Ero un po’ in ritardo e quando arrivai all’Overside mia sorella Miriana e il suo ragazzo erano già seduti al tavolo. Ci misi un po’ ad individuarli, nella penombra del locale, anche perché mi aspettavo due persone, e invece erano in tre. Fu David a vedermi per primo e quando a mia volta lo riconobbi si stava già sbracciando per farmi segno di raggiungerli.
Miriana si sporse in avanti per farsi baciare sulla guancia senza alzarsi, mentre David venne ad abbracciarmi, poi mi indicò l’altra loro ospite.
- Lei è Simona, una nuova amica di tua sorella. Si sono conosciute… dov’è che vi siete incontrate, tesoro?
- In palestra, te l’avrò detto cento volte, amore, non mi ascolti quando parlo. – Miriana fece una smorfietta scherzosamente offesa, poi si rivolse alla sua amica. – Lui è mio fratello Vittorio.
- Ciao, Vittorio, piacere.
- Piacere di conoscerti, Simona.
Miriana era così, s’incapricciava delle persone nuove che conosceva e le trasformava subito in amiche del cuore, da invitare alla sua cena di compleanno tra parenti stretti… Ma per una volta trovai che questa sua abitudine aveva un lato positivo.
La voce di Simona era calda e profonda, con un leggerissimo accento straniero e una vibrazione strana, intrigante, che mi incuriosì e risvegliò subito i mei istinti di cacciatore di femmine. C’erano due posti disponibili al tavolo e scelsi quello di fronte a lei per poterla osservare a mio agio senza sembrare troppo invadente. Tra la penombra della sala e il tavolino che nascondeva al mio sguardo le sue gambe, non riuscivo ad averne un’immagine completa e ben chiara, ma da quel che potevo vedere mi sembrò una gran bella ragazza. Doveva essere piuttosto alta e aveva un viso di un ovale quasi perfetto, a cui gli zigomi un poco alti e sporgenti conferivano un non so che di slavo, il naso piccolo e le labbra carnose. Portava i lunghi capelli castani, appena venati da discreti colpi di sole, raccolti negligentemente sulla nuca, doveva esserseli tirati su per il caldo, di certo non era l’acconciatura con cui era uscita per la serata, perché al contrario sembrava essersi vestita elegante apposta per l’occasione, con un vestitino attillato, a maniche corte, di un azzurro intenso e brillante, incrociato sul seno che – purtroppo, perché mi piacciono le tette grosse – mi parve abbastanza piccolo, ma bello teso e sodo. Ma la cosa che più mi colpiva erano gli occhi. Scuri, pensai, anche se il colore non si poteva capire, leggermente allungati, con un’espressione tra l’innocente e il malizioso e con una vaga ombra di malinconia che mi affascinava. Avevano un che di magnetico, occhi penetranti ma dolci, carezzevolmente penetranti, capaci – lo avrei scoperto più tardi – di un rapido guizzo ironico o allegro quando se ne presentava l’occasione. Quegli occhi mi avevano già radiografato a dovere prima ancora che io mi sedessi, durante i convenevoli, e mi avevano anche permesso di sperare che l’incontro potesse rivelarsi promettente.
Mi unii all’aperitivo con uno spritz e la conversazione, interrotta dal mio arrivo, riprese a fluire come se tutti ci conoscessimo da sempre.
Intorno a noi la maggior parte dei tavoli erano occupati da coppie o piccoli gruppi di non più di quattro persone. L’Overside era uno di quei locali alternativi eleganti, vagamente trasgressivi, che mia sorella amava frequentare con il suo ragazzo, ritrovo di coppie etero e omosessuali, ufficiali o clandestine, ed anche di potenziali scambisti che se ne servivano per fare conoscenza e saggiare il terreno prima di trasferirsi a casa degli uni o degli altri o in qualche locale specializzato.
Per quanto Simona promettesse – salvo verifica quando si sarebbe alzata – di avere tutti i numeri per soddisfare il mio senso estetico (e, speravo, anche gli altri), non potevo far a meno di guardarmi intorno e di ammirare discretamente la quantità di bellezze che sedevano ai tavoli vicini o che entravano o uscivano dal locale o lo attraversavano per andare in bagno. Discretamente, ma non abbastanza: all’occhio vigile di Simona non sfuggiva nulla e, vedendomi indugiare un po’ troppo a lungo sul didietro di una ragazza che, andando verso il suo tavolo, esibiva un paio di splendide gambe e una scollatura posteriore che scendeva fin quasi alle natiche, commentò sorridendo:
- Bravo, Vittorio, tu sì che apprezzi la bellezza femminile, eh!?
- Lascia perdere, Simona – disse Miriana ridendo, – mio fratello è un dongiovanni incorreggibile, te l’avevo detto. Non le guarda, le spoglia proprio. Tutte. E se poco poco ne ha occasione, prova portarsele a letto. Perciò, stai attenta, non dargli corda!
- Sexy…
- Come?
- Sexy – ripeté Simona. – È una cosa sexy. Un uomo che guarda le donne, anzi, che le spoglia, come dici tu, è una cosa sexy. Mi piace.
- Anche a Miriana piace, – intervenne David – parecchio anche. Farsi guardare, intendo. Si diverte un modo a far eccitare gli uomini, specialmente gli sconosciuti. E sono d’accordo, anche per me è sexy vederla sculettare con aria di niente, e vedere gli altri uomini che la guardano di sottecchi e sbavano. Cioè, è sexy perché so che è un gioco e che in realtà è solo mia e che solo io, tornando a casa, eccitato dallo spettacolino, potrò godermi le meraviglie che quelli possono solo sognarsi la notte! Altrimenti…
- Non avete mai provato lo scambio? – chiese Simona. – Può essere eccitante.
- No, non ancora… Ma non si può mai dire – disse Miriana, strizzando un occhio a David, che si sistemò sulla sedia con un movimento che non lasciava molti dubbi sulle condizioni della sua patta.
- E tu? – mi chiese Simona, lanciandomi un’occhiata che sapeva di sesso lontano un miglio.
- Io sono aperto a tutto, mia cara, ma purtroppo non ho merce di scambio, non sono né sposato né fidanzato.
- Che sciocchezza, Vitto’! – intervenne mia sorella – Mica c’è bisogno di una fidanzata o di una moglie, basta un’accompagnatrice, anche una conquista occasionale, se ci sta.
- Ma dai, Miriana, ti pare che al primo appuntamento uno ti dice senti, tu mi piaci, ti porterei volentieri a letto, però che ne dici se invece andiamo in un club di scambisti, così io me ne faccio un’altra e tu ti trovi un altro? Il miglior modo per finire la serata in solitario con la guancia che brucia.
- Perché con la guancia che brucia?
- Per il ceffone che mi beccherei, scema!
Simona seguiva divertita il piccolo battibecco tra fratelli (fu lì che vidi per la prima volta il guizzo di umorismo nei suoi occhi) e sarebbe forse intervenuta, ma in quel momento alzarono le luci e si avvicinò il cameriere per le ordinazioni.
La cena era ottima e si svolse allegramente tra chiacchiere, battute e una giusta dose di pettegolezzi su colleghi o conoscenti, comuni e non. Io approfittai dell’illuminazione più propizia per osservare meglio la mia dirimpettaia, i cui occhi, ora, mi si rivelarono di un magnifico verde scuro, autunnale e vellutato e di tanto in tanto si soffermavano a scrutarmi con un’espressione indefinibile mista di curiosità e provocazione.
Alle undici, secondo le regole dell’Overside, vennero serviti i liquori (offerti dalla casa, e cioè già compresi nel prezzo della cena), si abbassarono di nuovo le luci e il volume della musica di sottofondo venne significativamente alzato per consentire a chi ne avesse voglia di ballare al centro della sala, opportunamente lasciato libero da tavoli. David e Miriana non si fecero pregare, si alzarono quasi subito e andarono a ballare, lasciandomi solo con Simona.
Con la scusa della musica alta, che ci costringeva a gridare per farci sentire, mi alzai e cambiai posto, andandomi a sedere accanto a Simona. Da questa nuova prospettiva, potei accertarmi che il resto della ragazza manteneva le promesse: il vestitino, cortissimo oltre che attillato, esibiva uno splendido paio di lunghe gambe sode e ben tornite, quasi muscolose, che confermavano che si trattava di una vera stanga. Specialmente sui trampoli tacco dodici che portava.
La mia nuova posizione mi consentiva anche di apprezzare il suo profumo. Una fragranza leggera e un po’ inebriante che aveva la straordinaria qualità di blandire l’olfatto senza imporsi con prepotenza, come molti profumi, e senza coprire del tutto l’odore di pelle e di sesso che emanava dal corpo di Simona.
La sua vicinanza cominciava ad eccitarmi seriamente e cercavo un modo per condurre la nostra banale conversazione (lavoro, film preferiti, libri preferiti, musica preferita…) su un terreno più propizio al corteggiamento spinto. Fu Simona a trarmi d’impaccio.
- Prima, quando parlavamo di scambi di coppia, hai detto che sei aperto a tutto. Che cosa intendevi, esattamente? – mi chiese con un tono leggermente ammiccante, piantandomi addosso quei suoi occhi vellutati.
- Esattamente quello che ho detto: quando si tratta di assaporare le gioie della vita, di dare e ricevere piacere, non conosco tabù. Sono aperto a tutto.
- A tutto? – insistette Simona.
- A tutto. – confermai con sicurezza.
- Vedremo…
Avrei voluto che mi spiegasse quel suo enigmatico commento, vedremo, che cosa dovevamo vedere, e come? Ma in quel momento tornarono al tavolo David e Miriana, sudati e col fiatone ma visibilmente felici di essersi sfogati ad agitare braccia e gambe a suon di musica, e la conversazione prese un’altra piega, alla quale detti scarso contributo, preso com’ero dalle misteriose parole di Simona.
Stavo ancora rimuginandoci sopra quando il disk jockey mise un lento. Udii Simona chiedere «ti va di ballare?» e, senza pensarci, mi affrettai a rispondere affermativamente, prima di rendermi conto che la domanda non era rivolta a me, ma a Miriana. Che accettò.
- Con te il prossimo! – mi lanciò Simona andando verso la pista.
Le vidi alzarsi, andare al centro della sala e stringersi come due fidanzatini ancheggiando al ritmo della canzone. Le guardavo, mentre ballavano, anche David le guardava, sorridendo compiaciuto, e la mia testa brulicava di domande. Beh, ne avevo ben d’onde, quelle due non ballavano come due amiche che si divertono a una festa, ma proprio come due amanti, guardandosi negli occhi, strette strette, con i corpi incollati tra loro che impercettibilmente strusciavano l’uno sull’altro seguendo gli ondeggiamenti della danza, avresti detto che da un momento all’altro si sarebbero baciate. Ok, mia sorella è lesbica, o meglio è bisex, pensai. Chi l’avrebbe mai detto… vabbè, niente di male, sono aperto a tutto, no?… però mi fa strano… oppure, magari… non sarà che?…
Il lento era finito e non si erano baciate, meglio così, non so se David avrebbe apprezzato anche questo. Tornarono al tavolo parlando piano tra loro, sorridenti e complici. Feci a tempo a cogliere solo mezza frase di Miriana, appena prima che si sedesse, «… sentito eccome!» mi parve che dicesse, ma non ne sono sicuro, la musica copriva le voci. Però vidi il suo sorriso malizioso mentre parlava.
La serata si protrasse ancora per un po’, e feci in tempo a ballare un lento con Simona che mi lasciò perplesso e in parte deluso. Non stava affatto incollata al mio corpo come aveva fatto con Miriana, sebbene io tentassi di attirarla più vicino a me. Avevo una bella erezione e volevo che la sentisse, ero convinto che l’avrebbe eccitata e avrebbe facilitato la felice conclusione della festa, ma non ci fu niente da fare. Eravamo vicini, sì, potevo sentire, sotto la stoffa leggera, il suo corpo sodo tra le mie mani, il suo profumo, l’odore caldo e umido del suo alito, ma non c’era verso di stringerla a me e far entrare a contatto il suo ventre con la mia patta gonfia. Nel complesso, lo trovai frustrante e pensai che forse mi ero cullato nelle illusioni, magari Simona non nutriva alcun interesse per me e non aveva la benché minima voglia di finire la serata nel mio letto. Ed era un vero peccato!
Ma mi sbagliavo. Lo capii quando le proposi di riaccompagnarla e lei accettò, con la sua voce calda e vibrante ed il suo sguardo malizioso, declinando cortesemente l’analoga offerta di mia sorella (che ebbe il buon gusto di non insistere).
Simona si accese una sigaretta e c’incamminammo per raggiungere la macchina. Camminavamo vicini, e Simona mi prese sottobraccio. Non parlavamo, ma ogni tanto ci giravamo a guardarci. Credo che i nostri sguardi e la lieve pressione dei nostri corpi appaiati dicessero più di mille parole.
Ho un’Audi TT. L’ho comprata perché sulle ragazze fa colpo e perché è bassa, bassissima. Quando si siedono, le ragazze sprofondano e le gonne si sollevano vertiginosamente. Se già sono un po’ corte, a volte scoprono pure le mutandine. Una delizia. Funzionò anche con Simona. Si sedette e il suo vestitino corto ed attillato si ritrasse come la pelle di un prepuzio, scoprendo del tutto le sue magnifiche cosce. Le guardai sfacciatamente e lei, altrettanto sfacciatamente, le divaricò leggermente, piegandosi un poco verso sinistra, per offrirmi un bel panorama delle sue mutandine.
Ed ebbi la conferma (o quasi) di un sospetto che mi aveva attraversato la mente ed al quale non avevo voluto prestare fede sul momento. Simona, o aveva un monte di Venere molto sviluppato, oppure… Il sangue fece tre giri supersonici nelle mie vene e sentii la mia erezione aumentare fino allo spasimo. Se quello che pensavo era vero, quella sera avrei coronato un sogno che accarezzavo da lungo tempo. Ma non osavo crederci, troppo bello per essere vero, una splendida femmina con un grosso maschio fra le cosce… O almeno potevo sperare che fosse grosso, la femmina, in ogni caso era davvero splendida…
Guidavo piano, con la sinistra. Le posai la mano destra sul ginocchio e strinsi leggermente. Lei divaricò le gambe un pochino di più. La mia mano risalì lentamente lungo la coscia. Simona si mosse, le sue gambe, adesso, erano spalancate. Spinsi la mano verso l’interno della coscia e continuai la risalita. Quando giunsi all’inguine, Simona emise un sospiro rauco e strinse le gambe, segnalandomi che dovevo fermarmi. Ripresi il volante a due mani con un sospiro, le lanciai un’occhiata di desiderio e accelerai. Ora avevo fretta di arrivare a casa.
Non mi lascò il tempo neppure di accendere la luce. Avevo appena chiuso la porta che mi buttò le braccia al collo e incollò le sue labbra umide alle mie cacciandomi prepotentemente la lingua in bocca. La strinsi a me, stavolta non fece alcuna resistenza e sentii tutto il suo corpo fremere contro il mio. Ci baciammo a lungo, scambiandoci le nostre salive, con le lingue che duellavano nelle nostre bocche affamate. Percorrevo il suo corpo con le mani, carezzandole la schiena, le anche, il culo, le cosce, e lei mi palpava il petto, le braccia, il sedere. Fece scivolare una mano tra i nostri corpi e saggiò la dimensione e la durezza del mio sesso inturgidito dal desiderio. Il contatto fu soddisfacente e mugolò di soddisfazione. Poi si staccò da me e si voltò, porgendomi la schiena. Sollevò le braccia nude e mi avvolse la mani dietro la nuca, attirandomi verso di lei perché le baciassi il collo. Si era sciolta i capelli e io affondavo il viso il quel morbido vello profumato baciandole e leccandole il collo, le spalle, la nuca, le orecchie, mentre le palpeggiavo il piccolo seno, le natiche e le cosce nude, sollevando il vestitino.
Non potevo più aspettare, ormai ero sicuro, ma volevo una conferma definitiva, e poi la voglia mi divorava. Passai una mano tra le sue chiappe, scostando le sottili mutandine, e saggiai con un dito il delizioso buchino che presto avrei posseduto. Poi spinsi la mano più avanti e raggiunsi la pesante borsa dei suoi coglioni. Era grossa, strinsi delicatamente, facendola gemere, e capii che ero stato fortunato. Simona aveva tra le gambe un maschio di tutto rispetto, che avrebbe avuto la forza e la durezza necessarie per farmi provare l’ebbrezza di essere posseduto e mi avrebbe donato ciò che più desideravo, il nutrimento caldo e vischioso che avrebbe spento una fame di sesso che tante volte mi aveva attanagliato e che avevo sempre dovuto dolorosamente reprimere.
Ritirai la mano e la voltai. Ci baciammo ancora, con gusto e passione, e fu con un certo sforzo che mi staccai da quelle labbra morbide e vogliose. Ma avevo altre mire, e non potevo più aspettare. Le mie carezze mi avevano portato a contatto con il rigonfiamento teso del suo vestito, lo sollevai un poco ed avevo afferrai il membro turgido e teso che si protendeva verso di me, masturbandolo lentamente. Avevo l’acquolina in bocca.
Senza smettere di baciarla su tutto il corpo, scivolai lentamente giù, fino ad inginocchiarmi, tirai giù le mutandine, ora fradice degli umori lubrificanti dell’erezione, gliele sfilai e avvicinai il viso, la bocca al cazzo di Simona. Assaporai il liquido trasparente che bagnava la punta, risucchiandolo golosamente, poi scoprii la cappella, mi concessi un attimo di estatica contemplazione di quel bel membro diritto e me lo cacciai in bocca, cominciando a succhiarlo. Lo sentivo ingrossarsi ancora e fremere nella mia bocca, sotto i leggeri colpi della mia lingua che accarezzava il filetto e leccava la cappella. Cominciai il vero pompino, avanti e indietro, masturbando il grosso cazzo di Simona con la mia avida bocca e palpandole delicatamente i coglioni gonfi e pesanti.
Simona si era appoggiata al tavolino dell’ingresso (eravamo ancora in ingresso, presi da una voglia che non poteva aspettare neppure pochi secondi) e protendeva il bacino verso di me, offrendo il cazzo all’omaggio della mia bocca e gemendo di piacere. Mi prese la testa, la spinse verso di sé e cominciò a scoparmi la bocca come fosse stata una fica, con grandi colpi di reni che spingevano il suo cazzo fino in fondo alla mia gola. Io spalancavo la bocca il più possibile per facilitare la sua chiavata e godevo nel sentirmi posseduto come una troia in calore. Quando Simona si stancò di scoparmi ripresi il mio pompino con rinnovato piacere. Adoravo sentire il suo uccello che mi riempiva la bocca e già pensavo al piacere che avrei provato sentendolo penetrare le mie viscere quando, come certamente sarebbe accaduto, Simona mi avrebbe scopato.
Ero perso nel piacere del pompino e nei miei pensieri infoiati quando Simona, improvvisamente, si ritrasse.
- Mi stai facendo venire, amore. Aspetta. Ti voglio dentro.
Mi alzai, la presi per mano e la condussi in camera. Simona non perse tempo, s’inginocchiò sul bordo del letto, sollevò il vestito e mi offrì il culo, allargando con le mani le natiche per mostrarmi il fiorellino roseo e facilitarmi l’ingresso.
Mi calai rapidamente pantaloni e mutande e avvicinai il cazzo al suo buchino, lo appoggiai delicatamente e cominciai a spingere. La mia eccitazione era al massimo e anche il mio membro era abbondantemente lubrificato. Cominciò ad entrare senza difficoltà. Simona aveva esperienza e mi ricevette facilmente, con un gemito gutturale quando si sentì riempita dalla mia carne. Aveva voltato la testa e con sguardo lubrico aveva guardato il grosso cazzo che le si avvicinava e piano piano spariva nel suo culo accogliente. Ma dopo due o tre colpi di reni cedette e si accasciò rantolando con il viso sul letto e il culo proteso verso di me, che la trombavo sempre più energicamente, tenendola per gli inguini. Il suo cazzo aveva perso un po’ di rigidità, allungai la mano e cominciai a masturbarlo e a palpeggiarle i coglioni mentre la scopavo.
Simona gemeva e rantolava, ogni tanto, scossa da un brivido, emetteva un suono sordo e gutturale o, sorpresa da un colpo di reni più violento, lanciava un piccolo grido, «sìì», oppure implorava «dai, dai, scopami, amore, scopami».
La situazione mi dava alla testa. Stavo chiavando una fica da sballo e contemporaneamente mendando il suo grosso cazzo duro. Meravglioso. Ero ubriaco di piacere e mi riusciva sempre più difficile trattenere l’orgasmo che montava dentro di me come una marea. Fu Simona a salvarmi da un’eiaculazione che avrei giudicato precoce (fosse stato per me, avrei voluto continuare a fare sesso con Simona per un mese di filato).
- Fermati, – mi disse – fatti succhiare un po’.
Si sedette sul letto e mi prese il cazzo in bocca. Era una bocchinara spaziale, le sue labbra carnose avvolgevano il membro turgido e lo masturbavano dolcemente, la sua lingua mi leccava golosamente i coglioni, risaliva umida e calda lungo l’asta e titillava delicatamente il glande provocandomi intensi brividi e facendomi ruggire di piacere, poi di nuovo il cazzo spariva nella sua bocca, giù giù fino in fondo, fino in gola e quando tornava alla luce un velo di saliva e di umori restava attaccato tra la sua lingua e il mio sesso e lei lo risucchiava avidamente.
Sentivo che non avrei resistito a lungo e non volevo rinunciare a nulla.
- Scopami, adesso – le dissi. – Ti voglio dentro, voglio il tuo cazzo dentro di me. Voglio che mi sfondi il culo, che mi chiavi come una troia.
- Certo che ti scopo, amore, sono venuta qui per questo, per scoparti ed essere scopata, per succhiare il tuo cazzo e farti succhiare il mio, e per scambiarci il nettare del godimento.
- Però fai piano, amore - aggiunsi in un momento di viltà – è la prima volta che lo prendo in culo, praticamente sono vergine, e il tuo cazzo è così grosso…
- Tranquillo, tesoro, so come fare, e il mio cazzo, purtroppo, non è poi tanto grosso… Mettiti in ginocchio.
Simona, in ginocchio dietro di me, si adoperò a lubrificare e rilassare il mio ano con litri di saliva, leccandolo abbondantemente e dardeggiando la punta della sua lingua fin dentro il buchino. Ad ogni suo colpo di lingua un brivido caldo mi percorreva la schiena e lo sfintere, dopo un breve spasmo, si rilassava sempre di più, predisponendosi ad accogliere il grosso fallo che lo avrebbe posseduto. E intanto, la voglia di sentirmi riempito dal cazzo duro di Simona cresceva smisuratamente.
La preparazione fu già quasi un orgasmo di per sé, ma fu preziosa.
- Spingi in fuori, come quando vai in bagno – mi disse Simona mentre appoggiava la punta del cazzo contro il mio buco del culo.
È un movimento innaturale, spingere in fuori quando vuoi, con tutto te stesso, ricevere qualcosa che deve entrarti dentro, ma è quello che bisogna fare ed è quello che, con un po’ di concentrazione, feci io per agevolare la tanto agognata penetrazione. E funzionò.
Piano piano, un centimetro alla volta, con delicatezza, Simona spinse il suo cazzo dentro di me, fino a riempirmi completamente. Sentii un po’ di bruciore, all’inizio, ma la sensazione di pienezza che mi dava la presenza di quel membro caldo e duro che si muoveva su e giù nelle mie viscere e sollecitava la mia prostata era meravigliosa. Il mio cazzo era teso allo spasimo, lo presi in mano e mi masturbai un po’, ma smisi subito perché sentii che non avrei resistito e sarei venuto immediatamente se avessi continuato. E non volevo che finisse così. Volevo che venissimo insieme e per l’orgasmo di Simona avevo un progetto speciale.
Le chiesi di cambiare posizione. Mi sdraiai sulla schiena sollevando le gambe. Simona se le appoggiò sulle spalle, come un vero maschio fa con una vera troia, mi penetrò di nuovo e ricominciò a trombarmi con forza. Ero al settimo cielo, mi sentivo una cagna in calore violentata da una stupenda fica con un cazzo da paura, il meglio del meglio, una femmina morbida e liscia tutt’uno con un maschio forte e potente. Ora toccava a me gemere e rantolare, grugnire e ruggire di piacere, implorare «dai, scopami forte, più forte, sfondami il culo, fammi godere, fai di me la tua puttana», e Simona sembrava apprezzare le mie dimostrazioni di piacere perché raddoppiava la violenza dei suoi colpi, mi trapanava il culo come un martello pneumatico, su e giù, avanti e indietro, dentro e fuori, sentivo il suo cazzo scorrere lungo le pareti del mio retto, ne gustavo ogni centimetro di forza, di durezza, ogni asperità delle sue venature, sentivo, in certe posizioni, la punta sbattere contro la mia prostata e intanto vedevo il mio uccello teso ondeggiare freneticamente al ritmo dei colpi di reni di Simona, finché lei lo prese in mano e si mise a masturbarmi ed a massaggiarmi i coglioni.
Irresistibile! Dovetti pregarla di fermarsi, altrimenti mi sarei sborrato addosso immediatamente e sarebbe andato a monte tutto il mio progettino.
Ci rilassammo un po’, accarezzandoci e baciandoci, e ne approfittai per dedicarmi come si deve al suo piccolo seno.
- Adoro le tue tettine – le dissi, leccando e succhiando leggermente i capezzoli.
- Piccole – disse lei con un velo di tristezza nella voce.
- No, perfette. Ma perché tutte le donne vogliono tette enormi? Intendiamoci, a me piacciono le tette grosse, non dico di no, ma se devono essere palloni gonfiati al silicone, meglio le tette piccole. Piccole ma naturali. E poi, amore mio, tu sei una creatura speciale, diversa. Di donne con le tette più o meno grosse ce ne sono a bizzeffe, il bello di una creatura come te è l’ambiguità, l’essere femmina e maschio al tempo stesso, e questo dipende anche dalle tette. Le tue sono deliziose e non mi stancherei mai di succhiarle e baciarle.
E succhiavo e baciavo. E Simona gemeva. E poi disse:
- Stavo per venire quando ti scopavo. Hai un culo così stretto!...
- Beh, meno male che ti sei tenuta! – le risposi. – Guai a te se mi vieni in culo!
- Perché, resti incinto? – e rideva.
- No, non resto incinto, ma il nettare non si spreca. Nel culo nemmeno me ne accorgerei, del tuo schizzo. La voglio in bocca, la tua sborra, la voglio assaporare e ingoiare tutta.
- Ehi, sei proprio una gran troia, Vittorio, mi piaci un casino! Sei proprio un gran porco eccitante. Quasi quasi mi fai venire soltanto con le parole…
- Non sono un porco, tesoro, sono una scrofa. Una troia arrapata, schiava del tuo cazzo.
- Allora vieni qui, facciamoci un bel sessantanove. Anch’io voglio la tua sborra.
Sdraiati su un fianco, ci siamo succhiati i cazzi a vicenda a lungo. Simona era una fuori classe e resistere fu un vero tormento, ma ci tenevo che venissimo insieme, o semmai prima lei, ladies first!
Alla fine, senza smettere di spompinarmi, Simona uscì dalla mia bocca e si mise a masturbarsi. Io ogni tanto davo un colpo di lingua alla sua cappella turgida e aspettavo la ricompensa con la bocca spalancata. Il respiro di Simona si faceva sempre più affannoso e la sua bocca, pur senza lasciare il mio cazzo, non succhiava più. Era concentrata sul suo orgasmo, stava arrivando, lo sentivo nel suo affanno roco e sempre più rapido. Il primo schizzo fu violento e mi inondò il viso. Poi lo sperma uscì più lentamente, a grossi fiocchi bianchi e vischiosi che sgorgavano dalla fessura spalancata della cappella. Superata la sorpresa mi precipitai in avanti ed inghiottii il cazzo sobbalzante succhiando avidamente la sborra che Simona generosamente mi donava. Quando gli spasmi del suo orgasmo si placarono, io continuai a lungo a leccare residui di nettare dal suo cazzo che, piano piano, si ammorbidiva (e che diverso ma intenso piacere tenere in bocca un cazzo morbido, specialmente se intriso di sperma!), mentre lei riprese il suo pompino e mi condusse dolcemente ad un orgasmo fantastico.
Io avevo visto, in un delirio di piacere, la sborrata di Simona, o almeno l’inizio, ma non vidi la mia, perché lei non staccò neppure per un attimo la bocca dal mio membro e io le riversai direttamente in gola tutto il mio seme, che lei ingoiava a grandi voluttuose sorsate mugolando di piacere. A differenza da me, che ne avevo sprecato un po’, Simona non ne perse neppure una goccia.
Beh, grazie, Miriana. Non so come hai conosciuto Simona, non so che cosa c’è tra di voi, non so se ti fai scopare da lei (ammesso che a lei piaccia scoparsi le donne, ma penso di sì, una volta ogni tanto secondo me le va), non so se con David fate delle orgette a tre (casomai, invitami, una volta, mi piacerebbe partecipare), ma in ogni caso ti sono grato per avermi fatto conoscere questa creatura di sogno, con la quale ho vissuto una delle più sconvolgenti esperienze sessuali della mia vita.
Di certo non rinuncerò mai alla fica, stanne certa (anzi, se mi invitate alle vostre orgette ne approfitterò per assaggiare la tua, che mi fa voglia da quando avevo quindici anni e tu quattordici). Ma da oggi in poi so che ogni tanto è meraviglioso concedersi un diversivo, e so anche con chi. So che, nei giorni in cui mi sveglio con una fottuta voglia di cazzo, c’è qualcuno che mi potrà sfamare.
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