Non era apparsa per niente felice, la scelta per le ferie estive. Solita destinazione, un paesetto della Dalmazia direttamente sul mare, con una lunga passeggiata rasente una pineta le cui prime file di alberi si bagnavano direttamente in mare, un piccolo centro marinaro riconvertito alla speculazione turistica, una marina zeppa di barche di lusso di tutte le nazionalità ed una serie di strutture ultramoderne che ne accrescevano l'interesse turistico e ne impoverivano la bellezza originale. Anche la sede prenotata era la stessa da dieci anni: una camera abbastanza ampia, ben esposta ed attrezzata dignitosamente. Insomma, c'erano tutti gli elementi per aspettarsi un breve periodo di intenso relax, se non fosse stato per qualche attrito tra noi, maturato forse in anni di convivenza, da piccole cose trascurate ed esplose con forza. Quindi, lo stato d'animo non era dei migliori, ma si riusciva a vivere senza scosse e senza entusiasmi. I vicini di abitazione non erano mai stati motivo di interesse particolare. In dieci anni, non ci eravamo mai dati la briga di sapere chi alloggiasse a fianco a noi o anche semplicemente nelle immediate vicinanze. Questa volta, però, in un edificio poco distante, ben visibile dal nostro alloggio, una presenza mi intrigava per la particolare e speciale fascinosità.
Per piccole occasioni di incontri più o meno cercati e per lo scambio di saluti nella strada, andando (non sempre o quasi mai casualmente) insieme verso il mare, mi era capitato di vedere un'eccitante Milf, qualcosa oltre i quaranta, con una biondina di poco più giovane. La più anziana mi aveva in qualche modo intrigato. Le chiacchiere di vicinato, in un banale cicaleccio, avevano rivelato che, tempo prima, per qualche anno, era venuta col marito e occupavano un appartamento grande; qualche anno dopo erano arrivati da separati e ciascuno con nuova compagnia. Negli anni successivi si accompagnava ad un altro uomo. Quest'anno, poiché il compagno non poteva assentarsi per lavoro, aveva scelto la compagnia di un'amica e un appartamento più piccolo. Contrariamente alle dicerie, mi sembrava più credibile che avesse rotto col compagno alla vigilia delle ferie e avesse deciso per un’avventura di sole donne, ma mi riservavo, nel caso, di verificarlo. Dai dati, risultava bavarese; e la sua amica più giovane, bionda e vagamente slavata, aveva chiari i caratteri di quella regione. Ma, per la Milf mora, il discorso era completamente diverso. L'incarnato scuro non la collocava immediatamente in area germanica, anche per via degli occhi neri, piccoli e penetranti, capaci di brillare all'improvviso, per niente.
Di più, la chioma corvina, che sembrava naturalmente riccioluta e, tagliata corta, le circondava il viso come in certe immagini sacre, faceva pensare ad una donna di area mediterranea. Il primo episodio di una storia che avrei vissuto con entusiasmo si verificò una mattina che la mora uscì sul terrazzino in abbigliamento del tutto provvisorio, un camicione informe e abbondantemente trasparente. Preso da un vergognoso raptus, decisi di spiarla col binocolo. Osservai così che il camicione, anziché coprire, disegnava nettamente il corpo: in assenza di reggiseno, spiccavano due tette piene, carnose, abbondanti, leggermente appoggiate ma non cadenti; si leggeva il ventre piatto, liscio, elegante; non portava mutande e il pube sporgeva spigoloso, quasi duro ma al tempo stesso morbido, attraente, desiderabile. La figa, probabilmente rasata, non si vedeva ma si lasciava intuire come un frutto esotico, pregiato, da cogliere con amore. Fu un'immagine fugace, di pochi attimi, ma bastò ad accendere il mio desiderio, la mia eccitazione e una repentina erezione incontrollata. Decisi di assorbire il colpo alle vie basse e di limitarmi a guardarla come una vicina casuale e anonima. Ma da quel momento cominciai a studiarmi tutti i movimenti per cogliere tutte le opportunità per studiarmi quel corpo florido e intrigante.
Una sorta di sorpresa venne quando udii la giovane chiamarla per nome, Dolores. Nelle mie cervellotiche elucubrazioni, anche quel nome di chiara matrice ispanica contrastava con l'ufficialità della nazionalità tedesca. Forse, nelle loro migrazioni, i gitani avevano fatto tappa in Baviera e lasciato li un seme per generazioni future. Sempre nei miei vaneggiamenti, questo avrebbe anche meglio spiegato un corpo snello, agile, nervoso, insomma da tango o da bolero, forse vicino alla fisionomica di una torera che non di una Valchiria. Ma, in estate, in una noia mortale, in una mezza crisi con "lei", il fascino della misteriosa era troppo forte per combatterlo. Le mie ultime, povere difese crollarono miseramente quando, dopo qualche ora, decidemmo di andare al mare. La spiaggia era grande, ben tenuta e persino elegante, tutta quanta regolarmente di roccia e scoglio, con accessi agili, forniti di docce e ben segnalati. Verso il fondo, dopo un chilometro e mezzo di passeggiata rasente la pineta, si apriva una caletta isolata, più facile da raggiungere dal mare, con una barca o un canotto, che da terra, attraverso un percorso ad ostacoli sugli scogli, quasi un sentiero per camosci. Proprio per questo, era stata eletta Natur Kamp, sito per nudisti.
Era il posto che da sempre preferivo per prendere il sole; quella mattina decidemmo di affrontare la scalata agli scogli e andammo alla spiaggia dei nudisti. Ci eravamo appena sistemati in un angolo, non molto distanti da altri due asciugamani con borse e annessi vari, quando vidi la mia personale Venere emergere dal mare come un'autentica visione. Visto per intero e al naturale, quel corpo era da far perdere la testa. Forme piene, mature, si armonizzavano perfettamente tra di loro e facevano risaltare ciascuno degli elementi che componevano tanta bellezza. I seni grossi, tondi, perfetti nella linea, erano sormontati da due aureole scure, lievemente ruvide, da baciare, leccare, mordere, succhiare fino alla slogatura delle mascelle. I capezzoli si ergevano sopra, ritti come punte di diamante a tagliare l'aria e, con essa, il desiderio che scatenavano, di poppare finché fosse sprizzata da lì la vita. I fianchi erano morbidi, senza un filo di eccedenza, disegnati quasi col compasso, generosi; invitavano a carezzare, a baciare, a mordere fino allo sfinimento. Il tutto su due gambe statuarie, per me quasi infinite, belle, belle da adorare o da morirne. Tutto era sormontato dal suo viso quasi sbarazzino, coi capelli neri come l'inchiostro che facevano corona a un sorriso ammiccante, dolce, che reclamava baci.
Mi trovai innamorato, imbambolato, incapace di connettere, istupidito da tanta bellezza. Le uniche mie reazioni furono un'improvvisa erezione cavallina che mi fece sbattere l'arnese sul ventre, con un rumore strano che la indusse a sbarrare gli occhi e a sorridermi, mentre goffamente mi giravo sul ventre per nascondere l'erezione. L'altra mia reazione fu, naturalmente, la meraviglia che mi fece restare a bocca aperta, al punto che "lei" mi derise. "Attento alle mosche!" Dolores invece, sdraiandosi sul telo di fronte al mio in modo che le nostre teste fossero vicine mi chiese, a segni e con poco stentato italiano cosa mi avesse eccitato. Non tentai nemmeno di nasconderlo. "Tu." Dissi. Cercò di schernirsi. "Non può essere!" "Sei bellissima ... e io mi sono innamorato." Scoppiò in una sonora risata e tutto finì lì. Ma la mattinata fu per me un lunghissimo tormento: vederla lì, davanti a me, a pochi centimetri, desiderare alla morte di accarezzarle almeno il viso, sapere che sarebbe bastato allungare una mano e decidere di non farlo per non scatenare una inutile guerra familiare mi sconvolse la mattinata. La ragione suggeriva che in pochi giorni di convivenza forzata non poteva esserci che un fugace entusiasmo, troppo poco per giustificare una rottura.
Ma il cuore e l'altra parte del corpo, quella a cui non si dovrebbe dare retta, urlavano che per una donna così si poteva anche scatenare una nuova guerra di Troia. Per tutto il tempo resistetti con la ragione. Ma, come si sa, il diavolo fa le pentole e non i coperchi: all'ora di pranzo, la pentola saltò senza che nessuno lo volesse o se ne accorgesse. Dovendo mangiare qualcosa, bisognava che qualcuno andasse al posto di ristoro a fare acquisti; manco a dirlo, "lei" decise che sarei andato io a comprare panini e birre per due; dall'altro lato, Ester decise che toccava a Dolores andare a comprare le due pizze per loro. Conclusione, mi trovai a dover percorrere, dopo aver indossato un liso pantaloncino, un paio di chilometri di pineta in compagnia della Venere che per un'intera mattinata avevo adorato in silenzio e che adesso era li vicino, coperta da un due pezzi minuscolo a cui aveva sovrapposto un elegantissimo pareo totalmente trasparente; un borsone tipicamente femminile conteneva persino un telo da mare. Dopo aver attraversato il sentiero tra le rocce, ci trovammo sulla strada aperta. Per tacita intesa, le nostre mani si toccarono e si strinsero: nessun bisogno di parole; quella stretta diceva tutto.
Quasi senza accorgercene, lasciammo la strada ed entrammo nella pineta, per sentieri incerti e confusi. Di colpo, senza preavviso, Dolores si fermò, mi costrinse a girarmi mi avvolse in un abbraccio totale e appiccicò la sua bocca sulla mia. In un attimo, le nostre lingue ingaggiarono una battaglia estrema tra di loro, fatta di leccate, di succhiate, di pompe fatte alla lingua dell'altro come fosse un piccolo cazzo. Per tutta la vita, fino a quel momento, non avevo né dato né ricevuto mai un bacio di tale intensità, di simile passione; né credo di averne mai ricevuto finora né credo che ne riceverò mai. Quella avventura estiva resta una vicenda fuori da ogni logica, al limite della credibilità, fin dal primissimo inizio; e tutti i suoi momenti furono segnati da quel carattere di eccezionalità, di provvisorietà che fa spesso l'immortalità. Mentre ci baciavamo, lei mi teneva avvolto fra le braccia: i seni schiacciati sul mio petto infondevano calore alla mia eccitazione e i capezzoli puntati contro di me sembravano bucarmi e spedire saette di voglia al cervello; l'inguine era premuto contro il mio ventre e il pube si strofinava contro l'osso pelvico a stimolarsi, a cercare orgasmi.
Appoggiai il membro tra le cosce, favorito dal pantaloncino troppo largo che ne consentiva la totale erezione: Dolores si piegò leggermente sulle ginocchia, lasciò che l'asta scivolasse lungo la fettuccia di costume che copriva a malapena la figa e, quando il mio pube fu a diretto contatto col suo, strinse le cosce e mi parve che si masturbasse col mio membro ben stretto. Ma quel suo movimento stimolava fortemente anche me e fui sul punto di venire; feci uno sforzo enorme per trattenermi, ma ce la feci; lei invece il leggero orgasmo l'aveva cercato e lo conquistò: mentre gemiti dolci e lunghi le scorrevano dalla gola fin sulla mia bocca, che intanto continuava a baciare, sentii che le ginocchia le si piegavano per il languore dell'orgasmo. Poco oltre il punto dove ci eravamo fermati, notai uno spiazzo circondato da erba alta, dove già in passato mi era capitato di vedere donne accosciate nell'evidente pratica della fellatio; in altri casi, si era trattato di donne piegate a 90 gradi e prese da dietro da maschi focosi; in prevalenza però, si notavano coppie distese in atto di copulare alla missionaria. Pensai che fosse un segno della sorte: guidai Dolores alla piazzola e stesi a terra il telo che aveva portato.
Con un solo sguardo circolare, si rese conto delle intenzioni ed anche che era minimo il rischio di essere visti; si adagiò sul telo e mi invitò a gesti a montarle addosso. Non esitai un attimo e fui subito tra le sue gambe; non ebbi bisogno né di togliere il pantaloncino né di sfilare il costume: bastò spostare leggermente i due indumenti ed il mio organo varcò il paradiso. "Attenzione, per favore." mi sussurrò lei e mi passò un preservativo preso dalla borsa; lo indossai con una rapidità che non immaginavo e la rassicurai con un cenno della testa. Poi cominciai a fare l'amore; non ci fu bisogno di muoversi molto: dopo poche spinte, dalla vagina che già grondava al momento della penetrazione, l'orgasmo cominciò a scaricarsi con dolcezza sempre più animata, finché, con un autentico urlo, esplose con la forza dell'amore. Strinsi i denti e frenai il mio orgasmo; lei stette qualche momento a tenersi stretto in vagina il suo orgasmo e il mio membro che glielo aveva provocato; poi, lentamente, si rilassò, infilò la mano tra noi, sfilò l'asta dalla figa, la premette verso il basso e adattò la cappella all'ano. La guardai con aria interrogativa e lei sussurrò "Ora!" Spinsi con qualche preoccupazione, per la mancanza di preparazione e di lubrificazione.
Incontrai un po' di resistenza e le vidi sul viso una smorfia di dolore; ma mi prese per i fianchi e mi tirò a sé; entrai fino in fondo e non ebbi quasi bisogno di muovermi: il desiderio a lungo coltivato, l'enorme sensazione di piacere che derivava dalla stretta dello sfintere, il sogno avverato di fare l'amore con la mia Venere fecero esplodere il mio orgasmo con la forza di uno tsunami. La posizione da cui l'avevamo fatto, però, era tanto coinvolgente per il suo apparato sessuale che anche le minime vibrazioni si erano trasmesse pari pari alla sua vulva: benché reduce da un violento orgasmo, Dolores, quando avvertì nel suo corpo lo spruzzo del mio amore, non poté impedirsi una nuova appassionata esplosione. Alla fine, mi trovai a crollare esausto su di lei in preda al suo dolce languore: persi per un attimo coscienza e mi risvegliai tra le braccia di lei che mi accarezzava con dolcezza la testa. Per evitare dolorosi strappi in uscita, impiegammo un poco di tempo, per tirar via il membro dal suo corpo; poi lei tirò fuori dalla sua borsa alla Mary Poppins anche una confezione di salviette umidificate e ci pulimmo alla meno peggio. Adesso era proprio il caso di affrettarci a fare spese. Difatti, il ritardo accumulato per assolvere all'incombenza del rifornimento non passò inosservato.
Ester fu tacitata subito anche perché - almeno così mi parve - Dolores le raccontò l'accaduto e l'altra ne rimase alquanto colpita; "lei" invece inveì, come era suo solito, contro la mia totale inettitudine ed io non replicai perché stavo ancora galleggiando in una nuvola di amore e di sesso. La giornata trascorse serena; forse anche per effetto dell'esperienza del mattino, sia io che Dolores ci appisolammo all'ombra di un albero che sormontava la caletta: per poco non ci lasciammo andare ad affettuosità anche da dormienti. Questo rese ancora più chiaro l'enorme voglia che avevamo di fare l'amore con calma, in un letto. Ma quella è stata sicuramente la mia vacanza più fortunata, perché, qualche giorno dopo, "lei" decise di comprare l'offerta per una visita a un monumento importante del territorio, per il quale doveva impegnare il sabato e la domenica. Per parte mia, declinai l'invito e la sollecitai ad andare; dovetti anche rassicurarla che non avrei sofferto di solitudine, che sarei andato regolarmente a pranzo al solito ristorante e che insomma non serviva assoldare una badante per due giorni. Grazie a dio, arrivò il sabato e "lei" parti con tutte le mie benedizioni.
Al mare, nella caletta dei nudisti, tra gesti, parole smozzicate in tedesco e italiano, riuscii a chiedere a Dolores se era disposta a passare la notte in camera mia, visto che ero solo. Con mia sorpresa, nicchiò un poco, poi chiamò Ester che parlava un italiano più fluente e mi spiegarono che aveva detto all'amica quale grande piacere avesse avuto da una "sveltina arrangiata" e che l'altra nutriva molta invidia per il bellissimo ricordo che si portava a casa da pochi giorni di vacanza. Mi chiesero, un po' timidamente, se invece fossi disposto ad andare nella loro camera e regalare a tutte e due una notte da ricordare. Feci presente che, per la mia età, un impegno simile poteva risultare eccessivo, ma che ero disposto a fare di tutto per farle felici. Mi abbracciarono con grandissimo entusiasmo e scambiai con ambedue, prima Ester poi Dolores, un bacio da album dei ricordi. Mi augurai che nessuno dei bagnanti presenti sarebbe stato in quel posto quando ci sarei tornato con "lei" o che almeno si facessero gli affari loro. Volevo che quella sera fosse la più bella della mia vita e la feci cominciare andando tutti e tre a cena in un ristorante alla moda sul mare. La presenza di Ester favoriva notevolmente la comunicazione.
"Ragazze, mangiamo quanto vogliamo e scegliamo cibi afrodisiaci; ma, mi raccomando, poco vino e niente alcool che distrugge le capacità sessuali." Risero, ovviamente; ma restammo sobri e ansiosi di confrontarci a letto. La cena fu piuttosto rapida anche se allegra e gioiosa, perché il meglio dell'euforia nasceva dall'attesa del dopocena: in più occasioni, non esitammo a scambiarci intensi baci, talvolta con la scusa di passarci il cibo da bocca a bocca: scoprii già che erano due amanti meravigliose e che Ester, che avevo un poco snobbato, era ben all'altezza di Dolores ed era altrettanto stimolante, quando si entrava in confidenza. Finita la cena prendemmo la via di casa: eravamo poco distanti e ci eravamo mossi a piedi; ma nelle poche decine di metri del percorso, trovarono il modo di bloccarmi a baciarle. Cominciò Dolores che, forte dell'esperienza del mattino, prima mi avvinghiò come una piovra, poi spostò, da sopra il pantalone, il mio cazzo fino a collocarlo fra le cosce e a muoversi col bacino a cercare l'orgasmo; intanto, mi mulinava la lingua in bocca facendomi sentire vortici di piacere che spingevano il cazzo. Il suo orgasmo scoppiò come un lampo in un temporale estivo.
Ester, intanto, mi aveva aggredito alle spalle e ruotava la lingua nelle mie orecchie fino a stordirmi di goduria; non appena avvertì che l'amica aveva avuto un orgasmo, la spostò dolcemente di lato, mi abbracciò a ventosa e mentre si impossessava della mia bocca usandola per godere con la sua lingua, mi aprì la patta, spostò il filo del tanga e si penetrò quasi fino in fondo. Mi sentivo stordito, fermo in mezzo a una strada (per fortuna, vuota) con davanti una bionda che si faceva penetrare in piedi con una foga diabolica e, a fianco, una bruna straordinaria che smaltiva il primo orgasmo della serata baciando e leccando il mio viso, visto che l'amica occupava la mia bocca con un bacio interminabile. Anche Ester titillò col cazzo il suo clitoride così a lungo che esplose in un orgasmo assai più vivace di Dolores. Mi sentivo esattamente in paradiso e speravo che un fulmine mi cogliesse per restarci. Ma non fu così. Ester interruppe il coito, si staccò da me, ci prese allegramente per un braccio e ci accompagnò verso casa. "Ragazzi, adesso andiamo seriamente a fare l'amore." Che dirle? Andammo.
La porta di casa non si era ancora chiusa ed io neppure mi rendevo conto di dove fossi, perché era la prima volta che vi entravo; Ester tirò di nuovo fuori il cazzo, che aveva appena risistemato nei pantaloni, e con un guizzo felino si abbassò a prenderlo in bocca, ancora bagnato dei suoi stessi umori, e lo ingoiò per buona parte; mentre lei si dedicava ad un sontuoso pompino, io mi rivolsi a Dolores e la vidi che s'era spogliata; la attirai a me e presi in bocca uno dei suoi gustosissimi capezzoli: cominciai a succhiare come un poppante affamato e le sentii crescere la voglia; ci spinse per pochi passi e mi fece piombare supino sul letto. Ester, per mia fortuna, abbandonò la presa il tempo necessario per spogliarmi e farmi distendere; poi tornò al suo pompino. Dolores cercò di piegarsi col seno sulla mia bocca, ma le segnalai di sedersi sul mio viso; quando capì le mie intenzioni, si sistemò con calma offrendo ai miei occhi e alla mia bocca tutti i genitali, dall'ano alla vulva, ed io cominciai a succhiare tutto con metodo. Ebbe rapidamente un leggero orgasmo ed uno ancora, quando infilai di colpo due dita nell'ano e le feci ruotare per stimolarle il piacere; si abbatté di colpo sul letto e stette immobile.
Ester abbandonò il pompino e si mosse per montarmi sopra. "Ora rubo qualcosa." disse e sentii la strettoia dello sfintere sulla punta. Non cercò lubrificanti, non chiese preparazione; attivò la muscolatura interna e lentamente il cazzo fu risucchiato nell'intestino. "Non credevo fosse così duro; eppure, un poco di abitudine l'ho fatta!" Dolores le imprecò contro, in tedesco, ed io dovetti chiedere cosa dicesse. "Ce l'ha con me perché dice che col culo ti metto ko e poi non riesci a darle ancora piacere." Rivolsi lo sguardo a Dolores e, con i mezzi che avevamo usato (e con l'aiuto di Ester) le dissi che il mio amore per lei sarebbe stato sempre intatto; mi venne sul torace e mi baciò, con amore, quasi senza usare la sua micidiale lingua. Ester intanto aveva scatenato il suo sabba, nel suo culo e sul mio cazzo, ed io la favorivo artigliando il clitoride e masturbandola alla grande. "Si, così, ancora ... jaaaaaa ... nooooooch ... siiiiiii ... vengoooooo ... è un orgasmo anale ... non ci posso credere ... godo di culoooooooo ... siiiiiiiiiiiiiiiiiii." Mi crollò addosso a corpo morto ma riuscì ancora a farmi restare immobile, poi, quando si fu ripresa parlò fitto con Dolores che andò a prendere qualcosa; intanto mi spiegava. "Nel godere, ho squirtato; per ora tu nel mio corpo fai da tappo; se ti sfili allago irrimediabilmente il letto." Tornò Dolores con stracci ed Ester poté staccarsi e sollevarsi.
Dolores era molto rammaricata; fece per allontanarsi e io chiesi perché. "Deve fare solo pipi." "Fermala!" imposi; la richiamò; chiesi che mi accompagnassero in bagno e lì andai sotto la doccia, mi sciacquai i genitali e invitai Dolores con me; esitava. Spiegai ad Ester, che tradusse, che volevo fare con Dolores qualcosa che lei forse non aveva mai fatto: farmi fare pipi sul membro e farla io in vagina; mi guardarono sorprese; chiarii che in alcuni ambienti era pratica normale; aggiunsi infine che, se non fosse riuscita, avrei cominciato io e il mio stimolo avrebbe favorito il suo, che sarebbe stato un orgasmo lungo il tempo della minzione. Dolores entrò nel box, io l'abbracciai e la penetrai come avevo fatto con Ester per strada; vidi che ci provava ma non riusciva; spruzzai più presto della previsione. Quando sentì il liquido picchiare sull'utero, la sua vescica si rilassò e la sua pioggia d'oro cominciò a scivolare sulle mie cosce. "Yaaaaaaaaaaaa ... nooooooooch!" L'urlo era da mattatoio; seguirono parole e frasi smozzicate in tedesco e solo una volta "quanto amoooooooreeeee!" Ester era rapita. "Non si esce da questa camera se non godo anche io così. Dice che è in paradiso e non vuole andarsene più"
"Che vuol dire?" "Vuol dire solo che domani pomeriggio partiamo per casa, lei alla sua noiosa e banale normalità ed io dal mio noioso marito. E intanto qui lasciamo un amore che non troveremo più." "A meno che non lo cerchiate nei ricordi belli." "È vero ma fa male lo stesso." Traduce il tutto a Dolores che sembra imprecare chissà a chi. La abbraccio, la porto con me sul letto e le chiedo se vuole darmi un poco di amore dolce. Si offre interamente, con grande tenerezza. Mi stendo sopra di lei, la penetro dolcemente e non mi muovo, solo il cuore pompa sangue al sesso che s'ingrossa e stimola lei che resta altrettanto ferma ma muove i muscoli interni: ci succhiamo così un orgasmo lungo, intenso, dolcissimo che lascia me senza forze e lei illanguidita; Ester si viene a sdraiare con noi. Passammo la notte più lunga della nostra vita, alternando infinite sedute di sesso, in cui le prendevo in tutti gli ingressi o anche semplicemente percorrevo i corpi pezzetto per pezzetto con il cazzo, con le dita, con la lingua, leccando, succhiando, mordicchiando; e loro mi ricambiavano con infinite carezze, lambendomi tutto il corpo, mordicchiando, succhiando, passando le fighe su ogni centimetro di pelle.
Quando ci fermavamo per qualche tempo, Dolores veniva ad accucciarsi in grembo a me, sistemandosi il cazzo fra le natiche, che teneva premute sul mio ventre, portando le mie mani ad accogliere le sue tette e stringendosi a me con tutto il corpo. I due lettini, anche accostati, non contenevano tre corpi separati ed io abbracciavo ora l'una ora l'altra, alternativamente. Ester preferiva abbracciarmi faccia a faccia e percorrere, con le mani, tutto il corpo, dietro e davanti, mentre, con la lingua, mi disegnava tutto il viso con una straordinaria passione che talvolta sembrava addirittura amore. Passammo così la notte e parte della mattinata, immersi in un pozzo infinito di piacere intenso e spesso assai raffinato. Interrompemmo ad ora di pranzo, per mangiare qualcosa e per consentire a loro due di completare il carco per la partenza. Prima di concludere il soggiorno, mi chiesero un ultimo momento d'amore. Scopai prima con Ester, mentre Dolores accudiva ai bagagli; e fu un incontro semplice e suggestivo: scopammo alla missionaria, con le sue gambe afferrate alla mia schiena e lunghi affondo che le squassavano il ventre e la scuotevano tutta. Raggiunse un orgasmo violento, condito da urla bestiali e da baci che mi divoravano la bocca fino a farmi male.
Quando si fu calmata, la spostai delicatamente e la feci adagiare sul letto. Mentre ancora si crogiolava nel suo piacere, si toccava il corpo e si raggomitolava, quasi a raccogliere la goduria che scivolava via; mentre, insomma, Ester si gustava il suo orgasmo, Dolores sull'altro lettino si era distesa ad aspettare la penetrazione. Le montai sopra e la percorsi tutta, con le mani e con la bocca, godendomi i suoi brividi di piacere; poi le salii addosso e mi stesi tutto sopra il suo corpo cercando di farlo aderire, in ogni punto, al mio fino a fonderci in uno: infilai il cazzo fra le cosce, con la cappella sulla fessura e spinsi un poco per avviare la penetrazione; al resto provvide la sua vagina che risucchiò l'asta fino al collo dell'utero lasciando che crescesse e la riempisse per effetto del sangue che il mio cuore e la testa pompavano nell'organo rendendolo enorme rispetto alla sua normalità. Nemmeno provammo a muoverci per scopare; ci limitammo a baciarci su tutto il viso: ogni volta che affondavo le labbra sui suoi occhi, una fitta di piacere in più scuoteva il mio cazzo e, per conseguenza, la figa che lo teneva e colava ancor più. La sborrata fu simultanea, lenta, lunghissima (avevo apposta evitato di venire, con Ester), dolcissima indimenticabile.
Se non avessi saputo per certo che prendeva la pillola (anche per questo, avevano accettato di scopare a pelle, una volta assodato che non correvano nessun rischio) avrei decisamente giurato che quell'orgasmo la avrebbe ingravidata: troppo desiderio, troppo amore, tanta passione, tanta intensità. Mi ripresi con estrema difficoltà mentre Dolores mi abbrancava in tutti i modi cercando di impedire il distacco. Ma fu necessario separarci, anche perché ormai Ester rammentava che il tempo della partenza era scaduto. Mi rivestii mentre loro si preparavano. Le accompagnai all'auto: Ester, nel darmi il bacio dell'addio, mi sussurrò "Grazie. Ogni volta che farò l'amore, fosse anche una sveltina occasionale, ricorderò queste ore e stai certo che sborrerò come ho fatto con te, solo ricordando; approfondii il bacio, per farla tacere. Dolores piangeva silenziosamente; l'abbracciai con dolcezza. "Le cose belle non dovrebbero mai finire. Ora come farò?" "Sei forte, riuscirai a ripartire; e forse un anno ci ritroveremo qui e saremo ambedue più vecchi e più sereni." "Ecco, Ester, forse la verità è proprio quella che gli anziani ci hanno indicato. Invecchiare con dolcezza e sperare di ritrovare lungo strada solo bei ricordi." Non avevo capito molto, ma sentivo che c'era una grande verità in quel che aveva detto. Guardai la macchina partire, sparire dietro la curva e pensai a "lei" che tra poco mi avrebbe strappato dal sogno e ripiombato nella realtà del quotidiano.
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