L’occasione annunciata da Valerio era un convegno internazionale di aggiornamento organizzato dalla Multinazionale di cui faceva parte la nostra azienda ed al quale, dalla nostra sede, erano invitati solo 4 dipendenti: come e perché fossi tra i prescelti, rientrava tra quei misteri della figura professionale di Valerio su cui non ho mai cercato di indagare. Ma era evidente dai modi, dai toni, dall’autorità che esprimeva, che doveva aver provveduto personalmente a scegliere i “premiati”: anche tra gli altri due - che peraltro sfiorai solo per caso in tutto il tempo - mi sembrava ci fosse un rapporto assai più che professionale. D’altronde, la sede prescelta, Palma de Maiorca, faceva pensare a una vacanza - premio, piuttosto che ad un incontro di lavoro. Per tutto il viaggio e fino all’arrivo mi mossi quasi come un automa, soggiogato dalla disinvoltura che Valerio manifestava in ogni movimento, dalla padronanza delle lingue alla conoscenza dei luoghi, dai rapporti con il personale - dell’aeroporto, dell’aereo, dell’albergo, di tutto insomma - alla capacità di controllo di ogni situazione.
Giunti all’albergo, scoprii (e non me ne meravigliai più di tanto, a quel punto) che avevamo due camere comunicanti ciascuna con letto matrimoniale: l’albergo - manco a dirlo - era di primissima categoria. Espletate le formalità di accredito, mi recai nella mia camera, disfeci il poco bagaglio (la sosta era prevista per solo tre giorni) e mi fiondai nella doccia, per liberarmi delle scorie del viaggio e, in parte almeno, delle sorprese che mi avevano travolto. Uscendo dal bagno, incontrai Valerio, vestito di tutto punto ed elegantissimo, che mi fece fretta: eravamo attesi nel salone delle feste. La mia sorpresa cresceva; scoprii immediatamente che il mio compagno era il vero polo di interesse della convention; tutti pendevano dalle sue labbra e a tutti si rivolgeva con disinvoltura nella lingua dell’altro. Mi sentivo un po’ Alice nel paese delle meraviglie. Mi perse di vista, per un bel tratto, e dovetti limitarmi a cercare di capire qualcosa nella bailamme di linguaggi di cui coglievo solo qualche piccola frase di uso comune.
Quando cominciarono i lavori, le cose andarono un po’ meglio, per via della traduzione simultanea. Arrivò velocemente l’ora di pranzo e ci trasferimmo nella sala apposita: Valerio riprese con estrema eleganza il suo ruolo di anfitrione e volteggiò da un tavolo all’altro; in uno dei suoi spostamenti, ebbe solo modo di sussurrarmi che dovevo avere pazienza fino a sera. Infatti, il pomeriggio fu dedicato ad una visita alla sede locale della Multinazionale e ci fu solo tempo per una rapida doccia e un cambio d’abito: imprudentemente, non avevo portato gran che e fui costretto a mandare i miei abiti in lavanderia. Rispetto alle abitudini locali, la cena fu sbrigata velocemente: pensai che l’accelerazione fosse stata decisa in considerazione della dura giornata; e non mi meravigliai, quindi, neanche quando scoprii che quasi tutti si ritiravano in camera. Lungo i corridoi però uno strano viavai di giovani figure (soprattutto femminili) mi diede qualche sospetto; “Optional del soggiorno … solo su richiesta!” commentò sarcastico Valerio “fatti una rapida doccia e raggiungimi in camera”.
Di fatto, mi affrettai a spogliarmi ed entrare sotto la doccia il tempo di togliermi di dosso stanchezza, polvere e disagio. Ancora in accappatoio, aprii la porta di comunicazione ed entrai. Valerio era seduto sul letto e, accanto, aveva due giovani – ventenni, più o meno – decisamente ben fatti, o palestrati al punto giusto, e soprattutto assai ben dotati: Valerio li teneva per il cazzo, uno per mano, e li titillava con dolcezza, quasi senza impegno. “Juan e Antonio” disse semplicemente “non preoccuparti, risultano tutti e due a mio carico”. La precisazione mi turbò alquanto ma non dissi niente, lasciai cadere l’accappatoio e mi andai a sedere a fianco a Juan, che aveva un cazzo meno preoccupante, anche se di dimensioni notevoli; Valerio mi passò quel cazzo ed io lo presi delicatamente tra le mani. Per un po’ mandai la mano su e giù facendolo indurire al massimo; poi sollevai Juan per un braccio, me lo posi davanti e gli presi il cazzo in bocca: ebbe solo un leggero fremito, quando lo spinsi fino alle tonsille. Cominciai a succhiarlo con ardore e, con la coda dell’occhio, vidi che Valerio faceva altrettanto con Antonio.
“Vuoi solo il cazzo o ti piacerebbero anche i culi? Sai, questi sono i nostri giocattoli, stasera, e sta a noi decidere da che parte usarli” i ragazzi evidentemente non capivano; e, comunque, non sembravano interessati ai dialoghi. “Finché c’è il tuo culo, mi dedico solo a lui” risposi. Valerio si alzò dal suo posto, venne davanti a me, fece spostare Juan di fianco e si abbassò a prendermi il cazzo in bocca; contemporaneamente, fece segno ad Antonio, che si piazzò alle sue spalle e, delicatamente ma con un sol colpo, lo penetrò nel culo. Cominciammo allora un balletto surreale in cui io sommavo le emozioni della bocca del mio amico che mi succhiava con abilità a quelle della mia bocca, dove Juan manovrava il cazzo con evidente esperienza; dalle contrazioni della bocca di Valerio potevo percepire anche il piacere che Antonio gli stava dando trapanandogli il culo.
Andammo avanti per un bel po’; poi Valerio – che si comportava da perfetto regista – impose un cambio: si sedette lui sul letto, fece inginocchiare alla sua sinistra Juan e gli prese il cazzo in bocca, mi prese per la testa e mi fece abbassare a succhiarlo; lo feci con gioia e mi diedi subito da fare per risucchiarglielo in gola fino a toccare con le labbra i peli del pube; intanto, invitato dal solito Valerio, Antonio si collocava alle mie spalle e mi appoggiava all’ano la sua mazza che avevo già visto come “preoccupante”: di sottecchi, vidi Valerio che gli indicava di fare con dolcezza. Non fu semplice riceverlo nella pancia, ma lui si muoveva con esperienza e delicatezza, Valerio mi pompava il cazzo in bocca per stimolarmi ed io era pronto a ricevere in culo anche un palo del telegrafo, a quel punto.
Mi penetrò fino in fondo, finché le sue palle giunsero a contatto con le mie, e cominciò a muoversi con decisione e garbo, sollecitandomi contrazioni e vibrazioni in tutto il ventre; quasi per conseguenza, la mia bocca si faceva più morbida ed acquosa, sul cazzo di Valerio, e gli strappava contrazioni di piacere che a sua volta trasmetteva al cazzo che stava spompinando. In quel gioco strano passò più tempo di quanto pensassi e cominciai a sentire il peso della giornata; inoltre, avevo una voglia matta di sborrare ma non riuscivo a decidere come e dove. Il solito “regista” risolse alla grande la situazione. “Io ho voglia di sborrare” disse “Anch’io” replicai “ma come facciamo?con loro?” “Non preoccuparti: sono mercenari, potrebbero tenertelo duro nel culo anche per giorni, senza sborrare. Invece, noi due ci meritiamo una grande sborrata”
Mi fece sdraiare di fianco sul letto e si sdraiò a sua volta, a 69, prendendomi in bocca il cazzo, mentre io facevo altrettanto col suo: i due ragazzi, su indicazione di Valerio, si sistemarono alle nostre spalle e, quasi contemporaneamente, ci infilarono il cazzo nel culo; a me toccò quello di Juan, per fortuna. Cominciò così l’ultimo “trenino” in cui ci davamo da fare a succhiare il cazzo dell’amico con l’intenzione di portarci rapidamente all’orgasmo: quando sentii dalle viscere montami il fremito giusto, accentuai il risucchio sul cazzo di Valerio che si tese a sua volta in un ultimo spasmo di piacere. Quando il suo primo schizzo di sborra mi colpì la gola, anche il mio cazzo esplose in una violenta eruzione che gli inondò la bocca. Succhiammo tutto, quasi devotamente, e poi ci pulimmo il cazzo a vicenda. I due ragazzi non avevano mosso un muscolo: quando sentirono che stavamo per sborrare, si fermarono di colpo e lasciarono le loro aste ben piantate dentro di noi. Finché ci separammo delicatamente. Ripresi il mio accappatoio mentre Juan e Antonio si rivestivano; al momento di uscire, Valerio passò ai due alcune banconote “i giocattoli si pagano; l’importante è che i bambini si siano divertiti”. E rise a lungo.
La seconda giornata del convegno si rivelò assai più dura del previsto, anche perché: 1) ci si trovava a dialogare con persone assolutamente sconosciute e di cui ci si sarebbe dimenticati anche prima di salire sull’aereo per tornare a casa; 2) si parlavano le lingue più diverse e ci si intendeva assai poco, spesso solo a gesti; 3) la maggior parte dei discorsi riguardavano aspetti tecnici per addetti ai lavori e quindi molto spesso scarsamente interessanti; 4) ma soprattutto, la maggior parte degli invitati aveva in mente soprattutto la vacanza insperata e si divertiva più che poteva. A reggere il convegno erano pochi volenterosi appassionati del proprio lavoro o quelle figure istituzionali, come Valerio, che dovevano ad ogni costo “portare dei risultati” - quali che fossero - e che si davano da fare a preparare interventi, documenti cartello e quanto altro servisse allo “spettacolo” del convegno.
In questa logica, tra le altre cose, Valerio mi aveva chiesto di tenere d‘occhio i lavori per preparare una relazione riassuntiva e, per il mio carattere, questo diventava un onere in più. In ogni modo, la giornata si trascinò fino ad ora di cena tra interventi e gruppi di lavoro, con un solo breve intervallo per il pranzo; e ci ritrovammo a sera quasi sfiancati a rifugiarci in camera per riposare. Dopo la doccia, Valerio entrò nella mia camera dalla porta di comunicazione: per un attimo, ebbi il terrore che avesse organizzato un’altra seratina coi fiocchi. Ma mi sbagliavo, per fortuna: anche lui era stanco. Ma la stanchezza non ci impedì di abbracciarci e di baciarci con intensità: il fatto che avessimo addosso solo l’accappatoio aggiunto all’operazione di perlustrazione che, con la sua lingua, fece in tutta la mai bocca, diede una spinta ai nostri cazzi che li fece alzare fino all’ombelico; inevitabile, quindi, dirigerli tra le cosce e continuare a baciarci a palparci mentre i cazzi sfregano sulle prostate. “Cerchiamo di essere morigerati” scherzò sornione Valerio “una sola sborrata rapida e via a dormire”.
Detto fatto, mi spinse supino sul letto e mi salì sopra a 69: ci trovammo immediatamente a succhiarci golosamente il cazzo e a spingercelo in gola fino in fondo; mentre mi succhiava; Valerio mi ficcò con forza due dita nel culo e mi fece sussultare dal godimento; risposi allo stesso modo. Andammo avanti per un po’, succhiandoci e forzandoci il culo con le dita. Poi Valerio decise che non bastava, mi fece inginocchiare carponi sul letto, mi venne alle spalle e mi inculò senza preavviso: quasi urlai per la sorpresa e non certo per la penetrazione a cui ero ormai abituato. Cominciò a pompare con foga: quando cercai di toccarmi il cazzo, mi fermò la mano; volle che l’inculata fosse tutta sua, con la mia passività assoluta. Sborrò di colpo, senza preavviso; ma subito dopo uscì dal mio culo e si fiondò con la bocca sul mio cazzo: pochi colpi ben assestati e gli inondai la bocca del mio sperma. Quando fummo rilassati, mi accarezzò sulla guancia, mi baciò lievemente sulle labbra e “Buonanotte” disse; e si ritirò nella sua camera.
Il terzo giorno – ultimo del convegno – si preannunciava leggero e semplice, dedicato com’era alle conclusioni e ai lavori burocratici; molti invitati sarebbero partiti il pomeriggio o in serata; noi avevamo il volo il mattino seguente. La mattinata scivolò via tra conclusioni dei gruppi, stesura dei documenti e adempimenti burocratici; il pranzo fu l’occasione per salutare quelli che sarebbero partiti subito dopo o in serata e la prima parte del pomeriggio si sciolse in particolari vari propri delle partenze. Quando restammo in pochi, Valerio, che non aveva abbandonato il ruolo di regista, diede il segnale di “sciogliete le righe” e ciascuno fu libero di organizzarsi la serata.
Io fui immediatamente requisito da lui che, deposta la “divisa” del dirigente che fino ad allora aveva indossato, si presentò in short e maglietta a fiori; io rimasi in jeans e maglietta, gli unici indumenti ancora portabili; mi prese allegramente per un braccio e “adesso andiamo a scoprire il mondo” disse ridendo. Ormai avevo quasi timore, quando lo vedevo così eccitato; ma mi dava molta serenità la sua sicurezza e quindi mi fidavo ciecamente. Attraversammo alcune viuzze del porto che cominciano a far brillare le insegne della notte e ci infilammo in locale che aveva sull’insegna un volto maschile con una rosa in bocca “Rojelio Rosas” diceva il nome. Fu subito chiaro che era un locale per gay e che Valerio vi era ben conosciuto, da come lo salutarono con affetto e deferenza i buttafuori; l’interno era decorato in maniera vistosa con panneggi pesanti - prevalentemente sul rosso - luci soffuse e cuscini di damasco decorato con perline e coriandoli di metallo; pochi tavolinetti bassi, un bancone e tanto liquore in bella esposizione.
Si diresse decisamente in un angolo, sollevò una tenda di damasco ed entrammo in un separé di gusto decisamente migliore (anche se comunque esagerato) dove dominavano i cuscini intorno a un tavolino basso: altoparlanti mimetizzati diffondevano musiche sensuali di gusto orientaleggiante. Si stravaccò sui cuscini ed io feci altrettanto; non ebbi tempo di approcciarlo, perché qualcuno entrò nell’ambiente, un giovane muscoloso e decisamente bello; andò direttamente verso Valerio, lo baciò con intensità sulla bocca, si aprì i pantaloni e tirò fuori un cazzo di oltre venti centimetri che gli mise davanti alla bocca. Valerio lo ingoiò di colpo, quasi fino alla radice, e cominciò a succhiarlo rumorosamente: dalle contrazioni dei muscoli del giovane era evidente l’immenso piacere che gli dava il pompino; ma non andarono avanti per molto: dicendosi qualcosa di divertente in spagnolo, uscirono diretti a incontrare forse qualcun altro. Ero quasi offeso per essere stato lasciato solo; ma non ebbi il tempo di pensarci, perché il telo che chiudeva il separé si aprì e lasciò entrare un individuo di mezza età, dall’aria di camionista, in canottiera e pantaloncino: senza parlare, mi si avvicinò e mi sbandierò sotto il naso un cazzo di notevoli dimensioni.
Evidentemente, era lo stile del locale e mi adeguai in fretta: abbrancandolo per i fianchi, feci entrare il suo cazzo nella mia bocca e lo feci lentamente, sapientemente, roteando la lingua intorno alla cappella e intorno all’asta, finché non fu tutta affondata nella mia bocca; poi cominciai a succhiare e a muovere la testa per farmi chiavare in bocca. Un leggero sapore acre sulla punta mi diede l’avviso che stava per sborrare e mi preparai ad ingoiare tutto; ma l’altro non era dello stesso avviso: di colpo, si ritrasse e sottrasse il cazzo alla mia presa, lo rimise nei pantaloni e uscì. Il cazzo mi era diventato duro come il marmo ed ero quasi deluso, ma ancora una volta la sorpresa arrivò immediata. Era appena uscito il primo, che un altro personaggio entrò nell’alcova: un tipo giovane, dall’aria distinta, quasi esile, che venne a sdraiarsi accanto a me. Mi sfilò la maglietta e mi accarezzò a lungo a lungo il petto, stringendomi più volte i capezzoli e facendomi arrapare oltre ogni dire; mi prese la testa tra le mani e iniziò un vorticoso bacio con risucchio che mi fece arrivare la lingua in ogni anfratto; prese la mia mano destra e la portò sulla patta: sentii che aveva un arnese straordinariamente grande, tra le gambe; armeggiai con bottoni e zip, gli aprii i pantaloni e tirai fuori l’uccello più grosso che avessi mai immaginato.
Lo guardai qualche momento con ammirazione e cominciai a tirare una sega lunga e delicata, solo per farlo eccitare di più; mi prese per la nuca e mi abbassò la testa fino a portare le mie labbra sul suo cazzo: mi feci penetrare in bocca lentamente, dolcemente, cercando di non provare troppo fastidio quando il cazzo arrivò fin oltre le tonsille rischiando di darmi nausea. Mi diedi a succhiarlo con passione, ma l’altro mi fermò di colpo; mi fece alzare in piedi, mi aprì i pantaloni e li fece scivolare via dai piedi: quando il mio cazzo fu in piena erezione davanti a lui, accennò a una leggera carezza ma, subito dopo, mi fece girare e piegare a 90 gradi; un attimo dopo, la sua bestia cominciò una lenta e irresistibile penetrazione nelle mie viscere: lo sentivo entrare centimetro per centimetro e tutte le fibre del mio intestino godevano ad essere penetrate, si dilatavano e si adattavano al nuovo venuto, lo abbracciavano e lo solleticavano.
Quando fu entrato fino in fondo, si fermò per un attimo e strinse le mie chiappe contro il suo ventre; poi cominciò a pompare lentamente e con decisione; sentivo l’asta entrare fin nei recessi più intimi del corpo e poi la seguivo quando scivolava fuori, fino alla cappella, temendo quasi di perderla; ma di colpo rientrava, dolcemente, lentamente, gustandosi il piacere della penetrazione. Andò avanti per molto ed io mi abbandonai languidamente al piacere di essere chiavato: il mio cazzo era duro da far male, ma non pensai neanche per un attimo a toccarlo e lasciai che mi facesse percorrere tutti i sentieri del piacere anale. Mentre ero assorto in questa inculata, non mi ero accorto che un’altra persona era entrata nell’alcova, un individuo anziano, dall’aria quasi dimessa, che ci stava guardando con interesse mentre si menava un uccello grosso e bitorzoluto: gli feci cenno di avvicinarsi e glielo presi in bocca.
Il piacere si moltiplicò all’infinito, mentre succhiavo l’uccello del nuovo venuto e, intanto, l’altro alle mie spalle continuava imperterrito a mandare il suo enorme cazzo avanti e indietro attraverso il mio sfintere. L’anziano non ebbe la stessa capacità di resistere: forse anche per effetto della sega che aveva trascinato non so per quanto, quando cominciai a succhiarlo con sapienza, inarcò le reni, mi spinse il cazzo in gola e vi eruttò una sborrata che sembrava interminabile, tanto fu lo sperma che mi versò dentro. Succhiai diligentemente e leccai tutto; il giovane alle mie spalle, a questo punto, ebbe una reazione quasi animalesca: affondò con foia il cazzo nelle mie viscere, diede una serie di violenti colpi che mi squassarono e, con un grugnito quasi disumano, cominciò a sborrarmi nel culo; mi sollevò dalla posizione china, mi abbracciò da dietro, baciandomi dietro le orecchie e lentamente lasciò defluire il sangue dalla sua mazza che, poco a poco, mi scivolò via dal culo. Mi pulii con dei fazzolettini posti in angolo sul tavolino: quando mi fui ripreso, ero di nuovo solo.
Aprii una bottiglia che era nell’angolo e mi versai della sangria, mentre guardavo con commiserazione il mio cazzo duro che era rimasto ancora a secco. Ma non restai solo a lungo: fui raggiunto dopo poco da un ragazzo assai giovane - forse meno che ventenne - dall’aria quasi efebica; era completamente nudo, con un cazzo moscio di dimensioni normali ma completamente depilato e con un culo che ispirava tenerezza, tanto era morbido e ben disegnato. Mi si stese a fianco e andò direttamente a baciarmi il cazzo ormai dolente per essere stato in tiro tanto tempo: lo prese delicatamente tra le labbra e cominciò a giocarci intorno con la lingua; era bravissimo, nel farlo, e mi strappava dai coglioni sensazioni di elettricità che non avevo mai provato. Quando se lo fece penetrare in bocca e cominciò a ruotarci intorno con la lingua, pensai che un piacere così non l’avrei mai più provato, tante e tali erano le emozioni che quel pompino riusciva a darmi; sentivo che ero assai vicino a sborrare, ormai; ma l’altro non sembrava d’accordo e, avvedutosene, mi strinse i coglioni con forza, fino a farmi male.
La tensione si interruppe di colpo e lui abbandonò la presa con la bocca; ma solo per accovacciarsi carponi davanti a me e mettermi ben evidenza il buco del culo perfettamente rasato, rosso vivo, invitante. Mi piazzai dietro di lui e cominciai a penetrarlo, dolcemente, lentamente, imitando il movimento della sua bocca sul mio cazzo. Quando fui dentro di lui, lo sollevai per le spalle e me lo strinsi contro; cominciai a baciarlo sulla nuca e dietro le orecchie, si girò e fece in modo che potessi baciarlo sul viso, sugli occhi e, infine, sulla bocca: col cazzo duramente infisso nel suo culo, questi accenni di tenerezza provocano un’eccitazione irresistibile “sto per sborrare” gli sussurrai quasi con dolcezza “ti sto aspettando” rispose altrettanto teneramente. Fu una sborrata dolce, lunga, lenta, con la quale svuotai serenamente le palle nel suo culo, assaporando ogni schizzo, ogni goccia che lo riempiva; e lui partecipava con la stessa tenerezza. A mano a mano che la tensione si scioglieva, il mio cazzo si sgonfiava e tendeva a scivolare via dal culo: lui ebbe un paio di contrazioni per cercare di trattenere ancora la carne dentro di sé, poi si arrese e mi lasciò scivolare via. Ci sdraiammo sui cuscini e versai della sangria in due bicchieri; bevemmo lentamente; poi lui mi baciò ancora appassionatamente sulla bocca, mi fece “ciao” con la mano e sparì.
Decisi che ne avevo abbastanza. Indossai la maglietta e il jeans e uscii; Valerio era al bancone con altre persone e bevevano “Io torno all’albergo” gli comunicai “Ok ci vediamo domani” rispose. Non so quando rientrò in albergo ma non mi preoccupavo: la vacanza era stata straordinaria, all’altezza di Valerio. Ma, tornando a casa, avevo il dovere di fare chiarezza con mia moglie: non potevo continuare a tenere una doppia vita senza farglielo sapere. Speravo solo che avrebbe capito e che, con intelligenza e garbo, saremmo riusciti a trovare una soluzione conveniente.
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