La rogna più grossa, quando di sta in vacanza per un lungo periodo, è sicuramente quella di ricevere una comunicazione che interrompe la pace del momento. A Mario, mio padre, piovve sulla testa proprio la tegola di un fastidioso adempimento burocratico che non poteva né essere rinviato, né ignorato né demandato ad altri. Dopo un ciclone di tempestose telefonate con la segreteria, dovette rassegnarsi a sprecare almeno un paio di giorni delle sue sudate vacanze per tornare in fabbrica. Dopo un larvato tentativo, naturalmente sterile, di trascinarmi nella sua disavventura, decise che sarebbe partito un lunedì mattina con la speranza di essere di ritorno il martedì sera. Maria, mia madre, ne fu alquanto contrariata, ma non poteva che fare buon viso a cattivo gioco. La domenica sera ci fu una sorta di “cena d’addio” con alcuni amici, nella generale condivisione del dolore (che mascherava a stento la riflessione “meno male che non è capitato a me”): subito dopo, i miei si scatenarono, ovviamente, nella più lunga scopata della stagione che mi costrinse ad una veglia vigile col cazzo duro e tanta voglia di sfogarmi in qualche modo: l’unico possibile fu, ovviamente, una sega enorme.
La mattina del lunedì fui svegliato intorno alle nove dai rumori che venivano dall’altro letto e che segnalavano, inequivocabilmente, la ripresa dell’offensiva serale che culminò in una serie di ruggiti di Mario e di urli di Maria quando alla fine raggiunsero l’orgasmo. Finalmente si alzarono e si agitarono per la roulotte a ricostruire una valigia che sembrava sprofondata nel dimenticatoio. Come Dio volle, lui riuscì a rientrare in abiti civili e, con un’infinita serie di raccomandazioni e sbaciucchiamenti di addio (quasi partisse per l’ergastolo) alla fine si allontanò. Maria si mise in ordine (per quel che valeva nella totale nudità del posto) e mi chiese se la accompagnavo a fare spese nel minimarket del camping. Accettai per fare qualcosa di diverso dal prendere il sole. Si sono costruiti molti aneddoti e create molte barzellette sulla fila davanti ai bagni, nei campi nudisti, con signori distinti che impugnano elegantemente il rotolo di carta igienica e fremono perché “se non arriva presto il mio turno, mi telefono addosso” (andare a telefonare era il modo garbato per dire che si aveva bisogno di andare in bagno). Effettivamente, certe situazioni avevano del surreale, specialmente in posti dove la gente si incontrava, si salutava, scambiava convenevoli, il tutto completamente nudi ed esposti ai giudizi e commenti sulle fattezze.
Nei piccoli spazi tra gli scaffali del supermarket, si poteva ammirare tutta la casistica possibile dei culi, da quelli tesi e prepotenti, con le natiche disegnate col compasso, a quelli pesanti e pieni fino a quelli flaccidi e cascanti; lo stesso valeva per le tette, da quelle superbe e appuntite a quelle piene e ancora in piedi fino a quelle pesanti, appoggiate sullo stomaco o addirittura flaccide e cascanti; qualcuna esibiva con orgoglio i “brufoli induriti” che costituivano i capezzoli senza mammella; per le fighe, la varietà era meno marcata, tranne che per il colore del pelo (quando non erano rasate) e, solo in qualche caso, le grandi labbra sporgenti quasi oltre le cosce. Ma anche i cazzi erano oggetto di ammirazione (o disapprovazione) e commenti più o meno generosi, da quelli continuamente in semierezione a quelli che sbattevano flaccidi sulle cosce, da quelli che appena spuntavano dai testicoli a quelli che sbatacchiavano a mezza coscia. La parte più grottesca era data poi dai discorsi banali - che nello specifico diventavano quasi assurdi - per presentarsi, conoscersi, raccontarsi episodi più o meno vivaci. Il tutto, naturalmente, in una babele di lingue di tutto il mondo, che spesso imponevano la traduzione multipla e simultanea, perché uno parlava solo italiano e francese, un altro solo francese e tedesco o solo tedesco e inglese, solo pochi erano poliglotti e la maggior parte, poi, si esprimeva solo a gesti.
Mi sorpresi a valutare la situazione quando, in tutte le lingue, cominciarono a chiedere conto dell’assenza di Mario: non capivo tanta dimestichezza e Maria mi spiegò che nel corso degli anni, si era formato una sorta di piccolo clan internazionale che, come in tutti i condomini, faceva passare le notizia da bocca a bocca. Mentre facevamo i nostri acquisti, notai nel gruppo delle amicizie una certa animazione ed un cicaleccio confuso; Maria si limitò a dire “è cominciata la corsa” ed accennò all’ingresso dove erano apparsi due giovani - chiaramente stranieri e forse motociclisti – di cui uno era abbastanza ben messo (fisico asciutto e tartaruga ben stampata sui pettorali) mentre l’altro appariva un po’ più tozzo e tarchiato: in compenso, gli pendeva tra le gambe un arnese che, in totale riposo, gli andava quasi a sfiorare il ginocchio. Guardai incuriosito verso Maria e lei mi fece cenno che, dopo, mi avrebbe spiegato. Tornai alla roulotte con la curiosità che mi bruciava dentro; e non facevo niente per nasconderla. Allora lei, mentre sistemava le cibarie acquistate, cominciò a spiegare: su mia richiesta, partì da lontano. Da molti anni, mi disse, si frequentavano con quel gruppo di persone, dalle quali avevano appreso il piacere di un sesso sfrenato che non teneva nessun conto dei rapporti di coppia ma si apriva ad ogni esperienza; di più, si cercava di coinvolgere tutti i personaggi degni di interesse che capitassero lì per un giorno o due.
Di fronte alla mia perplessità, mi spiegò che molti anni prima, quando io ero ancora molto piccolo, si erano trovati a cenare con due coppie vicine e che, dopo qualche bicchiere, si erano trovati al centro di effusioni che gli altri si scambiavano tra di loro ma che alla fine li avevano coinvolti; in conclusione, a fine serata lei aveva scopato con suo marito, con i due amici e anche con le rispettive mogli; a quella serata erano seguite altre in cui i partner erano cambiati ma il finale era sempre lo stesso. Molto spontaneamente, le chiesi dove ero io mentre loro “agivano”; mi rispose che il camping aveva un ottimo punto di ritrovo per i piccoli e che gli animatori mi avevano allevato per due mesi all’anno. Inevitabilmente, le chiesi se avesse scopato con tutti gli uomini del gruppo: mi disse, quasi meravigliandosi, che, si, aveva scopato e non solo con i maschi; inoltre, mi aggiunse che molte volte le era capitato di scopare con uomini e donne di passaggio, coinvolti per una sola sera nei loro giochi sessuali; di fonte alla mia sorpresa, si limitò a ricordarmi l’episodio che aveva generato la mia strana vacanza estiva, la coppia di giovani tedeschi con cui avevo sorpreso lei e Mario che scopavano; inoltre, non dimenticassi che io ero già nel giro dell’esperienza, visto quel che era successo con gli olandesi che erano parte centrale del gruppo. Un po’ mortificato, abbassai la testa.
Per quel che riguardava la sua frase sulla corsa che iniziava, mi chiarì che l’arrivo dei due giovani, e soprattutto di quello con “un arnese notevole” (disse proprio così) aveva fatto scattare un meccanismo che conosceva bene, vale a dire la corsa a sedurre i due per farseli alla grande. In questo, disse, il migliore era Mario che, pur possedendo solo poche nozioni di lingua straniera, riusciva sempre ad arrivare per primo sulle “prede” e a farsele alla grande, con il suo contributo. Di fronte alla mia perplessità, mi chiarì ancora che, come già sapevo, c’era una sorta di regola di base: se si trattava di coppia, gli incroci erano liberi; se erano solo femmine o solo maschi, anche le femmine e i maschi del gruppo avevano il diritto di farsi chi volevano come volevano: i rapporti omosessuali, se non erano proprio una prassi, erano comunque ben frequentati. Le rivelazioni, se da un lato mi scuotevano un poco, dall’altro lato mi davano la sensazione di una confidenza, di una sorta di complicità più intensa ed intima con Maria che a quel punto si configurava sempre più come femmina da desiderare piuttosto che come madre da amare. Le chiesi se c’erano episodi che ricordasse in maniera particolare; si mise a ridere e rimproverò la mia perversa curiosità che voleva indurla a racconti piccanti all’ora di pranzo; poi, più seriamente, mi disse che ce n’erano molti e che volentieri me ne avrebbe parlato, ma in un momento diverso, non mentre stava preparando il pranzo.
Mangiammo allegramente, scherzando un poco sulle cose più varie e, appena sparecchiato, prendemmo il minimo indispensabile - teli da spiaggia, bottiglia d’acqua e cappelli di paglia - e ce ne andammo sulla spiaggetta di sassolini che, ormai da anni, era il nostro “lido privato”. Ci eravamo appena distesi che, sugli scogli alle nostre spalle, apparvero i ragazzi del supermercato in evidente ricerca di un posto appartato: “arriva il bell’arnese” ironizzai; Maria si girò e aggiunse: “tra poco vedrai le arpie in caccia”; detto fatto, in breve si profilarono sugli scogli circostanti le sagome di molti degli amici dei miei, che si andarono a collocare in posizione strategica per ammirare i due nuovi; tra loro, spiccavano i due olandesi. Quando si furono adagiati sullo scoglio, il più alto cominciò a passare della crema sul corpo del più basso; e il massaggio doveva avere un certo effetto, da come il cazzo di questi cominciò ad ergersi dal ventre; guardai Maria e la vidi accarezzarsi quasi distrattamente un fianco, poi la mano scivolò su un seno: si girò bocconi e vidi la mano sparire sotto il corpo; intuii che si stava toccando e mi girai anch’io per non evidenziare l’erezione che mi stava montando.
Ormai preso nel vortice delle confidenze, dissi che mi pareva assurdo che una figa (e meno ancora un culo) potessero ricevere impunemente un volume così grosso. Maria sorrise e, accennando anche con la testa, “si può, si può” mi disse. Le chiesi se lo sapeva per esperienza. Mi disse che era il momento di riprendere il discorso sospeso prima, perché l’episodio che ricordava più volentieri era legato proprio ad un cazzo di quella portata, se non anche più grosso. Ascoltai in silenzio. La cosa era capitata molti anni prima, i primi tempi che avevano cominciato a frequentare il "giro dei libertari”; ci avevano messo poco a entrare nel meccanismo a impossessarsene, forse perché, inconsciamente, era quello che da sempre avevano desiderato e non dovevano sforzarsi per niente, per mettere in pratica tutte le immaginazioni più perverse. Una mattina, proprio come era avvenuto quella mattina, erano entrati nel supermarket due ragazzi poderosi e prestanti, dei quali uno possedeva un cazzo enorme, oggetto della curiosità e dell’ammirazione di tutti. Mentre ancora gli altri si guardavano tra di loro domandandosi cosa fare, Mario – che aveva già dato prova di essere di un’intraprendenza unica e di una capacità quasi scandalosa di comunicare senza conoscere le lingue – li aveva già agganciati ed aveva scoperto che erano italiani, del Centro, il più alto e più chiaro di colorito, e della Sicilia il più basso e scuro, quello che si portava dietro un cazzo da esposizione.
Prima ancora che gli altri si muovessero, Mario li aveva invitati a pranzo nella roulotte e i due avevano accettato, forse per la gioia di incontrare dei connazionali, forse perché da tempo non mangiavano pastasciutta, forse anche perché guardavano speranzosi le forme di Maria (“ero ben più giovane e soda” commentò lei; io le dissi che era ancora meravigliosamente desiderabile). I ragazzi divorarono con gusto la migliore pastasciutta che Maria potesse combinare in quella situazione; poi, mentre Mario e l’altro ragazzo prendevano il caffè, Turi (si ricordava ancora il nome, dopo tanti anni) chiese di andare in bagno; Maria lo accompagnò nella roulotte e restò in attesa fuori della porta; uscendo, lui se la trovò davanti, girata: le cinse la vita e le appoggiò il batacchio tra le chiappe; Maria agitò un poco il culo e sentì la bestia che si alzava e si infilava tra le natiche; passò una mano fra le cosce, prese il cazzo e lo portò a contatto con le grandi labbra. Turi cominciò a baciarle la nuca e il collo, mentre le mani si alzavano sulle tette che strinse con forza attirandola verso di sé: il cazzo si fece ancora più duro e lui lo mosse avanti e indietro sfregandolo tra figa e culo. Maria sentì i brividi di un primo piccolo orgasmo montarle dall’utero e scaricarsi sul cazzo, si girò, sistemò con una mano il cazzo tra le cosce, strusciando la cappella sul clitoride e facendo aderire completamente l’inguine all’inguine, e lo baciò sulla bocca: mentre roteava la lingua ed esplorava l’interno della bocca, sentiva il cazzo fremere e fu presa da una voglia terribile di ingoiarlo.
Si abbassò sui talloni e prese in mano la mazza che la costringeva a stare spostata indietro, per arrivare alla bocca; temeva di non essere in grado di farla entrare, ma la bocca si aprì per naturale movimento e l’enorme cappella fu catturata tra le labbra carnose: Turi ebbe un brivido intenso e spinse il cazzo fino a farne entrare quasi un terzo nella bocca spalancata; Maria roteò la lingua intorno alla cappella, la passò sull’asta che aveva in bocca e spinse avanti la testa finché una buona metà del cazzo fu dentro la bocca; si fermò un attimo e cominciò a succhiarlo con foga: sentì che la vagina fibrillava e tolse dall’asta una delle due mani che l’accarezzavano, per portarsela sulla figa a tormentare il clitoride: il secondo orgasmo le esplose direttamente dall’utero e gli umori vaginali si sparsero sul pavimento; sulla spinta dell’orgasmo, senza che se ne accorgesse, risucchiò in gola il cazzo per intero: quando vide la sua bocca così vicina all’inguine e la mazza tutta sparita nella bocca, Maria si sorprese di se stessa e si lasciò andare ad un nuovo orgasmo che l’altro avvertì nettamente; l’emozione fu tale che sborrò immediatamente. Maria si sentì la gola quasi soffocata dal flusso di sborra che il cazzo le stava spruzzando dentro, ma si limitò a succhiare il cazzo e a leccarlo con cura.
Mentre la sollevava da terra per le braccia, Turi le prese le chiappe da sotto, le strinse con forza, le allargò e accostò gli indici all’ano che prese a vellicare; Maria reagì baciandolo con foga sulla bocca. Quando si ripresero un poco, si accorsero che gli altri due erano entrati e stavano guardandosi la scena: avevano i cazzi ritti e si stavano smanettando a vicenda; Mario prese il ragazzo per la nuca e lo fece abbassare in ginocchio, finché il suo cazzo fu all’altezza della bocca dell’altro: con una furia quasi bestiale, glielo infilò in gola e cominciò a pompare; l’altro si adeguò e prese a succhiare. Maria si rovesciò delicatamente sul letto, supina, e allargò le gambe; Turi si inginocchiò ai piedi del letto, le divaricò le ginocchia e affondò la bocca nell’inguine; Maria sentì la lingua morbida e dolce vellicarle l’interno delle cosce, passare sui peli del pube e andare a stimolare le grandi labbra: sollevò ancora le ginocchia e si aprì completamente alla lingua che la vellicava; quando Turi afferrò tra le labbra, e poi tra i denti, il clitoride, sentì il corpo aprirsi come squarciato e desiderò che quel cazzo la riempisse; lo prese per il viso e lo attirò sopra di sé; percorrendo il corpo, Turi passò la lingua sul ventre, sull’ombelico, sullo stomaco e tra i seni; si fermò a leccarle tette e le aureole finché si impossessò dei capezzoli e cominciò a tormentarli con la lingua e coi denti; Maria li sentiva irrigidirsi fino a dolere e, dai capezzoli, avvertiva scariche di piacere che si scatenavano nel ventre: la figa sembrava urlare per avere quel cazzo.
Non si era ripreso del tutto, il cazzo di Turi, dopo la prima sborrata; ma anche barzotto aveva la dimensione e la capacità per violentare un figa; Maria lo raccolse con una mano e accostò la cappella alla vulva, spinse in su con un colpo di reni e sentì il cazzo inondarle la vagina che cedette morbidamente alla penetrazione: era tutto dentro di lei, anche se lo aveva creduto impossibile. Quando gli ossi pubici si sfregarono, la reazione fu una rapida eccitazione per entrambi: Maria sentì la figa dilatarsi e reclamare di più, Turi avverti che il cazzo riprendeva vigore e si gonfiava paurosamente nella vulva dilatata. Si fermarono un attimo, quasi per prendere respiro o per godersi la penetrazione; videro intanto che Mario aveva già sborrato nella bocca dell’altro e che ora era lui a prendere il cazzo in bocca per spompinarlo. Turi cominciò a muoversi delicatamente e Maria sentiva il ventre aprirsi, dilatarsi, fremere in ogni fibra e inseguire il grande orgasmo, quello che giunge dopo una lunga serie di vibrazioni. Ma non voleva che l’altro venisse subito, non così presto come in bocca, voleva sentirlo dentro, goderselo fino allo spasimo; cominciava anche ad avvertire un leggero prurito all’ano che non voleva essere lasciato fuori dal gioco.
Seguirono lunghi momenti di assoluta stasi: si sentiva solo il respiro affannoso dei quattro, frutto delle abbondanti recenti sborrate; poi Maria obbligò dolcemente Turi a rotolare sul letto finché fu supino sotto di lei: facendo leva sulle ginocchia, cominciò ad impalarsi, prima lentamente e cautamente, poi con più foga, a mano a mano che sentiva le sue viscere adattarsi all’enorme ingombro del cazzo ed emettere fluidi in continuazione per effetto dei piccoli orgasmi che si producevano dall’utero sotto le spinte della cappella. Mario lasciò il ragazzo e si accostò dietro di lei, le spinse la nuca fino a farla quasi distendere su Turi, frugò con le dita fra le natiche, fin dentro l’ano, si accovacciò dietro di lei, accostò il cazzo al buco del culo e cominciò a spingerlo dentro.
Maria ebbe un brivido di dolore, quando anche l’intestino fu violentato dalla seconda penetrazione; ma il piacere che ne derivò cancellò subito la prima sensazione e si adeguò contraendo ritmicamente ano e intestino: Mario fu assorbito da una sorta di “pompino anale” che lo mandò su di giri. L’altro ragazzo si era accostato dall’altra parte e, cogliendo l’occasione, accostò il cazzo alla bocca di Maria che non si fece pregare per ingoiarlo quasi di colpo: dopo l’esperienza precedente, era quasi un gioco succhiare questo cazzo (che non era neppure tanto piccolo). Ma il desiderio di sperimentare la capacità del suo sfintere con il cazzo di Turi era ormai entrato dentro la sua mente e dentro la sua libidine: passando una mano tra le cosce, strinse le palle del ragazzo per frenarne l’orgasmo e, con gli occhi, cercò di invitarlo a resistere: sembrava avesse capito. Accentuò il ritmo del risucchio sul cazzo del giovane e in breve lo sentì sborrare; bevve tutto facilmente; accentuò la pressione ritmica dell’intestino sul cazzo di Mario e in breve sentì lo schizzo che le penetrava le budella facendola godere. Poi si dedicò al cazzo di Turi, mentre i due si ritiravano rilassati dalla bocca e dal culo. Riprese il saliscendi sul cazzo tornato barzotto, gli strizzò leggermente i capezzoli e in un niente lo sentì di nuovo rigido nella figa.
Lo prese delicatamente con una mano alla radice e cominciò a farlo scivolare lentamente fuori dalla vagina:ogni movimento era un nuovo brivido di piacere che le attraversava il bacino e si scaricava sull’ano che ora sembra impaziente di essere violentato. Quando il cazzo fu completamente fuori, lo accompagnò verso il culo strusciandolo sul perineo, avvicinò la punta al forellino e cominciò a fare pressione dall’alto in basso: lo sguardo allucinato di Turi le fece capire che persino lui era spaventato dall’idea del male che poteva provocarle quella scelta; ma aveva deciso e non si fermava. Quando la cappella forzò le pieghette dell’ano, fu solo piacere, quando entrò fino allo sfintere, furono solo scosse di libidine; quando però esercitò una pressione maggiore per far passare al membro il muscolo che, per quanto dilatato anche dalla recente penetrazione, si opponeva ad una dimensione così inusitata, le fitte di dolore si trasmisero a tutto il ventre; ma la voglia del cazzo le trasformò in fitte di piacere. Quando la scappella superò lo sfintere, le tornarono in mente le doglie del parto; ma proprio per questo resistette e sentì la mazza che si impossessava lentamente del suo intestino.
Si fermò immobile con mezzo cazzo dentro il corpo e l’altra metà che sembrava tenerla sollevata; si abbassò verso il ragazzo e lo baciò sulla bocca intensamente; lui l’abbracciò per le spalle e ricambiò il bacio; Maria gli fece cenno con la testa di spingere e lui cominciò a muovere le reni per far entrare il cazzo; ma aveva l’aria preoccupata di chi teme le conseguenze. Invece andò tutto come nei desideri: il cazzo scivolò quasi naturalmente e Maria avvertì le sensazioni nuove e straordinarie dei tessuti nuovi del suo corpo che avvertivano il fastidio e l’infinito piacere della penetrazione; prima che se ne rendessero conto, l’enorme membro era tutto dentro di lei, i peli della figa erano mescolati a quelli del pube di lui e il clitoride si strusciava con foga sull’osso pubico. Maria provò sensazioni che non aveva mai avvertito e che mai più sarebbero ritornate nella sua esperienza: ebbe una serie infinita di orgasmi, prima che arrivasse quello definito, quello che normalmente la squassava tutta e la lasciava senza forze. Stavolta fu ancora più intenso e sentì gli umori vaginali scorrere fuori dalla figa come da una fontana aperta; Turi, per parte sua, accompagnò delicatamente l’inculata, provando emozioni nuove e indicibili; arrivò a sborrare con una naturalezza che lo sorprese; e sborrò a lungo, molto a lungo.
La parte più difficile fu tirar via il cazzo dal culo - mi raccontò Maria - perché, per quanto ridottosi di dimensione, era comunque una brutta bestia, quella che dovettero far scivolare fuori con mille cautele; ma ci riuscirono e, alla fine, senza che potessero impedirlo, un’immensa colata di sborra si versò dal culo spalancato direttamente sul lenzuolo. Mentre Maria mi raccontava la sua scopata col siciliano, il mio cazzo era diventato di marmo, anche se soffocato tra il mio corpo supino e il telo sui sassolini; per di più mi eccitava vedere che, mentre raccontava, lei continuava a titillarsi la figa senza neanche cercare di mistificarlo e vedevo i suoi umori espandersi progressivamente sul telo sottostante. Per fortuna, il mare era a pochi centimetri dalla caletta dei sassolini e non mi fu difficile andare direttamente in acqua per raffreddare i bollenti spiriti (e non solo quelli). Nuotai per un poco, pur sapendo che non era consigliabile, a così breve distanza dal pranzo; poi tornai a riva quando il mio cazzo si era alquanto raggrinzito sotto l’effetto dell’acqua. Quando mi sdraiai sul telo, notai con sorpresa che Maria ancora si stava titillando apertamente il clitoride. Le chiesi se quel suo masturbarsi derivava dalle fantasie sul “bell’arnese” che l’olandesina intanto stava seducendo o se dal ricordo di una scopata davvero memorabile; “e se fosse per tutt’altro motivo?” mi rispose ambigua e, continuando a masturbarsi, “stasera dormiamo insieme” mi comunicò.
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