L’insegna sul percorso dall’ufficio a casa mi aveva sempre affascinato e attirato; ma non avevo mai avuto la forza (o il coraggio) di andare al botteghino, acquistare il biglietto ed entrare. Anche quella sera, ero molto esitante e, davanti alla finestrella del botteghino, me ne stavo impalato, incerto se fare o no il gesto. Risolse tutto un uomo alle mie spalle: con fare deciso, allungò una banconota, fece segno “2” con le dita, ritirò gli scontrini, mi prese per un braccio e mi avviò alla tenda di velluto rosso.
All’entrata, rimasi accecato dal buio; poi mi abituai alla visibilità e distinsi, nello spazio tra le due tende, due coppie che si agitavano: aguzzando la vista, scoprii che si masturbavano a vicenda. Mentre superavamo la seconda tenda, sentii la mano dello sconosciuto accarezzarmi una natica e andare a stringere la chiappa: era la prima volta ed ebbi un fremito, non so se di piacere o di sorpresa. Sullo schermo, una bionda dai seni enormi spompinava allegramente un maschio superdotato; nelle file dei sedili, si intravedevano ombre varie sparse per la sala: ogni tanto qualcuna faceva capolino dallo schienale; intuii che stavano succhiando il cazzo del vicino e, quando interrompevano, la testa appariva sopra lo schienale. Nello spazio in fondo, c’era un autentico viavai di coppie che si formavano e si scioglievano, che si baciavano o si toccavano, che si accarezzavano o si masturbavano; negli angoli più nascosti, qualcuno accovacciato succhiava un cazzo. In realtà, intuivo tutto: non si vedeva quasi niente.
Lo sconosciuto mi spinse contro il muro in fondo alla sala, mi prese tra le braccia e incollò la sua bocca alla mia. Era la prima volta che baciavo un uomo e, anche se avevo fantasticato molto sull’ipotesi, favorendo una mia latente omosessualità, non ero ancora capace di vivere fino in fondo con serenità la situazione: un primo istinto fu quello di ritrarmi, ma la lingua che mi entrò in bocca era morbida, dolce e aggressiva; quasi non mi diede il tempo di pensare e sentii quella protuberanza ruvida percorrermi tutto il palato e i denti per arrivarmi alle tonsille; mi misi a succhiarla d’istinto, sentii che il cazzo mi si rizzava nelle mutande e sentii il suo che mi premeva sulla patta: non era male, l’arnese.
Compreso che cedevo, mi passò le mani lungo la schiena, senza interrompere il bacio, e le portò fino alle natiche che raccolse insieme nei palmi, spingendomi col busto contro il suo cazzo che si strofinava sul mio ventre all’interno dei vestiti. In un attimo, una delle mani si infilò nella cintura, penetrò nella fessura tra le natiche e scese a cercare l’ano: sentii un dito scivolare verso il buchetto, solleticarlo tutt’intorno ed entrare deciso, solo per qualche millimetro; reagii con un brivido di piacere. Lo sconosciuto ritirò la mano, interruppe per un momento il bacio e infilò in bocca tutto il dito medio della mano destra; poi tornò a catturarmi la bocca e a penetrarla con la lingua; sentii la sua mano scivolare ancora nelle mutande, farsi largo tra le natiche; il dito medio così lubrificato cercò il foro, lo accarezzò e penetrò con forza fino alla giuntura della mano; il cazzo mi faceva male, tanto era duro; mi abbandonai al languore della violazione e spinsi con lo sfintere per favorire l’entrata; subito, un secondo dito si affiancò al primo ed io mi trovai inculato con due dita prima ancora di aver realizzato quello che facevo.
Lo sconosciuto ritirò la mano, si staccò, mi prese per un braccio e mi diresse ad una lucetta laterale con la scritta “WC” appena leggibile. Dentro, davanti a tre orinatoi, altrettante persone si menavano bellamente il cazzo con lo sguardo rivolto al’entrata, nell’evidente attesa di qualcuno che apprezzasse; tutti e tre rivolsero il cazzo dalla nostra parte, speranzosi. Lo sconosciuto si diresse ad uno dei tre camerini chiusi, lo spinse con cautela e, quando sentì che dietro non c’era nessuno, aprì del tutto, mi fece entrare e si infilò dopo di me. Lo spazio era angusto e decisamente sporco; ma non ci si poteva aspettare niente di diverso.
L’uomo aprì la cintura, abbassò la lampo, spinse in giù i pantaloni e tirò fuori un cazzo di notevole stazza; se lo menò per qualche attimo, prese la mia mano e l’appoggiò sull’asta; lo guardai sgomento: era la prima volta; mi invitò con la testa a prenderlo senza timore ed io lo feci. La sensazione che ricevetti fu assai più felice di quanto pensassi: sentire nella mano il calore di quel nerbo, constatarne la delicatezza serica della pelle, avvertire i brividi di piacere che davano le mie mani mi trasmisero un’eccitazione maggiore di quanto pensassi; guidato da lui, che mi aveva preso il polso, cominciai una sega di cui non avevo idea; spinsi la pelle avanti e indietro, fino a scoprire la cappella turgida e violacea; con l’altra mano, sempre guidato da lui, presi i coglioni e li massaggiai con delicatezza.
Lo sconosciuto mi mise una mano sulla spalla e mi spinse verso il basso, costringendomi a piegarmi fino ad accovacciarmi sui talloni: il suo cazzo si ergeva impettito in tutta la sua forza davanti ai miei occhi ma, soprattutto, di fronte alla mia bocca. Mi prese per la nuca e attirò la mia testa verso il cazzo, finché giunse a contatto con le labbra; spinsi fuori un poco la lingua e assaggiai il sapore acre della cappella su cui apparivano le prime gocce di preorgasmo; una spinta alla nuca mi costrinse ad aprire la bocca e a farci entrare il cazzo. Fu una questione di pochi minuti: dopo alcune incertezze, guidato con sapienza, cominciai a spompinare come una vecchia puttana; il cazzo scivolava dentro e fuori delle mie labbra, quasi fino in fondo alla gola; sollecitato da lui, leccavo e succhiavo, accarezzavo e segavo; lo sentivo fremere, contorcersi, gemere per il piacere.
Si fermò quando i brividi diventavano più intensi e frequenti: ci rimasi male, perché la sensazione del cazzo che mi chiavava in bocca mi aveva portato al parossismo del piacere e avrei voluto continuare fino all’orgasmo. “E’ la prima volta?” mi chiese quasi premuroso; accennai di si con la testa. Mi slacciò la cintura, mi aprì la lampo, abbassò fino alle caviglie anche i miei pantaloni, mi fece girare e appoggiare le mani alla parete. Sentii che si abbassava dietro di me, ma non ero ancora in grado di distinguere quel che sarebbe successo. Le sue mani si impossessarono delle mie chiappe e le spinsero di lato, a scoprire il buco del culo; sentii il suo alito sulla pelle del culo e, d’un tratto, la dolcezza della sua lingua sull’ano; molto più che in bocca, il contatto con la carne ruvida mi diede brividi intensi di piacere, che crebbero quando la lingua si insinuò nell’ano come aveva fatto con le dita.
Poi le dita presero il posto della lingua e sentii che il primo entrava agevolmente fino in fondo; uscì, ma rientrò subito dopo accompagnato da un secondo dito: dentro di me, si aprivano e ruotavano quasi a creare spazio; uscirono di nuovo e rientrarono in tre: ad ogni penetrazione dal culo partiva una folgore di piacere che attraversava la prostata ed arrivava al cazzo che aveva reazioni di rigonfiamento oltre ogni limite. Quando furono dentro, le tre dita si mossero in ogni senso, dentro e fuori, di lato, in circolo: era evidente che cercava di dilatare il foro per infilarci il cazzo.
Insalivò il buchetto con molta cura; sentii che sputava anche sul suo cazzo; accostò la cappella all’ano e diede una spinta: la pressione mi diede fastidio, ma non fu dolorosa “Spingi come per andare di corpo” mi suggerì lui; lo feci e lui diede una spinta violenta: ebbi la sensazione che lo sfintere si squarciasse, mi morsi una mano per non urlare e gli feci cenno di fermarsi; lo fece. I tessuti del mio intestino si rivoltavano alla violenza dell’intrusione; ma la cappella era passata; ci misi qualche tempo ad assuefarmi e, quando mi resi conto che il peggio era andato, spinsi il culo indietro per invitarlo a penetrarmi; entrò lentamente, facendomi assaporare docilmente la presa di possesso del mio corpo da parte del suo cazzo; quando avvertii lo sfregamento sull’ano dei suoi peli pubici, capii che adesso era davvero tutto dentro; strinsi i muscoli interni e lo costrinsi a fermarsi un poco. Me lo godetti con ogni fibra, mentre dalla prostata intensi flussi di piacere andavano fino alla punta del cazzo.
Quando rilassai i muscoli, cominciò a pomparmi nel culo, lentamente, dolcemente, gustando e facendomi gustare tutti i nodi dell’asta che mi solleticavano i muscoli interni; su sua indicazione, staccai una mano dal muro e presi a masturbarmi “Cerca di venire con me” mi raccomandò. La cavalcata non fu lunghissima, ma per me risultò entusiasmante: sentivo il cazzo impossessarsi del canale del mio ventre con sempre maggiore sicurezza e forza, mi godetti i primi passaggi delicati e meditati, fatti per gustarsi fino in fondo il piacere, e successivamente quelli violenti, rapidi, aggressivi per cercare l’orgasmo. Quando avvertì che stava per venire, me lo disse quasi con un urlo; affrettai il ritmo della mia sega e riuscii a sborrare mentre gli schizzi del suo sperma mi invadevano la pancia provocandomi ciascuno un furore di piacere.
Staccarsi mi produsse quasi più dolore che farmi sfondare: la cappella quasi non superava più lo sfintere che si era di nuovo contratto. Ci pulimmo alla meno peggio, con i Kleenex che lui aveva in abbondanza. Ci riassettammo i vestiti ed uscimmo. Arrivati nella sala, gli sussurrai “grazie” e scappai via nel buio, quasi pentito di averlo fatto, ma sapendo bene che, a questo punto, non avrei più avuto bisogno di chi mi desse la spinta per entrare.
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Categorie: Gay e Bisex