Trovarsi, da quarantenne, da solo in una grande città, e per di più all’estero, non è una condizione piacevole: l’albergo dopo una certa ora devi lasciarlo, il bagaglio per fortuna puoi depositarlo e tra il pranzo e un po’ di turismo qualche ora la passi; ma una giornata è comunque lunga, se la partenza è prevista a tarda sera. Per fortuna ci si può rifugiare a cinema e, se si incontra uno a luci rosse, la prospettiva diventa migliore. L’ultima volta mi andò proprio bene, a Madrid.
Dal giornale avevo ricavato l’indirizzo di una Sala X di cui avevo sentito parlare e senza pensarci due volte ci andai. Non aveva niente di diverso dalle tante che si incontrano; colpiva però il movimento quasi frenetico di individui affamati di sesso che facevano la spola tra i cessi e la sala, la percorrevano tutta, fila per fila e scrutavano quasi ossessivamente le singole facce e i rapporti sessuali espliciti che dappertutto si realizzavano. Mi sedetti in un angolo in fondo, a godermi lo spettacolo eccitante di due che, due file più avanti, si succhiavano alternativamente e avidamente i cazzi; dall’altra parte della sala, un travestito con un abito da vecchia puttana girava ancheggiando e roteando la borsa.
Sempre più arrapato e curioso, mi trasferii nei cessi dove due coppie si spompinavano apertamente davanti agli orinatoi, mentre dietro le porte semiaperte dei cessi - evidentemente senza serratura - si intravedevano coppie impegnate in violente inculate. Tornato in sala con una feroce voglia di cazzo, mi diressi sul fondo dove, appoggiato al muro, aspettai che qualcuno si accostasse per tentare iniziative. Non ci volle molto perché un uomo di circa trent’anni, tarchiato e scuro - forse di origini andine - mi si avvicinasse col cazzo ritto che usciva dalla patta. Allungai la mano, glielo presi e cominciai a masturbarlo.
Disse qualcosa, ma non capivo la lingua e non risposi: mi indicò l’ultima fila dei sedili e vi si diresse; lo seguii e mi sedetti al suo fianco riprendendo il cazzo che mi sembrava quasi enorme, sul momento. Mentre lo lasciavo scorrere nella mano ricavandone forti emozioni, l’indio mi prese la testa e mi obbligò dolcemente ad abbassarla sulla patta. Cominciai così un pompino lunghissimo nel quale mi sforzai di mettere tutte le mie conoscenze: lo leccavo lungo l’asta fino a raggiungere i coglioni, tanto che dovette aprirsi i pantaloni e abbassarli quasi del tutto, per facilitarmi e per godere di più; poi risalivo verso la cappella e la facevo passare forzandola tra le labbra perché sentisse più accentuatamente la penetrazione; quando lo avevo in bocca, gli ruotavo intorno la lingua e sentivo che lo facevo godere mentre anche io mi eccitavo ancora di più.
Rifeci il percorso molte volte, completamente perduto nell’atmosfera di piacere che avevamo realizzato: ad un tratto, ebbi la sensazione di essere osservato; e, girando leggermente la testa, vidi che davvero un gruppo di maschi superarrapati si era accalcato alle nostre spalle e ci guardava con morboso interesse. La cosa mi eccitò enormemente e ricominciai le mie manovre non solo per godere io e per dare godimento all’indio, ma anche per accentuare l’atmosfera di sessualità che si realizzava con la spettacolarità della performance.
Manipolavo il suo bel cazzo in lunghe seghe laboriose e lente, concentrandomi sulla base della cappella dove avvertivo che provava maggiore piacere; poi lo facevo sparire in bocca per sapienti pompini condotti fino al limite della sborrata: appena avvertivo che si avvicinava all’esplosione, interrompevo per riprendere con la sega e poi leccavo di nuovo il cazzo per riprenderlo nel fondo della gola intenzionato a ripetere il gioco il più a lungo possibile. Ma lui non resse ulteriormente allo stress dell’orgasmo frenato e, mentre cercavo di tirare fuori il cazzo dalla bocca per l’ennesima volta, mi bloccò la testa quasi come in una morsa e diede con il bacino una serie di colpi che mi spinsero il cazzo fino all’ugola, provocandomi sensazioni di soffocamento e conati di vomito a cui resistetti a stento e, all’improvviso, esplose gemendo in una sborrata lunghissima, che mi costrinse a prendere in bocca continuando a tenere il cazzo spinto dentro la testa bloccata.
Quando gli ultimi fremiti del cazzo si furono allentati, si rilassò sulla sua poltrona e mi liberò la testa; ma a quel punto fui io a continuare a tenere il cazzo in bocca per tutto il lunghissimo tempo che impiegò a ritornare moscio. Solo quando lui si ritrasse e cominciai a pulirmi la bocca, mi resi conto che avevo sborrato nelle mutande: e quelle di ricambio erano nella valigia alla stazione.
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Categorie: Gay e Bisex