e si avventava a succhiarle, prima un capezzolo poi l’altro, e mi faceva avvampare di libidine, di gioia, di vita.
Voleva leccarmi la vulva, ma nell’auto era problematico, anche trasferendoci sul sedile posteriore, per il vai e vieni di auto dal parcheggio; dovette rinunciare mentre invece io ero riuscita a tirare giù la lampo del pantalone e mi trovai nelle mani un obelisco di carne eccezionale: scusami ancora, amore, ma né tu né nessun altro mi avete mai messo tra le mani o in altra parte del corpo un sesso così bello, così nodoso, così spesso, così ricco: lo guardavo, lo accarezzavo e sbavavo di gioia e di lussuria; quando ha provato a spingermi la testa per farmelo prendere in bocca, ho temuto, ancora una volta, che la posizione così esposta fosse pericolosa.
Ha capito e mi ha chiesto ancora se volevo un posto più sicuro; gli ho detto di si; siamo scesi dall’auto e si è diretto verso un edificio al bordo del parcheggio, apparentemente abbandonato; invece, alcune stanze erano ben tenute, con addirittura dei materassi sul pavimento; capii che era un posto di rifugio per sbandati e che lui doveva conoscerlo bene; entrai affidandomi, tendendolo abbracciato e sentendolo entrare sempre più dentro di me, nella mia voglia; andai io stessa a stendermi su un materasso, sollevai la gonna e mi sfilai il perizoma; in un attimo mi fu sopra e sentii la sua lingua calda, larga, rugosa, dolce, lussuriosa percorrermi le grandi labbra lasciandosi dietro una scia di umori che grondavano dall’utero sovreccitato; percorse lentamente, gustandosi tutto centimetro per centimetro, le grandi e le piccole labbra, entrò con la lingua in vagina e mi stimolò il foro uretrale, poi si afferrò al clitoride e io cominciai ad urlare di piacere; fu una mezz’ora di puro delirio, durante la quale non smise un attimo di farmi godere come un’invasata: non facevo che squirtare e inondarlo e lui ingoiava e succhiava strappandomi sempre nuovi orgasmi.
Non ce la facevo più, volevo sentirlo dentro e glielo dissi; prese un goldone lo srotolò sulla bestia, si collocò tra le mie cosce e mi spinse dentro un serpente terribile: era così grosso che temevo mi squartasse ma, al tempo stesso, volevo che mi aprisse, che mi riempisse tutta, che sbucasse dalla mia bocca entrando dalla vagina; lo so che era assurdo, ma è esattamente quello che sentivo in quel momento: quel sesso giovane, forte, grosso, largo, lungo, eretto come un campanile mi strappava orgasmi da tutte le fibre del sesso; mi avvisò che era vicino all’orgasmo e mi chiese il permesso di eiaculare; mi venne da sorridere pensando a quanti senza curarsi di niente esplodono in vagine non protette e se ne fregano delle conseguenze; gli dissi che non avevo problemi, anche perché aveva il preservativo; ma non ancora avevo intuito quanto lunga, lussuriosa, goduriosa, immensa, fosse quella eiaculazione: bestemmiai come un turco, dentro di me, per avergli fatto mettere il preservativo: nonostante quello, gli spruzzi mi esplodevano nel cervello, nel cuore, prima che nell’utero; quando si accasciò su di me, non potei evitare di abbracciarlo e di tenermelo stretto per far durare a lungo il languore di quell’orgasmo; subito dopo, estrasse dalla mia vagina il suo serpentone ancora vitale e duro, tanta era la voglia che gli restava, e vidi che nel preservativo, che si sfilò, era rimasta una quantità di sperma mai vista da me, in nessuna copula con chiunque.
Mentre mi rilassavo, stesa sul materasso, pensai anche per un momento di chiudere l’esperienza e tornare a casa; ma quella bestia che mi aveva riempito mi affascinava troppo: volevo sentirla ancora, in bocca, in una fellazione che fosse davvero epocale, tra i seni, in una spagnola mai registrata e, alla fine, nel retto: volevo che mi impalasse per uscire dalla bocca o più realisticamente, che mi riempisse il ventre dall’ano facendomi anche molto male, se necessario, ma lasciandomi impadronire di quel mostro meraviglioso dentro le viscere.
Non c’era bisogno di parole, aveva quasi un radar per i miei desideri; si sedette sul mio stomaco e poggiò la bestia tra i seni; sollevai dai lati le bocce e le strinsi fino a chiudere dentro il mostro; lui cominciò a muovervi e a copulare con le mie mammelle; ma il suo arnese era così grosso che la punta mi batteva sul mento: allora mi sistemai in maniera che la cappella mi arrivasse in bocca e cominciai così una combinazione spagnola più fellatio che lo mandò fuori della realtà: rovesciava gli occhi e godeva come un poppante sazio, mi possedeva in bocca ma stimolava i seni e titillava i capezzoli con le dita della due mani; quando si sollevò un poco e mi spinse la verga in gola credetti di morire per soffocamento, ma era solo goduria sua e mia, contemporanee, che si rinnovavano continuamente, ad ogni movimento o cambiamento.
Mi prese da dietro, facendomi sentire il volume del sesso fin nei recessi più remoti dell’utero; mi provocò anche un poco di dolore, in una vagina non più avvezza e soprattutto non preparata ad una mazza tanto grossa e potente; mentre mi montava da dietro, senza goldone, come avevo chiesto io, gli passai uno dei contenitori del gel e chi chiesi di non farsi scrupoli, di darmi tutto il piacere di cui era capace; mi preparò l’ano molto garbatamente, con dolcezza, con tenerezza: rendendosi conto che un sedere non avvezzo alle pratiche anali poteva avere una brutta reazione con una mazza come la sua, fece in modo d farmi rilassare totalmente tutti i muscoli del retto, a cominciare dello sfintere che sembrava cedere a tutte le penetrazioni, anche alle dita a cuneo che non erano una piccola cosa, considerata la sua mano.
Il retto fu lacerato, in piccoli punti e non gravemente, ma sanguinai perché il suo fallo era veramente enorme; ma il lubrificante (lievemente anestetizzante) e la voglia che avevo di prenderlo fecero sì che me ne accorgessi solo dopo, a casa; e per u po’ di tempo dovetti fare i salti mortali per non farti accorgere che sanguinavo nelle feci dal retto logorato dalla penetrazione; eppure, ero felicissima, quando lui mi scaricò nell’intestino un orgasmo che non ho mai avuto e che non avrò mai più.
“Ho la sensazione che mi parli di una seduta di grande amore.”
“Si, per tua nonna in carriola!!! Non essere imbecille, non confondere l’entusiasmo per una copula meravigliosa con l’irraggiungibile dolcezza di un amore vero; se tu mi avessi amato almeno un momento i questi trent’anni, sapresti che non niente si può paragonare al sentirti il cuore, il ventre, la testa, tutto aprirsi solo perché ti trovo nel mio letto la mattina, solo perché prendo con te il caffè: non ho neppure bisogno del tuo sesso e non solo adesso che funziona poco, ma anche quando l’avevi sempre duro, dall’alba a notte fonda, quando non ti fermavi nemmeno per dormire, quando mi costringevi a starti davanti ‘a cucchiaio’ perché me lo volevi piantare, da dietro, nella vagina anche mentre dormivo e non smettevi per tutta la giornata di piantarmelo in ogni dove, perfino nel naso, negli orecchi, forse anche negli occhi, str … o che non sei altro! Non ti azzardare a sporcare la parola amore con queste vicende di puro sesso, di fallo e niente altro; io ho preso un fallo enorme, bellissimo, ma solo quello; dietro c’era un ragazzino che non prendo in considerazione; non c’era l’intelligenza tua io degli altri uomini che ho amato per davvero; ho copulato e basta … e non poco; ma solo quello.”
Sono stanca di raccontare, sono eccitatissima per la vicenda, per il ricordo, per il rinnovo delle sensazione, per il sesso di lui che ora è duro come granito nelle mie mani e chiede ospitalità nel mio corpo; ho voglia di averlo, di sentirlo mio, ho voglia di amarlo, ho voglia di amore; e quell’imbecille sembra non capirlo … o sta tirando la corda per farmi perdere le staffe; gli monto sopra, guardandolo in viso, afferro la sua mazza tra le mie cosce, sposto il perizoma e mi penetro in vagina, piombo su di lui come un masso e la mazza che mi sfonda l’utero mi fa lanciare un urlo; mi accorgo che accenna a parlare e lo zittisco chiudendogli la bocca con le mani, poi mi abbasso con tutto il corpo e lo blocco con un bacio lungo, appassionato.
“Adesso sei pregato di stare zitto, di possedermi come si possiede una vera amante, una compagna antica ma sempre in tiro, come si ama una donna alla quale devi molto e che tanto deve a te; adesso il tuo sesso entra nella gabbia della mia vagina e ci resta imprigionato finché non abbiamo concluso il trattato di pace; tu, in compenso, mi possiede come piace ai maschi veri.”
“Ci hai copulato solo in quella occasione?”
“Non dire imbecillità: se fosse successo una sola volta, sei mesi fa, il mio organismo avrebbe recuperato tutto e tu neanche lo avresti notato mentre mi penetravi nell’ano con una protesi di plastica; è chiaro che ci sono tornata almeno una volta al mese e che non abbiamo copulato solo nel parcheggio. Prima che ti inalberi inutilmente, quella volta che sei andato a Roma per il convegno dove hai copulato con la rossa, me lo sono portato a casa e ci ho fatto sesso sul nostro letto, qui; ma è stato solo quella volte; le altre me ne andavo in un motel qua vicino. Hai bisogno di altre informazioni di legge?”
“No, ti ho detto che è solo curiosità morbosa … Ma ora che cosa sta succedendo e che cosa succederà?”
“Non sta succedendo niente; l’hanno sbattuto da qualche altra parte; pare che ci sia un brutta mafia dietro quei lavori squallidi; non so neppure dove sia finito e non mi interessa: è stata una bella mazza, ma adesso non ne ho più bisogno: lo ha sostituito un vecchio che non merita attenzione.”
“Quindi non c’è più il pericolo di tue trasgressioni pesanti?”
“Vai al diavolo; ci ho preso gusto, ai ragazzi che girano intorno ai centri commerciali; sto studiando di cambiare il mio supermercato perché in un altro in zona c’è un fustaccio che sembra meritare …”
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