Per la mia chiacchierata con Donatella scelsi un primo pomeriggio afoso, di quelli in cui tutti si tappano in casa per la siesta. Forse le bastò guardarmi per capire e fece in modo da essere libera per l’intero pomeriggio. “Ho capito a che si riferisce la caccia!” Esordii. Alzò gli occhi dal ricamo che stava elaborando e mi guardò con aria interrogativa. Le parlai degli avvenimenti a cui avevo assistito e le dissi che davvero mi sentivo sprovveduta anche di fronte ad un ragazzo come Nicola. “Buono, quello!” esclamò “ancora pochi mesi di libertà, poi dovrà partire anche lui per la Svizzera e, come è successo a molti, dovrà dimenticare la bella vita attuale.” “Però, intanto è una bella preda da cacciare!” Stavolta rise più apertamente. “Vuoi avventurarti in una caccia dall’esito molto incerto o cerchi un percorso di conoscenza più agevole?” “E’ chiaro che vorrei imparare senza rischiare molto!” “Allora il tuo obiettivo non può essere Nicola; non ora almeno, perché con lui devi essere molto cauta e prudente se non vuoi rischiare faide paesane.” “Tu cosa suggerisci?” Ormai mi sentivo intrigata e volevo ad ogni costo arrivare a una soluzione che mi aiutasse a capire me stessa, il mio corpo e i rapporti con gli altri.
“Molte volte ho dovuto sbrogliare situazioni come la tua” il tono di Donatella era quasi di comprensione, forse di complicità e comunque di amicizia “e l’unica soluzione è stata sempre quella di fare sperimentare certi percorsi che alla fine sarebbero serviti nel matrimonio ma anche per le all’esterno del matrimonio” Non potevo fare altro che pendere dalle sue labbra. “Genny!!!!” urlò verso il resto dell’appartamento; per qualche minuto non successe niente e restammo zitte l’una di fronte all’altra; poi si affacciò sulla porta un giovanotto di bell’aspetto e dal fisico solido “Lui è mio fratello Gennaro, Genny per gli amici” e, rivolta a lui “Genny, questa è Cristina, quella che ha sposato Antonio. Ha bisogno di qualche tuo insegnamento”. Mentre lo diceva, guardò verso di me con aria interrogativa; capii che chiedeva la mia conferma, sorrisi a Genny, mi alzai ed andai a baciarlo sulle guance. Ma Genny mi abbrancò nella vita, mi strinse e incollò la sua bocca alla mia. Era la prima volta che baciavo un uomo: Antonio, in tutti quei giorni, mi aveva montato tre volte a notte ma non mi aveva fatto nessun altro cenno di affetto. Mi trovai quasi spaventata a sentire la sua lingua che forzava le mie labbra per insinuarsi nella mia bocca.
La presenza di Donatella mi imbarazzava, paradossalmente, e mi ritrassi quasi spaventata; lei capì e, con la mano, fece cenno al fratello di andarsene; lui mi prese per mano e mi accompagnò fuori della porta ma solo per entrare nella stanza adiacente che chiuse a chiave alle nostre spalle. Anche se non avevo chiara coscienza di quello che avveniva, mi rendevo conto vagamente che quello era forse in momento in cui stavo per essere effettivamente sverginata, grazie all’esperienza di Genny, verso conoscenze e scelte che favorissero la mia maturità. Quindi, pur essendo sostanzialmente spaventata, mi preparai a qualunque possibile sviluppo. Faceva molto caldo, quel giorno, e avevo indossato solo una gonna ampia con cintura in vita e, sopra, una camicetta con bottoni; di intimo, avevo solo una dozzinale mutanda senza reggiseno, senza calze e un paio di sandali. Genny aveva una tuta leggera e zoccoli ai piedi. Appena nella stanza, mi riprese per la vita, mi strinse a sé, tornò a premere le labbra sulle mie e mi forzò con la lingua per entrare; mi aprii e lo lasciai entrare nella mia bocca che perlustrò a lungo con la lingua appuntita e morbida che mi faceva provare uno strano solletico tra le gambe.
“Fai anche tu come me” mi suggerì staccandosi per un attimo; ed io infilai con forza la mia lingua nella sua bocca e presi ad intrecciarla con la sua. Il gioco di lingue mi stimolava i capezzoli che si inturgidirono premendo violentemente contro la stoffa della camicetta; e, fra le cosce, la figa cominciò e prudermi innescando un desiderio di toccarmi o di farmi toccare. Mentre io combattevo la mia personale battaglia di lingue con la sua, Genny mi prese le natiche con ambedue le mani e spinse il bacino fino a farmi sentire il suo osso pelvico contro il pube; contemporaneamente, un’asta grossa e dura mi premeva contro le cosce e verso il ventre. Mi venne in mente il cazzo di Nicola che Peppino aveva stretto in mano e poi preso in bocca e nel culo e che già mi aveva ricordato quello che Antonio ogni sera mi sbatteva con violenza nella figa; capii che era il suo cazzo a rizzarsi e a indurirsi (lo avevo visto fare a Nicola) e che si preparava ad entrare dentro di me. Intanto, però, mi solleticava la patatina che sembrava reagire con gioia provocandomi fitte violente in tutto il ventre e via su fino al cervello.
D’un tratto una delle mani di Genny si spostò dal mio culo e si insinuò tra i nostri corpi fino alla camicetta che sbottonò velocemente per mettere a nudo le mie tette; l’altra mano, invece, slacciò la cintura e si infilò nella gonna e nelle mutande: la sensazione del palmo della sua mano che attraversava accarezzandola la linea tra le natiche mi provocò una fitta più acuta delle altre ed un piccolo orgasmo; quando poi un dito si fece strada prima sull’ano e poi tra le labbra della figa, le fitte si fecero innumerevoli, tutte di seguito e sempre più acute finché urlai il mio primo orgasmo vero; Genny fu pronto a soffocare l’urlo con un bacio intenso. Mentre cercavo di riavermi dalla mia prima esperienza di orgasmo, lui si staccò dalle mie labbra per prendere in bocca un capezzolo che cominciò a succhiare con desiderio e passione; poi mi leccò tutt’intera l’aureola e la tetta. “Anche l’altra!” lo supplicai mentre quasi venivo meno dal piacere. Non se lo fece dire due volte e cominciò a leccarmi anche l’altra tetta. Cominciai a sbrodolare come un rubinetto rotto e quasi mi vergognavo all’idea di quello che mi scorreva dalla figa tra le cosce.
Quasi per pareggiare i conti, infilai le mani sotto la blusa della tuta e incontrai il suo torace leggermente peloso; accarezzai il suo busto e lo percorsi tutto quanto, davanti e dietro; Genny si cavò l’indumento dalla testa e “Succhiami anche tu i capezzoli” mi invitò; lo feci con gioia e mi accorsi immediatamente che ogni leccata era una fitta dentro la mia figa con orgasmi piccoli e brevi ma continui. Per la rapidità degli avvenimenti, non mi ero quasi resa conto di dove fossimo; in un momento di stasi, notai che eravamo in una camera da letto con un lettone da una piazza e mezza, senza sponde, e un grande armadio con grandi specchi su una parete. Genny si staccò per un momento, afferrò la gonna in vita e con un solo gesto la abbassò a terra; scalciai per spingerla via; mi fece arretrare di qualche passo e mi spinse supina sul letto. Ero ansiosa di sapere cosa mi aspettasse e, istintivamente, pensavo alla scena vista tra Nicola e Peppino, per cui ritenevo che mi avrebbe fatto prendere il suo cazzo in mano. Invece, quando fui distesa, mi sfilò delicatamente le mutande, divaricò con dolcezza le ginocchia, si inginocchiò su di me e cominciò a leccarmi l’interno delle cosce.
La sua lingua accarezzava la pelle metodicamente, dal ginocchio alla figa per tornare indietro e ricominciare il percorso da un altro punto; ogni solco tracciato era una scossa elettrica continua che cominciava dal ginocchio ed esplodeva quando la lingua lambiva le grandi labbra senza percorrerle. Dopo un tempo che mi parve interminabile, allo stremo della pazienza, presi con forza la sue testa e la schiacciai con violenza sulla figa. Docile e servizievole, cominciò a leccare le grandi labbra, prima la sinistra e poi la destra; quando finalmente la punta della lingua varcò le piccole labbra, dovetti mordermi una mano per non urlare a tutto il paese il mio immenso orgasmo. Quando poi prese tra le labbra il mio clitoride e cominciò a succhiarlo divenni un’invasata e mi agitai per tutto il letto come un’ossessa. Genny rallentò il ritmo, si sollevò dal mio ventre e prese a massaggiarmi tutto il corpo, in particolare le tette e i fianchi; dopo avermi fatto rigirare sul letto, dedicò le stesse cure alla mia schiena ma soprattutto al mio culo che prese a leccare con gusto entrando più volte nell’ano con la punta della lingua. I miei orgasmi si susseguivano senza limiti né di numero né di intensità.
La memoria del rapporto tra Nicola e Peppino mi fece pensare che la mossa successiva poteva essere quella di Genny che mi infilava nel culo la sua mazza; avendo visto come aveva reagito il ragazzino, era sicura che non avrei avuto problemi; e certamente non me ne sarei fatto nessuno. Invece Genny si alzò in piedi e mi tirò a sedere sul letto con i piedi sul pavimento. Solo a quel punto mi resi conto che io ero completamente nuda e che lui aveva ancora addosso i pantaloni della tuta, che lui aveva leccato e scavato tutto gli anfratti del mio corpo ed io invece non l’avevo ancora assaporato. Quasi per farmi perdonare, presi i pantaloni dalla cintola e li abbassai di colpo fino ai piedi; scalciando un poco, li spinse lontano. Mi trovavo di fronte per la prima volta ad un vero cazzo, grosso, lungo, duro, quasi immenso per me; lo guardai con amore e quasi timidamente allungai una mano a prenderlo. Avevo ancora in mente la scena di Nicola e Peppino e non ebbi difficoltà, quindi, a cominciare masturbarlo. Mi mandava in estasi sentire vibrare sotto le dita la carne viva e pulsante, le vene gonfie; sollevai l’altra mano per accogliere i coglioni, due sfere sode e tese che non stavano insieme nella mia mano delicata.
Per un poco ammirai l’asta e me la gustai con le dita; poi Genny mi toccò sulla testa ed accennò una spinta; mi resi conto che ce l’avevo proprio all’altezza della bocca e che un pompino era quello che la situazione imponeva, quello che lui si aspettava e quello che io ero determinata a fare. Accostai la bocca, leccai un poco timidamente l’enorme cappella e piano piano lo feci entrare in bocca. La sensazione fu immensa e indescrivibile; tutti i terminali nervosi del ventre si agitarono e mandarono al cervello segnali di intenso e incontenibile piacere; la lingua si mosse quasi autonomamente a leccare nonostante lo spazio angusto che non consentiva grandi movimenti nella bocca; anzi, i denti qualche volta graffiarono la pelle delicata della cappella e Genny fu costretto a darmi suggerimenti per aprire al meglio la bocca, farlo entrare il più possibile in profondità e titillarlo con un gioco di muscoli delle guance e il palato. Ad un certo punto, fu lui a spingere il cazzo nella bocca con movimenti del bacino; lo assecondai al meglio aprendo al massimo la mandibola e sopportandolo nella gola fino ai conati di vomito. Ma non era un pompino quello che Genny voleva da me. Ritirandosi delicatamente e strappandomi di bocca e di mano il suo meraviglioso cazzo, “Se continui così, mi fai sborrare” mi disse; lo guardai come un marziano.
Anche per darsi un po’ di riposo, provò a spiegarmi il senso della frase. Avevo già ascoltato quelle cose dette da Nicola ai ragazzi sul terrazzo; ma solo in quel momento mi resi conto che dal forellino sulla punta della cappella ad un certo punto sarebbe sgorgata una cremina bianca detta sborra che Antonio versava abbondantemente nella mia figa ogni notte, che era quella che faceva nascere i bambini e che bisognava stare attente a non prenderla in figa senza precauzioni. Genny mi spiegò anche i vari modi per fare arrivare un uomo a sborrare (o arrivare o venire o godere, secondo il linguaggio usato): non mi sorpresi della masturbazione né della scopata in figa, dell’inculata o del pompino; ma l’idea della “spagnola” tra le tette mi lasciava alquanto perplessa. Fu necessaria una pratica dimostrazione; Genny mi strinse le tette dai lati e nello spazio che le divideva inserì il cazzo; sostituendo le sue mani con le mie, presi a stringere l’asta e a solleticarla finché la cappella giunse all’altezza della bocca e, sporgendo la lingua, cominciai a leccarla; vidi che Genny rovesciava indietro la testa e tratteneva il respiro, segno di grande piacere; ed insistetti nella carezza con le tette.
Mi fermò di colpo, avvertendomi che non aveva ancora intenzione di sborrare e che c’erano ancora molte cose da esplorare. Ero ancora seduta sul bordo del letto con i piedi sul pavimento e lui era davanti a me in piedi; si piegò un poco verso di me e la sua mano destra andò ad artigliarmi la figa;il dito medio si infilò nella vulva e cominciò a percorrere i tessuti molli del canale vaginale, provocando una lunga serie di scosse di piacere; poi si spostò sul clitoride e cominciò a martoriarlo premendolo, girandoci intorno, titillando come per fare una sega; ansimavo come una locomotiva e strabuzzavo gli occhi per il piacere. Di colpo, si ritrasse e “Continua da sola” mi intimò; portai la mano destra sulla figa, inserii due dita nella vulva e cominciai a sollecitarmi come aveva fatto lui: ondate di piacere si levarono dalla figa e percorsero il corpo fino ad esplodermi nel cervello; le mie mani divennero quasi frenetiche e, istintivamente, usai l’altra mano per titillarmi un capezzolo. Genny mi guardava compiaciuto e abbozzava solo piccoli gesti come titillarmi l’altro capezzolo o rovistare nel mio pelo pubico fino a raggiungere, dall’alto, il clitoride per massaggiarlo in contemporanea con me.
Interrompendo i giochi erotici, mi sollevò di colpo e mi spostò indietro sul letto, finché anche i piedi furono sulla coperta; lui invece si sdraiò in posizione contraria, col viso rivolto alla figa e i piedi verso il mio volto; mi prese per una mano e mi fece sogno di montargli addosso; mi trovai così col viso sul suo cazzo mentre la mia figa gli si appoggiava sul volto “Ti piace un 69?” mi chiese; ed io non seppi cosa rispondere, ma istintivamente presi a leccare il cazzo che mi si ergeva davanti prepotente e, immediatamente dopo, lo infilai di colpo in bocca facendolo penetrare fino alla gola. Genny, da parte sua, aveva ripreso a leccarmi la figa e lo faceva con sapiente metodicità: partiva dal monte di Venere, percorreva lo spacco delle grandi labbra, si soffermava a succhiare il clitoride e proseguiva il percorso fino ad infilarsi nell’ano. Ogni passaggio era una frustata di piacere che mi percorreva la schiena e si schiantava nel cervello. Le vampate di calore mi montavano ripetutamente; a quel punto lo volevo in figa, volevo che quel cazzo mi scavasse dentro, mi rompesse tutti gli argini e mi facesse sborrare come mai in vita mia.
Glielo dissi. Sorrise, spostò il mio corpo, si sollevò a sedere e si spostò ai miei piedi, mi divaricò garbatamente le cosce e si mise in ginocchio sul letto piazzandosi proprio in mezzo. Girando lo sguardo all’armadio vidi riflessa nello specchio l’immagine di me completamente scosciata e Genny nudo in ginocchio fra le mie gambe con la sua mazza enorme che puntava decisamente al mio ventre. L’immagine mi eccitò quasi più della situazione e allungai le braccia per attirarlo a me in un bacio altamente sensuale. Mentre con la bocca mi rinnovava il piacere dello scambio tra le lingue, sentii il suo corpo che si adagiava sul mio e il cazzo che andava a strofinarmi i peli pubici sulle grandi labbra; insinuai tra noi due una mano, presi il suo cazzo, lo strinsi con amore e lo guidai alla vulva; si accostò quasi con devozione e cominciò a strusciarsi sul clitoride provocandomi ondate incessanti di scosse di piacere che mi bruciavano il cervello: ormai mi sentivo viva solo lì dove il suo cazzo e la mia figa si incontravano. Genny mi prese per le caviglie e sollevò i miei piedi verso le sue anche; capii l’intenzione e lo abbracciai con i piedi sui fianchi, spingendo a colpi di reni il mio bacino verso il sue cazzo che penetrò quasi di colpo nella vagina facendola esplodere in fuochi artificiali di piacere che mi fulminavano il corpo fino al cervello; in un attimo di coscienza, ammirai nello specchio il mio corpo delicato abbarbicato al suo con le tette premute dal suo petto, l’inguine incastrato nel suo e le gambe protese dietro la schiena a stringerlo a me oltre ogni limite.
Il momento culminante lo raggiunsi quando la punta del cazzo, spinta con foga dentro la figa, andò a colpire la cervice dell’utero: credetti quasi di scoppiare quando l’orgasmo mi esplose dentro; mi abbarbicai al suo corpo e non lo mollai finché l’onda di piacere non fu attenuata. Genny intanto aveva cominciato a pompare dentro con dolcezza e ritmo, toccando tessuti interni che fino ad allora non era stati stimolati e che reagivano provocandomi sempre nuove emozioni, sempre intensi orgasmi. Dopo un’esplosione più violenta, mi adagiai rilassata con il cazzo saldamente impiantato nella figa; presi a carezzare il corpo di lui che mi sovrastava ma non mi pesava e non mi disturbava affatto. Pensavo che avrebbe concluso con una sborrata, dopo la quale - come mi aveva spiegato - avrebbe avuto bisogno di ricaricarsi prima di tentare un nuovo “assalto”. Ma Genny aveva ancora qualcosa da insegnarmi.
Muovendosi delicatamente, si sfilò dalla figa lasciandomi un vuoto ed un senso di rimpianto; si stese a fianco a me supino col suo cazzo innalzato come uno scettro alla sua mascolinità; a cenni mi invitò a montargli addosso: ero un po’ perplessa ma poi mi resi conto che mi chiedeva di essere io a montarlo; scavallai con una gamba il suo corpo e mi sistemai quasi seduta su di lui, sollevai il bacino, infilai una mano fra le cosce, afferrai il suo cazzo che sembrava d’acciaio, tanto era duro, e diressi la cappella verso la mia vulva; lo strofinai a lungo sulle grandi labbra e sul clitoride provocandomi non pochi orgasmi che bagnarono completamente il suo ventre con i miei umori; poi decisamente mi abbassai e faci entrare il cazzo fino all’utero; con un ultimo, deciso colpo feci urtare violentemente la cappella contro la cervice: il gesto mi provocò una fitta di intenso dolore che immediatamente si trasformò in un’indicibile piacere diffuso che mi invase tutto il corpo. Me ne stetti seduta per qualche attimo, manovrando i muscoli della vagina per risucchiare in me il cazzo fino alla radice; cominciai a muovermi sul suo corpo sollevandomi e abbassandomi per sentire il cazzo scivolarmi nella vagina con continui fremiti di piacere. Genny gemeva come si lamentasse ma era evidente che godeva molto.
Quando già pensavo di spingere fino in fondo e farmi sborrare in figa, di colpo lui mi scavallò quasi con violenza e mi fece cadere sul letto accanto a lui; poi, quasi per farsi perdonare, prese a carezzarmi dolcemente la figa e le tette; poi mi fece girare e si dedicò alla schiena e, soprattutto, al culo che percorse lungamente e delicatamente con le dita e con la lingua; tenendo distanziate con le mani le natiche, portò in piena evidenza il buco del culo e cominciò delicatamente a sollecitarlo con un dito; poi si abbassò a leccarlo inserendo la lingua fin dentro. Tutte le sue manovre non facevano che sollecitare i miei orgasmi sempre meno controllati; se ne accorgeva sicuramente, al punto che andava a raccogliere gli umori che mi sgorgavano dalla figa ad ogni piccolo orgasmo e li usava poi per lubrificarmi l’ano e inserire un dito sempre più in profondità. Preso quasi da una frenesia sessuale, cominciò a leccarmi il culo sempre più velocemente e a carezzarmi l’ano con più dita, due o tre, che infilava poi con decisione nello sfintere: in breve i muscoli dell’ano cedettero e le sue dita viaggiavano liberamente verso il mio intestino.
Capii a quel punto che l’intenzione era quella di incularmi; godetti intimamente e l’attesa diventò una sorta di orgasmo continuo fino all’arrivo del cazzo. Mi sollevò le anche finché poggiai sulle ginocchia, si chinò dietro di me e continuò imperterrito a leccare e a spingere le dita dentro il culo; finché lo implorai di sfondarmi, di rompermi il culo, di possedermi fino allo svenimento. Si sollevò in ginocchio e si accostò col ventre alla mie natiche; sentii nettamente la sua mazza dura accostarsi all’ano e fare pressione “Quando comincio a spingere, tu sforzati come per andare di corpo; ci aiuterà”; accennai di si con la testa ed effettivamente, quando sentii la pressione del cazzo sullo sfintere, spinsi a mia volta come per defecare e sentii che la cappella passava di colpo con una fitta terribile; digrignai i denti e con la mano gli feci cenno di fermarsi; ma non uscì dal retto e, appena mi sentì più rilassata, riprese a spingere stavolta senza molto dolore. In un attimo sentii che era tutto dentro, perché i peli del cazzo mi solleticavano il perineo e il ventre mi premeva sulle natiche. Lo abbracciai da dietro per segnalare anche che volevo sentirlo un poco dentro; cercai di manovrare i muscoli dell’intestino per accarezzare a mazza che mi premeva dentro e in qualche modo riuscii a risucchiarlo dentro di me. Poi cominciò a pompare con calma e metodo; sentivo tutti i terminali nervosi dell’intestino sollecitati dal piacere della mazza che mi stuprava e ne gustavo il piacere infinito che mi trasmetteva al cervello.
Pensai che Genny volesse concludere nel culo la nostra scopata, sborrandomi dentro. Ma io aveva ancora qualcosa da chiedere. Misi le mani sulle anche e, un po’ spingendolo indietro un po’ ritraendomi davanti, costrinsi il cazzo a uscire dal culo; l’ultima parte fu dolorosa perché la cappella saltò fuori con sforzo e con un rumoroso “plof” che quasi mi spaventò. Genny sembrava perplesso. Lo spinsi sul letto e lo posi supino col cazzo ben eretto. Gli montai sopra, come prima aveva fatto lui, e mi piazzai col culo sul cazzo, che presi a direzionare con le mani. Il mio ano era ormai aperto e, dallo specchio dell’armadio, vedevo la scena terribile di Genny steso sulla schiena col cazzo superbamente ritto e di me, accovacciata su di lui con il culo aperto come una fornace, che indirizzavo il suo cazzo al mio sfintere. Quasi recitando una scena, mi abbassavo lentamente e lasciavo che l’asta entrasse nel mio corpo con qualche fitta di dolore ma tanto, tanto godimento che si trasmetteva dall’ano all’utero e da lì al cervello procurandomi emozioni immense. In breve il cazzo fu dentro di me ed io mi lasciai cadere col corpo su di lui accarezzandolo con le tette, con i capelli, con il ventre, con le mani, con la bocca.
Ci scambiammo un bacio, lungo, intenso, appassionato. Genny cominciò a pomparmi spingendo da sotto; il cazzo scivolava dentro e fuori, fin quasi ad uscire del tutto per rientrare di colpo con una spinta quasi violenta. Il piacere era alle stelle. “Se vuoi, adesso puoi anche sborrarmi dentro” gli sussurrai. Cominciò la cavalcata finale, lunga, intensa, irresistibile; Genny mi ribaltò con forza sul letto e mi spinse supina sotto di lui; nel movimento, gli passai le gambe intorno alla vita e mi trovai con l’inguine appiccicato al suo, la figa che gli strusciava sull’osso pelvico e il culo che si apriva totalmente alla sua penetrazione; mi scopò con violenza, facendomi sentire continuamente il peso del suo corpo sul mio e scatenandomi gli istinti più animaleschi del piacere. D’un tratto, si accanì sul mio sfintere con particolare violenza, mi fece penetrare il cazzo fino allo stomaco e, con un suono gutturale che soffocava l’urlo compresso mi allagò l’intestino con la sua sborra bollente. Lo sentii spruzzare più volte ed ogni volta un orgasmo mi scosse con violenza dalle viscere fino al cervello. Poi si abbatté su di me ansimando ed io strinsi le cosce intorno alla sua vita per non farlo uscire dalle mie viscere.
Restammo così abbracciati per un po’ di tempo; poi sentii che nel culo il cazzo perdeva consistenza, si afflosciava e tendeva a scivolare via. Abbassai le gambe liberandolo dalla presa, mi sdraiai sotto di lui e lo spinsi leggermente di lato; si scavallò dal mio corpo e si sdraiò supino al mio fianco. Sentivo che dall’intestino la colata di sborra che aveva versato tendeva ad uscire dall’ano e temetti di sporcare in giro; lui mi indicò la porta del bagno ed io mi sforzai a culo stretto di andare a liberarmi. Seduta sul water scaricai una quantità industriale di sborra e un po’ di cacca, stimolata dallo stupro; mi spostai sul bidet e mi lavai figa e culo. A quel punto entrò Genny che aprì il box della doccia, entrò e aprì l’acqua invitandomi a seguirlo; lo feci volentieri per liberarmi di sborra, umori e sudori che avevo accumulato: “Sai,” mi fece lui “ credo che la maggior parte delle donne al mondo in tutta una vita non ha fatto sesso come lo hai fatto tu in due ore!”; lo guardai meravigliata “beh, credo che poche donne si facciano inculare con la voglia che hai dimostrato tu; moltissime sono quelle che si rifiutano di prenderlo in bocca o di fare un 69. Insomma, la maggior parte si comporta come te con Antonio: lasciar fare, sopportare e tacere. Tu invece …” “Io invece ho scoperto che mi piace scopare e che voglio farlo al meglio quando mi va e con chi mi va. Il matrimonio è una cosa, scopare è tutt’altra!” Scoppiammo a ridere insieme.
Dopo esserci rivestiti e ricomposti, in qualche modo, tornammo nella camera di Donatella. “Com’è andata?” chiese subito, premurosa. “Stupendo” rispose Genny “la più veloce a imparare, a elaborare e a fare propri i suggerimenti, una immensa voglia di piacere e di sesso, nessuna inibizione, insomma un’amante magnifica!” Io mi limitai ad annuire e a sussurrare “Grazie … a tutti e due” Me ne andai contenta, sicura che era cominciata per me una vita nuova, diversa e ricca di piacere … anche se il culo un poco mi doleva.
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