Da una decina di anni ormai avevamo l’abitudine di passare due settimane di agosto nello stesso paesino di mare che ci aveva affascinato per la quiete dell’ambiente familiare, per la pulizia della spiaggia di sassolini e, soprattutto, per il tratto di litorale più appartato che era diventato dominio dei naturisti. Per anni, quindi, ci eravamo recati in quel posto, con l’intento di prendere la tintarella integrale e, sotto sotto, per riempirci gli occhi di belle fighe e di cazzi extralarge. Non avevamo mai tentato approcci diversi: addirittura, non ci avevamo mai pensato, almeno finché non ci trovammo a constatare che la mia minuscola dotazione poco aveva da competere con certi giovanottoni che giravano per la battigia esibendo i loro batacchi decisamente ammirevoli; e, di conseguenza, non mi sorse il dubbio che forse Concetta avrebbe potuto formulare pensieri diversi da quelli che le attribuivo. In verità, non si era mai fatto cenno a situazioni alternative anche se, a parole, eravamo decisamente aperti e disponibili entrambi; in realtà, mi “navigava sul fondo” dei pensieri la convinzione che Concetta fosse alquanto più puritana di quello che dichiarava.
Quell’estate mi venne il “prurito” di sperimentare l’effettiva situazione e, appena arrivati al mare, virai decisamente verso la spiaggia dei naturisti che costeggiava un parco alberato da cui era divisa solo da una strada di passaggio e da una siepe di canne che chiudevano la visuale. Già nell’attraversare la spiaggia, le forme di Concetta non passarono inosservate. Il suo culo alto, tondeggiante e sporgente come una brasiliana, che finiva leggermente a punta e dava il senso preciso dell’orgoglio con cui si ergeva ad onta del peso degli anni; le tette abbondanti (almeno una quarta) che si tenevano ancora su da sole e con grande dignità, decorate da aureole larghe e intense su cui si innestavano due capezzoli superbi che dicevano senza vergogna “succhiami, succhiami” ed una figa piena e morbida che premeva contro il minislip quasi a spingerlo via, quando non era apertamente esposta con le piccole labbra sporgenti quasi dalle grandi e il clitoride in piena evidenza: insomma tutto il suo corpo era un invito a scoparla, a stuprarla, a farla godere.
Lei, naturalmente, passava tra gli sguardi quasi altera, apparentemente ignorandoli del tutto (e non ho mai saputo né capito se davvero non se ne curasse) e, quando arrivammo alla spiaggia per naturisti, stese a terra il telo che aveva portato apposta, con estrema disinvoltura sganciò il reggiseno ed espose all’aria le sue mammelle in tutta la loro piena floridezza; poi si sfilò il microscopico tanga e si abbassò sulla borsa per riporli: naturalmente, nel farlo espose alla piena vista i buchi della figa e dell’ano che mostrarono tutta la loro consuetudine alle penetrazioni per il colore quasi nero intenso che li denotava. Per qualche tempo ce ne stemmo sdraiati in silenzio, lei a leggere un libro e io a giocare col computer; poi una terza presenza si affacciò nell’angolo che avevamo scelto: un giovane dall’apparente età di 25/30 anni che stese il suo telo proprio di fronte a quello di Concetta, si girò di spalle rispetto a noi e si sfilò il costume, mettendo in luce un culo sodo e teso, poco peloso e bianco di pelle: tra le cosce si intuiva un cazzo di dimensione notevole con due palle grinzose grosse e gonfie. Quando si girò, la visione trovò conferma diretta con una mazza barzotta di almeno una quindicina di centimetri che prometteva molto quando fosse diventata dura. Si stese supino , tirò indietro i piedi e sollevò le ginocchia, sicché il cazzo si trovò a puntare direttamente verso Concetta.
Non riuscivo a capire se lei non avesse notato la manovra del ragazzo o se, semplicemente, se ne disinteressava totalmente; io però non riuscivo a staccare gli occhi da quel ben di dio e, istintivamente, presi ad accarezzarmi le natiche infilando di tanto in tanto un dito nel buco del culo. Le mie manovre non sfuggirono al ragazzo, che spostò leggermente il corpo fornendomi una vista più diretta sul cazzo che cominciò a carezzare, badando bene a coprirsi con le gambe sollevate in maniera che solo a me fosse riservata la visione del suo cazzo che lentamente prendeva consistenza e raggiungeva la sua dimensione vera, di almeno venti centimetri. Stemmo così per un bel tempo, aspettando che qualcosa intervenisse a rompere il surrealismo della situazione: io speravo che Concetta uscisse dal suo torpore (non so se naturale o voluto); lei pareva completamente estranea a quello che avveniva intorno e non dava nessun segno riconoscibile di partecipazione alla sensualità che si caricava nell’aria; lui pareva incerto se dedicarsi alla figa di lei, che comunque gli appariva spalancata davanti agli occhi, o se invece pensare seriamente a imbastire qualcosa con me che ormai gli avevo dimostrato con chiarezza la mia disponibilità.
Finalmente si decise: infilò il pantaloncino e gli zoccoli, raccolse il telo e si avviò al varco nella siepe che portava alla strada e al parco; immediatamente dopo, anch’io mi mossi: infilai il pantaloncino e gli zoccoli, raccolsi il borsello con le mie cose e mi avviai dietro di lui. Al centro del parco c’è da sempre una costruzione in muratura che tutti sanno essere i bagni pubblici non molto frequentati, per la verità, e normalmente abbastanza puliti; il ragazzo si diresse immediatamente verso quella costruzione e io mi misi alle sue calcagna. Gli accessi erano collocati in una parte dell’edificio protetta da una sporgenza del muro e lui, appena arrivato davanti alla porta, si fermò in attesa; lo raggiunsi, gli passai davanti strusciando anche il culo sul suo pacco ben evidente ed entrai seguito da lui. Appena dentro, osservai con cura i diversi bagni e, visto che l’ultimo era il più pulito, entrai lasciando la porta aperta; il ragazzo si infilò dentro, chiudendo la porta alle sue spalle. Non persi tempo e mi avventai immediatamente sul suo cazzo: per me era la prima volta ma contavo che limitando il rapporto, facendo leva sulla voglia che mi era montata e soprattutto accettando la cosa come la trasgressione che da anni sognavo, non avrei avuto difficoltà insuperabili a trattare quel cazzo con il debito riguardo. In più, il ragazzo mi dava la sensazione di essere, se non vergine, quanto meno poco abituato; e questo poteva darmi un certo vantaggio.
Accosciandomi sui calcagni, raggiungevo col viso il suo cazzo; presi il pantaloncino con le due mani sui fianchi e lo abbassai di colpo portando alla luce il bestione che avevo ammirato che mi balzò di colpo davanti al viso, anzi direttamente sulla bocca: mi bastò cacciare fuori la lingua per sentirne già il sapore acre che mi penetrò nel cervello; socchiusi dolcemente le labbra e lasciai entrare per pochi centimetri la cappella; con la lingua cominciai a stuzzicare il buchetto dell’uretra e a lambire la cappella tutta intera, prima facendola entrare quasi tutta in bocca e poi portandola fuori per muovere più agevolmente la lingua intorno. Cominciai allora il primo pompino della mia vita: con la destra tenevo il cazzo alla radice cercando di regolare la penetrazione in bocca; percorrevo con le labbra l’asta per linee esterne accarezzandola in ogni dove, per aprirle poi e fare penetrare in bocca tutta l’asta, fino alla gola, fin dove reggevo senza conati di vomito; altre volte giocavo a far entrare e uscire dalle labbra socchiuse la cappella leccandola contemporaneamente e solleticando soprattutto il frenulo, la parte delicata coperta dallo scroto e il buchetto dell’uretra. Ad ogni movimento, sentivo che l’altro sussultava e si contraeva dal piacere mentre mugolii indistinti gli uscivano dalla bocca.
Mentre con grande passione leccavo, succhiavo e mordicchiavo, mi sentii prendere per la nuca e cominciò la sua scopata; tenendomi vigorosamente fermo, il ragazzo cominciò l’andirivieni in bocca spingendo la cappella profondamente in gola, obbligandomi d una lunga salivazione che lubrificava efficacemente e qualche volta provocandomi conati di vomito che mi obbligavano a interrompere la pompa. Quando il suo piacere arrivò allo spasimo, sentii che spingeva con maggiore violenza il cazzo nella gola e che cominciava a tremare con tutto il ventre e con le gambe, segno evidente di una sborrata che arrivava. Pensavo che a quel punto mi sarei fermato e l’avrei fato sborrare fuori; ma, in parte perché mi teneva la testa ben saldamente bloccata, in parte perché volevo portare fino in fondo la mia esperienza, continuai a succhiare e leccare anche quando gli schizzi di sborra mi esplosero in bocca quasi con violenza; a stento riuscii a ingoiare e a trattenere in bocca prima di ingoiare. Ma ce la feci e continuai a leccare a pulire il cazzo finché non lo sentii sgonfiarsi definitivamente e sgusciare improvvisamente fuori dalla bocca.
Si tirò su il pantaloncino e quasi sussurrando mi disse: “Sai, è stata la prima volta …” “Anche per me …” gli risposi e notai una certa meraviglia, segno che il mio pompino era stato fatto bene. “Quella in spiaggia chi è?” “La mia compagna.” “Ma … allora …” “Non sono gay, anche se ti deve essere sembrato; sono etero ma mi andava di fare un’esperienza …” “E lei?” “Non so, non ne abbiamo mai parlato.” “Pensi che farebbe qualcosa con me?” “Non so … dovrei provare a parlarne.” “Vuoi continuare l’esperienza?” “Tu te la senti?” Mi prese la mano e la portò sul cazzo: era già duro come il marmo. “Mi fai il culo?” “Se ti va …” “Se sei delicato e fai piano, ci sto: ma ricordati che sono totalmente vergine.” “Va bene; proviamo.” Dal lavello del bagno prelevò uno spruzzo di sapone liquido che spalmò sul suo cazzo; poi ne prelevò un altro che provvide a spalmare sul mio ano spingendo dentro un dito per lubrificare anche le pareti interne; naturalmente la sollecitazione risultò decisamente eccitante e sentii che il cazzo mi si irrigidiva all’improvviso come mai prima. Il ragazzo spinse nel culo due dita e cominciò a ruotarle per allargare l’ingresso; intanto, mi prese una mano e la portò sul cazzo: capii che voleva essere stimolato così lo accontentai mandando la mano avanti e indietro; poi mi compiacqui del movimento che mi provocava eccitazione e cominciai a muovere la mano in maniera da accarezzare il cazzo in modi sempre diversi e imprevisti per fare scattare nuove forme di piacere; con l’altra mano presi le palle e le accarezzai delicatamente.
Mi sarebbe piaciuto molto anche solleticarlo con la bocca, ma il sapone appena spalmato mi fece cambiare idea e continuai a masturbarlo con passione e sapienza: in fondo, bastava ricordare i movimenti che mi davano piacere quando mi segavo (o mi segavano) per ripeterli puntualmente sul suo cazzo e sapere che si stava eccitando. Quando tre sue dita entrarono agevolmente nel mio culo e si mossero dentro ruotando e scivolando dentro e fuori con agilità, il ragazzo capì che era il momento giusto per tentare la penetrazione. Mi prese per la collottola e mi fece piegare sul lavandino; si pose alle mie spalle, puntò la cappella contro l’ano e cominciò con una piccola spinta a fare entrare la punta nello sfintere. All’inizio le cose andavano lisce e io lo incitavo a spingere dentro, a rompermi il culo, a scoparmi come una puttana. Poi la cappella incontrò la strettoia del muscolo dello sfintere e lui dovette spingere con maggior forza: sentii il ventre squarciarsi e una massa enorme di carne violarmi lo sfintere e penetrare fino in fondo al condotto: la sensazione che ne ricevetti fu del ventre che si apriva.
Urlai dal dolore; lo implorai di fermarsi perché mi faceva troppo male ma gli chiesi anche di non uscire; intanto mi imponevo mentalmente di superare il dolore della penetrazione; in un momento di rilassamento, quasi avesse sentito che ero più disponibile, il ragazzo diede un colpo di reni e il cazzo scivolò completamente nel retto. Quando il suo ventre urtò le mie natiche con un tipico rumore di due corpi nudi che si scontrano, capii che ero stato stuprato e che finalmente il mio culo conosceva il dolce piacere del cazzo dentro. Intanto, però, avevo tanto male e lo pregai di attendere ancora prima di iniziare la monta. Fu molto premuroso e delicato: mi accarezzò la schiena e i lombi; prese in mano le natiche e ci giocò separandole e accostandole: addirittura, in una fase mi comunicò che vedeva nettamente il mio culo spanato ed aperto e che lo spettacolo del mio culo rotto era meraviglioso. Gli chiesi se ci fossero danni visibili: mi disse che vedeva tracce di sangue ma che forse erano da attribuirsi ad emorroidi scoppiate e non a lacerazioni dei muscolo intestinali. Lo pregai quasi, allora, di montarmi per bene.
Mi abbracciò per la vita e portò le mani fino all’inguine, fino al mio cazzo duro come acciaio; lo prese con delicatezza e cominciò a menarmelo con sapienza; sentendomi sempre più rilassato, addirittura lo anticipai e cominciai a muovere il bacino per spingere avanti e indietro il cazzo dal culo; mi accarezzò a lungo sulla schiena accentuando molto il piacere (mentale prima che fisico) che l’inculata mi stava provocando. A mano a mano che pompava, il mio corpo si abituava all’invasione di quel cazzo e l’inculata risultava quasi un piacevole completamento del mio corpo: le terminazioni nervose dell’intestino, sollecitate dalla mazza che le stimolava scivolando dentro e fuori, cominciarono a mandarmi segnali di grande piacere al cervello e mi trovai a godere da matti prima ancora che la sborra si caricasse nei coglioni e cominciasse il percorso che l’avrebbe portata ad esplodere. Sicuramente sensazioni analoghe dovevano investire lui che mugolava sempre più intensamente e colpiva con botte quasi feroci il mio culo spingendo il cazzo sempre più in fondo, verso zone intatte che conoscevano per la prima volta il piacere della penetrazione.
Dopo avermi squassato a lungo la schiena, mi masturbò con particolare ritmo ed intensità finché cedetti ed esplosi in un orgasmo violento e totalizzante. Subito dopo, sentii che il suo corpo vibrava, col mio e nel mio, e il cazzo si gonfiava fino ad esplodere il una serie di spruzzi violenti che mi arrivarono ai precordi e mi fecero provare intense emozioni di orgasmo ad ogni nuovo spruzzo. Subito dopo, si adagiò sulla mia schiena e lasciò che lentamente il suo respiro tornasse normale; io feci la stessa cosa accoccolandomi sotto il suo corpo quasi assorbendolo nel mio. Il cazzo cominciò a rilassarsi e a perdere potenza; lo sentii che lentamente si ritraeva, quasi si sgonfiava, e tendeva progressivamente a ritrarsi dal culo, trattenuto solo dallo sfintere che aveva recuperato la sua funzione e lo teneva stretto nel mio corpo. Il ragazzo diede un colpo di reni all’indietro, io spinsi come per andare di corpo e con uno strano “flop” il cazzo scivolò via dal mio culo. Immediatamente, qualcosa di viscido cominciò a scivolarmi via dal culo; lui prese della carta igienica dal rotolo, ne fece un batuffolo e mi tamponò provvisoriamente l’ano. Poi si rimise a posto il pantaloncino ed uscì; io tornai a chiudere la porta, bagnai sotto al rubinetto un batuffolo di carta e lavai il culo, particolarmente intorno all’ano e nello spacco tra le natiche: sulla carta rimasero chiare ampie tracce di sborra e strie notevoli di sangue.
Mi sedetti sul water ed espulsi dal corpo tutta la sborra che era rimasta dentro e il sangue che era fuoruscito; mi pulii con carta asciutta e mi resi conto che ancora un poco sanguinavo; ma non volli dare peso e sperai che rapidamente la piccola emorragia si sarebbe sedata. Indossai i miei pantaloncini ed uscii a mia volta, Il ragazzo era ancora agli orinatoi che si puliva il cazzo. “Ciao, speriamo di rivederci” lo salutai “Senz’altro. Cerca di valutare se si può fare qualcosa con la tua donna.” Ci stava già pensando concretamente “OK. Ciao” conclusi e tornai in spiaggia da Concetta.
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