Nicola - Atto III
La grande stagione di libertà d’amarci che Nicola mi aveva promesso non durò poi tanto a lungo; o per lo meno a me parve volare in un lampo la decina di giorni che si concesse di ritardo per raggiungere i suoi al mare. Eppure, in quei velocissimi giorni, successero tante cose che avrebbero potuto anche bastare a riempire non solo una stagione ma un intero anno: praticamente, passammo insieme tutte le notti e quasi tutte le giornate. Approfittando della stasi estiva nel lavoro, ero riuscito a tenermi liberi tutti i pomeriggi e molte mattinate; meno semplice era stato passare fuori casa tutte le notti: ma alla fine, grazie al dato oggettivo dell’età da tempo non più acerba ed alla garanzia che assicurava la compagnia degli amici, le proteste di mia madre furono superate in poco tempo ed io potetti abbandonarmi al piacere del sesso più sfrenato con l’oggetto non più solo del mio desiderio più intenso ma anche di una passione sempre più accesa. Nicola era stato straordinario ed ogni volta diverso e più appassionato, anche se continuava a mantenere un certo atteggiamento da dominatore e spesso mi sentivo al limite dell’umiliazione; ma forse la colpa era anche mia, dal momento che non sapevo negargli niente ed anzi, spesso, aspettavo le sue piccole violenze per sentirmi ancor più preso da lui.
Dopo la prima penetrazione che mi aveva lasciato decisamente sconvolto e per un po’ anche dolorante, cominciai a prendere nel culo il suo cazzo, anche quando era nella condizione di massima erezione possibile, quasi senza avvertire nessun fastidio: e non solo perché la condivisione del piacere trasformava la pressione dolorosa, che sempre c’era all’inizio del rapporto, in una piacevole forma di accostamento; ma anche perché proprio si era realizzata, quasi fisicamente, la più assoluta compatibilità tra le mie viscere e il suo pene, tanto che questo sembrava percorrere la mia intimità più profonda con una sapienza di movenze che assicurava sempre e solo nuove scariche di emozione e di libidine; ed il mio culo, a sua volta, si dilatava e si atteggiava in maniera da assicurare la penetrazione più agevole, la stretta più tenera e la solleticazione più arrapante del nerbo che lo riempiva tanto armoniosamente. I momenti più intensi risultavano quelli in cui, nella frenesia dell’orgasmo che si avvicinava, Nicola diventava irruente e aggressivo, fino a tormentarmi i lombi trattenuti – anzi, proprio artigliati fino a farmi entrare le unghie nella carne – per spingere al massimo la penetrazione nelle viscere; e, naturalmente, il momento in cui dai suoi coglioni la sborrata si liberava violenta per percorrere l’asta ed andare a scaricarsi nelle mie budella provocandomi vampate di calore talvolta più belle degli stessi orgasmi.
Le parti migliori rimanevano comunque quelle dei preliminari, quando mi dedicavo con amore appassionato e con dedizione certosina ad accarezzare tutto il suo corpo senza tralasciarne un millimetro, ed a leccarlo su tutte le superfici e in tutti gli anfratti; e quella conclusiva, quando, dopo essersi fatto spompinare fino all’esaurimento, Nicola mi chiavava nella bocca e mi sborrava in gola senza ammettere repliche. Com’era suo costume, Nicola mi annunciò all’ultimo momento che l’indomani mattina sarebbe partito per raggiungere i suoi e che, fino a settembre, non ci saremmo visti; gli chiesi un recapito telefonico per tenerci in contatto o, eventualmente, per incontrarci qualche volta: me lo proibì categoricamente per non creare situazioni se non pericolose per lo meno ambigue, visto che mai, in tutti quegli anni, era capitato che gli telefonassi nella casa al mare o che, addirittura, mi facessi vivo. Anche se sapevo quasi con certezza che non gli era possibile contravvenire alle abitudini familiari, pure non riuscivo a cancellare completamente dalla testa il sospetto che, in qualche modo, provasse piacere a partire: chissà, forse aveva già dei progetti o qualcuno che lo aspettava nella località turistica che frequentava abitualmente da moltissimi anni. Non ci fu però niente da fare e, all’ultimo incontro, lo salutai provando quasi un dolore fisico per la separazione.
Rimasto solo, su sollecitazione anche dei miei che non si spiegavano il mio eremitaggio in casa, decisi di recarmi qualche volta al bar dove il nostro gruppo di solito si trovava e dove i “condannati in città” cercavano di combattere la noia e il caldo con bibite, gelati e pettegolezzi. Nicola non poteva sfuggire ai commenti più o meno maligni delle amiche e degli amici: tra una parola e l’altra, si affacciò il “grande mistero” che Nicola forse nascondeva nella cittadina marina dove passava tutte le estati, un presunto “grande amore” di cui tutti sembravano avere qualche vaga informazione ma nessuno con precisione di dati. Quando Mirella, una sera, parlò espressamente di una “storia” che Nicola viveva al mare, coltivandola da lontano anche quando era in città, avvertii alla bocca dello stomaco un colpo di violenza inaudita, che mi mandò per traverso il gelato che stavo assaporando, scatenando la generale ilarità; quando, poi, anche gli altri si lanciarono a fornire informazioni più o meno vere sulla storia, sentii vampe di calore salirmi alla testa e fui costretto a congedarmi per non denunciare il mio malessere, di cui non avrei saputo fornire motivi. Biascicando qualche scusa, mi allontanai in macchina di qualche isolato e mi fermai in un parcheggio con la testa in fiamme ed un senso di dolore al petto che mi spezzava il respiro: mi sentivo tradito, umiliato, trattato come un tappetino.
Molte volte avevo sentito parlare della durezza di un amore omosessuale e della violenza con cui si esprimevano, in questo genere di rapporti, i sentimenti; e, per la verità, anch’io qualche volta ci avevo riso ironizzando; di fronte alla violenza delle mie emozioni, non solo mi resi conto di essere stato uno stupido a considerare la cosa con sufficienza, ma presi anche coscienza di essere forse l’unico protagonista (o colpevole) del mio malessere: in fondo, tra me e Nicola non c’era stato che una violenta esplosione di sessualità e di libidine; mai si era parlato di sentimenti e, soprattutto, Nicola non aveva mai dato segno di voler andare al di là della fisicità dei rapporti, dimostrando anzi spesso forme di sadismo che mi avevano turbato. Lentamente mi calmai e cercai di riprendere il controllo di me stesso: al tirar delle somme, avevo avuto quel che avevo chiesto, niente di meno né di più; se mi ero illuso che, al di là di sapienti e profonde inculate o di succulenti pompini, ci potesse essere qualcosa di diverso, la colpa era solo mia e Nicola, benché assente, ancora una volta imponeva i suoi principi e le sue regole. La rabbia che mi montò di fronte a questa verità non fu più conseguenza del dolore per l’abbandono ma del senso di imbecillità per non aver gestito la mia vita e il mio corpo, di essermi affidato totalmente e ciecamente ad uno che mi attraeva fisicamente fino allo spasimo, ma del quale in fondo conoscevo assai poco, forse quasi niente, nonostante la frequentazione pluriennale e l’intimità fisica al di là di ogni limite.
Decisi che, una volta tanto, mi sarei ripreso la mia vita e avrei fatto qualcosa che piacesse solo a me e non fosse destinato a compiacere qualcun altro. Nelle mie rare frequentazioni di ambienti gay, prima di rivelarmi con Nicola, avevo individuato un locale dove uomini prestanti e ben dotati accettavano volentieri di accompagnarsi anche a sconosciuti, con tutte le cautele del caso; mi ci diressi deciso e vi giunsi che annottava. Benché non fossi un habitué dl locale, mi orientai abbastanza rapidamente tra i gruppetti che vi stazionavano ed individuai facilmente, ad un tavolo d’angolo, i tre ragazzi che sembravano più spaesati e che, per questo, potevano corrispondere meglio alle mie esigenze: tra i venticinque e i trenta anni, di colorito scuro che denunciava antiche ascendenze meridionali, ben piantati fisicamente e, a giudicare dai rigonfiamenti degli inguini ostentati, sicuramente ben dotati, offrivano la prospettiva di una bella serata a chi, come me, aveva un bisogno inderogabile di lasciarsi andare ad un possesso al limite della violenza, tutto foga ed esplosione di ormoni. Mi avvicinai al tavolo, chiesi di sedermi ed offrii da bere; la trattativa non fu però rapida come speravo perché, per qualche inspiegabile motivo, non accettavano che scegliessi uno solo di loro per appartarmici, ma pretendevano li prendessi tutti e tre insieme e che li soddisfacessi tutti.
Considerata la mia breve esperienza nei rapporti anali – per di più con un solo cazzo, quello di Nicola – avevo molte esitazioni e non riuscivo a decidermi per il si; ma non riuscivo neanche a rifiutare con la dovuta forza, perché la situazione, proprio perché particolare e per me difficile mi avrebbe messo nella condizione di essere finalmente un dominatore: anche se la prospettiva era di essere violentato a lungo, con notevoli arnesi e senza tante cerimonie, ero comunque io che potevo scegliere la mia vendetta. Mi dissi che in fondo si poteva provare e accettai, con la condizione che in qualunque momento avrei potuto ritirarmi senza problemi, se non avessi retto all’impatto; montammo sulla mia auto e mi diressi al mio ufficio, che già si era rivelato utilissimo; nelle brevi battute che scambiammo nel tragitto, ebbi la netta sensazione che l’ostentata aggressività fosse piuttosto una reazione all’imbarazzo e che forse la serata poteva prendere proprio una bella piega. Lungo il percorso, sostai alla farmacia notturna per fare scorta di preservativi, dal momento che in ufficio non ce n’erano e i miei compagni d’avventura dichiararono di non averne. Una volta entrati, mi resi conto che addirittura sarebbe toccato a me condurre il gioco, visto che se ne stavano addirittura impalati al centro della sala: li invitai a mettersi in libertà e a sedersi sul divano; mi spogliai nudo e mi posi di fronte a loro e cominciai da quello più ricciuto che si era seduto al centro.
Con mani ormai divenute ormai abili, gli sganciai e gli sfilai la cintura e, aperta la lampo dei jeans infilai la mano negli slip incontrando immediatamente la cappella già umida e che, al tatto, sembrava notevole: difatti, emergendo dalle mutande, il cazzo apparve di una dimensione abbastanza interessante, pur se non eccezionale, e mi colpì le narici con un afrore intenso che testimoniava l’eccitazione già acuta. Senza indugi, mi inginocchiai davanti a lui, gli infilai un preservativo e mi abbassai a succhiare il suo cazzo che mi diede quasi un senso di fastidio al primo impatto, tanto la sua cappella ingombrava la mia bocca; ma l’eccitazione che mi avvolse al contatto con l’asta ebbe il predominio e la mazza tozza e dura forzò le mie labbra semichiuse e si andò a piantare direttamente nella gola. Mentre gli facevo ruotare la lingua intorno alla cappella, ricevendone in verità sensazioni alquanto mitigate per il filtro che comunque il preservativo operava, mi accorsi di provocare invece a lui reazioni di piacere tanto acuto che si distese rigido contro la spalliera con le natiche appena appoggiate alla punta estrema del divano; girai un poco lo sguardo ai lati e, non abituato alla scena, fui quasi folgorato dallo spettacolo di due cazzi grossissimi che erano emersi, a pochi centimetri dal mio viso, dai pantaloni degli altri due, che non erano più seduti ma si erano accostati ai miei lati quasi affascinati dallo spettacolo del cazzo che mi affondava in gola.
Per un momento desiderai quasi accostarli per avvicinarli al cazzo del riccioluto e provare a leccarli insieme, ma il volume complessivo mi spaventò e mi limitai a prenderli uno per mano e a lasciarmi andare al piacere di un contatto lento e sensuale con le mie mani, che percorrevano le due aste scappellandole fino al dolore, mentre la mia testa si muoveva ritmicamente sull’inguine del riccioluto che non tratteneva più i suoi urletti di piacere. Quando da alcune note palpitazioni dell’asta mi resi conto che il ragazzo – forse poco avvezzo a certe succhiate – stava per esplodere nell’orgasmo, mi fermai di colpo, mi sfilai il cazzo dalla bocca e mi rivolsi a quello alla mia destra, quello più alto, per applicare al suo cazzo un preservativo e costringerlo a sedersi per cominciare con lui la succhiata già fatta all’altro. Il riccioluto allora si sollevò dal divano e venne dietro di me, piantò il suo grosso uccello tra le natiche e si mise a grufolare con le mani alla ricerca dell’ano; senza staccare la bocca dal cazzo di quello lungo e la mano sinistra dal cazzo del biondo, gli indicai con la destra il tubo del gel che avevo preparato sul tavolino: intuì le mie indicazioni e, mentre io continuavo ad ingoiare il secondo cazzo con grande piacere mio e con autentiche esplosioni di godimento di quello alto, il riccioluto cominciò a passarmi il liquido untuoso sull’ano e sullo sfintere che si divertì per un po’ a dilatare e forzare entrando prima con uno poi con due ed infine addirittura con tre dita e scavando sensualmente nel profondo delle mie viscere.
Favorito dalla scorrevolezza che il gel consentiva, mi concentrai mentalmente sull’ano per dilatalo al massimo anche perché pensavo che questo avrebbe poi facilitato la penetrazione della cappella del suo cazzo che avevo verificato di proporzioni forse pericolose per l’integrità del mio culo. Avvertii, infatti, la penetrazione anche nei suoi più piccoli movimenti, che per fortuna furono lenti e controllati, quasi volesse assaporare la conquista del mio ventre in ogni fase: lo sfintere resistette a lungo al palo che lo violentava e mi diede qualche fitta di dolore; ma poi la cappella passò e sentii che l’asta affondava dolcemente, stretta e accarezzata dalla mia intimità che se ne riempiva e beava. Quando la sua mazza fu tutta dentro di me, di colpo mi vennero in mente Nicola, il suo tradimento e la rabbia che mi aveva portato a quella situazione; e al piacere fisico che mi dava il rapporto sessuale multiplo si aggiunse un piacere più sottile, mentale, che mi inducevano a “dedicare a lui” l’enorme piacere che stavo provando Il biondino si rese conto che rischiava di sborrare prima di aver ottenuto qualsiasi tipo di trattamento e mi sfilò il cazzo dalla mano, per andare a calzare un preservativo che lo mettesse in condizione di entrare in azione appena uno dei buchi si fosse liberato.
Quello più alto, intanto, cercava evidentemente di frenare il suo orgasmo e più volte mi accorsi che interrompeva la mia succhiata e se ne stava per qualche attimo con il cazzo fermo, infilato nella mia bocca, per rilassarsi un attimo e farmi ricominciare il pompino, in attesa di venire a godersi anche lui il mio culo. Il biondino quasi mi sorprese, a un certo punto, perché mi venne di fianco e cominciò a carezzarmi dolcemente la schiena e le natiche, fin quasi all’ano evitando però accuratamente di toccare il cazzo dell’amico; e con una mano cominciò anche a imprimere un movimento di vai e vieni alla mia testa per favorire il pompino a quello alto. Lasciai che il biondino e quello alto si occupassero della mia bocca e mi concentrai sul cazzo del riccioluto che ormai si muoveva nelle mie viscere da dominatore assoluto, spingendo l’asta fino al fondo, con sensazioni quasi dolorose, per ritirarla poi quasi fino a sfilarla dall’ano, giocare sullo sfintere con la cappella che entrava ed usciva ed infine tornando ad affondare fino a sbattermi le palle sulle palle; inoltre, mi teneva bloccato sui fianco impedendomi quasi di muovermi e solo quando si rese conto che mi piaceva anche farlo io stesso, il giochino di titillarmi lo sfintere con la cappella, allentò un poco la presa e mi lasciò fare.
Poi evidentemente non resistette e cominciò a spingere il suo inguine contro le mie natiche con tale violenza che quello alto dovette frenarmi per le spalle, mentre il riccioluto accentuava le sue spinte; ripetendo un gesto che mi procurava enorme piacere, mi infilai la destra fra le cosce e gli presi in mano le palle, stringendole delicatamente finché sentii che il fiotto di sborra accennava ad uscire: accentuai anch’io la spinta contro il suo inguine e assaporai con tutti i sensi l’esplosione della sborrata che mi riversava nel culo urlando frasi sconnesse e parolacce insieme. Rimanemmo per un po’ tutti affascinanti dalla scena che avevamo vissuto e interpretato: il biondino smise di premermi la testa, limitandosi ad accarezzarmi dolcemente la spina dorsale, mentre quello alto mi teneva fra le mani il viso premendomi sulle labbra il cazzo che si era fatto lievemente barzotto. Il riccioluto ci mise un bel po’ a rilassarsi; e il suo cazzo ancora per qualche minuto rimase saldamente piantato nelle mie budella, mentre gli altri due riprendevano le loro manovre, il biondino leccandomi – con manovre ardite – i capezzoli e il petto, la schiena e le natiche; e quello alto cominciando a chiavarmi in bocca lentamente, quasi solo per far riprendere vigore al suo cazzo che si era lievemente ammosciato.
Poi fu lui stesso ad invitare il riccioluto a sfilarsi dal mio culo e a fargli spazio perché voleva “incularmi di brutto”; l’altro a malincuore si ritrasse di colpo provocandomi una fitta che per poco non mi faceva urlare di dolore; quello alto si sfilò dalla mia bocca con un gesto rapido e venne immediatamente a piazzarsi dietro di me: prima ancora che me ne rendessi conto, il suo cazzo era tutto nel mio ventre e, poiché era notevolmente più lungo dell’altro, anche se più sottile, sentii che andava a violare parti del mio intimo che fino a quel momento non erano state raggiunte; ma questa inedita emozione non fece che aggiungere nuovo piacere. Mentre quello alto cominciava a pomparmi nel culo con movimenti ritmici, trattenendomi per i fianchi quasi con delicatezza, il biondino andò a sedersi davanti a me e, con movimenti bruschi ma non cattivi, cominciò a pomparmi nella bocca quasi come l’altro faceva nel culo. Ma il poveretto aveva resistito troppo ed aveva assistito a scene troppo eccitanti per reggere a lungo al gioco sapiente della mia lingua: sentii che sborrava perché il corpo gli tremava tutto, dalla testa i piedi, mentre il preservativo mi privava stavolta dello spruzzo della sborra in gola che normalmente mi procurava fortissime emozioni.
Continuai a muoverlo nella bocca ed a leccarlo finché si ammosciò del tutto, mentre i miei sensi intanto si concentravano tutti sul culo squassato dai colpi di quello alto, che si avvicinava all’orgasmo e colpiva con sempre maggiore impeto e frequenza; l’intensità dell’inculata – ma forse di tutta la vicenda complessiva – fu tale che sborrai senza quasi accorgermene, prima ancora che lo facesse lui; e all’improvviso mi sentiti tanto stanco che ricevetti la sua sborrata nel culo quasi con un senso di liberazione. Ci ritrovammo sdraiati, sul divano e per terra, a riprendere fiato senza dire una parola; accendemmo tutti e quattro una sigaretta e, a turno, andammo in bagno a lavarci alla meno peggio. Per conto mio, la serata poteva ritenersi conclusa, anche perché la mia battaglia a distanza con Nicola era decisamente finita con il trionfo della mia libertà; e due dei tre erano evidentemente d’accordo. Ma il biondino aveva ancora qualcosa da recriminare visto che, lui, il mio culo non era riuscito a goderselo come gli altri; gli dissi che non se ne facesse un cruccio, che ci sarebbero state altre occasioni e che, una volta, avremmo anche potuto farlo da soli, io e lui, visto anche che dei tre - ma questo non lo dissi, per non urtare le suscettibilità – lui mi era parso il più interessante per la delicatezza dei modi. Li riaccompagnai al bar, come mi chiesero, e ritornai a casa quasi più leggero e certamente ampiamente soddisfatto di me e della serata.
A casa, mia madre mi avvertì che aveva telefonato Nicola e che avrebbe richiamato fra poco; un tuffo al cervello mi sconvolse, tra la rabbia riaffiorante per quanto avevo scoperto sul suo conto, la frustrazione per come mi ero sentito trattato ma anche – purtroppo – per un vago senso di colpa – quasi fossi stato io a tradire la sua fiducia – per la serata trascorsa. Allo squillo, sollevai la cornetta pronto a dirne di tutti i colori: ma, come al solito, Nicola distrusse ogni mia volontà con una sola imperiosa richiesta: “Questo è l’indirizzo dove sto; vieni appena puoi: ho per te delle sorprese strepitose; ti farò conoscere una persona eccezionale!”Come si fa a dire di no o mandare maledizioni ad un uomo che è fatto così e che, in fin dei conti, continua ad affascinarmi?
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Categorie: Gay e Bisex