I vicini di camera sono due anziani italiani. La padrona di casa assicura che da oltre dieci anni occupano quella stanza; non mi era mai capitato di incrociarli: eppure erano ormai dieci anni che, puntualmente, più o meno nello stesso periodo, venivo a trascorrere due settimane di vacanze in Croazia, in un punto della costa tra Fiume e Pola. Avevamo scoperto il posto io ed Wolfgang, il mio ormai ex marito, al tempo in cui eravamo appassionati di motocicletta e, ben attrezzati, giravamo l'Europa sul suo mostro rombante su due ruote. Eravamo giovani, innamorati e molto focosi: Wolfgang era un bel ragazzo tipicamente tedesco, alto, biondo, ben piantato, decisamente affascinante e molto sensibile al fascino femminile; ma anche io mi presentavo benissimo: magra al punto giusto ma con due tette da esposizione, ben disegnate, tese e dritte, con capezzoli orgogliosi, un culo alto, pieno, sodo alla vista e morbido al tatto, attiravo molte attenzioni, soprattutto per il mio colorito leggermente abbronzato, che, insieme ai capelli corvini che incorniciavano due occhi scuri, piccoli e vivaci, facevano di me una bellezza mediterranea più che nordica. Non mi mancavano certamente i corteggiatori, ma, a differenza di Wolfgang, non avevo occhi che per lui.
La "scoperta" del luogo avvenne quasi per caso, forse in conseguenza del nostro bisogno di fare sesso il più spesso possibile: percorrevamo la costiera ed io ero al settimo cielo, mentre mi abbracciavo stretta a lui fino ad avvertire il suo calore, le sue pulsioni, anche attraverso lo spessore notevole delle tute da motociclisti; la sensazione di piacere era così forte che mi sentivo bagnare sotto la tuta, sotto i vestiti, dentro le mutande; facendo scivolare in basso le mani, le spostavo verso il pacco e riuscivo a sentire, da sotto la tuta e da sotto i vestiti, la sua eccitazione prorompente; questo mi dava intenso piacere e voglia farlo subito, li dove ci trovavamo. Il paesaggio che ci si aprì all'improvviso, dopo una curva, era di quelli che ti mozzano il fiato, ti riempiono il cuore e ti obbligano a fissarlo nella memoria. Un posto dove fermarsi a fare l'amore era obbligatorio; disgraziatamente, non c'era vicino nessun punto dove fermarsi, anche per un rapporto rapido, quasi rubato, comunque tutto entusiasmo e poca lucidità, come già ci era capitato altre volte. Poiché eravamo al tramonto, ci parve giusto e opportuno fermarci in quel paesello appena segnato sulle carte.
Cominciava così il nostro rapporto con quel territorio, con quella casa, con quel clima, un rapporto che sarebbe durato, con profondi cambiamenti in noi e tra di noi, per dieci anni fino alla stagione attuale e all'incontro con gli italiani che, per altri percorsi, erano arrivati allo stesso punto. Quell'estate fu un'esplosione continua di esperienze, di scoperte, di meraviglia per tutto: eravamo sposati da pochi mesi, era la nostra prima vacanza, eravamo in un luogo d'amore e per due settimane facemmo quasi solo l'amore fino a dimenticarci di mangiare. Lo facemmo in tutti i luoghi, in tutti i posti, in tutti i modi leciti e illeciti, possibili e impossibili. Per due persone abituate per undici mesi e mezzo all'anno ad essere vincolati al posto di lavoro, fare così intensamente l'amore in un'atmosfera di così grande suggestione rappresentava un'autentica iniezione di fiducia, di libertà, di vita, insomma. Ma la fiamma fu abbastanza effimera; già l'anno seguente le cose cambiarono. Innanzitutto, la motocicletta lasciò il posto ad una normale utilitaria e si portò via gran parte della poesia del viaggio; poi, l'interesse di Wolfgang a nuove bellezze, più giovani e fresche (eppure, avevamo tutti e due poco più di trent'anni) cancellò un altro tratto della poesia, quello dell'amore e ci trovammo così a raggiungere il nostro "posto del sogno" come una banale coppia tedesca in vacanza in Croazia.
La cosa si ripeté negli anni seguenti e ci trovammo a fare i conti con un azzeramento, quasi, della libido, un desiderio ridotto al minimo ed una serie di obblighi familiari che ora pesavano: chi si preoccupava, solo due anni prima, dei prezzi dei ristoranti, mentre una cena era l'occasione perfetta per mille moine e carinerie? Adesso, anche le spese diventavano muro! Tentammo un patetico escamotage, per rinfocolare la passione. In fondo al lungomare balneabile, in una caletta separata, era stato allestito uno spazio per Nudisti, un Natur Kamp frequentato da pochi ardimentosi disposti ad affrontare un percorso vivace, ma non difficile, per raggiungere la spiaggetta altrimenti praticabile solo dal mare. Una mattina ci dirigemmo li, con la speranza che l’esperienza risvegliasse il desiderio. Non l'avessimo mai fatto! La realtà rivelò che la mia bellezza, al confronto con la freschezza delle giovanissime che lì esibivano le loro meravigliose acerbità finiva per farmi apparire vecchia e in affanno, anche se le mie tette sfidavano tutte le leggi e puntavano diritto in fronte coi capezzoli ritti, anche se il mio culo si stagliava ancora bello alto sulle gambe statuarie, anche se, insomma, ero comunque una gran bella gnocca. Wolfgang, inutile dirlo, perse per me qualunque interesse.
Quel che è peggio, però è che lui, con la sua normale dotazione sotto i venti centimetri, apparve un ipodotato al confronto con le mazze da venti - venticinque centimetri che sfoggiavano i giovanotti. Più volte, in poche ore, mi sorpresi a chiedermi che effetto potesse sortire una bestia simile in un corpo poco frequentato da maschi come il mio. Uno, in particolare, mi attizzava in maniera per me sconvolgente; ed era un ragazzone tarchiato, quasi un torello, muscoloso e alquanto peloso, con un cazzo da concorso. Non avevo neppure il coraggio di pensare a un tradimento (mentre Wolfgang già tentava di incantonare qualche ragazzina) ma non potevo fare a meno di guardare il suo cazzo; e lui ne era cosciente. Uno strizzone improvviso al ventre determinò la scelta che non volevo fare. Costretta a correre in bagno, indossai velocemente il minicostume e corsi verso l'edificio al centro del parco che ospitava i servizi, espletai le mie funzioni, mi lavai con mille artifici al lavandino ed aprii la porta per uscire senza preoccuparmi di indossare prima il costume; lui era lì fuori che mi attendeva; non tentai nemmeno di dissimulare; arretrai di un passo e lo lasciai entrare.
Era nudo, come lo avevo visto, ma il cazzo era duro, enorme, spaventoso e meraviglioso; mi ci lanciai quasi sopra e cercai di prenderlo in bocca: entrò solo la cappella e succhiai quella, salivando abbondantemente. Lui allungò la mano sulla mia schiena, superò il buco del culo e penetrò in figa, accolto con prontezza e semplicità, tanto mi ero già lubrificata. Sapevamo di non avere tempo e decisi di prenderlo subito dentro; tirai indietro la bocca, mi alzai in piedi, lo abbracciai e, preso il cazzo in mano, lo diressi alla vulva: cominciò ad entrare con molta difficoltà; mi sollevò in alto la gamba destra e cercò un varco maggiore, ma non bastava. Sfilai il cazzo dalla figa, ruotai tra le sue braccia fino a portarmi di culo davanti a lui; piegandomi in avanti, mi appoggiai al lavandino e, finalmente, l'asta comincio a penetrare in vagina; non fu un percorso semplice: era un arnese davvero grosso e doveva continuamente violare nuovi tessuti vergini della figa; ma la voglia matta di tutti e due, una lunga lubrificazione e il garbo delle sue spinte mi fecero sentire finalmente la cappella contro il collo dell'utero; non riuscii neppure a contare gli orgasmi che mi scatenò quella penetrazione; ma, dopo che lo mosse avanti e indietro per poche volte, dovetti mordermi la mano per soffocare l'urlo che aveva scatenato un orgasmo enorme, inusitato, meraviglioso.
Si fermò un attimo per farmi riprendere, poi cominciò a scoparmi con delicatezza, quasi con tenerezza e lo fece per alcuni minuti, dandomi quasi il tempo per ricaricare il mio nuovo orgasmo che scoppiò violento contemporaneamente al suo. Quando si fu scaricato, mi sollevò per le braccia, mi strinse al petto stringendomi le tette e mi baciò sul collo e sulle orecchie. "Mio dio, che ho fatto?" Mi guardò con apprensione. "Ti ho lasciato venire dentro e non abbiamo usato un preservativo ... " "Non avere né dubbi né problemi; va tutto benissimo, da quel lato. Piuttosto, non sei fertile, spero." "No, quello no. Ma tu mi assicuri che non ho fatto un errore mortale?" "No, ti assicuro. Hai solo fatto l'amore e ne avevi certo bisogno ..." Mi diede un bacio sul naso, aprì la porta e sparì. Ripetei la ginnastica per lavarmi, mi rimisi il costume e tornai in spiaggia. Wolfgang era lì che mi aspettava con aria inquisitoria. "Uno strizzone ..." Spiegai. "Cagasotto ..." Non era mai stato così rozzo e indelicato. Mi venne da rispondergli "Cornuto!" ma riuscii a controllarmi e lo ignorai. Quello fu l'ultimo anello che si spezzò, di una catena che sembrava infinita. Il resto fu un trascinarsi stanco di litigi, di contrasti, di corna soprattutto, che lui mi faceva con estrema disinvoltura nelle forme più chiare e spesso volgari di cui era capace, mentre io cercavo di tenere nella massima riservatezza le poche occasioni in cui ricorrevo a un buon amico per trovare quell'affetto che ormai in casa non avevo più.
La separazione e le pratiche per il divorzio furono l'unica conclusione possibile della vicenda. Successe allora che la casa in Croazia, dove per cinque anni ci eravamo rifugiati, divenne, in occasione del sesto anno di vacanza, teatro di una pantomima assurda. Wolfgang infatti rinnovò l'affitto, che era stato sempre a suo nome, ed occupò la camera con la ragazzina che mi aveva sostituito nella sua vita e nel suo cuore. Io, fondamentalmente per ripicca, chiesi un'altra camera alla stessa proprietaria e andai a passare le mie due settimane di vacanze chiedendo la compagnia di un amico fra le cui braccia mi ero rifugiata per tamponare il dolore della separazione. Fu un enorme errore: già Ovidio, autore dell'Ars Amatoria, suggeriva, alla fine di un amore, di evitare assolutamente i luoghi dove si era stati felici; io volli provare a costruire una nuova emozione dove la precedente era esplosa; e mi trovai invece a sbattere il muso contro il mio passato, la mia storia. Ogni angolo, ogni persona, ogni evento mi riportava all'unico periodo felice della mia esistenza e mi trovavo a piangere, o almeno a rattristarmi in ogni singola occasione, da una sedia al ristorante all'angolo buio dove avevo fatto il pompino più bello della mia vita.
Il poveraccio che si era trovato a condividere con me questa follia e che non riusciva a rendersi conto dei perché, alla fine si rassegnò a scopare quanto poteva con una bella donna persa nei suoi ricordi: non fu quella che si definisce una bella vacanza. Ancor prima di rientrare avevamo concordato che la storia non poteva reggere. Per qualche mese riuscii a restare ferma nella determinazione che fosse troppo presto per avviare una relazione seria; poi però cominciai a vedermi con Walter, un collega che da sempre mi pressava con le sue profferte amorose: per cinque anni, quelli del mio matrimonio, si era tenuto in disparte; neppure avevo voluto coinvolgerlo mai, quando mi vedevo costretta a cercare alternative all'incuria totale di Wolfgang. Anche dopo la separazione, non avevo saputo immaginarmi una storia con lui, troppo "perbenino" per il ruolo di sostituto di Wolfgang. Adesso, però, che mi si profilava il bisogno di qualcosa di stabile, proprio quella sua "normalità" poteva risultare opportuna. Decisi di accettare qualche invito a cena e finimmo anche per fare l'amore. Niente di entusiasmante, naturalmente; ma la serenità che nasceva anche da questi incontri creava comunque una solida piattaforma per una vita senza scosse.
Decidemmo di amarci continuando a vivere ciascuno per suo conto, per non rischiare un altro fallimento. Tutto funzionò fino alle ferie estive, quando ci toccò scegliere tra vacanze separate o tentare di nuovo, insieme, la via della Croazia. Per la settima volta, tornavo al mio "borgo dell'amore" e stavolta per sperimentare una possibilità di vita "ordinaria"; anche per questo, tutto si svolse nella logica di una convivenza poco più che amichevole. Il mio desiderio di un amore sublime, sopra e fuori le righe, andava definitivamente in soffitta, con mio grande dolore: e non avevo neppure quarant'anni! Ma un pizzico di buonsenso ogni tanto ci vuole! Comunque, non furono giorni sprecati. Con Walter stabilimmo un buon rapporto di coppia che, nell'ambito delle due settimane in un ambiente tutto nuovo, ci consentì di essere sereni, forse talvolta felici. L'esperienza positiva ci indusse a decidere per la convivenza e Walter diventò ufficialmente il mio compagno di vita. La cosa funzionò per poco più di un paio d'anni durante i quali mi rassegnai ad essere "dama di casa" con il compagno fanatico di calcio, che si consentiva raramente una serata di birre con gli amici, che scopava con cautela e solo il sabato sera: insomma, la quintessenza della banalità e della noia.
Ma la mia malasorte con gli uomini ha deciso di non abbandonarmi e, quest'anno, proprio alla vigilia delle ferie, il mio "caro" Walter mi ha comunicato che mi lascia per una ragazza appena assunta in fabbrica. Non è proprio un annuncio da piangerci di dolore: esperimento fallito, si ricomincia. E stavolta si ricomincia da un'altra prospettiva: per cominciare, niente maschi al seguito; quelli, semmai, si cercano sul posto, e sulla base di requisiti fisici; niente sogni o svolazzi: solo un sano scopare. Inoltre, viva la vita, fanculo a tutto. L'unica compagna di avventure che ritengo idonea è Ester, più o meno nelle mie condizioni tranne che, lei, il marito coglione e noioso ancora se lo tiene, anche se non lo fa contare niente. Partiamo allora per la grande avventura. Non è difficile organizzarsi: dalla signora prendiamo una camera piccola (per l'appunto, quella accanto agli italiani anziani) e spieghiamo che il mio compagno ha ferie diverse per cui sono qui con l'amica; la mattina, sana e robusta colazione, poi via al mare: se ne abbiamo voglia, il meglio è la scalata alla caletta Nudisti; costumi e abbigliamento da scatenare istinti primitivi; pranzo libero, anche sulla riva; cena al ristorante con tentativo di fascinazione della fauna maschile, locale o turistica; dopocena a un pub o in discoteca, con libertà di scopata annessa.
Il programma è decisamente allettante: semplice ed intenso, ma facile da attuare. Ce ne accorgiamo dal primo giorno, quando scendiamo sul lungomare esibendo, sotto un pareo assolutamente trasparente, minicostumi dai quali letteralmente straripano le nostre tette, ben disegnate e largamente abbondanti, ed i nostri culi perfetti, alti, ben sostenuti e sodi; anche le fighe, perfettamente rasate, nascondono ben poco sotto le strisce di stoffa dei minitanga. L'effetto, però, sul lungomare balneabile, non è quello atteso: la preponderante presenza di nuclei familiari impedisce ai maschi presenti anche il minimo apprezzamento, per il vigile controllo di mogli, fidanzate o compagne oppure per i normali doveri connessi al ruolo di marito e padre. I pochi singoli presenti sono quasi spaventati dalla nostra sfacciataggine e preferiscono nascondersi, salvo poi spararsi qualche violenta sega in privato. Decidiamo di affrontare la scalata alla caletta dei nudisti e troviamo una situazione meno grigia ma non entusiasmante. Comunque, le nostre fighe in pieno sole fanno scattare evidenti erezioni ma anche molti rimproveri più o meno silenziosi. Conclusione: decidiamo che la spiaggia non è il campo di caccia da preferire ed optiamo per l'iniziativa in discoteca, prevista due giorni dopo.
A cena non abbiamo maggiore fortuna e ci limitiamo ad osservare buoni mariti e bravi padri di famiglia troppo presi dal ruolo per farsi "prendere" da noi. Per due giorni pazientiamo, poi la sera del terzo, tutta vita e discoteca. Mentre ci prepariamo per uscire, mi rendo conto che non ho più l'età per certi ambienti da ragazzine; ma Ester mi rassicura che ha scelto un locale anche per "tardone" come noi: scoppiamo a ridere, ci vestiamo quanto più "giovane" ci riesce, e andiamo. L'atmosfera è più gradevole di quanto pensassi e gli ampi divani sul fondo mi sembrano abbastanza allusivi; ordiniamo un long drink poco alcoolico e, con le nostre bibite, andiamo a sederci. Comincia allora una sorta di pellegrinaggio: tutti i maschi singoli presenti in sala, in qualche modo ci sfilano davanti e, in un certo senso, si sottopongono a giudizio. Per farli desistere, è sufficiente che ci giriamo l'una verso l'altra: capiscono l'antifona e si allontanano; ne lasciamo passare la maggior parte e solo con alcuni tentiamo l'approccio; ma dobbiamo scartare i solitari, perché a noi serve una coppia di maschi; escludiamo alcuni perché non parlano la nostra lingua; poi si propone una coppia che fa esclamare prontamente ad Ester. "Io, quello biondo, me lo faccio anche qui, subito!"
"Vuol dire che quello bruno me lo spompo io; ma tu hai portato dei preservativi?" Replico; ma in realtà il moro mi ha richiamato la mia prima scopata da fedifraga; e proprio non mi dispiacerebbe riproporla stasera; comunque Ester mi fa cenno di avere in borsa la protezione. Per nostra fortuna, parlano anche la nostra lingua; ci spostiamo al centro del divano e invitiamo il biondo a sedere a lato di Ester e il bruno al mio fianco. Poche battute di conoscenza e già le mani sono al lavoro; il mio primo obiettivo è verificare se le assonanze sono solo nel colorito della pelle, ma mi rassereno subito: la dotazione che risulta da sopra i pantaloni è senza nessun dubbio all'altezza dei miei ricordi; manovro per aprire la patta e lui poggia sul grembo uno dei tovaglioli, a coprire il tutto. Lo bacio sulla bocca con tutta la mia esperienza e mi accorgo che si eccita da come il mostro mi cresce nella mano; sto per dare inizio alla sega più bella della mia vita, quando con delicatezza mi ferma. "Vuoi concludere tutto con le mani?" Mi sussurra con dolcezza; lo guardo imbarazzata e lui indica con lo sguardo i servizi, rimette il cazzo nei pantaloni, mi prende per mano e mi guida verso i bagni.
In qualche modo, altre analogie con quella prima scopata emergono: anche quella volta avvenne in un bagno. E come allora mi trovo a offrire la figa, quasi senza preliminari; semplicemente abbracciati, io col culo appoggiato al lavabo, lui di fronte a me che tira fuori il suo enorme cazzo, solleva con una mano il bordo della minigonna, sposta la striminzita striscia di stoffa nel tanga, infila il dito nella vulva e trova la colata di umori che sto scaricando. Prima che cerchi di penetrarmi, estraggo dal reggiseno il profilattico e glielo passo: lo svolge con qualche esitazione e lo indossa. Piegando le ginocchia, appoggia la cappella, spinge e comincia ad entrare: ha una dotazione di tutto rispetto, il ragazzo; e questo mi affascina; ma non credo che avrò i problemi della prima volta, perché ormai quelle dimensioni le ho sperimentate: sollevo la sinistra e lascio che il cazzo imbocchi la vagina; lui spinge delicatamente ed io godo mentre l'asta penetra stimolando tessuti a riposo da tempo; i piccoli orgasmi si susseguono sempre più fitti; il mio piacere è alle stelle e mi manca poco a sborrare: quando il cazzo tocca il collo dell'utero, sobbalzo per la fitta di piacere e, un attimo dopo, il mio orgasmo esplode quasi incontrollato e, se lui non mi tappasse la bocca, mi sentirebbero al di sopra del volume della musica.
Subito dopo, i grugniti con cui soffoca i suoi urli dicono che sta sborrando anche l'anima, nel preservativo. Dopo un poco il cazzo scivola fuori, lui toglie il preservativo (davvero assai pieno: chissà che sborrate, se quegli spruzzi finivano nell'utero! Ma il rischio sarebbe stato troppo alto!) lo butta nel cestino, si ricompone ed esce. Mi passo sulla figa, e dentro, una tovaglietta umidificata, esco nell'antibagno, mi rinfresco il trucco e torno al divanetto dove trovo che Ester sta ancora armeggiando col cazzo del biondo. Mi guarda con aria interrogativa. "Bella scopata!" Sussurro a fior di labbra. "Dove?" Mi fa segno con le mani. "Bagni." Suggerisco. Prende il biondo per un braccio e lo guida verso i bagni. "Preservativi?" Faccio in tempo a chiedere. Mi indica il seno e la risposta è chiara. In loro assenza, il moro fa ritorno con le bevande che è andato ad ordinare; mi si siede a fianco e mi accarezza il viso, poi mi bacia con passione; rispondo con entusiasmo e l'eccitazione sale; allungo una mano tra le sue cosce e trovo il cazzo già bello ritto, apro la patta e me ne impossesso. Riprendo la sega interrotta prima di andare in bagno. Il moro insiste col bacio provocandomi intense emozioni ed io apprezzo sempre più le vibrazioni del cazzo che freme nella mia mano.
"Ti va di succhiarmelo?" "Si , ma come?" "Tra poco cominceranno i lenti e abbasseranno le luci; se ti abbassi adesso a baciarmelo, sono sicuro che riuscirai a farmi sborrare nel periodo di buio." "Ci sto, ma non rinuncio al preservativo." "D'accordo." Prendo dal reggiseno l'altro preservativo, mi abbasso sul suo inguine quasi per riposare: appena abbassano le luci, applico il goldone direttamente con la bocca ed inizio a pompare con gusto. Il cazzo è grosso ed ho qualche difficoltà a imboccarlo; ma la smania, l'esperienza e l'esercizio mi fanno realizzare l'impossibile e gli faccio un pompino che ricorderà per tutta la vita. La sborra che scarica riempie il preservativo e, quando le luci riprendono forza, finisce nel posacenere con tutto il contenuto. Lui ha l'aria estatica di chi ha toccato il paradiso; io ho sborrato intensamente mentre lo succhiavo e sono languida, dolce, stanca. Ester, tornando dal bagno, mi sembra contenta: le chiedo com'è andata; "Bene. Gli ho concesso il culo." "Perché?" Mi fa segno con le dita: ce l'ha piccolo; poi aggiunge. "Tu?! Perché no?" "Se provo a prenderlo in culo, mi devi portare all'ospedale per cucire le lacerazioni." Mi guarda strabiliata; le accenno poggiando la mano a metà braccio. "La solita fortunata!"
"Io mi faccio il biondino: per caso ricordi chi l'ha detto?" "Hai ragione; mi è andata male. Ma per un giro in giostra me lo potresti prestare." "Perché no? Io intanto mi farei un passaggino in culo." "Affare fatto!" Torniamo a sederci, ma le posizioni sono cambiate e stavolta accanto a me c'è il biondino che mi bacia immediatamente e mi dà la sensazione di essere più bravo in quello, perché la sua bocca tumida e umida si presta meglio a succhiare: sono certa che farglielo fare in figa è straordinario; ma anche alla francese eccita ed esalta. Non ho intenzione di perdere tempo e me lo porto nei bagni, dopo aver preso dalla borsa altri preservativi e averli infilati nel reggiseno. Appena entrati in un bagno libero e con serratura funzionante, lo abbraccio e riprendo a baciarlo; mi tiro giù il vestito e gli offro un capezzolo da succhiare: come prevedevo, sono minuti di pura goduria che mi provocano frequenti e consecutivi piccoli orgasmi con cui la figa si lubrifica molto. Infilo la mano nei pantaloni e trovo il cazzo: effettivamente siamo sui diciassette centimetri, per me sotto il minimo sindacale. Prendo una sua mano e me la porto sulla figa, anzi nella figa perché raccolga i miei umori, poi gli sussurro. "Infilami due dita nel culo e lubrifica il buchetto."
Coglie l'intenzione e in poco tempo il mio sfintere è pronto a riceverlo; prendo un preservativo, glielo srotolo sul cazzo, mi giro di schiena, mi appoggio al lavello e lo invito a entrarmi nel culo, poi lo fermo e gli chiedo di pompare lentamente e fino in fondo; ogni spinta avanti e indietro del suo cazzo è per me il brivido di un piccolo orgasmo. Quando, muggendo come un toro, scarica la sua sborrata nel culo, per me arriva l'orgasmo finale, quello che concluderà la serata. Di più non ce la potrei mai fare. Nel bagno a fianco avverto i gemiti di Ester che riconosco; spero che non abbia proposto l'inculata, solo per sfidare la sorte. Mi pulisco alla meglio con la salvietta imbevuta e torno al divanetto: il biondino s'è eclissato. Torna anche Ester ma senza il moro; le chiedo com'è andata; mi dice che la figa un po' le duole ma che è felice della scopata. Le comunico la mia intenzione di chiudere lì la serata ed è d'accordo. Ci avviamo ad uscire e, quasi sulla porta, incontriamo i due che salutiamo frettolosamente evitando le profferte di passare insieme la notte. A casa, riusciamo persino a dormire qualche ora.
Ci svegliamo sul tardi, un po' stordite ancora; i vicini, gli anziani italiani, sono già là che fanno colazione; l'uomo parla bene il tedesco e, chiacchierando, sappiamo che sono due funzionari da tempo pensionati, che convivono da più di quarant'anni e che il loro rapporto è ancora straordinariamente vivo (il che si vede benissimo anche ad occhio nudo) e che vengono ogni anno a prendere un po' di sole contro gli acciacchi. Ester sorride quasi ironica. Per rintuzzarla, ma anche perché ho una mia certa idea, chiedo al vicino se sono contenti della loro vita. Mi fa osservare che, se facciamo il conto dei loro anni, ne avevano venti durante la contestazione globale, che sono stati figli dei fiori ed ecologisti, che hanno partecipato a lotte per conquistare quello che i più giovani godono come diritto, soprattutto tante libertà e che in vecchiaia godono ancora moltissimo a ricordare. Mi viene spontaneo abbracciarli. Ad Ester, che ancora non ha colto il senso dei discorsi, devo chiarire. "Tra qualche anno, quando sarà difficile beccare qualcuno per un po' di sesso matto, il tuo marito coglione potrà essere il compagno che ora è l'italiano per la sua compagna; e anche tu ricorderai le bravate come quella di ieri sera, esattamente come fanno ora quei vecchietti ripensando ai loro venti, trenta o quarant'anni.
Il problema invece è mio, che non riesco a costruire un minimo di rapporto duraturo. Scopare alla grande mi piace, ma l'idea di una vecchiaia da sola basta a distruggere le illusioni. Naturalmente, mi consigliò di non stare a macerarmi. "Per ora, goditi i momenti; a fine estate, sei autorizzata a macerarti coi dubbi. Ora, tutta vita!!!!" Dovetti darle ragione. I giorni successivi videro un tourbillon di avventure spericolate: scopammo tutte le sere, in tutti i buchi, coi personaggi più vari, trascorremmo le notti in appartamenti privati, su barche o, separatamente, portandoci in camera i maschi abbordati, mentre l'altra andava a casa del partner occasionale. Tutto filò a meraviglia fino all'ultimo giorno, quando incontrammo un altro italiano, questo poco più che quarantenne, che parlava poco e male il tedesco ma emanava un fascino irresistibile. Stava con una coetanea piuttosto spigolosa, ma si leggeva chiaro un rapporto difficile. Non ci voleva molto a capire che ci aveva preso di mira e avrebbe fatto carte false per scoparci, non capivamo se insieme o separatamente; quando, alla caletta nudisti vedemmo la sua mazza battergli sul ventre solo a vederci nude, decidemmo di provarci. Per pranzo, Ester mi spedì a bella posta in pizzeria, perché la sua compagna aveva incaricato lui delle provviste. Gli saltai addosso in pineta e me lo scopai alla grande; poi, per un colpo di fortuna, la compagna sparì da qualche parte per il fine settimana e lui mi propose una notte d'amore; risposi che si poteva se Ester fosse stata della partita. Accettò e passammo delle ore bellissime che affido al suo racconto. Il pomeriggio della domenica montammo in macchina e partimmo. Per una volta, mi allontanai con il cuore grosso, ma non per una scopata fatta o perduta: semplicemente per un'affettuosa invidia a due vecchietti che, senza saperlo, mi avevano insegnato e consigliato più di tanti.
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