Quando siamo in camera, vedo che le mie donne aggrediscono immediatamente i maschietti e dimostrano quello per cui sono là: Nicla sottomette anche visivamente il marito di Nina, che intanto si avvicina e cerca di spogliarmi, mentre Tina si sta già scopando l’altro ragazzo, che presenta un cazzo molto interessante; ascolto Nicla che impone al suo maschietto posizioni, movimenti e pose: gli dà ordini come ad un pupazzetto e se lo chiava con gusto; impongo a Nina di spogliarsi e le urlo di stare attenta a come si muove, se vuole che io goda di lei: è tendenzialmente masochista e si muove molto aggraziata; a metà spogliarello le ordino perentoriamente di spogliarmi; esegue devotamente e spesso la rimprovero anche per niente: ogni volta si accosta più servile e devota.
“Adesso succhiami il cazzo fino a soffocarti; poi ci penserò io a scoparti come si deve; l’hai già preso in culo? No? Allora ci penso io … non mi interessa se non c’è lubrificante, godrai di più mentre ti sfonderò.”
Ha lo sguardo timido di una gazzella e questo mi eccita tremendamente: le lecco le tette bellissime, piene, carnose, dolcissime; e le succhio i capezzoli, ritti e grossi come fragoloni; glieli tiro e li mordo fino a farla lacrimare; geme di dolore ma mi incita a stringere, a succhiare; il marito è spaventato, ma lei lo rimprovera accusandolo di non averla mai fatto godere con le tette mentre adesso sta sborrando come una fontana; anche Nicla non mi riconosce e si ferma impalata a guardarmi, dimenticandosi di umiliare il ragazzo che vuole dominare; solo Tina continua imperterrita a cercare di svuotare il ragazzo che non ne ha più.
Rovescio Nina sulla schiena e le sbatto violentemente il mio cazzo, di stazza più che notevole, nella figa ricettiva e con un dito le martello il clitoride; urla come un animale al macello e, quando qualcuno cerca di rivolgerle la parola, lo respinge accusandolo di interrompere una goduria infinita; la meraviglia è dipinta sui volti di Nicla e di suo marito; le impongo di badare al suo cazzo e di lasciarmi in pace; ci aggiungo uno “stronza” che fa male più a me che a lei; Nina continua a sborrare e a chiedermi di scoparla dappertutto.
“Sta zitta, troia!”
La apostrofo e le ficco il cazzo in gola: lo prende e se lo fa sprofondare nell’esofago, con conati di vomito e principi di soffocamento.
“Adesso mi dai il culo!”
“Mi squarti, con quella mazza, sono vergine.”
“Non lo sarai più fra poco; il piacere supererà il dolore; poi, quello stronzo imparerà a non concederti a un mostro come me!”
Si dispone carponi, le sollevo il culo e la lecco profondamente, chiavandola con la lingua nel culo: geme e gode,versando umori vaginali a fiotti; li raccolgo e li uso per accarezzare l’ano e penetrarlo con le dita: cede amorevolmente e sembra in attesa di essere violentato; accosto la cappella al piccolo ano grinzoso, ancora verginale e delicato, e spingo con forza: urla e piange dal dolore; Nicla si alza e viene in soccorso.
“Troia, fatti i cazzi tuoi e vatti a far sbattere da quel mollusco; a questa meravigliosa femmina ci penso io.”
“Che cazzo vuoi, lasciami inculare come aspettavo da tempo. Sfondami, arrivami allo stomaco, riempimi; voglio sentirti tutto nel ventre!”
Non mi faccio pregare e spingo in profondità; Nicla sembra voler prendere i suoi abiti e andarsene; la fermo per un braccio e la sbatto violentemente sul letto.
“Te l’avevo detto che ci sarebbero state inevitabili conseguenze; l’hai voluto e adesso stai qui e assisti fino alla fine alla mia esibizione da maschio dominatore; hai già svuotato il poveraccio? Appallottalo e mettilo nel cestino; ma da qui non te ne vai finché io non avrò finito con questa signora. Capito?”
Abbassa la testa, sconfitta, e si sdraia sul letto; io comincio a cavalcare Nina, mentre le accarezzo con dolcezza la testa.
“Ti fa ancora male?”
“No, non più; ora è solo piacere; fammi godere, fammi godere tanto, ti voglio, ti voglio per sempre, voglio essere la tua figa, il tuo culo, la tua donna. Scopami ancora!”
Sento l’orgasmo che mi monta dentro; avverto che sto per arrivare.
“Aspettami, fammi sborrare ancora, sento che il culo vuole esplodere; aspetta che vengo di culo, poi sborrami dentro tutto il tuo seme.”
Le passo una mano sul pube e prendo a titillare il clitoride mentre la inculo; sento che il suo fremito cresce fino al parossismo, si agita e trema come tarantolata poi esplode in un orgasmo anale che non vuole finire mai, mentre il mio le si scarica nell’intestino accentuando il suo orgasmo, il suo piacere, la sua goduria; crollo sulla sua schiena e la rovescio su un lato con me addosso, per non pesarle; Nicla è impietrita, lì a fianco; il marito in un angolo piange in silenzio di fronte alla disfatta del culo di suo moglie che lui aveva sempre rispettato.
Quando ci siamo ripresi, lei avverte che deve scaricare almeno la vescica ed espellere la sborra dal culo.
“Conosci la pioggia dorata?”
“Vagamente … “
“Vieni che te la insegno.”
Ho visto in un angolo una piattaforma da doccia con la doccia annessa; ci porto Nina che si tiene un dito sul buco del culo per non spargere sborra in giro; arrivati sul piatto della doccia, le infilo il cazzo barzotto in figa e le chiedo di pisciare in piedi; non ce la fa; spingo la mia vescica ed un primo spruzzo parte; quando tocca l’utero, comincia a scaricarsi anche lei e sento piovere sulle cosce orina e sborra che cade dalla figa e dal culo; lei geme sul mio orecchio mentre mi abbraccia quasi con amore.
“E’ meraviglioso; non so spiegarti la sensazione; sento una lunga, infinita sborrata tua con un’altrettanto lunga, infinita sborrata mia. E’ stupendo chiavare con te. Lasciami un tuo numero; voglio sentirti spesso dentro di me, il mio culo può essere solo tuo, ora!”
L’accarezzo con dolcezza e non rispondo; faccio scorrere l’acqua per levare il grosso e ci asciughiamo con tovaglioli di carta messi a lato; la bacio dolcemente sulla bocca, con amore, stavolta, e la ringrazio dell’immenso piacere che mi ha dato.
“Non ti lascio il mio numero, perché non avrebbe senso; domani torno a Milano; non tornerò forse mai più a Lugano; il ricordo ti dovrà bastare per rendere questa serata unica. Impara ad amare, per favore. Il sesso non basta da solo. Addio!”
Sta piangendo mentre mi allontano con le troie che adesso si sentono meno orgogliose ed arroganti e camminano quasi a capo chino al mio fianco; Nicla ad un tratto mi chiede perché mai con una sconosciuta ho praticato qualcosa che con lo loro non avevo mai tentato, pisciare in figa e farmi pisciare sul cazzo.
“Io non sarò bravo come voi a fare sesso perché io so fare prevalentemente o solo l’amore; ma se una sconosciuta mi offre il culo vergine e se lo fa rompere senza battere ciglio, almeno un motivo per ricordare questa pazza serata glielo devo offrire; un passaggio di pioggia dorata mi è sembrato un giusto omaggio alla sua bellezza.”
“Ma ti rendi conto che adesso il suo matrimonio va in pezzi?”
“Se permetti, il matrimonio va in pezzi perché quell’imbecille ha portato una moglie col culo intatto in un privè e l’ha ceduta ad uno sconosciuto che ha il cazzo più grosso di lui e lo sa usare meglio. Quel matrimonio è andato in pezzi perché due donne hanno costretto suo malgrado un poveraccio ad assistere alle evoluzioni vendicative della sua compagna che non esita a farsi sbattere da uno sconosciuto e si offende perché il suo compagno decide di fare sul serio e scopa con tutti i crismi. Quel matrimonio è andato in crisi per la supponenza e la presunzione di tre persone che hanno creduto di poter giocare con i sentimenti e la sensibilità degli altri ed hanno solo dato vita ad un episodio della loro lotta quotidiana per essere più bravi, più fighi, più forti. Chi sbaglia paga; ha pagato lui, per ora, avete pagato e continuerete a pagare voi, perché è vero che quel matrimonio è finito, ma i nostri rapporti non stanno mica tanto bene.”
Torniamo a casa, vado in camera degli ospiti e suggerisco a Nicla di dormire con sua madre: mi guarda con lo sguardo umido delle bestioline che ti fanno le moine per essere accarezzate; mi giro e crollo sul letto, nella mia rabbia per essermi piegato al livello più basso e volgare del sesso.
La mattina della domenica di solito è fatta per poltrire; ed io lo faccio molto volentieri, stiracchiandomi nel letto vuoto; poi capisco che è ora di alzarsi, vado in bagno e mi ristoro con una lunga doccia fredda; faccio tutte le funzioni che per un anno ho fatto in quel bagno e, ancora con il pigiama e le pantofole, vado giù, verso la cucina, per fare colazione; madre e figlia sono sedute al tavolo e fanno colazione in silenzio; Nicla lo rompe.
“Sai ancora fare tanto sesso, se vuoi.”
“Ti ricordi il discorso con Flora ieri mattina? Dov’è l’amore?”
Interviene Tina.
“Uffa, hai proprio rotto tu e l’amore.”
“Mi avete nauseato col vostro bisogno di sesso e di confronto. Io stamane torno a Milano; tu che fai?”
“Io vengo domani con mamma.”
“Attenta alle sorprese; se il privè non vi è bastato, domani ve ne accorgerete.”
“Che vuoi dire?”
“Nulla, così per avvisare; attente alle sorprese.”
Lunedì mattina, alle otto, sono al mio posto, in fabbrica; dopo dieci minuti la segretaria mi avverte che una persona chiede di me: è Francesco; dico di farlo entrare e dopo poco sono davanti a me lui e sua moglie col pancione; li faccio accomodare; avverto Francesco che le novità non gli sono favorevoli; gli chiedo se ha già lasciato il posto di lavoro; fa una faccia multicolore e sembra chiedermi che succede.
“Senti, amico carissimo, purtroppo tua sorella e tua madre hanno rivelato ancora la loro vera immutabile natura di troie ambiziose; in altre parole, l’idillio tra me e Nicla è già concluso; si è rivelata inaffidabile, sleale e succuba della madre che non ammette concorrenza. Io resto sempre convinto che voi potete lavorare con me; però avere rapporti familiari con una pessima concorrenza, crea problemi.”
Risponde la moglie che io neppure conosco ma che mi ispira fiducia.
“Carlo, io non ti conosco e conosco poco anche mia suocera e mia cognata; però conosco Francesco e so che è la lealtà in persona. Se te la senti di rischiare con uno che ti è stato e che ti è amico, Nicla, Tina e Francesco sono uniti da un vincolo di sangue ma non sono la stessa cosa.”
“Francesco, tu sei esperto di ricerca o mi sbaglio? … E mi risulta che conosci Nicola … è vero? … Allora va al reparto ricerca, parla con lui e organizzati; da oggi cominci a lavorare con lui; per tua moglie dobbiamo aspettare che nasca il bambino per cercare l’incarico che le si confà. Possiamo rimanere intesi così?”
“Va bene; ti prego, credimi, ho già dovuto fare questa scelta dolorosa; voglio bene a mamma e a Nicla; ma voglio bene soprattutto a mia moglie e alla prospettiva che rappresenta. Sarò l’amico di sempre, oltre che il dipendente di cui puoi fidarti.
Proprio in quel momento si ode un certo trambusto all’ingresso: una guardia di vigilanza mi avverte che due signore fanno storie per entrare e risultano indesiderate; gli dico di farle scortare al mio ufficio e di non usare i guanti bianchi.
“Carlo, per favore, cerca di usare tutta la tua pazienza e di aggiungerne ancora: considerale malate di onnipotenza.”
Entrano le signore con scorta; Francesco e sua moglie escono e non le salutano, né ricevono segni di amicizia dalle due; in quello stesso momento entra il notaio, si siede e con voce molto professionale esordisce.
“Signora, mi duole avvertirla che i patti sottoscritti sabato sono stati invalidati, sicché Lei non è più nell’organigramma dell’Azienda.”
“Notaio, mi dia le carte da firmare e chiudiamo questa vicenda assurda.”
Faccio segno ai vigilanti che le accompagnano fuori; quando il notaio esce, le due chiedono di rientrare e le faccio passare.
“Insomma, perché mi hai trattata così?”
“A voi piacciono le sfide, io cerco l’amore.”
Tina scoppia a ridere clamorosamente.
“L’amore, l’amore, ma chi è che si innamora oggi? Gli illusi e i falliti come te. Chi vuoi che si innamori di te?”
“Io, per esempio!”
A parlare è stata la mia impeccabile segretaria; resto di sasso io per primo.
“Rachele, ma che dici, tu innamorata di me?”
“Se è vietato, scrivilo su un cartello dietro la testa perché mi risulta che ci sono tante donne che ti adorano che potresti avere un harem.”
“Ma che dici? Innamorata? Infatuata, ti crederei; entusiasta, è possibile; ma innamorarsi è un verbo assai impegnativo!”
“Come pendere dalle tue labbra qualunque cosa tu dica? Come guardarti negli occhi sperando di leggerci quel lampo che ti dia il senso di non esserti estranea? Come cercare il più piccolo contatto con la tua pelle per sentire una briciola del tuo calore? Come starsti a fianco adorandoti e sapere che la tua compagna non è proprio un modello di buonsenso e non sbatterla via a calci e saltarti addosso? Io lo so cosa significa; lo provo, l’amore, e tu puoi vietarmi tutto ma non questo. Adesso, se lo ritieni, licenziami.”
“Due cose: tu sei fidanzata; come vivi questa doppiezza? Se mi ami, saresti poi disposta a fare l’amore con me? Se ti invito a cena e al dopocena, come reagisci?”
“In ordine: il mio fidanzato sa che sono innamorata di te; accetta la situazione perché gli ho promesso che prima di lasciarlo gli parlerò a cuore aperto. Voglio fare l’amore? Dimmi di si e lo facciamo qui, sulla tua scrivania, per terra, davanti a queste signore; io non scherzo con l’amore. Vuoi portarmi a cena e farmi fare l’amore: se non scegli un posto dove i miei abiti ti farebbero sfigurare, vengo anche subito e non solo a cena ma anche all’inferno.”
“Questa è una carta di credito dell’azienda: vatti a comprare il più bel vestito nell’atelier qui a lato, non guardare i cartellini e compra tutto quello che può fare della tua enorme bellezza una meraviglia della natura; compra anche un abito da sera per me che non ce l’ho; prenota da “Maxim” e stasera sarai la mia regina.”
“Posso prenderti sul serio?”
“Rachele, questa frase l’ho detta molte volte nella mia vita; ma è la verità, credimi; questa sera e fino a domani mattina io sarò totalmente, profondamente, convintamente innamorato di te; anzi, diciamo che il mio amore crescerà in proporzione col tuo; domani mattina tu sarai la segretaria e io il principale, ma avremo nel cuore e nel ricordo una serata da re e regina.”
“Dove possiamo cambiarci?”
“Nel mio appartamento a lato. Vai.”
Mentre Rachele esce, entra Francesco che ha incontrato Nicola; accarezza il viso impassibile della madre e le fa “ciao”; poi si rivolge a me e mi comunica che con Nicola sono d’accordo che valuteranno insieme il progetto assai importante; ancora mi ringraziano, cerca di parlare con la sorella che vede piangere in silenzio; lei rifiuta.
“Siamo al convegno dei falliti: la segretaria innamorata, il fratellino fallito, che altro ci riserva il grande condottiero?”
“Mamma, ti prego, non essere ancora più stupida e volgare di come ti sei fatta riconoscere.”
“Lascia dire, Nicla; la sconfitta fa male a tua madre più delle mazzate; e tu ti stai avviando sulla sua strada; se non ti fermi, sei già fallita. Ti rendi almeno conto che adesso devi fare una scelta che per te è molto pesante?”
“Che scelta?”
“Dove andrai adesso? A Lugano, dove tua madre ti tiranneggia volentieri? A casa mia dove ho dato appuntamento ad una ragazza innamorata come io desidero? Sotto i ponti? Su un marciapiede? Hai perso; e, se non accetti la sconfitta, perdi ancora. Fammi sapere dove vai, perché devo fare anch’io le mie scelte.”
“Sei innamorato di Rachele?”
“Sono stato chiaro come sempre, come con Tina, come con te: stasera la amerò con tutta l’anima; se dovessi rimanerci impigliato, non mi pentirò e la scelgo come compagna; se mi basterà una notte (una noche mas, ricordate?) domani sarò lo stesso di oggi di sempre.”
“Tu cosa desideri?”
“Innamorarmi di una che non mi pugnali alle spalle, al primo desiderio di scopare.”
“E se lo avessi fatto per registrare la tua gelosia, senza scuoterti?”
“Saresti stata al solito incapace di leggere le persone: quando ti ho detto che dissentivo dalla tua scelta, parlavo per gelosia, oltre che per buonsenso; tu hai voluto leggere a modo tuo e non hai visto neppure la gelosia nascosta nella rabbia con cui martoriavo quella povera ragazza che in quel momento rappresentava te, anzi voi due, perché facevo a lei il male che voi due meritate. Adesso, per favore, mi dici cosa vuoi fare o dobbiamo sempre pendere dai tuoi dubbi e dalle tue incertezze?“
”Nessun dubbio, nessuna incertezza: sei il mio compagno e non ho bisogno di essere capitana d’industria per vivere il tuo amore; ti amo, anche se non te lo so dire; merito esattamente il male che hai fatto a Nina. Io sono alla canna del gas: chiedimi di elemosinare una carezza; calpestami: non cacciarmi via; non ho nessuno a cui appoggiarmi; voglio stare con te finché mi reggi.”
“E tua mamma?”
“Sei maledettamente severo e realista; finché ero una pedina nel suo gioco di potere, mi coccolava e mi aizzava contro di te, fino al club privè; adesso già prende le distanze pronta a scaricarmi; non mi accetterebbe più, ora, in casa sua.”
Quasi evocata, rientra Tina che si era allontanata; e fa cenno alla figlia che deve andare.
“Nicla, quando siamo andati su a Lugano, tu dovevi firmare con Brambilla un contratto da segretaria che io rifiutavo perché ti vedevo più in alto di Rachele; oggi posso proporti un contratto da segretaria perché vorrei garantirti un lavoro anche nel caso che dovessi cedere l’attività come fece tua madre; accetteresti una poltrona come quella di Rachele, al servizio di un capo, subalterna ad un maschio arrogante e maschilista o cercheresti un altro privè per rifarti?”
”Mi offri un lavoro?”
Tina è sul punto di esplodere; tira per un braccio la figlia e l’avverte che va via, si augura di rivederla presto; intanto rientra Rachele che mi fa segno che tutto è a posto.
“Carlo, perché giri il coltello nella piaga del privè?”
“Primo, perché è la ferita più recente e ancora sanguina; secondo, perché è nata dalla tua dichiarazione che non sopporti la mia personalità che hai definito maschilista; terzo, perché è uno dei tanti suggerimenti pericolosi di tua madre; quarto, perché sono stato più sporco e volgare di voi; quinto, perché mi sono abbassato a gareggiare con due troie. Quanti motivi vuoi per convincerti che mi hai ferito a sangue e che la ferita non si rimargina, che per quello che è successo ho bisogno di respirare tanto amore, adesso; e non so neppure se sia giusto che io coinvolga una brava ragazza in questa stupida diatriba. Scusami, Rachele, se parlo così brutalmente; ma forse è un bene che tu sappia prima tutta la verità.”
“Posso interferire in questioni che non sono mie? … Grazie per la brava ragazza, ma solo se non significa scema: io ho scelto di innamorarmi: niente di nuovo sotto il sole; vedo che anche Nicla si è innamorata ad un certo punto e, prima di lei, anche sua madre. Loro, tutte e due, hanno tradito la tua fiducia e hanno fatto discorsi e gesti assurdi. Io da sempre condivido segreti che non devono uscire; ma non ho avuto, non ho e non avrò mai una frase o un gesto assurdi; sono leale con chiunque mi frequenti, da amico, da collega o, perché no, da amante: ho già avvertito il mio fidanzato che stasera sarò la tua regina; non mi va che una malalingua glielo riporti; se vuole lasciarmi per questo, addio; se mi consente questo margine di autonomia, lo amo anche di più. Se mi innamorassi di te sul serio, il primo a saperlo saresti tu. Se però accetto che tu sia il mio fidanzato, il mio compagno, il mio amante, io non farò mai niente che sia contro di te, solo per ingelosirti o perché mi piace farti soffrire. Il mio abito da regina è pronto; anche il tuo abito da principe. Vuoi ancora recitare questa sera?”
“L’unica verità che posso testimoniare è che questa sera non reciterà un bel niente: sarà innamorato di te, profondamente. Se scavando dentro di te troverà una stessa profondità, ti diventerà indispensabile per vivere e, se non ti controlli, arriverai a odiarlo come me. Storia di un amore vissuto.”
“Io lo amo da almeno un mese in maniera dolce, tenera, infantile; stasera voglio vivere la favola della ragazzina che diventa regina; poi voglio sentire la sua mascolinità penetrarmi dappertutto e mi domanderò se voglio piegarmi a lui fino ad adorarlo; se voglio essergli a fianco ricordando un bel momento ed aggrapparmi alla mia vita per sopravvivere o se voglio essere spettatrice distaccata di un grande trionfo. Questo lo deciderò dopo che lo avrò sentito dentro di me; ma una cosa è certa: non combatterò né contro lui che mi sventra né contro il mio corpo che si fa sventrare. Lo accetterò come il respiro che mi tiene in vita, come le mestruazioni che mi fanno femmina, senza guerre e senza corazze. Storia di un amore che voglio inventarmi da questo momento.”
“Bella, questa dialettica tra due donne che si spartiscono le spoglie del mio orgoglio maschilista; però, cara Nicla, ammetterai che è assai più bella, significativa e intrigante della lotta tra due arpie che si contendono il cazzo non per amore ma per essere più brava.”
“E’ stato anche questo che ha ucciso il nostro, diciamo, idillio?
“Ho visto male? Non ho capito l’amore che vi animava? Forse ho sbagliato io a valutare la vostra sensibilità?”
“No, tu sei sempre maledettamente chiaro e preciso. E’ vero: io e mamma ci siamo battute a chi sapeva soddisfarti meglio; e, per scegliere il meglio, abbiamo optato per il peggio. Credi che riusciremmo a fare l’amore in tre, io tu e Rachele?”
“Perché lo chiedi?”
“Perché non credo che stasera la porterai in uno squallido hotel: non è da te; hai troppo vivo il senso del sentimento e il rispetto della sensibilità per esporre una ragazza alla gogna della reception; ma io ho bisogno di un letto e ho deciso che occuperò proprio quel letto dove voi farete l’amore, che tu mi voglia o no. Ci sarò anch’io?”
“Hai finito di attaccare il carro davanti ai buoi? Io stasera farò l’amore con Rachele ma con modi e forme che non so immaginare; non avrò bisogno di imboscarmi. E adesso dimmi solo se accetti un contratto da segretaria: ti ho posto la domanda prima che tua madre andasse via; tu, come al solito, hai distolto l’attenzione su Rachele, arrivi a chiedermi se dividerai con lei il mio letto e il mio amore e non mi dici se vuoi condividere la sua scrivania in questo ufficio. Allora, che decidi?”
“O questo o la morte civile? Io non sono Rachele, non so tenere un segreto, non so amare in silenzio, non so rispettare gerarchie: cosa credi che potrei fare se non danni?”
“La tua autostima, evidentemente, è ai livelli più bassi, oggi. Vuoi che ne riparliamo un altro giorno? Io mi metto a lavorare, fino a stasera. Rachele, con te ci vediamo a casa per farci belli per la cena e il dopocena.”
La giornata è piena e frenetica, ma alla fine si riesce a dare un assetto a tutto; all’imbrunire, decido di smettere e di dedicarmi a me stesso: la scoperta di Rachele innamorata mi ha sconvolto; ma me ne rendo conto solo alla fine, quando, deposti gli oneri del lavoro, la mente si dedica alla serata e mi chiedo quanto voglio rischiare in questa nuova storia, mentre ancora cerco di valutare le macerie di quella appena finita.
Arrivano insieme (e dovevo aspettarmelo) e Rachele è stata già dal parrucchiere che effettivamente le ha sistemato meravigliosamente i capelli: è più che bellissima, è da infarto; la fermo per un momento e mi ci pongo di fronte; non c’è bisogno di parole: mi passa le braccia intorno alla vita, si appoggia a me e abbandona la testa sulla mia spalla; con un dito le sollevo il viso e mi immergo nei suoi occhi azzurri così profondi; guardo con amore la sua bocca carnosa e mi abbasso a baciarla: apre le labbra e mi si offre con intensa emozione: sento gli uccelli cinguettare, le farfalle ballarmi nello stomaco e le stelle esplodermi davanti agli occhi; è un bacio unico, casto addirittura, che non ricordo di avere scambiato se non sulla spiaggia, anni fa, con la prima fidanzatina; ci svegliamo dall’incanto e ci sorprendiamo abbracciati.
“Se vuoi, saltiamo la cena; sento di amarti troppo per perdere ancora tempo.”
“No, piccola: ti ho promesso che sarai regina e tu non puoi scappare: adesso ti fai ancora più bellissima, devi far girare la testa anche ai sassi, sarai la mia regina ed io sarò orgoglioso di te; e non pensare di nasconderti prima che la favola cominci.”
Quando esce dal bagno in perizoma, reggiseno e scarpe con tacco, mi metto a balbettare per l’emozione.
“Sei … sei … sei … bella … bellissima … meravigliosa .. straordinaria ..infinita … sei tutto … sei tutto quello che un uomo può desiderare, sei venere, sei la bellezza, sei l’amore. Adesso, si, che ti amo davvero!!!!”
“Non è lui l’innamorato che sbava; sei tu che sei veramente bellissima: e sappi che io non concedo mai niente alle altre, specialmente quando stanno per prendersi l’amore che non ho saputo difendere. Sono incantata davanti alla tua bellezza.”
Si vede che Rachele arrossisce e questo arricchisce, se possibile, il suo fascino; tocca a me indossare il vestito nuovo e mi accorgo che è perfetto per me; istintivamente, chiedo a Rachele.
“Chi vi ha dato le mie misure?”
“E credi che dopo averti vivisezionato avessi ancora bisogno di domandarle? L’unica che non conosco la scoprirò stasera e, da come parla Nicla, sarà una meravigliosa sorpresa. Sei ancora dell’idea di andare a cena o mi lasci scoprire subito la tua bellezza segreta?”
“E tu credi che per un’ora in più d’amore io possa rinunciare a far vedere al mondo quale eterea bellezza si è innamorata di me? Offendi il mio amor proprio! Tutti dovranno vedere quanto è bella la mia regina!”
A coprire il vestito, indossa uno scialle di fine sangallo; per me c’è uno spolverino leggero; salutiamo Nicla che si asciuga una lacrima, scendiamo in cortile e prendo l’auto personale; in meno di mezz’ora siamo al ristorante, dove facciamo un’autentica entrata trionfale che suscita occhiate e commenti anche di un pubblico avvezzo alla bellezza e al lusso; lasciamo scialle e soprabito al guardaroba e attraversiamo il salone con sussiego mentre io penso tra me “mamma, ti aspettavi tanta eleganza?” e, nel mentre formulo questo pensiero, mi accorgo di essere assai più vicino al ciglio del nuovo burrone d’amore; ma, a questo punto, sono disposto ad osare l’inosabile; prendiamo posto ed un solerte cameriere ci aiuta a liberare il tavolo; riconosco qualche viso ed accenno a qualche saluto; molti occhi sono puntati sulla bellissima sconosciuta e molti sussurri preludono al gossip del momento: la nuova stella degli industriali con una bellissima starlette assolutamente sconosciuta.
La cena scivola senza che io mi renda conto di quel che mangio, perso come sono negli occhi di Rachele che si rivela stupendamente all’altezza della serata (“Ragazzo mio, hai visto quanto è brava? E’ la tua donna, questa” mi suggerisce mamma nel mio inconscio); quando finalmente abbiamo finito di cenare, ripercorriamo il salone come su un tappeto rosso e, arrivati all’uscita, per un raptus incontrollato, mi giro, l’abbraccio e la bacio con passione nuova: l’applauso è spontaneo a caloroso, lei arrossisce ed io mi sento orgoglioso del mio amore; saliamo in macchina e mi avvio senza meta; lei sembra capire la mia esitazione.
“Portami a fare l’amore; adesso sono io che ne ho bisogno!”
“A casa c’è Nicla; in albergo, ha visto giusto, non ti ci porto, come un’amante clandestina; dove possiamo andare?”
“Tu mi porti nella tua casa, in quella che potrebbe diventare la nostra casa, con quello che sta succedendo. Visto che ti poni il problema, Nicla mi fa più pena che paura; non è un problema per me; so che lo è per te, sul piano umano più che su quello sentimentale. Quindi, andiamo a casa tua, facciamo l’amore e chiediamo a Nicla di farsi da parte: la camera d’albergo che dovresti prendere per noi, la paghi a lei e ci lascia in pace.”
Non posso fare a meno di baciarla, anche se sto guidando: un bacio lieve, quasi un soffio, ma per dirle l’entusiasmo che mi ispira la sua capacità di affrontare le cose e cercare le soluzioni. Torniamo a casa, chiedo a Nicla di sistemarsi in albergo per una sera e le consegno le chiavi della macchina piccola di servizio per muoversi e la mia carta di credito per fare fronte alle spese; se ne va col broncio.
Non appena la porta si è chiusa alle sue spalle aggredisco quasi Rachele col mio abbraccio e con una immensa voluttà le bacio la bocca ed insinuo la lingua per cominciare ad amarla da lì, dal bacio, mentre già il sesso si eccita e balza in vanti, contro il suo ventre: vedo che sbarra gli occhi considerando le mie dimensioni non proprio standard.
“Dio mio, sei sicuro che non mi farai male?”
La guardo sorpreso: in alcuni momenti è molto decisa, aperta, esperta; poi appare disarmata, quasi spaventata.
“Rachele, non ho mai ammazzato nessuno. E’ possibile che la tua esperienza sia tanto limitata?”
“Ho fatto l’amore completamente solo col mio fidanzato; lui mi ha sverginata e finora ho sentito solo lui nel ventre; credo che la sua dotazione non sia la metà di quel che sento; e mi preoccupa quello che avrò davanti alla fine. Potresti scoprire che sono quasi vergine.”
“Lo sei; se non fisicamente, nel senso dell’imene rotto, certamente come esperienza e conoscenza.”
“E se ti dicessi che vorrei che mi sverginassi tutta, dappertutto?”
“Direi che mi fai camminare lungo il burrone e poi mi spingi giù.”
“Non te la senti?”
Mi sfilo rapidamente il vestito e rimango in calzini e slip; comincio a spogliarla e le faccio cadere a terra il bellissimo vestito da sera; accarezzo il corpo seminudo e le pizzico lievemente i capezzoli che si sono induriti, mentre continuo a ruotare la lingua nella sua bocca alla ricerca di emozioni nuove; la sento gemere dolcemente a più riprese; appoggio una mano sul pube e la ritraggo bagnata.
“Hai già avuto un orgasmo?”
“Non lo so; mi sento bagnare quando mi tocchi, ma non so dirti se sono già venuta.”
Infilo un dito spostando il perizoma e sento che l’imene è ancora lì, intatto.
“Amore, tu sei ancora vergine. Perché non mi dici la verità?”
“Quale verità? Ho un fidanzato, me l’ha messo dentro qualche tempo fa e spesso lo fa ancora.”
“Scusami, ma devo chiarire. Quando ti ha penetrato, hai sanguinato? … No?!?! Quanto è grosso il cazzo del tuo fidanzato? … Mio Dio, come un dito? … allora è chiaro che non è riuscito a sverginarti. … Quando gode ti lascia sperma dentro? … Non dentro? Fuori??? Cristo, bambina tu sei vergine come la madonna. Io non posso deflorarti se prima non sono certo che ti voglio come moglie, come compagna, insomma prima devo decidere che starai con me per sempre!”
“Cosa ti cambia se mi svergini prima e dopo mi sposi, ti fidanzi, vieni a vivere con me, insomma ti metti con me? Io sono qui, ti voglio, ti amo, sono vergine. Sverginami e sarò ancora più tua. Se poi non mi vorrai, ti avrò amato; se mi vorrai per sempre sarò per sempre la tua donna. Non stiamo a spartire in quattro il capello. Fammi fare l’amore, poi filosofeggia. Va bene?”
Come sempre questa sera, è lei che mi suggerisce le soluzioni; mi decido ad accarezzarla come avrei dovuto fare da subito: la spingo delicatamente sul letto e comincio a baciarla con voluttà nella bocca che a mano a mano si fa più sensuale ed ardita, mi cattura la lingua e me la succhia, insinua la sua e mi percorre tutta la cavità provocandomi fitte tremende di libidine; intanto il cazzo prende sempre più potenza e si colloca prepotente sul suo ventre; sgancio il reggiseno e lo getto lontano; le sfilo delicatamente il perizoma e mi fermo a guardare la bellissima figa depilata tranne un ciuffetto in cima; sarei tentato di leccarla tutta ma capisco che per lei è troppo.
Mi sfilo acrobaticamente i boxer e, quando sono nudo, prendo la sua mano e la porto delicatamente sul cazzo.
“Lo senti il mostro che ti fa paura?”
“Stupido: come può fare paura qualcosa che riesce a dare tanto piacere; lo amo come amo te, ne ho voglia come di te, ne ho bisogno come di te. Forse ora mi sventrerà, forse può anche uccidermi, ma ora voglio sentirlo dentro di me. Poi mi sverginerai tutta, in tutti i modi; ora sono concentrata su lui e sulla mia fessura: entra e fammi sentire che cos’è l’amore fisico, quello vero che solo con te voglio provare.”
Accosto la cappella alla vulva e la sento contorcersi dal piacere; mi spingo un poco più avanti e lei si apre, mi aspetta, mi cerca; un’altra spinta e sento che la punta si ferma contro l’imene.
“Adesso sentirai un piccolo dolore, quando ti sverginerò; dura poco, poi ti passerà e sarà solo amore, piacere, gioia di vita.”
Spingo a fondo e sento che si irrigidisce, inarca la schiena poi si rilassa, mi abbraccia con forza; geme e piange dolcemente. Ho paura di non essere abbastanza delicato; le prendo i piedi e me li passo intorno alla vita.
“Decidi tu come e quando farmi entrare tutto in te; perdonami se ti ho fatto male e sappi che ti amo al di là di ogni cosa al mondo; ti ho preso la verginità e sei mia: qualunque cosa succeda, sei mia!”
Le asciugo le lacrime a furia di baci e sento che si spinge contro il mio ventre con sforzi quasi disumani finché mi sento tutto dentro di lei.
“Hai detto bugie: sei tu che sei mio, è la tua mascolinità che è imprigionata dentro di me ed io vorrei morire adesso per non perderti più. Non so come ho fatto finora, ma so cosa mi sono persa; e voglio riprendermi tutto. Tu mi insegnare a fare l’amore alla grande; io voglio solo te e voglio far l’amore solo con te, ma con te voglio essere più troia di tutte le amanti che ti hanno avuto. Perdonami, avevo promesso di non dirlo; ma adesso non voglio e non posso più rinunciare a te.”
“Disgraziatamente per il tuo fidanzato, io adesso non ti lascio più; per la prima volta in vita mia dico a una donna che voglio sposarla e lo dico a te; forse lo devo anche a mia madre.”
“Che c’entra tua madre?”
“Era povera, forse come te; abitavamo in una casa come la tua; era bella come te; è morta giovane, di stenti, e avrebbe voluto vedermi sposato con una brava ragazza: credo che avrebbe scelto te. Sei mia, sei quella che aspettavo; e adesso voglio anche sposarti. Ci stai?
“Che posso dirti? Che lo voglio anche perché, a questo punto, tua madre ci mette insieme e ci aiuta dall’alto? Si, voglio sposarti e voglio che siamo felici, tutti e due: non ricchi; semplicemente felici.”
Mi emoziono, davanti al sangue che mi copre il pube: non avrei mai pensato di incontrare una vergine così bella, così intelligente, così giusta; passiamo la notte ad amarci e non riusciamo a sperimentare molte posizioni del kamasutra; a malapena riesco ad abituarla a toccarmi e a masturbarmi, a toccarla e a masturbarla; devo scoparla in figa altre due volte, prima che prenda coscienza completa della dinamica che le scatena orgasmi infiniti: ci addormentiamo abbracciati a notte fonda, ricordando l’una all’altro che domani si lavora, non è festa.
Quando in ufficio comincia l’attività, la notizia che tutti commentano è un trafiletto di cronaca con foto: come avevo sospettato, il gossip si è scatenato, intorno al giovane industriale e alla bellissima sconosciuta; benché Rachele sia riconoscibilissima, nessuno ha il coraggio di ammettere che la mia segretaria è la regina di una serata al Maxim; ci sorridiamo complici e la bacio anche in ufficio, nonostante tutti; quando arriva Nicla, per un attimo c’è il gelo; poi lei disinvoltamente mi chiede a chi deve parlare per il contratto da segretaria; le indico il caporeparto e le dico che se non la disturba, può entrare nella mia segreteria insieme a Rachele; meravigliandomi un poco, accetta e va a definire il contratto; quando torna, prende posto accanto alla ragazza e le chiede com’è andata; sento che Rachele le risponde candidamente.
“Io non lo sapevo neppure, ma ero vergine e lui mi ha sverginato.”
Nicla si volta dalla mia parte, mi guarda e sussurra.
“Adesso è veramente tutto finito. Devo anche trovarmi un alloggio.”
Il rapporto tra me e Rachele diventa ogni giorno più impegnativo: la segretaria quasi asessuata, silenziosa, discreta ed efficiente, è esplosa per diventare una meravigliosa donna molto appassionata; sono propenso a sposarla, ad avere un figlio da lei, per lo meno a convincerla a convivere; ma Rachele non prende nemmeno in considerazione l’idea di allontanarsi dai genitori di cui si occupa fattivamente, non accetta di venire a vivere con me lasciandoli da soli; viene spesso a fare l’amore a casa mia ma assai raramente si trattiene la notte.
Quindi, non è indispensabile che Nicla si cerchi un nuovo alloggio; per un paio di mesi, troviamo una soluzione provvisoria che sta bene a tutti: un divano letto in un angolo appartato del piccolo appartamento può consentirci di vivere senza pestarci i calli (solo qualche volta devo difendermi dagli assalti di lei che mi chiede almeno una noche mas); quando Rachele può fermarsi una notte con me, Nicla usa i tappi per le orecchie; quando Nicla trova un’occasione per scopare, sono io stesso a fornirle la carta di credito per andarsene in un motel.
Una fortunata coincidenza ha fatto si che il gruppo di ricerca abbia dovuto ingaggiare un’impresa per i nuovi laboratori, che poco vicino alla fabbrica sia sorto da tempo un quartiere residenziale abbastanza pretenzioso ma in fondo elegante e che nella squadra dei collaboratori ci sia un ottimo architetto: l’idea è quella di acquistare nel nuovo lotto due appartamenti gemelli, su due piani, e renderli comunicanti con una scala interna: in questo modo posso chiedere a Rachele di andare a vivere in quello superiore e alloggiare i suoi in quello inferiore, consentendole di essere al tempo stesso presente ed autonoma; per l’acquisto degli appartamenti, a parte la condizione di grande benessere che ho raggiunto, c’è sempre la villa in Svizzera che ho avuto in aggiunta al famoso 20 per cento, che è affittata ma che venduta mi consentirebbe senza alcun dolore il nuovo acquisto.
Come avevo largamente previsto, Rachele si ribella all’idea di sembrare una “mantenuta” dall’amante ricco e non serve a niente neanche la mia professione d’amore e l’intento di sposarla, se non vuole solo convivere; mi chiede con ferocia perché vorrei far spostare i suoi; mi incazzo sul serio.
“Perché se avessi potuto farlo per mia madre non ci avrei pensato un momento; per amore dei tuoi, dovresti accettare senza pensarci su.”
“Accettare di farli vivere nella casa del mio amante? E se ti gira male e mi lasci? Restiamo in mezzo a una strada?”
“Niente affatto! Acquisto fifty fifty: un appartamento a tuo nome, uno a mio nome, così quando mi troverai troppo vecchio o troppo maiale per i tuoi gusti e mi caccerai via, io me ne starò a casa mia e tu coi tuoi a casa tua.”
“Perché vuoi che ti venda il mio amore? Io te lo do perché ti amo, non perché tu mi garantisca qualcosa.”
“Rachele, non ti prendo a schiaffi perché non voglio finire in galera. Solo l’idea che io voglia comprare il tuo amore o anche il tuo corpo o, con la peggiore delle espressioni, le tue prestazioni: solo questa insinuazione mi offende a morte. Se ti regalassi un diamante da museo, penseresti che ti voglio comprare? … Perché allora interpreti così male un regalo che faccio a te, al tuo amore di figlia che riconosco nel mio, ai tuoi genitori che ti hanno fatto nascere per me. Perché non cominci a guardare a un futuro con me, con un figlio nostro,per esempio?”
“Carlo, io vivo ogni giorno con Nicla accanto e so come la sua vita sia difficile, in tutti i sensi; io non voglio ridurmi così solo perché tu potresti cambiare idea e trovare un’altra Rachele che ti strappa a me; se non lo capisci, la mia è paura, terrore della delusione. Compra gli appartamenti, andiamo a vivere insieme, facciamo un figlio: ma solo se veramente pensi di amarmi fino alla fine dei miei giorni: non ti chiedo fedeltà o impegni vari; ti chiedo solo amore.”
“Meraviglioso, stupido amore mio!”
L’abbraccio mentre prendo il telefono e chiamo Nicola per avviare il progetto degli appartamenti; impiegano assai meno tempo di quanto avrei potuto immaginare e, nel giro di una settimana, possiamo prendere possesso delle due abitazioni, quella dell’ammezzato (con minori problemi architettonici) per i genitori di Rachele e quello del primo piano per noi; Rachele ha da ridire su tutto, a cominciare dalle dimensioni dell’appartamento, secondo lei sovradimensionato alle nostre esigenze, e devo ancora fare appello alla sua capacità di proiettarsi in avanti e immaginarsi un nugolo di bambini nostri; sorride, mi abbraccia e decide di fare l’amore seduta stante.
La notizia non poteva passare sotto silenzio, in fabbrica; non si contano gli auguri, i commenti ma soprattutto le scommesse sulla data del matrimonio; naturalmente, la più scalmanata (per nascondere la rabbia) è Nicla, che arriva a propormi una serata d’addio, in un privè come a Lugano, aggiunge allusiva.
“Puoi assicurarmi una vergine a cui rompere il culo per punire te indirettamente?”
Chiedo sornione e provocatorio.
“Per quelle, se vuoi te ne porto qualcuna anche nella casa dove ancora viviamo insieme, more uxorio.
E’ la risposta adeguata che mi spiazza, perché, di fatto, la vera separazione è la mia da lei che non si è mai mossa da quell’appartamento, da quando ci entrammo la prima volta.
“Perché no?”
“Posso scegliertela tra le maestranze?”
Voleva essere solo una provocazione, la mia; ma, come sempre, per lei è una sfida e si regola di conseguenza; dopo meno di una settimana, un venerdì, appena ci troviamo soli in ufficio, mi comunica.
“Ho fissato per domani sera: saremo in tre, tu io e Filomena, rotta a molte esperienze ma culo bellissimo e ancora intatto.”
Dovrei sottrarmi, per onestà, per coerenza ai miei principi, per amore di Rachele; ma il fascino delle sfide di Nicla sta nel loro essere inesorabili e inevitabili: impossibile resistere all’idea di schiacciarla quando lei è convinta di avermi schiacciato; solo per cautela, chiedo alla squadra di sorveglianza di controllare se nell’appartamento ci siano cimici o altri sistemi di spionaggio, ufficialmente per timore di spie industriale, in realtà perché temo che l’iniziativa, su istigazione della madre, possa nascondere un tentativo di “mettermi in mezzo” per danneggiare me e soprattutto la mia storia con Rachele.
Il controllo rivela che non mi ero sbagliato e che vari congegni avrebbero potuto registrarmi foneticamene e visivamente: mi chiedono che fare, se distruggerli, disturbarli o alterarli; chiedo lumi sulla terza soluzione e mi spiegano che, alla fine, dialoghi e immagini non corrisponderanno e che ci saranno continui inserti di cartoon, pubblicità e simili; alla fine, lasceranno un pericoloso virus in ogni apparecchio che scarichi il video: non potendo distruggerli senza che se ne accorgano, opto per la terza soluzione; preparando una contromossa, faccio un salto in un sexishop nelle vicinanze e compro un dildo gonfiabile, di gomma dura, capace di raggiungere dimensioni cavalline; lo nascondo in un cassetto.
L’incontro è decisamente surreale: la Filomena proposta è una ragazzona della linea che ho intravisto qualche volta e che mi dice immediatamente che è innamorata da sempre di me; la squadro tutta, dal viso bello anche se alquanto volgare, attraverso il seno matronale (forse una quarta), il ventre piatto, teso, magnetico per certi aspetti, le gambe solide, ben costruite, che sostengono un culo davvero favoloso.
Nicla dà il via alle danze, baciandomi e saettandomi la lingua in bocca, mentre comincia a sbottonarmi la camicia; invita Filomena a venirmi alle spalle per accarezzarmi e leccarmi le orecchie, mentre allunga una mano a tastarmi da dietro il cazzo ancora frenato da slip e pantaloni; Nicla mi pressa il ventre sul pube e cerca il contatto col cazzo mentre mi sfila la camicia; Filomena mi fa sentire con forza le tette sulla schiena e il ventre sul culo, usa il mio coccige per strofinare la figa; non so dove mettere le mani, con tanta grazia intorno; poi comincio a slacciare vestiti, a caso: vanno giù la camicetta e il reggiseno di Nicla, le cui tette esplosive conosco bene e che mi provocano sempre brividi di piacere; riesco a farle scorrere giù anche la gonna e gli slip: la figa è sempre bella, piena, carnosa, umida, eccitante; le afferro le natiche che sento dure e compatte e cerco l’ano che mi risponde rilassato e disponibile, al punto che infilo immediatamente il medio fino alle nocche.
Non ho ancora avuto modo di verificare le bellezze di Filomena: mi giro rimanendo all’interno del loro abbraccio per avere Nicla alle spalle e Filomena di fronte; abbasso la zip dell’abito che corre dal collo alla schiena e faccio scivolare il vestito a terra, sgancio il reggiseno e due bocce mi esplodono all’improvviso davanti agli occhi: un seno splendido, verginale, puro nelle linee, con due mammelle da strizzare, le aureole appena disegnate e i capezzoli rosa che sembrano colorati al centro; accarezzo i fianchi, dall’attaccatura del seno sino alle anche, e mi sembra di passare le mano su un cesto di pesche, tanto morbida è la pelle; scivolo con le labbra sulla gola, sulle mammelle e approdo sui capezzoli che succhio come affamato fin quasi a farle male; faccio scorrere le mani in avanti e percorro il ventre asciutto, teso, ma altrettanto dolce al tatto e carezzevole; raggiungo gli slip e mi infilo con le mani alla ricerca della figa: trovo un cespuglio ruvido di peli che circondano le grandi labbra, tra le quali mi infilo guidato dall’umido che cola naturale.
Mentre le abbasso lo slip minimo che appena disegna il ventre e i fianchi, scopro finalmente il suo culo divino e prendo delicatamente tra i palmi delle mani le natiche sode e morbide, lisce e vellutate, che accarezzo con voluttà stringendole appena per sentirne il calore che mi pervade; quasi per istinto, mi piego sulle ginocchia e le vedo accostarsi al mio viso in tutta la loro enorme bellezza; comincio a coprire di baci prima le rotondità, poi dal coccige verso il basso, cercando il forellino prezioso che trovo racchiuso in mille grinze che lo sigillano; la lingua parte a carezzare le singole grinze che sembrano rilassarsi e favorire l’apertura del forellino, nel quale infilo la punta della lingua per sentirlo ammorbidirsi, cedere, rilassarsi: sento adesso che quel buco è mio, che voglio penetrarlo a fondo, se è possibile senza fargli male ma violandolo con determinazione.
Nicla non vuole perdere il ruolo di regia: mi prende il cazzo in mano, allungandosi da dietro, e lo masturba leggermente e delicatamente, poi comincia a spennellare la punta lungo l’ano di Filomena, che si gira e fa in mondo che il cazzo si muova a spazzola nel cespuglio dei peli della figa che non è rasata ma nature: le grandi labbra si separano per fare spazio alla cappella che le forza delicatamente e Nicla spinge la punta verso il clitoride che comincia a stuzzicare; gli umori che colano sembrano sborrate intense, ma non sono che il preavviso: quando Nicla spinge con determinazione e il cazzo penetra per alcuni centimetri, la ragazza ha uno scatto ferino e si spinge a far penetrate l’asta per buona metà, pur essendo difficile, per la posizione in piedi; si stringe a me con voluttà, si strofina i capezzoli, geme e sbava ed urla, alla fine, perché l’orgasmo, il primo, è arrivato; mi si rilassa in braccio e devo sostenerla per non farla cadere.
Nicla mi aiuta a deporla cautamente sul letto, la fa distendere supina e le va sopra, fino a sedersi sul viso con la figa tutta esposta alla bocca di Filomena che istintivamente prende a succhiare il clitoride gonfio e grosso come un piccolo cazzo; le divarico le cosce e mi inginocchio tra di esse, mi abbasso con la testa, apro le grandi labbra con le mani e dedico a lei lo stesso servizio; mentre Nicla urla a piena gola il suo orgasmo, l’altra soffoca le sue urla nel fiotto dell’orgasmo dell’altra e sul clitoride che stringe tra le labbra; mi sposto in avanti con le ginocchia, accosto la cappella alla vulva e spingo; non è verginale, la ragazza, e il cazzo scivola facilmente, favorito anche dall’intensa lubrificazione, fino alla cervice dell’utero; un piccolo lamento e una serie di contrazioni del corpo avvertono che sono arrivato a fine spinta e che lei sta ancora sborrando, come confermano i lunghi e successivi fiotti di umori che mi scarica sul cazzo e sulle palle.
Nicla esige la sua parte: si solleva dalla bocca di lei, la scavalca e si stende al fianco, la sollecita a montarle sul viso e comincia a succhiarle dalla figa la sborra che ho appena scaricato, un gesto che le avevo visto fare ma di cui avevo quasi perso memoria: ha la bocca piena del mio succo e di quello che raccoglie dalla figa ancora in piena espulsione di umori vari e forse di un poco di piscio; intanto, piega le ginocchia verso l’alto ed offre, scosciata, la figa alla mia penetrazione; mi masturbo un tantino, fino a rendere il cazzo abbastanza duro, e lo spingo a fondo nella caverna che ben conosco e che mi assorbe rapidamente fino all’utero che si eccita al contatto ed esplode in un lungo getto di umori; mi stendo su di lei e vado a leccare anch’io la figa di Filomena grondante nella sua bocca.
Per un lungo momento me ne sto adagiato sul suo corpo morbido e lascivo che mi scalda con la sua passione tutti i terminali del corpo; mi abbandono al piacere del contatto e mi immergo nella goduria dei due corpi giovani ed eccitanti, stuzzicando la mia libidine di possesso con le mani che stringono i seni e titillano i capezzoli, con l’osso pubico che si strofina contro il suo provocandole altri orgasmi voluttuosi; il suo sussurro, “ti amo”, mi turba più di quanto vorrei e il disagio si accresce quando anche la ragazza si lascia scappare un languido “ti amo, ti voglio nel culo, ora, subito!” che mi ricorda in parte la promessa di Nicla; sarei anche disposto a fermarmi qui, per il mio desiderio d’amore che Filomena, non l’altra, ha soddisfatto con una partecipazione orgastica che non era solo sesso.
Ma la partita la sta giocando Nicla, contro i suoi fantasmi piuttosto che contro di me; e vuole offrirmi ad ogni costo il culo vergine della ragazza,per essere la più brava: mi spinge fuori dalla figa e sbalza la ragazza sul letto, accanto a sé; la fa sdraiare a pancia sotto sulle lenzuola e prende a carezzarla, quasi con un massaggio erotico, dal collo alle spalle, lungo i lombi e fino alle anche, le palpa e le “impasta” le natiche sollecitandole piccoli gemiti di piacere; di colpo spalanca le natiche e mette in luce il buchetto, sul quale si lancia famelica leccando, succhiando, accarezzando; Filomena si lascia andare alla lascivia della carezza e si abbandona con la testa sul cuscino; mi sposto verso di lei e le appoggio sulle labbra il cazzo tornato duro come acciaio: accarezza con le labbra la cappella, succhia per un attimo, poi passa la lingua su tutta la superficie scoperta dallo scroto ed infila la punta nel foro urinario provocandomi scosse elettriche di piacere; di colpo, ingoia il cazzo per oltre la metà e se lo spinge sino all’esofago, agitandosi per i conati di vomito e il senso di soffocamento; non ha molto spazio di movimento, pressata sulla schiena dall’altra, e si limita a leccare e succhiare quel che le riesce; sono arrapato, fino al limite della bestialità pura.
Adesso ho anch’io voglia di quel culo che è certamente vergine: fino a qualche momento fa, avevo qualche scrupolo anche solo a pensare di rompere quella meraviglia di perfezione; ma adesso che mi ha fatto toccare vertici di passione sfrenata, lo voglio quel culo, e non più per vincere una battaglia contro Nicla, ma perché diventa quasi giusto che sia io, di cui Filomena si proclama innamorato, ad entrare per primo in quel santuario di bellezza, in quell’altare al sesso anale; sposto quasi con violenza Nicla dalla schiena di lei e mi ci appoggio io, con tutto il corpo, dal torace ai piedi; mentre sono fuso letteralmente con lei, sussurro.
“Veramente vuoi che vi svergini il culo? Lo sai che potresti provare molto dolore, viste le proporzioni?”
“Ti amo, da sempre, e da sempre ho deciso che devo offrirti la mia verginità residua. Voglio che mi entri nell’intestino, nel ventre, nel cuore, nel cervello, voglio che mi fai tua: siamo qui nudi sul tuo letto, il tuo cazzo è già sul mio culo. Sfondami, fammi male se necessario; inculami a sangue, ma fammi sentire che per un poco ti appartengo e mi appartieni. Ti prego, inculami.”
Nicla è già pronta col flacone del lubrificante: lo spalma abbondantemente nel vallo fra le natiche e lo distribuisce attentamente sull’ano; infila il dito medio fino alla nocca e lo fa girare nel culo; la ragazza geme continuamente ed ogni tanto rabbrividisce e scatta, quando il dito le dà fastidio; le dita diventano due e si ripetono i movimenti che accentuano il rilassamento dei muscoli del’ano; prendo i due cuscini e li sistemo sotto al ventre di Filomena per portare il culo un poco più in alto; Nicla mi chiede se non preferisco incularla faccia a faccia per avere un ricordo più bello del momento; dico che va bene per me e di chiedere a lei; Filomena interviene e chiede che la inculi standole di viso; Nicla la fa girane e la fa sollevare fino a che il culo è all’altezza giusta; mi avverte che la ragazza è pronta, le fa alzare al massimo le gambe, unge abbondantemente il buco del culo, poi passa in abbondanza il lubrificante anche sul mio cazzo; l’avverte di spingere come per evacuare quando comincio a penetrarla, si pone di lato tenendo alte le gambe ed io spingo una prima volta: entro per qualche centimetro e lei non avverte un grande fastidio; spingo ancora con forza e il suo urlo arriva in cielo, come quello della bestia sacrificale sull’ara pagana; mi fermo, mi piego su di lei e le accarezzo il viso.
“Se vuoi, mi fermo qui: è inutile farti soffrire ancora …”
“TU DEVI ESSERE MIO: solo per questi momenti, solo per questa sera ma devo averti dentro di me, tutto, e devo darti tutto l’amore che posso, a costo di morirci. Ti prego, inculami con forza e con amore, se ci riesci.”
“Ci riesco si; vengo meno alle regole più elementari della fiducia, ma in questo momento ti amo ed è amore quello che ti spingo nel corpo!”
Continuo ad avanzare, lentamente, cautamente, cercando di provocare meno dolore possibile; poi le palle battono contro il corpo ed il cazzo è tutto dentro; Nicla le abbassa le gambe e me le sistema intorno alla vita; finalmente la guardo in viso e mi accorgo delle lacrime che le sono cadute sulle gote; mi chino a baciarle e lecco il suo pianto, prima di violentarle la bocca con un bacio di profonda passione; Nicla le suggerisce di penetrarsi quanto vuole e di farsi cavalcare a suo gusto, adesso che il dolore è passato, che il cazzo è tutto dentro e che addirittura può fissarsi in mente questo attimo nella memoria e, se le va, anche nel cuore, con le chiare immagine di me e del mio cazzo dentro di lei; Filomena sembra avere un attimo di esitazione, forse un pentimento per lo scherzo che mi hanno preparato; poi torna alla sua naturale disinvoltura e mi chiede di cavalcarla con forza: lo faccio e ci metto tutto l’entusiasmo per farle sentire il mio piacere, la mia libidine; gode moltissimo, anche di culo; e di culo sborra alla fine, squirtandomi addosso ed allagando il letto.
“Il tuo compito non finisce qui: hai goduto come una scimmia; ora fai godere me altrettanto.”
Sarebbe stato stupido pensare che Nicla fosse soddisfatta; e non mi sorprende la nuova aggressione; ma sono ancora profondamente nel culo di Filomena ed ho sborrato due volte in un’ora; le faccio scherzosamente il gesto del time out in pallacanestro e me lo concede: si sdraia a cosce aperte e comincia a masturbarsi; anche per lei l’inculata è stata un momento di grande eccitazione; approfitto della sosta per uscire delicatamente dal culo di Filomena e per andare in bagno; tornando, prendo dal cassetto il dildo che avevo acquistato e lo parcheggio tra materasso e rete in un punto che prevedo facilmente accessibile; mi distendo sopra Filomena e la coccolo delicatamente per qualche tempo; le chiedo come sta e se le duole ancora l’ano; mi assicura che sta in piena forma e che il dolore dello stupro è stato ampiamente compensato e sostituito dal piacere che l’ultima sborrata, quella dal culo, le ha procurato, non avendo lei mai provato niente di simile.
“Comunque si concluderà questa vicenda, sono arcifelice di avere fatto l’amore con te e di averti dato una parte di me stessa; sei veramente eccezionale: fai l’amore come a una donna piace e come pochi sanno fare.”
Non so se sbatterle in faccia che è un’ipocrita o crederle e pensare che ha preso coscienza di sé troppo tardi, presa com’era stata dall’abilità di Nicla nel manipolare le persone; mi avvolge in un bacio intenso, niente affatto erotico, quasi da primo grande, timido amore, e per un attimo penso di svelare i retroscena, tutti; ma la presenza di Nicla mi induce ad altri criteri e decido di portare avanti lo scontro con lei; lasciando in pace la ragazza, ci affrontiamo viso a viso e io lancio l’attacco, sotto forma di un bacio sapiente, elaborato, che tiene conto di tutto quel che so sulle sue preferenze e riesce, quindi, a stimolarle i precordi della sua libidine per portarla all’estremo; quando avverto che i piccoli orgasmi sono ormai esauriti, prima che arrivi quello che la butta giù, mi fermo di colpo e passo a leccarle le tette e succhiarle i capezzoli finché sento che ancora è sull’orlo della grande sborrata; e mi fermo di nuovo; è poi la volta della figa a subire il gioco dell’orgasmo frenato.
“Ti decidi a farmi sborrare o vuoi farmi morire di libidine? E’ quasi un’ora che succhi e lecchi e non mi penetri; me lo dai il cazzo o all’improvviso ti prendono gli scrupoli e me lo neghi?”
“Un solo cazzo? Per te ce ne vogliono almeno due, e belli grossi anche!”
Le infilo il mio, quello di carne viva ma senza amore, dentro la figa: balla un poco, a quel punto, e se ne accorge perché immediatamente mi propone.
“Dai, mettilo nel culo: è più stretto.”
Ma solo a parole; anche il suo buco di culo è l’imbocco di un tunnel nel quale il mio cazzo si agita; in vagina, sentivo a malapena la stretta delle pareti; nel culo, l’intestino aspettava uno spessore cavallino che non è la mia dotazione; sfilo il cazzo dal culo, allungo la mano sotto il materasso, prendo il dildo e lo infilo al posto del cazzo: sente il cambio e chiede cos’è; le dico di fidarsi, accosto il cazzo alla vulva e lo spingo in figa.
“Mi scopi in doppia? Con un dildo?”
Non rispondo e comincio a gonfiare la protesi di gomma che diventa sempre più grossa e sempre meno agevole da gestire.
“Si, … si, … sfondami! … ancora! … Cosa cazzo stai facendo? …. Non ti fermare … scopami ancora!!!!!”
Con una mano spingo avanti e indietro la bestia di gomma nel culo, con un’altra strofino, masturbo e stritolo il clitoride, col cazzo cavalco la figa da dietro spingendolo fino a maltrattare il collo dell’utero; ogni tanto premo sulla pompetta per ingrandire la protesi di gomma che è arrivata ad avere trenta centimetri di lunghezza e otto di diametro, il massimo che può raggiungere; lei geme, urla, soffre, gode e chiede continuamente di non fermarmi, di spingere a fondo, di sfondarla, di farle male; in un momento di sosta guardo Filomena e i suoi occhi sbarrati mi fanno riflettere: è sinceramente spaventata di quello che sta succedendo e teme che Nicla possa uscirne male; sgonfio lentamente la protesi, interrompo le manipolazioni sulla figa e lentamente tiro via il cazzo dalla figa; lentamente, Nicla si adagia sul letto ed io vado in bagno, per pisciare ma anche per mettere via il mostro di gomma.
Quando riesce a riprendersi, Nicla mi guarda meravigliata e mi chiede cosa sia successo; le dico che semplicemente l’ho scopata al meglio di quello che lei si aspetta, con un dildo gonfiabile che arriva a trenta centimetri di lunghezza ed otto di diametro: lei se lo è sorbita tutto, al massimo della dimensione, senza risentirne; è proprio insaziabile; fa spallucce.
“Che stai a fare il puritano? Mi piace scopare, comunque!!!”
Filomena è spaventata dalla piega che hanno preso gli eventi; mi abbraccia e mi sussurra in un orecchio.
“Se vuoi sfondarmi ancora, sono qui che ti amo e lo voglio anch’io; ma non sognarti di usare mezzucci; sfondami col tuo cazzo, anche nelle orecchie se ti va, ma con il tuo corpo e, se ti va, con un poco del tuo amore!”
Non perdo l’occasione e la scopo a lungo, fino a notte fonda, mentre Nicla dorme della grossa, esaurita dallo sforzo ultimo; poi anche noi ci concediamo un po’ di sonno; fortunatamente domani è domenica e ci possiamo riposare.
C’è tensione nell’aria, lunedì mattina; e ne chiedo conto a Rachele che si informa e riferisce.
“Una ragazza della catena di montaggio, tale Filomena … dice che l’altro ieri sera è stata a letto con te; pare che da un momento all’altro un video su internet lo documenterà. E’ vero?”
“Tesoro, se il video lo dimostrasse, sarebbe vero; abbi pazienza e aspetta,”
Nicla sorride sorniona e si tocca il culo che ancora le duole; ricambio il sorriso e le chiedo se c’è qualche problema visto che sembra non riuscire a stare seduta; avanzo l’ipotesi che possa trattarsi di conseguenze di una serata intensa e particolare; accenna di si con la testa e Rachele sembra preoccuparsi.
“Probabilmente ieri sera o sabato sera Nicla si è fatta inculare con gioia da un grosso cazzo e adesso il suo ano ne risente.”
“Si fa anche in quel modo? E tu davvero lo fai?”
“Il grande sterminatore di culi vergini non ha ancora provveduto con la sua amata?”
“Stiamo avanzando per gradi; quando sarà il momento, faremo l’amore i tutti i buchi; per ora, c’è chi sopperisce, se me ne viene voglia.
“Carlo, per favore, dimmi la verità: hai fatto l’amore nel culo di Filomena o di Nicla?”
E’ Nicla a intervenire.
“Tutte e due, tutte e due!”
“E’ vero, Carlo?”
“Si, è vero; te l’avrei detto in privato; ma visto che è di dominio pubblico … “
“E vedrai quando sarà in rete il video.”
“Hai messo cimici anche qui? Già averle messe nell’appartamento ti fa meritare la galera per spionaggio industriale; se l’hai fatto anche qui sei fritta!”
“No, cosa dici? Il lavoro non si tocca: è te che voglio affossare, te e la tua falsa bonomia.”
“Carlo, lascia stare questa stronza e fammi capire, te lo chiedo per il nostro amore e per nostro figlio.”
“Sei incinta? Dio, che notizia! Avrò un figlio. Tesoro, dobbiamo sposarci, subito.”
“Se non mi spieghi la storia dei culi rotti, io non solo non ti sposo, ma esco dalla tua vita.”
“Non lo dire neanche come minaccia! Questa gentile donzella mi aveva preparato un trabocchetto: appigliandosi ad un precedente episodio della nostra storia, mi aveva offerto un culo vergine da rompere; ma aveva piazzato congegni per spiare in tutto l’appartamento. So che non avrei dovuto; ma con questa signora e con sua madre è in atto una lunga guerra in cui le buscano metodicamente ed ogni volta ci riprovano; ho chiamato i nostri tecnici e la ricezione è stata modificata come poi vedrai, se avranno l’imbecillità di mettere in rete il video che infetterà tutti gli apparecchi che lo scaricheranno. La mia vendetta è stata sfondare il culo a tutte e due e, visto che quello di Nicla è già largo come il traforo del monte Bianco, l’ho maltrattata con qualche aggeggio che non la farà sedere bene per una settimana. Ho sbagliato a far prevalere la rabbia sul raziocinio, a scoparmi una povera imbecille che forse semplicemente è invidiosa di te; ma non ti ho tradito, nemmeno per un momento: ho solo punito un’arroganza.”
Arriva a Nicla una telefonata; d’istinto attivo il vivavoce.
“Nicla, non aprire il video; ci hanno detto che è infettato; i controllori ci hanno preceduto, hanno scoperto le cimici e le hanno modificate. Quel figlio di puttana te l’ha fatta!”
“Il figlio di puttana ti ha udito distintamente; ti dovrà licenziare e stavolta licenzierà anche me e finirò davvero a battere sui marciapiedi. Scusami se ti ho coinvolto e danneggiata.”
Silenzio di tomba e singhiozz
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Categorie: Incesti