In casa siamo solo tre: mio padre, Claudio 50 anni ancora ben portati, funzionario di alto grado in un pubblico ente, riverito e rispettato; mia madre, Elettra 48 anni ancora soda e continuamente in forma (pratica nuoto tre volte alla settimana e palestra gli alti tre), impiegata in una multinazionale tanto grande che gli impiegati neppure si conoscono tra di loro; ed infine io, Laura, 25 anni, grande figa, di recente laureata e in attesa (spero lunga) di essere assunta in un qualche impiego che mi consenta un’autonomia economica di cui non avverto neppure l’esigenza essendo coccolata, amata e foraggiata largamente da mio padre che non mi nega assolutamente niente. Da almeno quindici anni, per quel che posso ricordare, ma forse anche da prima, ho imparato a tacere, sotto le minacce di mia madre, su quello che lei combinava d’estate, quando lui pagava profumatamente per garantirci il lido più alla moda tra le persone più importanti con il personale di più alta qualità e mia madre ne approfittava per dare sfogo ai suoi istinti più bassi.
Non potevo certamente raccontare a mio padre quello che facevano i bagnini con lei quando si chiudeva con me e con loro nelle cabine spogliatoio e le affidavano da manipolare il cazzo che lei poi provvedeva a smanettare prima di ficcarselo in gola profondamente, tanto in fondo che certe volte si doveva fermare perché rischiava di vomitare. A me diceva che succhiava la crema dolce che le faceva bene alla pelle. Poi normalmente si stendevano per terra e quegli omoni la montavano a lungo saltandole addosso e lei urlava e gioiva. Come dirgli di quelle volte che erano in due o in più di due che la circondavano e le davano tanto cazzo da succhiare e le entravano ciascuno in un buco, e io non sapevo proprio come facessero a trovare il percorso per penetrare. Non avevo il coraggio di parlare al mio mite e ingenuo paparino dei giovani baldanzosi ed abbronzati che puntualmente mamma si portava in camera per lasciarsi spogliare, accarezzare, leccare, penetrare e sfondare da cazzi di formato extra large urlando di dargliene sempre di più, sempre con maggiore forza e violenza. Relegata in angolo, quasi nascosta, assistevo fedelmente a tutte le messe in culo, in figa e in bocca senza quasi rendermi conto di cosa fosse la crema bianca che succhiava con tanta passione.
Però mia madre riusciva a farmi apparire tutto un gioco molto strano a cui, diceva, avrei presto imparato a giocare anche io. Ed infatti, assai presto mia madre offrì in dono la mia fighetta appena sbocciata ad uno degli stalloni che lei spompava abitualmente; e lo fece anche con la mia casta boccuccia e il culetto delicato; imparai anche io (spinta e addirittura costretta da mia madre) a farmi sbattere in tutti i buchi da cazzi di dimensione totalmente sproporzionate per i miei fragili fori; e mamma godeva ad aiutare la penetrazione, a stimolarmi per farmi piacere “il gioco” e a tenere aperti i canali per fare entrare cazzi sempre più grossi nel mio corpicino. Non potevo parlare di queste cose a mio padre, che si era sempre e solo preoccupato del nostro benessere sociale ed economico. Una strana storia va avanti adesso da circa tre mesi e io ne ho le palle piene. L’atmosfera in casa è profondamente tetra, con bocche cucite, sguardi spenti, nessuna emozione, nessuna comunicazione. Seduti a tavola, silenziosi, davanti ad un invitante pranzo che tutti guardiamo con noia, mi decido a chiedere a mio padre che cazzo gli sta accadendo. Mi risponde di non chiedere a lui; lui sa solo che sua moglie da tre mesi circa gli si nega regolarmente senza addurre ragioni e lo colpevolizza di qualunque cosa accada.
Prima che io abbia il tempo di accennare a qualcosa, mia madre si alza ed esce dalla sala. Mi alzo e vado ad abbracciare mio padre. “Papà, ma è di sesso che senti il bisogno?” “No, Laura, di quello ormai faccio a meno volentieri. Quel che mi fa male è non capire cosa abbia preso a tua madre, non la capisco …” “Papà … ma tu credi di averla capita qualche volta, quella persona?” “Che domande fai?” “Ne riparliamo stasera. Ti prometto che faremo chiarezza. Aspetta fiducioso e, sappi, io ti voglio bene.” “Tesoro, lo so, lo so bene; ed anche io te ne voglio tanto.” “No, papà, il mio volerti bene include una sfera che non consideri, quella dell’amore filiale che sfocia nell’amore fisico. Io ti voglio bene anche fisicamente; e questo ti è difficile capirlo. Ciao.” Scappo via prima che possa farmi altre domande. Per fare chiarezza su quanto sta accadendo in casa, decido di andare direttamente alla sede degli uffici dove lavora mamma e chiedo di una mia amica che lavora lì da anni. Una volta da sole davanti ad un caffè, chiedo a Margherita, in nome della nostra amicizia, di raccontarmi quello che sa senza infingimenti e cortesie di nessun genere.
Mi parla di una Elettra decisamente ninfomane che si è scopata tutti gli impiegati maschi dell’azienda, senza lasciarne in pace nessuno, al punto che spesso si è scontrata con qualcuna delle compagne degli uomini stuzzicati e poco disponibili. Mi dice anzi che la litigata più feroce l’ha avuta proprio con lei. Margherita è una donna di forte carattere che non ha mai avuto infingimenti o remore; io stessa avevo sperimentato che, quando c’era l’occasione per scopare in allegria, non si tirava indietro: e molto spesso ci eravamo trovate insieme in vicende da orgia. Mi disse allora che aveva agganciato un tizio, Ernesto, bel ragazzo di non eccessivo valore umano, ma ben dotato e resistente, praticamente l’ideale per chi volesse avere un compagno che scopasse senza freni. Lei lo aveva agganciato e se lo era spremuto per un bel poco. Ernesto però era uno che non si accontentava mai e, mentre ne scopava quattro o cinque, andava a caccia delle altre quattro o cinque da far subentrare. Tra le altre, c’era capitata anche Elettra, che naturalmente non volle essere seconda a nessuna e se ne proclamò fortemente innamorata, suscitando la generale ilarità.
Margherita, per nulla impressionata dalle proclamazioni di Elettra, continuò a scoparsi Ernesto anche in orario di ufficio. spesso negli uffici degli altri, tra cui quello di Elettra che li sorprese sul fatto e scatenò un putiferio; tutti le suggerirono di lasciare le beghe di figa fuori dal’ufficio, ma lei insistette ed una volta vennero alle mani, con trasferimento di Ernesto e censura a loro due. Elettra continuò a proclamarsi sofferente d’amore per Ernesto anche quando palesemente lui riprese a scoparsi chi capitava: moltissime volte, si faceva accompagnare, per scopare con le altre, proprio da Elettra che si dichiarava felice di fargli da ancella per amore, con enormi risate di tutti. Un pomeriggio di tre mesi prima, mentre viaggiava in autostrada ad altissima velocità, Ernesto chiese ad una ragazzina, recente conquista, di succhiargli l’uccello mentre lui guidava; lei lo fece ma, al momento dell’orgasmo, lui perse il controllo dell’auto che si andò a schiantare uccidendoli sul colpo. Da allora, Elettra era andata fuori di testa ed era stata invitata a mettersi in congedo per qualche mese per motivi di salute. Di quel che era successo dopo, Margherita non aveva notizia diretta, ma voci di corridoio dicevano che Elettra aveva proprio sbroccato e che rischiava di mandare all’aria il suo ricchissimo matrimonio per questo strano amore assolutamente ingiustificato.
Quello che è venuto fuori dalla chiacchierata con Margherita è tale che sento il bisogno di spiattellarlo, la sera stessa, davanti ai protagonisti. Prima di sedermi per la cena, prendo la mia fedele “cassetta della memoria” e la deposito sulla tavola, accanto al mio piatto. Siamo ancora seduti davanti alla tavola con la cena imbandita, solo noi tre, ed io parto all’attacco contro mia madre. “Sei stata oggi al cimitero? Per quanto tempo porterai ancora il lutto? Fino a che punto pensi di far pagare a noi il prezzo dei tuoi pruriti?” Mio padre è sconvolto; lei è solo sorpresa: si alza e fa per alzarsi: ma la blocco. ”Se tenti di fuggire ancora, porto questo materiale a un giornalista scandalista e avremo da divertirci! E sappi che non scherzo.” Impallidisce e si siede. Mio padre è cereo in volto e non trova parole. “Allora, sei andata al cimitero?” Ho alzato notevolmente la voce, a bella posta; accenna di si. “Tira fuori il fiato; sei andata ancora a visitare la tomba del tuo ultimo amante tragicamente morto sull’autostrada guidando a 150 all’ora mentre una troietta gli faceva un immenso pompino? Tira fuori il fiato e fammi sentire la voce!” “SI, ci sono andata e ci andrò ancora, perché l’amavo e l’amo!” “Ah, lo ami, come amavi tutti i bagnini che ti scopavi sulla spiaggia dieci - quindici anni fa, davanti a me credendo che non capissi e davvero credessi che succhiavi lo zucchero dal gelato? O come amavi tutti quelli che ti venivano a trovare a casa quando papà non c’era e tu ti facevi sfondare culo e figa, cercando i più dotati, portandoti a letto tutti i neri che incontravi? Lo amavi e lo ami come qualcuno tra le centinaia di cazzi che ti sei presa? E quale? Lo ami più delle tue colleghe che se lo scopavano individualmente, in coppia, a gruppi, in orgia? Lo ami più dei camionisti da cui ti facevi sbattere in autostrada? Hai bisogno di prove per dimostrare quanto sei stata, sei e sarai sempre puttana dentro?”
Poi mi rivolgo a mio padre “Vedi, caro papino, tua figlia è considerata la troietta più affascinante della città, quella che scopa senza problemi quando, dove e con chi le va di farlo. Ma è la figlia di una ninfomane che scopa con chiunque passa, senza selezionare, senza scegliere, senza guardare, senza neppure assicurarsi che non hanno l’Aids. Questa è la troia che tu hai amato e che ora nega a te quella lurida fogna di figa che ha concesso a tutti come un pubblico orinatoio. Che dici, mammina, andiamo in tribunale per una causa di divorzio? Sai con quanto gusto spiattellerei davanti a giudici, testimoni, giornalisti e pubblico la mia personale documentazione sulla mamma puttana che scopa anche coi cani, se le tira? Ti assicuro che c’è di tutto, foto in primo luogo, ma anche filmini, video recenti e biglietti e prenotazioni d’albergo: c’è di tutto, ti assicuro. Ci sono perfino le prove che hai costretto tua figlia quattordicenne a farsi violentare in figa e a farsi stuprare in bocca e in culo dai tuoi amanti, che mi hai avviato alla nobile professione della puttana e che mi hai ridotto ad essere quella che tu sei, una ninfomane instancabile e spietata. Ora, caro papà, se vuoi scoparti questa fogna, stai certo che non penserà nemmeno per un attimo di commettere l’errore di rifiutarsi, anche perché nella sua azienda sanno già che genere di puttana sia e sono pronti a licenziarla se solo sgarra, dopo lo spettacolo indecoroso che ha dato per la morte dell’amante di tutte.”
“Questo non è vero; te lo inventi tu!” Finalmente mia madre sembra reagire. “No, cara la mia troia, lo dice Margherita, mia vecchia amica e compagna di tante scopate, che fra gli altri ha prosciugato le palle anche al tuo amore, costringendoti a minacciarla in pubblico!” “Senti, Laura: capisco che hai voluto strappare il velo di Maia su una verità che non volevo vedere: ma per me il risultato non cambia. Probabilmente, la cara Elettra adesso stesso farà le valigie e scomparirà dalla mia vita, per sempre e senza ripensamenti. Io però rimango comunque solo con il mio fallimento.” “OK. Fa’ un po’ come vuoi. Io ho parlato chiaro già a mezzogiorno: se non capisci, sei stordito, visto che cretino non lo sei mai stato; e non mi costa aspettare che tu ripensi le cose dette e ne tragga le giuste conclusioni. Se invece ti rifiuti di capire perché ti stai suicidando, allora eccoti il coltello e fai con comodo, anche davanti a me: se proprio non lo capisci, te lo ripeto; io ti voglio un bene dell’anima, per quello che sei e per quello che rappresenti per me: se proprio decidi di massacrarti, allora preferisco vederti dissanguare suicida sotto i miei occhi piuttosto che vederti consumare di dolore per una donna assai più imbecille di una ragazzina mai cresciuta. Sono più puttana di mia madre ma non mi nascondo dietro le convenzioni e, se ti dico che voglio essere la tua donna, sappi che lo sarò sempre e a qualunque condizione tu voglia.”
“Stai dicendo che vuoi sostituire tua madre nel mio letto?” “Perché no? A me piacerebbe un sacco; a te farebbe schifo?” “Ma sei mia figlia!!!!!!!” “Intanto, non mi fa né caldo né freddo che io possa essere tua figlia o la tua più giovane innamorata; per me, conta quello che provo: e io ti voglio bene. E poi, hai ancora la faccia tosta di giurare che quella stronza l’hai ingravidata tu e non uno dei tanti puttanieri che, a manipoli, frequentava ancora prima di incontrarti? Se posso dirti la mia, mi sento tanto puttana da essere certa di essere figlia di quella puttana, ma non riconosco in me nessuno dei valori fondanti nei quali potrei ritrovare il mio esserti figlia. Preferisco pensare a te come ad un possibile amante e non come all’uomo che per caso ha beccato il giorno peggiore per scoparsi quella stronza.” “Messa così, mi sentirei quasi autorizzato a cercare in te quell’amore di cui sento di avere ancora bisogno.” “Io non ho mai provato quel genere di sentimento, te l’ho detto; non credo di possedere nessuno dei valori che fanno di te una persona perbene. Ti ho detto e ti ripeto che, come figlia (anche sbagliata) sento del trasporto che mi spinge a desiderarti anche fisicamente (questo per me è il metro per valutare le persone) e so per certo che, se vengo a letto con te, sarà per essere la tua fedele figlia-moglie-amante. Se accetti di rischiare, mi impegno a farti felice, a non interrompere la serenità familiare che c’è sempre stata, ad essere concorde con te (etimologicamente cum corde, con cuore unanime) e cercare di capire io che cos’è l’amore per dartene per la vita. Se non vuoi, non posso continuare a vivere vicino a te, dopo quello che ti ho detto; e mi cercherò una sistemazione fuori da questa casa senza smettere di volerti bene e di desiderarti, ma per arrendermi anch’io al lavoro che per troppo tempo ho evitato.”
“Primo. Tu non esci da questa casa; e neppure quella troia di Elettra: imparerà presto che le offese si pagano, prima o poi. Secondo: rifletterò, a lungo e seriamente su quello che mi hai detto. E’ vero che ho bisogno di amore e di una persona fidata a fianco: essermi reso conto del grave abbaglio che ho preso con Elettra, forse mi rende sospettoso e cauto; ma voglio provarci ancora e con te, figlia o non figlia. Terzo e conclusivo: ti va di parlarne a letto con me, mentre tentiamo un approccio per vedere se c’è tra noi la “chimica” per un poco d’amore?” “Con tutto il cuore … ed anche con tutta la sessualità di cui sono capace.
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Categorie: Incesti