Chiarito il problema con Rosalinda, si poneva con forza quello dei presunti amici, ai quali intendevo far pagare a caro prezzo le corna che mi avevano messo; quando li avevo accusati di essere andati a letto con Rosalinda, qualcuno aveva tentato di obiettare, avevo chiesto se volessero per caso visionare foto e filmati dell’agenzia investigativa a testimonianza di quanto affermavo; qualcuno aveva cercato di andare via, ma avevo imposto che nessuno si muovesse.
“Da lunedì metto all’incasso tutti i vostri debiti, che ho rastrellato: credo che molti finiranno sul lastrico, se non arriviamo ad un accordo!”
“Sei proprio deciso a distruggerci?”
A parlare era stata Noemi la moglie del commercialista Franco, il più esposto tra gli amici.
“Tu cosa faresti al mio posto?”
“Intanto applicherei la legge del taglione: corna per corna, così almeno una parte sarebbe soddisfatta. I debiti li puoi mettere all’incasso secondo i calendari previsti: sei abbastanza ricco per potertelo permettere. Se ti va, io sono pronta.”
Un coro di proteste si levò istantaneamente; poi qualcuno fece riflettere che si tratta si salvaguardare il proprio interesse; quindi, finirono per convenire sull’idea di Noemi.
“Senti, Davide, ormai è chiaro che questa serata è quella del giudizio universale. Rosalinda è la più colpevole ma ti ha proposto un elemento di riflessione che non puoi ignorare. Se avessi un figlio mi terrei quell’ameba per non lasciare crescere mio figlio senza un riferimento paterno: tu sai quello che significa e se veramente è incinta di te, riducila a sguattera, chiudila in uno stanzino, ma non lasciare tuo figlio senza una parvenza di madre. Lo stesso vale per noi: ti proponiamo di fare pubblicamente cornuti quei signori; veniamo da te una alla volta, col legittimo consorte, e tu ci possiedi come e quanto ti va alla presenza dei colpevoli: così sapranno cosa si prova a essere cornuti e contenti.”
“Chi sarà la prima?”
“Se vuoi, mi fermo stasera all’alba lasciando a guardare il mio lui e la tua lei. Ti va?”
Il commento di Daria, moglie di Mario il direttore di banca e da decenni amici miei, fu immediato e sferzante
“Che troia! Assolutamente non ci posso stare. Io non ho accetto di lasciarti usare il mio corpo per pagare il prezzo di una qualcosa che mio marito ha fatto con tua moglie; queste cose si fanno in due e se te la vuoi prendere con qualcuno, fallo con tua moglie e con mio marito. Lui hai sbagliato; paghi lui. Io non sopporto di essere trattata come moneta di scambio per una vendetta personale! Ma soprattutto non accetto che le regole le imponga un individuo Alfa solo perché si sente superiore. Ma non ti riesce di accorgerti che anche in questa situazione, anche questa sera, tenti di imporre ad ogni piè sospinto una tua legge, la tua logica, la tua opinione. Vuoi danneggiarci? Accomodati! Rosalinda ha sbagliato? Massacrala! Mario ti ha fatto le corna? Affossalo! Ma non chiedere a una donna libera di darti niente che lei non voglia dare spontaneamente! Io potrei anche amarti se non lo pretendessi per legge o come risarcimento. ”
Andai in bestia.
“Mario, lo chalet vicino al mio, sul lago, è tuo?”
“Lo sai bene, da tanti anni … “
“Lunedì portami le chiavi e l’atto di proprietà: la tua ipoteca è scaduta.”
“Ma che dici, ho provveduto io stesso a prorogare la validità … “
“SI. Ma ieri pomeriggio hai venduto a me diverse ipoteche, tra cui la tua; io le ho acquistate e lunedì sarà all’incasso.”
Daria saltò sulla sedia: sapevo bene che l’atto di vendita era a suo nome.
“Tu non puoi toccare quello che è mio!!!!”
“No, sarai tu a toccare me. Se non ti va, preparati ad accompagnare tuo marito sotto i ponti quando avrò sparato tutte le bordate che ho in serbo per voi.”
Con un cambio repentino di atteggiamento, che io sapevo essere congeniale a Daria, diventò più morbida.
“Mi dispiace di essere stata così scortese; ma stasera tutto mi sconvolge, dalla tua sortita su tua moglie alle rivelazioni sulle porcate degli amici, compreso mio marito; dalla paura di perdere tutto fino alla considerazione che dieci anni di vicinanza fisica (visto che i nostri chalet sono adiacenti), di amicizia vera, di grande affetto e, perché no, di amore represso e nascosto mi hanno fatto molto male; sono scattata per delusione, non per violenza. Non sopporto di vederti così freddo dopo aver accarezzato per anni, in parte scherzosamente ma anche un po’ con convinzione, l’idea di andare a teatro io e te da soli e di concludere la serata facendo l’amore, come ti avevo confessato di sognare spesso.”
“Se vuoi che andiamo a teatro, io sono qui; e non pretendo neppure un ‘dopo’ se tu non sei disposta a vivere in concreto il sogno che abbiamo accarezzato prima di questa tempesta.”
Intervenne Elvira, moglie del commerciante Nicola, sicuramente la meno colpevole.
“Il discorso di Daria vale anche per me. Io vorrei capire quale sarà il ruolo di noi mogli in questa vicenda: lo strumento della tua vendetta su maschi arroganti? L’occasione per realizzare segreti sogni di rapporti clandestini? Momenti d’amore nascosti dal desiderio di vendetta? Io personalmente mi rifiuto categoricamente di pagare per errori di quel verme di mio marito, nel letto di tua moglie o al tavolo da gioco. Ma il gusto di fare l’amore, intensamente, con una persona che gradisco e che ho sempre desiderato, beh quel gusto mi eccita molto … e non per una sveltina.”
“Elvira, ti spiace raccontarmi l’incontro che sogni?”
“Nessun sogno, niente utopie: andare a cena in un posto elegante, esibirmi e farmi esibire con eleganza; conoscere il mio cavaliere e, se c’è chimica, farci tanto amore; e, se dovesse funzionare, innamorarmi decisamente.”
“Dove ti piacerebbe cenare?”
“Vorrei andare ‘chez maxim’.”
“Organizzati e ti invito a cena! Se tu e Daria, per la cena e per il teatro, avete bisogno di un vestito particolare, compratene uno a mie spese da Consuelo. Mi affascina l’idea di farvi da cavaliere in due serate da sogno.”
A quel punto, le due coppie se ne andarono; restarono con me Noemi e suo marito Franco che venne immediatamente spedito in camera alla sua postazione, una poltrona ai piedi del letto, mentre io e sua moglie finalmente ci baciavamo con amore e ci avviavamo ad una notte straordinaria con spettatori d’eccezione, suo marito cornuto e mia moglie svergognata.
Lui stringeva con forza i braccioli della poltrona obbligandosi a stare fermo mentre ammirava sua moglie che guizzava come un serpente a possedermi da vestita prima ancora di essere arrivati a contatto di pelle; poi sembrò esplodere e mi spogliò con furia, denudandomi in piedi, ritto accanto al letto, dove si sedette e avviò un intenso rapporto orale: perfino Rosalinda sembrava impressionata dall’amore che Noemi metteva in quella fellatio: eppure ne aveva larga esperienza; alla fine, mi spinse sul letto, supino accanto a lei, mi balzò addosso e si penetrò, lanciando un autentico urlo selvaggio, non si sa se per la dimensione nuova per lei o per un orgasmo che le era esploso all’improvviso.
La lasciai rilassare e riposare un poco, poi la feci ruotare e mi dedicai al sedere statuario che si offriva al mio sguardo; presi dal comodino il lubrificante e mi accostai.
“No!”
Urlò Rosalinda, fermandomi; poi, rivolta a Noemi e con un tono più amichevole.
“Non farti penetrare da dietro: vedresti solo il lenzuolo su cui giaci; fatti violare guardandolo negli occhi: così non dimenticherai questo momento e avrai due uomini da amare mentre ti fai amare.”
L’ipotesi era assai suggestiva: cominciai a penetrarla; sentiva male e le chiesi se voleva che mi fermassi; fece cenno che assolutamente dovevo andare avanti, finché avvertii che ero tutto nelle sue viscere: stava lacrimando, mentre guardava suo marito che, inebetito, piangeva forse più di lei; Rosalinda aveva seguito ogni movimento con passione, mi guardò estatica; mi pareva di vederle sussurrare un ‘ti amo’ che rifiutavo aprioristicamente con tutto me stesso.
La possedetti a lungo, finché non la sentii urlare per la terza volta consecutiva; poi esplosi anch’io, abbandonandomi su di lei esausto; andammo avanti così per ore, fino all’alba; Rosalinda era crollata addormentata per terra; Franco era letteralmente distrutto, dal dolore, dall’umiliazione, dalla rabbia; Noemi si era addormentata estatica, forse felice, e se ne stava sul letto in posa strana e disarticolata; anch’io avevo sonno, ma cercavo di tenermi sveglio, almeno finché potevo.
Il sabato successivo era prevista la cena con Elvira, che, allo scopo, era andata con Daria a scegliere un abito adatto nella boutique di Consuelo, sicuramente la più elegante e la più aggiornata della città, che aveva offerto loro due capi assolutamente eccezionali ed invidiabili: quando passai da casa sua per andare a cena ‘chez Maxim’ uscì con un vestito da sera lungo, blu notte, che mi fece sbarrare gli occhi dalla meraviglia: l’abito non solo era all’altezza del ristorante dove andavamo, il più lussuoso e caro della città, ma sarebbe stato all’altezza di qualunque location importante; mi sentivo molto orgoglioso di passeggiare con a fianco una tale bellezza, anche se solo per il breve tratto dal parcheggio al locale; ma anche la sola passerella nel locale per raggiungere il tavolo fu capace di mobilitare la curiosità di tutta la creme della città che, come sempre, affollava il locale; mentre ci muovevamo con sussiego, sentii Elvira sussurrare quasi con commozione.
“Solo per questa passeggiata avrei dato venti anni della mia vita; e invece eccomi qua col più bel cavaliere del mondo; lo so che non dovrei, ma in questo momento ti amo dal profondo del cuore.”
“Perché non provi a dimostrarlo a noi e a dirlo a tutto il mondo?”
Si fermò di colpo in mezzo alla sala, mi bloccò, mi fece fare un mezzo giro e me la trovai in braccio che mi baciava con l’amore di una vera amante; gli sguardi intorno erano di fuoco, per i più disparati e diversi motivi; io gongolavo come un pavone e misi su la coda; riuscimmo, come dio vuole, ad arrivare al tavolo e prendemmo posto tra i salamelecchi della servitù: Nicola era un commerciante molto noto, presidente di molte associazioni; sua moglie era altrettanto conosciuta; ed anche io godevo di una certa notorietà; inutile dire, che la serata fu tutta per il gossip dell’amicizia tra l’avvocato e la moglie del commerciante, i quali se ne fregavano, sparirono in una nuvola di amore e se ne cibarono per tutta la sera, più ancora delle pietanze, genuine ed ottime, che venivano servite al tavolo; al termine, non ci furono esitazioni sulla destinazione; andammo a casa mia e risparmiammo a Nicola l’ulteriore oltraggio della presenza in camera da letto; trovammo invece, accucciata al posto che era stato sempre suo, Rosalinda, che si adattò per terra, ai piedi del letto, rifiutando la camera degli ospiti.
“E’ stato meraviglioso vederti fare l’amore con Noemi; si vede già, anche se siete ancora vestiti, che Elvira è molto innamorata di te; io non mi perdo lo spettacolo del vostro amore. Per ora mi basta quello. Forse un giorno mi perdonerai e tornerai a darlo anche a me. Adesso lascia che vi ammiri e che ti possa amare, in silenzio, attraverso di lei.”
Guardai Elvira, quasi a chiedere la sua opinione; mi fece cenno che per lei stava bene e mi accinsi a spogliarci; Rosalinda volle partecipare al rito, visto che il mio smoking e l’abito da sera di lei erano impegnativi; ci aiutò a metter via capo per capo; quando fummo nudi, la penetrai lentamente, ascoltando con goduria i gemiti che emetteva; quando esplose in un orgasmo quasi liberatorio, mi fermai su di lei restandole inchiodato e le chiesi con amore se voleva davvero che la penetrassi analmente.
“A Noemi lo hai fatto serenamente; perché con me ti fai scrupolo? Non credi al mio amore per te? Io sono innamorata di te, e non da stasera; non mi interessa vendicarti dell’umiliazione che ti ha imposto Nicola; voglio dimostrarti il mio amore, con questa verginità che credo tu meriti più di chiunque altro. Ti prego, fammi ricordare questa notte come la più dolce della mia vita, fammi ancora galleggiare come hai fatto al ristorante.”
“A parte il fatto che al ristorante chi ha galleggiato sono stato io, e per merito tuo; a parte che l’idea della vendetta è ormai un ricordo lontano; a parte ogni considerazione, io voglio sapere solo se hai piena coscienza di quello che faremo e di quello che ne può conseguire. Avevamo detto: amore per una notte; qui si pongono le basi per ben altro; e non vorrei la responsabilità di famiglie che si sfasciano.”
“L’unica cosa che devi fare è farmi felice!”
Quasi fosse ormai un suo preciso compito, vidi Rosalinda andare al cassetto e prelevare il flacone del lubrificante; chiesi ad Elvira come si sentisse e mi rispose ‘in paradiso’: la donna era pronta a farsi penetrare con gioia, mia moglie (lo era ancora, nonostante tutto!) le suggerì di salirmi sopra e di impalarsi a piacimento, fino alla radice; Elvira lo fece, con tanto amore: lo sentii da come ogni volta si fermava per riprendere fiato e andare più a fondo, fino alla fine.
“Sei tutto dentro! Ti amo!”
Mi sussurrò con dolcezza; poi si stese su di me e mi baciò a lungo con amore.
“Non uscire ancora da me; non uscire mai più da me; mi sento totalmente tua; ti sento totalmente mio; ti amo, con tutto il corpo, con tutta me stessa!”
Rosalinda soffriva, di queste espressioni, e si rifugiò nella sua poltrona, accucciandosi come un cane bastonato.
“Possiedila, perdio, faglielo sentire fin dentro lo stomaco! Non vedi come è innamorata? Adesso devi sbatterla come uno zerbino; adesso devi darle sesso dopo tutto l’amore che l’ha riempita. Maledetto, impara anche a fare sesso, dopo avere amato tanto! Ancora non ti convinci che è su questa scogliera che si è schiantata la barca del nostro amore? L’amore solo ideale non basta, ha bisogno di sesso, di tanto sesso; tu non hai voluto starmi a sentire e siamo finiti male. Non distruggere anche il sogno di questa donna e del suo amore meraviglioso; falla godere fisicamente e sarà un miliardo di volte più felice!”
Rosalinda stava mettendo il dito sulla piaga della sua insoddisfazione; e lo faceva per una rivale, una che mi amava solo da una sera; ma lei aveva portato troppo oltre il bisogno di sesso, anche se in cuor mio sapevo che un poco di sana bestialità ci voleva: ruotai Elvira per averla sotto di me e cominciai a picchiare con forza: accoglieva le spinte con gioia, con goduria e mi incalzava a spingere di più.
Dopo la nostra esplosione, Rosalinda, a sorpresa, mi riservò anche una fellatio che mi portò ad una nuova, imprevista erezione; la accarezzai con dolcezza, perché in qualche modo prendevo anche coscienza, finalmente, delle motivazioni che l’avevano spinta a ribellarsi a me e ad andare ingenuamente oltre ogni limite solo per colpire duramente, come riteneva che facessi io; ma non le perdonavo il male che mi aveva fatto e che stavo trasferendo ad altre povere innocenti.
“E’ tutta colpa mia: è vero; ma non capivo più niente ed ho fatto la prima cosa che mi veniva in mente. Spero solo che loro non paghino troppo per la mia avventatezza; in fondo, sono vittime, come e più di me, di un maschilismo ottuso che è per moltissima parte proprio il tuo maschilismo da individuo alfa.”
Non avevo voglia di filosofeggiare; mi dedicai ad Elvira e la accarezzai a lungo, teneramente, su tutto il corpo; passammo tutta la notte ad alternarci fra tenere carezze e violenti assalti.
Al mattino, quando decise di tornare a casa sua, indossai un pantalone ed una maglietta e la accompagnai in macchina, ancora incorniciata nel suo bellissimo abito che la faceva meravigliosa; mi chiese se ci saremmo visti ancora e se le avrei dato ancora tanto amore; le risposi solo che le cose si fanno in due e, se me lo avesse chiesto, io ero comunque tutto suo, come mi aveva detto nell’estasi dell’orgasmo; prima di lasciarla andare, la baciai con la passione di un grande amante o con l’ansia di un innamorato che al momento del saluto è già proiettato al prossimo incontro.
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