E’ da sempre risaputo che, tra ragazze specialmente, un’amicizia nata sui bianchi di scuola si dilata alla vita privata, inevitabilmente; in certi casi, occupa anche i periodi di chiusura della scuola, quando succede che ci troviamo a trascorrere ‘la villeggiatura’, come io e la mia compagna di banco, nello stesso posto, spesso per un lungo periodo, quasi per una vita.
L’accoppiata Silvia - Serena diventa così un modello di riferimento per tutti i ragazzi e i giovani del circondario, testimonianza di come tutte le esperienze, anche quelle più intime e scabrose, vengono vissute in contemporanea, in sintonia, quasi in complicità: i primi giochi, le prime esperienze, i primi approcci, i primi ‘pruriti’, le prime vergogne, tutto insomma viene vissuto, in maniera quasi mitica, nello steso momento, con lo stesso atteggiamento, con le stesse evoluzioni anche di carattere.
Lottano contro i requisiti dominanti della personalità individuale, la mia troppo tesa alla rigidezza e alla difesa di valori e diritti fino ad essere integralista; quella di Serena, più propensa alla condiscendenza, all’accomodamento, al quieto vivere; ma anche queste differenze contribuiscono in fondo a completarci, in me smussando qualche angolo eccessivo; in lei, stimolando reazioni decise quando necessario; ben presto anche un altro dato caratteriale emerge ed è l’atteggiamento verso i maschi e il sesso, essendo io più fredda nella reazione alle passioni e risultando invece Serena quasi eccessivamente disponibile al punto di sospettare una forma di ninfomania forse connaturata.
Comunque, la nostra vita trascorre Serena e pacifica per tutto il suo percorso con tutti gli avvenimenti e le ‘iniziazioni’ che erano inevitabili, dal menarca allo sviluppo della femminilità del fisico, dai primi approcci coi maschietti alla sessualità matura, dalle piccole passioni infantili all’innamoramento vero: io per Stefano, il gagliardo giovinastro un poco sbruffone ma dal largo sorriso accattivante e, in fondo, dal carattere terribilmente buono; e lei per Davide, il timido ‘imbranato’ che è assai difficile portare allo scoperto o farlo uscire dai gangheri, ma terribilmente affezionato e paziente.
La sera che, dopo un mese di amoreggiamento in varie forme, decidiamo di offrire la verginità a questa ipotesi di nuovo grande amore, lo facciamo insieme, perfettamente coscienti, dopo aver deciso razionalmente che ‘era il momento’ e dopo esserci informate sul da fare per evitare indesiderate maternità: quando ci ritroviamo dopo aver ‘consumato’ siamo concordi nel definire ‘iperstellare’ l’esperienza e senz’altro il più importante della vita fino a quel punto vissuta, il momento in cui i membri hanno invaso la vagina ed abbattuto il delicato ostacolo dell’imene.
Una nota più stonata e meno felice registriamo qualche giorno dopo, quando ormai siamo quasi ‘adulte’ perché ci siamo attrezzate con preservativi e ‘pillole del giorno dopo’ non essendosi ancora diffusa l’abitudine della pillola anticoncezionale; e, conseguentemente, passiamo le serate in spiaggia a copulare con l’entusiasmo degli anni e della voglia di bruciare le tappe che era tipica di quella stagione.
Saltò fuori, assai rapidamente, che i nostri innamorati sono ben diversi anche nella pratica del sesso: Stefano, dall’alto della sua dotazione certamente al di sopra dei venti centimetri, è bravissimo a penetrare e a provocare sensazioni di fortissima passione con colpi violenti che colpiscono ogni volta parti immacolate dell’apparato sessuale provocando stimolazioni ed orgasmi di altissima tensione; manca però di tatto e riesce debole e superficiale, nelle fasi preliminari e preparatorie; Davide, molto meno dotato e in coppia con una piccola ninfomane che non si sarebbe mai saziata di sesso, è però dolcissimo, elegante, raffinato, delicato e decisamente esperto a spremere dalla vagina orgasmi intensi nelle fasi preliminari, al punto che, per me, avrebbe anche potuto evitare la penetrazione, tanto si poteva godere prima.
Mentre siamo immerse in un meraviglioso amplesso coi nostri giovanissimi amanti, arriva ‘a tradimento’ un gruppo di quattro ragazzi che conosciamo di vista perché frequentano i nostri stessi ambienti e Stefano mi ‘suggerisce’ di stare buona e di non ribellarmi perché tutto rientra in un momento di crescita; Silvia cede subito e si accoppia con uno dei quattro che rapidamente le eiacula dentro; presa ‘in contropiede’ cedo; quella sera assaggiamo tutte e due i quattro ‘ospiti’ oltre ai legittimi fidanzati (tutti e due, naturalmente).
Quando se ne vanno, dico a Stefano, con tutta la mia rabbia che mi era montata, che si è comportato da porco e ci ha ridotto al rango di puttane; lo avverto anche che, se avesse osato ripetere l’errore di ‘concedermi’ a qualcuno senza neanche interpellarmi, l’avrebbe pagata cara; scherzando sulle mie minacce a abbracciandomi ancora, fa passare facilmente la cosa; ma ci sono rimasta veramente rimasta male e per qualche settimana ci rimugino sopra con dolore profondo.
Un anno dopo, superata lo scoglio della maturità, decidiamo di iscriverci a Lettere e ci trasferiamo, di necessità, nella vicina città, dove troviamo alloggio con altre ragazze in un appartamento grande di cui io e Serena occupiamo una camera: fortunatamente, i nostri fidanzati hanno un’ampia camera tutta per loro in un appartamento che condividono solo con altri due ragazzi ed è agevole, per noi, andare a trovarli e passare lunghi pomeriggi a fare sesso in maniera sfrenata, in pratica senza quasi incrociare i coinquilini.
Ma finiamo per incrociarli, disgraziatamente; e in una situazione che sapeva tanto di deja vù.
Per me e Serena è il penultimo anno; Stefano e Davide, invece, sono ormai alla tesi da discutere: interrogandoci ancora su cosa sarebbe successo dopo la loro laurea e l’abbandono della residenza in città, ci troviamo per l’ennesima volta nella loro camera dove un letto grande ospita come può le evoluzioni ardite di due coppie di amanti che si scatenano al dì là del lecito: mentre Stefano pompa con energia nella vagina o nel retto di Serena, Davide mi delizia con meravigliose ed infinite leccate di vulva e di ano, per passare poi a titillarmi con gioia e sapienza tutte le parti eccitabili, dal clitoride ai capezzoli fino alle labbra e addirittura all’ombelico, strappandomi gemiti ininterrotti di piacere; quando poi si danno il cambio, Stefano mi sbatte con forza, quasi con violenza, sulle natiche, quando mi prende da dietro, o sul pube, quando mi monta da davanti; mentre Davide rilassa le fibre di tutto il corpo di Serena leccandola, accarezzandola, titillandola, facendola godere in ogni dove, dalle punte dei piedi alla radice dei capelli.
Ad un tratto, appaiono i coinquilini semisconosciuti, già completamente nudi che si precipitano sul letto col plauso esplicito di Stefano, che li sollecita a darsi da fare, e l’aria preoccupata di Davide, incerto sugli sviluppi della vicenda; rimango così sorpresa che non riesco ad abbozzare un gesto: uno dei due mi è addosso e mi penetra con violenza, con un membro appena considerabile, certamente inferiore anche a quello di Davide, e con pochi colpi esplode nell’utero un orgasmo violento.
Come in una scena dell’orrore che ti lascia senza fiato, anche l’altro fa lo stesso con Serena e, subito dopo, si danno il cambio su di noi: anche l’altro, ha poca cosa come dotazione sessuale ma mi scatena un’ira feroce che a malapena Serena riesce ad arginare abbracciandomi e costringendomi ad un rapporto saffico che, in qualche modo, frena il mio impeto; quando mi riprendo, urlo tutto il mio schifo a quell’imbecille del mio fidanzato e dichiaro chiuso il rapporto; ci rivestiamo e andiamo via; per oltre sei mesi non voglio vedere nemmeno in foto quel verme di Stefano: mi rifiuto di partecipare ai festeggiamenti per la loro laurea e so da Davide, per il tramite di Serena, che hanno trovato spazio in uno studio legale affermato della città.
Riescono a pacificarci, i nostri amici, facendo leva sulla storia ormai lunga che ci unisce: mi resta sul gozzo la smania di vendetta, per certi versi, ma anche di umiliazione a cui voglio sottoporre l’imbecille che risulta ormai già recidivo nella sua irrazionalità; ci pensa la vita e fare da paciere: subito dopo che ci laureiamo io e Serena, dobbiamo affrontare la dolorosa via crucis del precariato nella scuola: ma, per fortuna, capitiamo in un momento storico in cui si allargano molto le maglie delle assunzioni e, in definitiva, spendiamo solo due anni di ‘sacrificio’ in sedi lontane, prima di ottenere la cattedra ambedue nello stesso istituto superiore cittadino, dove non è molto facile proporsi con i crismi del rigore, vista la giovane età e i comportamenti disinvolti che ci confondono coi più ‘vecchi’ degli studenti, di pochi anni più giovani di noi e in piena rabbia ormonale.
La raggiunta serenità professionale, sia per noi che per i fidanzati, ci induce a pensare ad una famiglia e, come sempre in armonia e in contemporanea, ci sposiamo nello stesso giorno, nella stessa chiesa, nella stessa cerimonia, io con Stefano e Serena con Davide: loro hanno in regalo dai genitori un appartamento in una zona residenziale della periferia; noi ereditiamo dalla mia famiglia un appartamento nel centro storico, in un edificio antico di grande prestigio, e lo ammobiliamo molto funzionalmente con gusto assai moderno.
Comincia la fase ‘borghese’ della nostra esistenza, contro la quale Stefano sembrava scalpitare, per naturale esuberanza, dedicandosi alla sua attività preferita, la caccia alle belle donne che io accetto con pazienza, senza nessuna voglia di contrastarla e limitandomi, di tanto in tanto, a concedermi qualche ‘momento di relax’ con qualche supplente ‘di passaggio’ o con qualche studente appena uscito dall’istituto e che non costituisce quindi pericolo sia per la maggiore età che per la dipendenza professore - alunno: fatte con garbo, sia le sue che le mie ‘vacanze’ passano sconosciute.
Ma il vecchio tarlo dello scambio di coppia a Stefano non è affatto passato e recupera tutto l’affiatamento che c’era stato tra noi e i nostri amici, per cercare di riproporre una situazione di doppia copula tra due coppie di amici; quando mi rendo conto che sta lavorando in quella direzione, non ostacolo le sue manovre perché ricordo con nostalgia le enormi carezze di Davide e gli orgasmi che mi sa provocare; quando mio marito mi chiede di ravvivare l’amicizia con Serena e Davide invitandoli a cena, veramente non trovo nessun motivo per dire di no, anche se so che il suo obiettivo non è la cena ma il dopocena.
Dalla terrazza del nostro appartamento, lo spettacolo della città di sera è delizioso, in una primavera dolce come quella che stiamo vivendo; ed è piacevole starsene fuori a cenare; Serena è venuta con un abito fresco, lineare ma capace di sottolineare tutta la sua infinita bellezza, fasciandole il corpo quasi con amorevole carezza; mi trovo a passarle lussuriosamente una mano su un fianco e a rendermi conto che non ha intimo.
“Neanche un perizoma hai indossato?”
“Con questo vestito, si sarebbe visto più che se fossi stata nuda; poi mi piace sentire il fresco che mi carezza la vulva; mi sembra quasi di sentire Davide che mi lecca!”
Effettivamente, il fresco della sera sulla pelle nuda ha l’effetto di una carezza leggera e lussuriosa; la bacio tra la spala e il collo e le stringo tra le labbra il lobo; mi stringe un seno e cerca il capezzolo; la freno per non uscire da ogni limite.
La cena si svolge all’insegna dell’antica amicizia e qualche bicchiere di vino contribuisce a rallegrare gli spiriti, sempre all’interno di un controllo perfino esagerato delle reazioni individuali; ma che la pressione stia salendo progressivamente risulta chiaro dai palpamenti, dalle carezze, dai baci che ci scambiamo.
Quando Stefano propone di rientrare per il caffè, perché l’aria è ormai frizzantina, sappiamo tutti dove stiamo andando: vorrei affidarmi alle carezze di Davide per assaporare la gioia dei suoi ‘preliminari lunghi’; ma Serena, dopo le leggere carezze in terrazza, ci ha preso gusto e mi trascina sul letto dove in attimo si è liberata del vestito, unico indumento che indossava, e mi ha denudato completamente.
Non so valutare esattamente; ma mi pare che sia la prima volta che mi trascina in un rapporto saffico aperto e violento che quasi non mi lascia scampo, con baci appassionati prima sulla bocca,poi sui seni ed infine sulla vulva che lecca con foga, dal monte di venere all’ano, procurandomi orgasmi ripetuti e delicati; Davide, che forse sa delle passioni segrete di lei, la affianca e prende a succhiarci tutte e due, alternativamente, scatenando orgasmi ed urla da tutte e due: riesco solo a meravigliarmi della sua capacità di tenere sulla corda due donne calde e vogliose come noi e sull’abilità a soddisfarci ogni volta.
Stefano irrompe con la solita violenza e sbatte la sua nerchia nel retto di Serena che lo accoglie con un lungo sospiro di piacere; prendo Davide per un braccio e me lo tiro addosso, mi faccio penetrare di colpo e incollo le mie labbra alle sue in un bacio di grande passione: mentre mi cavalca sapientemente, ci baciamo con intensità e i corpi avvinghiati si trasmettono piacere da ogni poro; Stefano esplode con un urlo in un orgasmo violento come lui; Davide scarica dolcemente, lentamente, amorosamente, il suo sperma nel mio utero ed io gemo di passione sentendo il liquido inondarmi l’utero; lo abbraccio ancora più stretto e lo amo profondamente.
Quasi per un impeto di gelosia male espressa, mio marito mi piomba addosso, mi fa girare e mi penetra nel retto con violenza inaudita,m quasi a volermi far male: ci riesce, in parte, e mi strappa un piccolo urlo; ma lo odio, in quel momento, soprattutto per la concezione a monte della penetrazione: il suo comportarsi da maschio dominante mi scatena una ribellione che, prima o poi, lo costringerà a subire la mia frustrazione e la conseguente rivolta.
A fine serata, Stefano ha eiaculato almeno quattro volte, due per ciascuna donna , una nel retto e una in vagina, quasi a ‘marcare il territorio’ del suo potere sessuale; Davide si è limitato a venire dentro il mio utero, la prima volta, e a farlo nell’utero di sua moglie, dopo: alla penetrazione anale ha riservato quel minimo di interesse che ci ha garantito che gli piace anche il nostro didietro, ma senza dargli eccessiva importanza; invece, come al solito, è stato un amante superbo a carezzare i nostri orgasmi con le sue sapienti delicatezze.
Quando se ne vanno, verso l’alba che ormai si affaccia, mio marito mi chiede se mi è piaciuto: rispondo che Davide è un amante meraviglioso e che Serena è una dolcissima Saffo.
“E io? Di me, cosa pensi?”
“Che sei la solita forza della natura, irrazionale, violenta, aggressiva, presuntuosa e irrispettosa dei valori umani: tu copuli senza criterio: qualunque buco va bene. Cosa vuoi che pensi di un maschio che usa il membro come scettro e non sa rispettare le persone con cui si rapporta? Ti ripeto: copuli molto, lo fai bene, ma non usi nemmeno un briciolo di amore.”
“Quello lo lascio ai romantici impotenti e parolai. Io mi godo il sesso, come stasera.”
“Chissà come lo godestri da solo, senza il nostro aiuto …”
“Ma a te piace: chiacchieri molto, ma copuli alla grande.”
“Stai attento: sei andato molto vicino alla rottura!”
“Ma figuriamoci!!!! … Mi ami troppo e mi minacci solo perché ti diverte …”
E’ impossibile farlo ragionare e non ci provo più.
Per ‘rifarmi’ delle volgarità di mio marito, decido di fare felice un mio alunno che da mesi cerca di entrare i tutti i modi nelle mie grazie: vedo perfettamente l’adorazione che mi dedica quando sono in classe e i tentativi, anche goffi, di strappare una carezza rubata; poiché il mercoledì non ho lezione, il martedì, al termine dell’orario, gli chiedo se l’indomani gli va di bigiare con me; mi guarda come venissi dalla luna.
“Si, Riccardo, hai capito benissimo: domani vorrei marinare la scuola con un mio compagno di classe e andarmene in camporella a fare l’amore!”
Credo che stia per svenire.
“Dove ci vediamo?”
“Dove si incontrano di solito due che vogliono fare l’amore: al bar di fronte. Vengo a prenderti, Sali in macchina con me e mi dice dove vuoi portarmi.
“Profia …. No, scusa, Silvia, sei sicura di quello che dici?”
“Perché non posso volermi innamorare, solo per un giorno bada, solo per domani, di un mio affezionato corteggiatore? Sei in grado di darmi amore come se avessi la metà degli anni che ho, come se fossi una tua compagna di classe?”
“Di più, di più: ti amerò come meriti, come una dea, come la dea del’amore e della bellezza. Domani alle otto al bar? Okay: ti amavo già alla follia; adesso, scoppio d’amore per te.”
L’idea di passare un giorno da ragazzina, in mezzo ai campi, con un maschio giovanissimo ed eccitato, mi fa venire caldane irresistibili e più volte, nel corso della giornata, mi trovo a masturbarmi prefigurandomi l’incontro; quando Stefano mi si accosta per copulare, la sera, accampo un’emicrania: voglio riservarmi a Riccardo.
Sono puntualissima, alle otto al bar degli studenti; lui è lì che freme, lo carico in macchina e parto senza direzione.
“Dove andate di solito con le ragazze?”
“Con la macchina, un po’ dove capita, in un parcheggio grande, in una stradina isolata, insomma dove ci viene: dipende anche da cosa vogliamo fare; se vuoi, ho le chiavi di un miniappartamento di un amico: potremmo anche imboscarci lì, ma fa tanto ‘adulti’ ed ‘adulteri’: per questo non te lo volevo proporre.”
“E avresti sbagliato: io sono un’adulta e tu ti comporti da tale; io sono un’adultera e tu, dal primo bacio che ancora non mi hai dato, farai le corna a mio marito, con me e sarai adultero, con me.”
Vedo un posto libero in un parcheggio e mi ci vado a fermare: capisce immediatamente le mi intenzioni e, appena spengo il motore, me lo trovo addosso che mi divora con impeto la bocca e con mani tentacolari assaggia tutto il mio corpo, dai seni alla vulva, senza neppure spostare il vestito leggero ed ampio che ho indossato a bella posta: mentre mi palpeggia tutta, allungo la mano sulla patta e sento una mazza forse superiore a quella di Stefano, che percorro in tutta la superficie, quasi per abituarmi al’idea di prendermela dappertutto; si risveglia all’improvviso.
“Silvia, il miniappartamento è qui vicino, andiamoci subito: non puoi immaginare quanto ti desidero!”
“Sarai tu a scoprire quanto ti voglio io!”
“Per questa sola giornata, posso dirti in ogni momento che ti amo più di ogni altra cosa al mondo?”
“C’è una bellissima canzone spagnola mi pare si intitoli ‘una noche mas una notte ancora’ e narra di una tardona che chiede al giovane amante di amarla, anche inventandosi bugie, una notte ancora: ogni volta che l’ho ascoltata (e ti assicuro che l’ho consumata) l’ho dedicata a te e alla notte che avrei voluto trascorrere con te, chiedendoti di inventarti un amore per concedermi una notte di passione. Devo cantarti per avere un giorno di amore da te?”
“No, assolutamente no; adesso cercherò quella canzone e l’ascolterò per dirti che non devo inventare l’amore che provo e che in qualunque momento tu ne abbia bisogno sarò tuo, completamente, innamoratissimo, anche quando avrò una moglie ed un esercito di figli, sarai il mio immenso primo amore.”
“Smettiamola di dire stupidaggini e andiamo a fare l’amore, con tutti i crismi.”
Il locale era un povero miniappartamento nella prima periferia, conteneva solo l’essenziale, il letto ed un divano; il resto non ci interessava; mi fiondai sul letto come una ragazzina super eccitata che si trovasse di fronte al suo innamorato ed aprii le braccia ad accoglierlo: furono cinque ore di passione feroce, durante le quali scoprii la bellissima dotazione che già avevo intuito (oltre i venti centimetri ed uno spessore da fare invidia ad un pornodivo) ma anche l’estrema delicatezza di lui ad usare quel mostro per fare emergere dal fondo della mia anima perversa sensazioni mai pensate e che mi portavano al settimo cielo.
Feci con lui tutto quello che è umanamente possibile con un membro maschile: mi feci penetrare e possedere profondamente in tutte le parti del corpo: sollecitai la sua libidine e il suo piacere con tutti i mezzi di cui disponevo e con tute le abilità di cui ero capace; ci trovammo quasi al tocco a dover di corsa rimetterci addosso i vestiti perché lui fosse a scuola all’uscita dei compagni ed io potessi tornare a casa come avessi avuto lezione per tutta la mattinata.
Prima di uscire dall’auto, Riccardo trovò il modo di baciarmi leggermente sulle labbra e di sussurrarmi.
“Non puoi immaginare cosa darei per una mattinata d’amore come questa. Spero di ripeterla. Ciao, amore!”
Me ne andai con un pizzico di magone:finalmente una mezza giornata di amore vero, come avrei sempre desiderato e mai ottenuto per l’ottuso atteggiamento di mio marito, al quale rimanevo comunque profondamente legata perché, superati i momenti di ‘grande imbecillità’ era comunque un uomo molto affettuoso ed in gamba che forse meritava anche qualche cornetto, ma complessivamente era migliore di tanti altri.
I suoi momenti di stupidità, però, tornavano quasi puntualmente quando ormai ero quasi certa che si fosse ravveduto ed avesse scelto la strada per una pacifica convivenza senza troppe scosse.
Avevamo ripreso l’abitudine delle cene con Serena e Davide e puntualmente finivano allo stesso modo, con noi quattro in un letto, a casa nostra o a casa loro, a fare l’amore con enorme entusiasmo, con soddisfazione indicibile e con lussuria infinita; sembrava che tutto andasse benissimo, anche se i pettegolezzi che Serena raccoglieva e mi riferiva parlavano ancora di ‘grandi cacce’ di Stefano soprattutto tra le mogli degli amici e del malumore che tra i ‘cornuti’ serpeggiava per l’eccessiva disinvoltura del mio coniuge.
Una sera che avevamo organizzato una cena ‘particolare’ con Serena a Davide a casa nostra, lo Stefano di sempre si ripropose: mentre ci stavamo rilassando dopo un ‘grande assalto a quattro’, sentimmo bussare alla porta; mio marito si precipitò a dire che andava lui; sentimmo un lungo tramestio nel salotto e, alla fine, Stefano si presentò in camera con due sconosciuti completamente nudi: Serena non batté ciglio e si fiondò sul primo, col quale si mise immediatamente a copulare: io volsi a mio marito uno sguardo feroce e feci per alzarmi e rivestirmi; Davide mi fermò per un braccio e mi sussurrò all’orecchio.
“Quell’imbecille ha promesso a quei due, ai quali ha fatto ampiamente le corna, di fargli passare con te una serata speciale; se te ne vai, capace che lo massacrano; sii paziente e sopporta quell’imbecille ancora questa volta!”
Stefano mi guardava con occhio acquoso e capii che aveva veramente paura; chiusi gli occhi e lasciai che l’altro mi prendesse; fu una serata lunga e difficile; nel corso della quale cercai di rifugiarmi nella delicatezza di Davide e nella passione lesbica di Serena per sopportare perfino mio marito (anche lui mi era odioso!) e far ‘passare la nottata’.
Come dio volle, finì; cacciai violentemente Stefano dal letto e lo obbligai a dormire sul divano per i mesi successivi, mentre ancora sbollivo la rabbia per la sua reiterata imbecillità: in cambio, fu il periodo in cui con più intensità mi dedicai a cornificarlo con tutto quello che mi passava davanti, dai supplenti ai genitori degli alunni; l’unico che avrebbe potuto costituire un vero antidoto, Riccardo, si era diplomato ed era andato dio sa dove, non sapevo se per lavorare o per continuare gli studi all’Università; non ebbi il coraggio di chiedere in segreteria almeno il vecchio recapito, per non dimostrare un ingiustificato eccessivo interesse; rinunciai a rivederlo.
Per l’ennesima volta, dopo circa un anno, gli amici riuscirono a farmi sbollire la rabbia e mi convinsero a riappacificarmi con mio marito, anche se la certezza che il lupo non aveva perso il vizio mi rendeva assai titubante; cercai di non farmi dominare dai sospetti e di accettare la situazione per quello che era; ripresi così con lui quasi integralmente le abitudini familiari, compresa quella di incontrarci abbastanza frequentemente con i nostri amici ‘storici’ perché mi rendevo conto che, accanto alla perenne smania di Serena di avere sempre tanto sesso a disposizione per soddisfare le sue voglie insaziabili, adesso era scattato in me il bisogno di avere, con una certa frequenza, una persona a fianco capace di muovermi i precordi dell’anima con un sesso delicato e attento, quello che solo Davide e Riccardo mi avevano fatto assaggiare: dal momento che Riccardo non era facilmente raggiungibile, Davide diventava perfetto per la mia libidine; dal momento, poi, che il membro super di Stefano ben si adattava alle esigenze di violenza di Serena, è chiaro che le cene nella casa nostra o loro diventavano un momento di alta soddisfazione.
Ma, come avevo tragicamente previsto, l’imbecillità di Stefano lo portò ancora una volta a ‘farla fuori dal vaso’.
Avevamo combinato una cenetta a casa nostra con i nostri due amici e stavamo per sederci in tavola, quando sentimmo scampanellare alla porta: mi bastò un’occhiata a mio marito per rendermi conto di quel che aveva combinato; lo bloccai prima con un’occhiataccia, poi per un braccio ed andai ad aprire; mi trovai di fronte a quattro tizi mai visti, chiesi chi fossero e che volessero; uno dei quattro parlò per tutti, zittendo un altro che borbottava alle sue spalle.
“Ci ha invitati a cena Stefano e abbiamo portato il vino.”
Agitò una bottiglia di vino.
“Stiamo cenando e siamo al completo: o Stefano vi ha ingannati o è un imbecille che non sa contare; quella bottiglia bevetela alla mia salute ma fuori da questa casa, se non volete che chiami la polizia.”
Gli sbattei la porta in faccia e mi rivolsi all’interno: Stefano era scomparso, forse in bagno; sentimmo lamentele, rimproveri tramestii ed urla; mi preparai davvero a chiedere l’intervento della forza pubblica ma sentimmo l’ascensore salire e poi scendere, segno che avevano desistito e se n’erano andati; sentii che anche la porta di servizio si apriva e si richiudeva; capii che mio marito era sparito alla chetichella; nonostante il trambusto, la fame non ci era passata anche se eravamo solo in tre; avremmo certamente potuto completare anche la cena a letto ma mi rendevo conto che Serena risultava delusa perché non era più disponibile la verga di Stefano da cui amava farsi sbattere con violenza in tutti i buchi.
Mi ricordai di un giovane supplente che qualche giorno prima mi aveva ampiamente sollazzato con la sua verga solida e fuori dall’ordinario; sapevo che soggiornava in un albergo vicino; ad occhio e croce, poteva risultare perfetto per completare il quartetto e non sarebbe successo niente a scuola, anche se il supplente veniva coinvolto in una situazione ‘particolare’ con due colleghe; lo chiamai e gli chiesi se voleva raggiungermi a casa mia; si precipitò, sperando di ripetere le acrobazie a letto con me; mandai Serena ad aprirgli e lui restò sorpreso ma non deluso, quando mi trovò in braccio a Davide che mi titillava la vulva mentre stavo seduta sulle sue gambe e lo baciavo con amore; Serena lo aggredì e gli fece capire cosa doveva fare.
Cenammo di buon appetito e poi finimmo a letto, dove Davide mi deliziò per ore senza curarsi della moglie che stava letteralmente spompando il povero supplente finito senza saperlo nelle braccia di un’autentica Erinni che lo possedeva senza pietà: le dimensioni quasi spaventose della sua mazza non fecero quasi nessun effetto a Serena che passò ore a copulare con lui, instancabilmente; solo verso la fine, si fece ‘consolare’ dalla bocca di suo marito che la adorò letteralmente e raccolse dalla vagina e dal retto lo sperma che per almeno tre volte il supplente le aveva scaricato; a mia volta, mi concessi il doloretto della mazza che mi sfondava dolcemente il retto in una penetrazione anale che concluse meravigliosamente la serata di sesso.
Stefano per due settimane andò a stare a casa dei suoi con una scusa assolutamente incredibile; per fortuna (sua) non si fece vivo con me e cercò di far perorare la sua causa da Davide e da Serena che, alla lunga, riuscirono a demolire la mia ostilità e mi convinsero e riprendere la pacifica convivenza, anche se non ero assolutamente convinta che le cose si sarebbero ristabilite davvero; ad ogni buon conto, il quieto vivere ebbe il sopravvento.
Allo stesso modo, mi convinsi col tempo a favorire anche certe esigenze che Serena non smetteva di manifestare , chiedendo come unico rimedio a portata di mano la mazza di Stefano; alla fine, la ‘normalità’ rientrò anche nelle nostre abitudini, di incontrarci in quattro per cena a dare sfogo alle nostre voglie di sesso spesso selvaggio, allo stesso tempo, io mi abituai ad ingannare mio marito tradendolo determinatamente con quanti mi capitava di incontrare, capaci di regalarmi ore di piacere e sensazioni effimere di innamoramento: dopo i continui errori e con la certezza che continuava a mettersi nei guai copulando con le mogli di amici, ritenevo che ormai non gli dovessi più nessun rispetto e avessi il pieno diritto di vivere la mia vita e la mia sessualità lontano da lui.
Una vita in comune all’insegna dell’ipocrisia e dell’inganno non era certamente quello che ci eravamo ripromessi ed impegnati a perseguire; ma era ormai troppo tardi per sperare di tornare indietro e non ci restò che vivere due vite separando pur con tutte le cose che realizzavamo in comune e con quel che restava di un grande amore.
Inutile, però, sperare che Stefano avesse un rigurgito di buonsenso; dopo che avevamo ripreso ad incontrarci quasi settimanalmente, a casa nostra o a casa loro, con Davide e Serena, il solito ‘colpo di genio’ di Stefano intervenne a rompere gli equilibri.
“Perché non sperimentiamo una bella serata in un privè?”
La proposta sarebbe stata anche affascinante, se fosse stata seriamente ingenua e tesa solo al nostro piacere; ma ero troppo abituata a diffidare di mio marito e mi chiesi subito cosa ci fosse sotto.
“Senti, Stefano; io non sono disposta a darti nessuna fiducia; se mi dici chiaro e tondo cosa hai in mente, sono disposta a discuterne; se mi prepari un’altra trappola coi tuoi amici cornuti, ti assicuro che sarà l’ultima volta; lo step successivo sarà il divorzio o, in alternativa, una vendetta le cui conseguenze non auguro al peggiore dei miei nemici.”
“Ma dai, come sei diffidente! Cosa potrei mai prepararti? E poi, quale sarebbe questa ‘terribile vendetta’?”
“Hai presente il cuckold schiavetto della padrona che le lecca la vagina piena dello sperma degli amanti? Bene, io ti ridurrò a quel livello, se non divorzio immediatamente. Fammi uno scherzo come quelli che hai fatto in questi anni e io te la faccio pagare, tutta in una volta e con gli interessi.”
Davide, in qualche modo, è convinto come me che sotto ci sia un trucco.
“Stefano, se è una delle tue solite trovate, dillo subito; mi sa che Silvia non scherza.”
“Ma cosa che vuoi che faccia una professorina di periferia! Andiamo al privè, non siate timidi e sciocchi!”
Si decide di andare e si organizza per il sabato successivo; mi preparo con un abito fasciante, di seta, chiuso some una tunica da un nodo su una spalla; niente intimo e solo scarpe aperte senza legacci; insomma, abbigliamento da ‘prendimi subito’ ed essere pronta in un attimo; Serena è bella quanto e più di me, anche lei pronta a farsi possedere con gioia; Davide e Stefano sono eleganti casual, con camicia pantalone e sandali: credo che non abbiano intimo ambedue.
Mentre andiamo al locale con privè, Stefano ferma in un’area di servizio ma non per fare rifornimento; va verso un’auto ferma in un angolo buio.
“Davide, quello non è il tizio di quella sera a casa con gli altri tre?”
“Si; è uno dei ‘cornuti’ di Stefano e mi sa che davvero vuole riproporre l’incontro con quei quattro per vendicare l’offesa che hai arrecato cacciandoli fuori. Cosa vuoi fare?”
La tentazione è forte: l’auto è mia, posso facilmente lasciarlo a piedi e andarmene; se gli amici scelgono di stare con lui, lascio anche loro; ma Davide è forse più sottile della mia irruenza.
“Portaci al privè; sul posto, sganciati e lascialo a grattarsi la rogna con gli altri.”
“E voi?”
“Serena ama le situazioni di sesso violento e ci starà sicuramente; a me sta a cuore il suo benessere: starò con lei; ma tu non curarti di noi; segui la tua strada.”
Quando torna alla macchina, mio marito cerca di accampare giustificazioni che non reggono, affermando che l’incontro è casuale e che altrettanto per caso vanno alla nostra stessa destinazione.
“Ti faranno un’ottima compagnia per tutta la notte.”
Lui non raccoglie o forse non capisce e lascia perdere; parcheggia in un punto vicino all’ingresso, scendiamo e depositiamo i nostri effetti, comprese le chiavi della macchina, in una cassetta apposita di cui mi faccio affidare (con un timbro apposito) la titolarità; quando Stefano tenta di obiettare, gli ricordo con ferocia che sono io la padrona dell’auto e della maggior parte delle cose che utilizziamo ed è mio diritto legale (Davide conferma e gli ricorda la loro professione); si piega alla realtà e sta zitto.
Varchiamo la reception con gli omaggi del proprietario che ammicca dalla mia parte e, appena oltre, mi giro, li saluto e mi allontano; mio marito abbozza una reazione, ma viene fermato dalla sicurezza: in quel posto, la libera volontà individuale è sacra; mentre avanzo verso le sale vedo un gruppo di giovani raggruppati che riconosco essere gli escort dell’azienda, lì apposta per accompagnare signore sole che li richiedano; mi fermo a guardare e d’improvviso si leva quasi un urlo.
“Silvia, che ci fai qui?”
“Riccardo, maledetto dove eri finito? Che ci fai tu, qui; io sono venuto a prendermi tanto sesso e, se ci riesco, un po’ d’amore. Tu, invece, cosa ci fai?”
“Io qui presto tanto sesso e niente amore. Vuoi che sto con te?”
“Stupido, ti pare il caso di chiederlo? E’ un mio diritto che stanotte tu mi canti la nostra canzone!”
“No, niente menzogne con te; ti amo ancora, non stare a credere. Se vuoi, ti garantisco tutto il sesso che vuoi e tutto l’amore di cui son capace.”
“Ho bisogno di tanti maschi; ma tu devi essere il primo o l’unico; se faccio l’amore con uno, sei tu; se faccio l’amore con due, tre, dieci quanti vuoi, beh tu sei il primo, il più importante, il mio amore. Per favore, ce la fai a farmi impazzire?”
“Eden? Paradiso di Allah? Walhalla? Quale vuoi raggiungere?”
“Tutti, ma tutti con te; senza te, preferisco l’inferno. Dove devo affittarti?”
“All’inferno; qui, nel paradiso, sei mia ospite e il mio amore ti deve bastare!”
Mi sta abbracciando e mi sta divorando di baci, ritrovo il sapore delle sue mani a tentacoli sulla mia pelle, in tutti i miei anfratti; fa un cenno al proprietario che risponde con altro cenno; mi prende per mano e si avvia per un percorso che chiaramente conosce bene; si ferma davanti a una porta, attiva un sistema e la porta si apre: dentro c’è solo un grande letto; sciolgo la tunica e sono nuda sul letto con lui inginocchiato al mio fianco che mi guarda come un oggetto prezioso in gioielleria.
“Stai ancora incantato a guardare questo pezzo da museo o gli dai vita col tuo amore?”
“Senti, pezzo da museo, non essere troppo frenetica o questo povero giovanotto impreparato non regge alla tua bellezza e alla tua capacità di dare tanto, tanto amore: credi che abbia dimenticato cosa puoi fare di un povero giovanotto ancora semivergine?”
Continuiamo a scherzare anche mentre si spoglia e fa emergere la sua bestia immensa, meravigliosa, portatrice di tanta gioia: la afferro immediatamente tra le mani e me ne beo fino al deliquio; la accarezzo, la lecco, me la spalmo sui seni, sul ventre, sulla vulva, tra le cosce; non riesco ad impedirmi di sussurrare ‘mio, sei mio’ per poi chiedere scusa a Riccardo.
“Non devi scusarti; questa notte sono veramente solo tuo; tu sei mia per quello che non darai ad altri, ma io sono totalmente tuo e sono felice di esserlo.”
“Dimostralo e vienimi dentro!”
Si inginocchia fra le mie cosce e accosta il membro alla vulva: è dentro di me in un palpito e mi cavalca da morire; sento le budella scatenarsi, sconvolgersi e temo quasi per la mia salute; ma lui è amore e delicatezza, si ferma per farmi riprendere, incalza per farmi raggiungere vette più alte, si schiaccia addosso, per farmi sentire l’epidermide sull’epidermide, per farmi godere con tutte le fibre.
“Quanto tempo riesci a reggere senza eiaculare?”
“Arrivo all’orgasmo solo quando tu, espressamente, me lo chiedi; posso farlo fino a quattro volte; lo farò quando tu lo vorrai.”
“Ti amo tanto da odiarti per questa tua disponibilità. Sei la cosa più bella che ho avuto dalla vita negli ultimi dieci anni.”
“Vuoi fare sesso qui o preferisci altre esperienze?”
“No, non ancora mi hai fatto urlare; ho visto solo un pezzo di Eden, non ho visto le Uri; fammi andare in cielo!”
Mi cavalca con foga, a lungo, con passione sfrenata, con amore dolce: arrivo al punto che non avverto più la presenza del suo sesso in vagina, tanto mi sono assuefatta a lui; decido di fermarlo.
“Adesso prendiamoci una sosta; quasi non ti sento più dentro di me.”
“Se vuoi, passo al lato B e avrai una sensibilità nuova.”
“No; portami a cercare nuovi stimoli; ho bisogno di tanto sesso, adesso; l’amore già mi riempie, anche se so che non è mai abbastanza!”
Mi da delle tovagliette rinfrescanti, che erano da qualche parte; ed io le uso per asciugarmi la vulva e per rinfrescare la parte sottoposta e sforzo penetrativo; pulisco anche la sua verga e ne approfitto per leccarla un poco e succhiarla leggermente.
“In bocca hai copulato poco, con me; dovresti rimediare.”
Mi prende la testa tra le mani e, poiché sono già china su di lui, mi sposta per mettermi seduta e, ritto davanti a me, mi mette in bocca la mazza e comincia un movimento di bacino come per montarmi in gola; prendo a leccarlo, succhiarlo e manipolarlo quasi per farlo eiaculare: quando sento l’asta dura e vibrante, al limite dell’orgasmo, mi stacco e mi limito a tenerla nella mano per farla rilassare; ci rivestiamo e ci avviamo ad altra sala.
Quella in cui entriamo presenta la particolarità che una parete è forata a diverse altezze e quella di fronte ha spioncini e parti trasparenti da cui si vedono personaggi che osservano; Riccardo mi avverte che è un Glory Hole: so di cosa si tratta e scelgo un foro che reca l’immagine di un pene grosso, forse di un nero; i fori ai suoi lati sono assai più larghi e non ne colgo la funzione; la scopro quando Riccardo picchia tre volte sul foro centrale e da questo emerge il pene fotografato, nella viva realtà ancora più grosso e goloso: faccio cadere il vestito e lo sistemo su una sedia, mi accosto, lecco il bastone di carne e comincio a succhiarlo; dai fori laterali escono le mani del nero che mi prendono i seni e li titillano con dolcezza e sapienza; comincio a sbrodolare; mi volto verso Riccardo e gli dico.
“Tu che fai lì impalato? Il patto è che il tuo sesso è sempre dentro di me, specialmente quando manipolo altri membri.”
“Hai ragione. in vagina o nel retto?”
“No, dietro abbiamo detto che lo fai in un altro momento; riempimi l’utero, da dietro.”
Sentire il sesso di Riccardo che mi apre il canale vaginale e lo occupa con amore, mentre la bocca è piena di quel sesso meraviglioso e le mani del nero mi titillano i capezzoli, tutto mi procura un orgasmo di cui non ricordo simili; se ne rende conto anche il mio amore di stasera che spinge fino a farmi male l’asta fino ai testicoli, dilatandomi la vulva quasi a ricevere quell’enorme massa; quando un dito mi penetra nell’ano, esplodo come i fuochi a capodanno.
Non so più dire che cosa mi succeda, in quella sala: la suggestione di provare il sapore di sessi che appaiono all’improvviso, senza avere nessun rapporto con la persona che c’è dietro; il piacere di sentirsi spruzzare addosso o in bocca lo sperma dai membri manipolati; copulare in vagina o nel retto mentre succhio un randello , mi danno un’euforia che mi fa fare cose assurde: non tengo il conto dei membri che mi copulano in bocca.
Quando poi Riccardo mi dimostra che posso, dai buchi più bassi, prendere in vagina o nell’ano i sessi che sporgono e, contemporaneamente, succhiare lui o qualche altro visitatore che sta dietro le vetrata, allora mi scateno sul serio e mi trovo a copulare senza freni, senza limiti, senza direzioni.
Il mio affettuoso accompagnatore mi stacca quasi a forza dal glory hole, mi fa ripulire con le solite salviette umidificate, mi fa rivestire e mi accompagna ad altra sala, dove trovo solo un enorme letto circolare intorno al quale, su poltrone disposte lungo il muro, siedono uomini nudi di tutte le taglie, di tutte le forme, di tutte le caratteristiche; Ricardo mi spiega che lì si fa solo sesso nella maniera più ampia ed articolata possibile: l’ideale, per una donna, è avere contemporaneamente cinque amanti da soddisfare; di fronte alla mia meraviglia, si mette a contare, due per le mani uno per la bocca, uno per la vagina e uno per il retto; naturalmente, chiedo di provare.
Chiama un ragazzo nero seduto in un angolo e lo fa stendere sul letto; mi invita e penetrarmi in una classica spegni candela; quando sono seduta sul ragazzo, mi spinge col busto in avanti, fino ad abbracciare il nero; il sedere è spinto indietro ed offre l’ano alla piena vista: me lo lubrifica con un leggero anestetizzante e mi penetra nel retto: è la realizzazione di un sogno e non riesco a sottrarmi alla dolcezza di sentirlo nel mio ventre; gli sussurro ‘ti amo’ anche se so che è esagerato; mentre armoniosamente mi montano, da sotto e da dietro, invita un altro ragazzo assai ben dotato a poggiarmi il pene, duro e ritto come un obelisco, sulle labbra ed istintivamente prendo a succhiarlo; mentre ancora mi sto meravigliando di manipolare contemporaneamente tre sessi e di avvertire che palpitano di piacere, sento che le mani vengono poggiate intorno a due mazze di bella consistenza che prendo a masturbare con una gioia intima che si trasferisce immediatamente all’ano, che Riccardo sta riempiendo d’amore con la sua mazza bene infissa dentro di me; godo dal sedere, ne sono certa, ed urlo la mia goduria al mondo.
Ho incontrato Riccardo che erano circa le nove di sera; alle tre di mattina sto ancora avendo a che fare con arnesi grossi e tesi, portatori di tanto piacere di tanto amore; ho copulato con decine di maschi, compreso il mio amore temporaneo Riccardo, che non mi ha lasciato mai senza la sua asta a contatto con la mia pelle, dalla bocca alla vagina, dal retto al seno e insomma dovunque la potesse poggiare, inserire, titillare: ha eiaculato due volte, una prima l’ho voluto in bocca per sentire il sapore del suo sperma, della sua vita, del suo amore; poi è esploso nel mio intestino, mentre nel Glory Hole succhiavo un sesso enorme e lui mi possedeva da dietro, con passione ed amore sconvolgenti: quando sono esplosa, per pienezza di emozione, in un orgasmo anale, lui che mi stava appunto nel retto mi ha chiesto di lasciarlo concludere: l’ho fatto e mi sono sentita allagare dallo tzunami della sua crema che mi inondava l’intestino e scatenava il mio nuovo, immediato, orgasmo anale.
Eppure non mi sento ancora completamente soddisfatta, non tanto di sesso quanto forse d’amore; gli chiedo se possiamo tornare nella camera da dove è cominciato il nostro percorso; lo fa senza battere ciglio; appena dentro, lo abbraccio e lo trascino con me sul letto, non accenno nemmeno a spogliarci.
“Ti spiace se stiamo così abbracciati, con amore, senza cercare emozioni, senza sesso, come due ragazzini che si scoprono?”
Non mi risponde, mi abbraccia delicatamente, dolcemente, mi fa sentire veramente l’amore promanare da tutte le sue fibre e trasmettersi alle mie fino a stordirmi: ‘una noche mas’, ancora una notte tornami ad ingannare ma dimmi che mi ami, mi sento cantare dentro e mi viene da piangere; lo faccio sommessamente, la faccia nascosta nella sua spalla: nemmeno da ragazzina, nemmeno col mio primo grande amore ho vissuto un momento così intenso.
Riccardo sembra capire il mio stato d’animo: mi asciuga le lacrime baciandomi lungamente gli occhi, le gote e le labbra fino ad un bacio di una carnalità intensa: sento tra le cosce il suo membro prendere consistenza e desiderarmi; lascio che mi accarezzi dolcemente, che appoggi delicatamente la cappella alla vulva e che mi si stenda sopra con profonda passione con un amore stupido e meraviglioso: come una volta mi avevano spiegato, sembra che i corpi cavernosi del sesso, riempiendosi per l’afflusso del sangue, determinino la crescita; sento l’asta che si gonfia di sangue, di voglia, d’amore, e che mi penetri per naturale evoluzione della sua funzione: è l’amplesso più dolce che mai avessi immaginato e lo vivo con tutta me stessa.
Restiamo a coccolarci, a scambiarci tenerezze come se non ci fosse un domani, come se, fuori da quello spazio, non ci fosse una realtà con cui fare i conti: in quel momento,potrebbe cadere il mondo, resta la nostra passione insana (io nella mia maturità, tu nella tua piena gioventù, canta la canzone) e resta la coscienza di volere che quel momento si cristallizzi come eterno.
“Lo so che è stupido essere così innamorati come in questo momento; ma siamo persone adulte e sappiamo che stiamo solo esercitando la libertà di fare sesso, di amarci, di sognare, di vivere e al diavolo tutto il mondo: ci aspetti; quando saremo fuori, faremo i conti e lo affronteremo. Silvia, in questo momento ti amo come nient’altro al mondo; e sono felice di averti ritrovato, anche solo per una notte.”
“Non devo neppure dirtelo: te l’ho comunicato in tutti i modi. Ti amo, proprio perché è folle amarti così: non faremo pazzie, non spaccheremo niente, neanche un matrimonio inutile e pesante; ma voglio amarti così ogni volta che mi sarà possibile e ti assicuro, dall’alto della mia stupida vecchiaia, che la vita non regala niente a nessuno e ti obbliga a conquistare tutto, anche con sofferenza. Io ho conquistato il diritto a questa notte di amore e di felicità; la voglio per me e prometto di non fare male a nessuno, soprattutto a te.”
Ci crogioliamo nel nostro stupido amore ancora per qualche tempo; poi Ricardo mi fa presente che non ha mai goduto nella mia vagina e che vorrebbe, per una volta almeno, sentirsi coinvolto nell’assurda possibilità di rendermi madre.
“Non voglio inseminarti: è una scelta enorme, che farai con chi devi farla; ma godere nell’utero di una donna conferisce sempre il senso di una comunione profonda: io stasera non l’ho ancora fatto e, prima che la nostra storia si chiuda, vorrei farlo. Ti va?”
“Non qui, non ora; visto che parli di valore simbolico, voglio che lo fai nel posto dove questa follia è cominciata: nel parcheggio c’è l’auto del nostro primo bacio: prendimi lì e riempimi; non mi inseminerai ma sarà come mi avessi posseduto per sempre.”
“In pubblico, col rischio di essere sorpresi?”
“Tu conosci il mio amore Riccardo? Rischiava più di noi ma mi baciò in macchina, davanti a tutti. Sei diventato un pavido?”
“ No, forse mi hai solo rimbecillito un poco stasera. Sarà l’amore che mi fa questi scherzi.”
Ci dirigiamo alla reception e ritiro dalla cassetta la mia pochette e le chiavi della macchina; richiudo e lascio il materiale degli altri; ci dirigiamo alla macchina, me lo trascino sul sedile posteriore e lo obbligo a leccarmi tutta, dalla testa ai piedi: mi agito come tarantolata e sento l’amore esplodermi da tutto il corpo per scaricarsi come umori vaginali sulla faccia di lui che imperterrito continua a cibarsi della mia vagina, del mio ano, delle mie tette, della mia bocca, di tutta me stessa: quanto lo amo, in quel momento! E quanto mi ama lui!
Tocca a me divorarlo; e non mi faccio pregare: lo lecco e lo succhio tutto, dalla radice dei capelli alla punta dei piedi, lo amo come non ho mai fatto in vita mia e sento il suo amore contagiarmi ad ogni passaggio della bocca sul suo corpo; esplodo un’infinità di orgasmi che mi fanno quasi svenire per il languore; lo devo pregare di fermarci perché il troppo amore mi fa impazzire.
Poi Riccardo prende a cavalcarmi in vagina, con delicatezza, con amore, con passione, anche con violenza in alcuni momenti; sento che il suo desiderio monta verso l’orgasmo e lo seguo con tutte le fibre del corpo mentre la sua eiaculazione prende consistenza dai testicoli e viaggia lungo l’asta verso l’esplosione: quando viene, il mondo mi esplode davanti agli occhi in frammenti di colore indefinibili, in un volo di farfalle nello stomaco che mi da il senso di sprofondare; quando mi risveglio da quel meraviglioso torpore, vedo da lontano arrivare mio marito e la banda.
“Riccardo, vai via, per favore; preferisco che tu non incontri mio marito. Solo una cosa: se avessi bisogno veramente di te, poniamo per un giorno, marineresti i tuoi doveri ancora una volta con me, verresti a casa mia per darmi tanto amore?”
“Silvia; io sto quasi per sposarmi ed amo la mia futura sposa; ma devo a te tanto di quell’amore che, anche sposato, non sentirei di tradire mia moglie se, ad un tuo richiamo, venissi a darti l’amore necessario a meritarti di vivere. Chiamami e ci sarò … sempre.”
Mi da un ultimo bacio appassionato, mentre siamo ancora in macchina; usciti all’aperto, mi chiede se ho bisogno di fazzoletti per pulire il suo sperma; gli rispondo che il suo seme sta benissimo nel mio utero e che non lo avrei espulso per molto tempo, almeno per il tempo in cui la sensazione del suo corpo dentro il mio fosse vivo come in quel momento; ci scambiamo un bacio leggero, a fior di labbra, sulle guance; poi lui sgattaiola lungo le auto in sosta.
Quando i tre sono in auto, Serena mi chiede come sto; ‘bene’ rispondo e tronco qualunque ulteriore tentativo; Stefano guida in silenzio fino a casa.
“Torniamo a casa insieme?”
“Però dormi sul divano; da domani ti attrezzi la camera degli ospiti; per ora, vivremo da separati in casa; poi deciderò.”
Non ribatte niente; non ha niente da ribattere.
Coltivo a lungo l’idea dentro di me: più tempo passa, più mi convinco che è la scelta opportuna; telefono più volte a Riccardo (mi sono fatta lasciare il numero, stavolta); e più volte mi convince che si poteva fare ma che devo decidere in fretta, perché è vicino il suo matrimonio; decido di ‘trarre il dado’ e lo avverto che giovedì prossimo (la sera in cui non lavora al privè) può essere utile: viene in prima serata, verso le sette, prima che Stefano rientri dallo studio; sono ansiosa e preoccupata; mi bacia appassionatamente per rincuorarmi e mi dice per l’ennesima volta che, se ho dubbi, sono ancora in tempo per fermarmi; non voglio fermarmi e lo obbligo a sedermi accanto sul divano, coprendolo affettuosamente di baci; Stefano ci trova così, che ci sbaciucchiamo.
“Abbiamo ospiti a cena?”
Crede di ironizzare.
“Si, sei proprio l’ospite e il testimone del nostro amore.”
Rispondo secca; accusa il colpo, si siede alla tavola apparecchiata e si versa del vino; io e Riccardo andiamo a sederci e verso le razioni di cibo nei piatti; mangiamo in silenzio surreale; al caffè, comunico.
“Noi adesso andiamo in camera e facciamo l’amore, per tutta la notte. Scegli tu cosa fare: puoi stare a guardarci, non ci imbarazzi perché l’amore è soprattutto chiarezza e limpidezza. Puoi andartene: in questo caso sei pregato di non tornare più e di riconfermare i dati per la separazione consensuale che già decidemmo anni fa. Puoi anche cercare di dare fastidio; in questo caso, sarò costretta a presentare la vecchia pratica di separazione, quella che avevi preparato per motivi fiscali, che ritenevi distrutta e che io ho ben conservato in questi anni; se fai storie, rivelo i motivi per cui l’avevi preparata e fai i conti con la giustizia. Decidi. Noi andiamo. Ciao”
La notte è lunga, difficile e accesa, per tutti.
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