Il percorso universitario non risultò entusiasmante, dal mio punto di vista. Studiare era un’opzione della quale si poteva fare anche a meno, visto che la maggior parte degli esami si preparavano in poco tempo e con poco impegno; quei pochi che imponevano un’attenzione maggiore furono rinviati alla fine e, con un annetto di clausura, furono sbrigati come pratiche noiose più che come impegno di vita. Il mio principale problema, scopare in maniera da essere apprezzata, rimaneva irrisolto perché in un ambiente tanto vasto e tanto vario le piccinerie delle superiori erano ricordi sbiaditi. Nascevano forse le vere esigenze, prima fra tutte quella di assicurarsi una dignitosa condizione sociale che prevedeva, naturalmente, un marito all’altezza (la massima possibile economicamente, naturalmente) ed un tono di vita che consentisse di folleggiare e apparire, al tempo stesso, utili alla società. Scopai poco, per i cinque anni fino alla laurea, e quasi sempre con ragazzotti perbene ai quali anche la trasgressione di farlo in macchina suonava blasfema; ma alla fine accalappiai il partito migliore della zona: uno di antica famiglia venerata e rispettata, già inserito in un’attività largamente produttiva (quella di suo padre), quindi con tanti soldi da non sapere come spenderli; scopatore del sabato sera, quando andava bene, e senza grilli per la testa. Io mi ero ritagliata un lavoretto part time, che mi consentiva di non sentirmi inutile e che non mi imponeva levatacce, straordinari o sciocchezze del genere: insomma il lavoro perfetto per non fare niente, essere pagata (poco ma regolarmente) e non dover rispondere del fancazzismo di cui ero accusata.
Ma i pruriti di figa non passano col fare nulla o con lo spendere a man bassa per cose senza utilità; cominciò allora a farsi acceso il bisogno di trovare da scopare, possibilmente in maniera prudente e soddisfacente. Il primo obiettivo fu, quasi inevitabilmente, il trainer della palestra che avevo cominciato a frequentare, in parte per riempire alcune ore vuote, in parte anche per dare tono alla mia muscolatura e non darmi il tempo di invecchiare prima del tempo. Quasi scherzando, mentre mi sottoponeva ad esercizi per i pettorali, mi trovai a chiedergli cosa potessi fare per le mammarie, invece. Mi rispose che la terapia per quella era di ben altra natura e non si applicava nella palestra ma in altre sedi opportune. Chiesi chi potesse guidarmi in quella cura e, alla fine della giornata, quando rimanemmo solo io e lui, negli spogliatoi mi trovai spogliata e stesa su una panca ma per l’esercizio più antico e bello che conoscessi, starmene a gambe aperte a farmi riempire da un cazzo di tutto rispetto. Cominciò una storiella che per qualche settimana mi gratificò con qualche bella scopata in ambienti insospettati, tanti pompini meravigliosi ed, en passant, una deliziosa inculata che mi procurò meno fastidi di quel che temevo, vista la dotazione non eccessiva.
La mia attenzione allora si spostò sul bagnino della piscina, il cui arnese era già ben evidente dal semplice costume che indossava e che prometteva più dell’atletico trainer. Andavo in piscina due volte alla settimana ed altrettante volte lasciavo che mi asciugasse nel magazzino degli attrezzi e che mi spennellasse col suo meraviglioso cazzo, prima di sbattermi con una certa rudezza. Anche quell’esperienza risultò però insoddisfacente, perché era semplicemente scopare senza emozioni, senza cioè un coinvolgimento anche intellettuale (non molto, per carità; tanto da dare un tono!). Trovavo più eccitante, in definitiva, la scopata del sabato sera con mio marito perché almeno era preceduta da estemporanee, strane e spesso sconclusionate elucubrazioni sul sesso che, quando prendevano la piega del: “ma ti faresti scopare da uno davanti a me?”, “quante volte mi hai tradito?”, “cosa ti piace di più fare mentre scopi?” ed amenità del genere mi mettevano addosso una voglia che poi ero costretta a scaricare da sola o a rinviare alla prima occasione successiva. Qualcosa però mi suggeriva che Lamberto, mio marito, non scherzava poi tanto quando poneva i quesiti e, scava scava, trovai un fondo di bisessuale, cornuto e Cuckold latente che forse si sarebbe prestato a realizzare al meglio i miei desideri. Per cominciare, azzardai di scopare in sua presenza con un suo amico.
Glielo proposi come una provocazione, uno scherzo feroce da tirare all’amico e farci coinvolgere in tre: stranamente (ma non troppo) apparve entusiasta appena glielo accennai ed anzi fu lui a gestire e dirigere la vicenda. Naturalmente, scegliemmo il più difficile e bigotto, per rompere vari tabù e resistenze: anche in questo, mi resi conto che, ben nel profondo, era ansioso di calpestare riti e abitudini atavici. Decise che avrebbe fatto tutto l’alcool, ma mi raccomandò di non farmi coinvolgere a bere troppo ma di lasciare bere solo loro due. La sera concordata, fece preparare una deliziosa cena e andò a ritirarla tornando dal lavoro; io dedicai mezza serata a lavarmi, profumarmi, depilarmi accuratamente e ripulirmi anche dentro con un lungo e accurato clistere. Mi vestii sobriamente ma avendo cura di lasciare che tette e cosce facessero capolino non appena forzassi un gesto o un movimento: quando mi vide Lamberto, entrando in casa, per poco non gli prese un colpo quando mi vide fasciata di seta vaporosa con spacchi nella gonna che si aprivano appena lo decidessi e una scollatura che, piegandomi opportunamente, faceva balzare fuori due tette superbe; manco a dirlo, non indossavo intimo. Mentre ultimavamo i preparativi della tavola imbandita, intorno alle nove, bussò Enrico che si presentò elegantissimo in un completo gessato, con tanto di cravatta, fiori per me e vino per la cena.
La prima parte della cena, quella riservata agli aperitivi, fu all’insegna del garbo e dell’eleganza ed ebbi anche modo di apprezzare la spigliatezza di Enrico nel tenere la conversazione, nel trovare sempre argomenti nuovi e non sfiorare mai niente che sapesse di osè. Dopo i primi aperitivi, Lamberto propose di bandire l’etichetta (incluse giacche e cravatte) e di mettersi un po’ più in libertà; ne approfittai, sdraiata di tre quarti su una poltrona, per far scivolare una delle balze della gonna e far emergere una coscia infinita, per Enrico che mi sedeva di fronte e si perdeva già nella parte ancora celata della gonna; alzandomi per una sciocchezza qualsiasi, feci in modo che la mia coscia si stendesse tutta lungo la sua e la balza arretrasse di quel poco per fargli sentire il profumo della figa: si impossessò di un ennesimo bicchiere e lo trangugiò di colpo. Guardavo Lamberto e godevo a vederlo assai divertito ammirare gli occhi fuori dalle orbite del nipote di un arcivescovo sempre al primo banco a messa. Per accompagnarlo a tavola, lo presi per una mano e lo tirai su facendo in modo che la sua mano strusciasse lungamente sulla natica fino a rendersi conto che ero senza mutande; mi accorsi a quel punto che il pantalone gli si era gonfiato e in maniera assai promettente; per testare, feci in modo che una mia mano sfiorasse intensamente la protuberanza e sentii un cazzo almeno come quello del bagnino. Ne fui felice.
Durante la cena, Lamberto si preoccupò soprattutto di riempire spesso il bicchiere all’amico; io invece allungai un piede tra le gambe di Enrico, che mi sedeva di fronte, e in un niente riuscii a stuzzicargli il cazzo sentendolo gonfiarsi continuamente sotto il piede nudo; dall’altro lato, la mia mano sotto la larga falda della tovaglia era riuscita e tirare giù la lampo di Lamberto e teneva ormai strettamente il cazzo che masturbava delicatamente. Dopo il primo piatto, mentre ci rilassavamo manipolandoci a tre (mentre io manovravo i due ancora come prima, Lamberto decisamente, facendo finta di scherzare, mi aveva spostato la scollatura e mi solleticava un capezzolo invitando Enrico a farlo con l’altro; ma Enrico non si muoveva, un po’ per non perdere il contatto col mio piede, un po’ perché ancora non arrivava all’azione aperta. Prima di passare al secondo, i due si scambiarono di posto ed io potei aprire la zip di Enrico e afferrare finalmente la sua bestia. L’emozione che provai quando la sentii tutta nella mano mi fece perdere per un attimo la lucidità e guardai Lamberto con occhi languidi, passandomi la lingua sulle labbra. Col suo cazzo ben stretto nella mia mano che lo masturbava su e giù senza neanche cercare di nasconderlo, Enrico perse ogni ritegno e mi afferrò una tetta da dentro lo scollo. A quel punto non mi restava che baciarlo appassionatamente succhiando nella mia bocca vorace tutte le sue labbra e la lingua che rapidamente infilò.
Lamberto ci fece alzare e ci accompagnò verso il grande divano che occupava una parete: lo seguii tirandomi dietro Enrico che tenevo per il cazzo, mentre quello di Lamberto spiccava fuori dai pantaloni come un obelisco. Per un attimo, Enrico sembrò fermarsi e tememmo che ci ripensasse; poi bofonchiò. “Al diavolo lo zio cardinale!” E mi abbracciò con foga facendomi rotolare con lui sul tappeto pregiato che ricopriva il pavimento. Da quel momento, i due distinti gentiluomini di sana famiglia cattolica si trasformarono in due demoni assetati di figa, di tetta, di culo. Da bravo padrone di casa, Lamberto lasciò che Enrico mi stendesse sul tappeto, mi allargasse le cosce e mi infilasse in figa la sua mazza che ebbe dalla sua il fatto che ero tante volte venuta da essere largamente lubrificata; se avesse cercato di entrare “a secco” mi avrebbe lacerato; Lamberto, inginocchiato dietro la mia testa, mi appoggiò delicatamente l’asta sul viso ed io catturai con la lingua prima la cappella, poi la mazza che assorbii nella mia gola profonda. Enrico mi scopò abbastanza a lungo, con colpi che raggiungevano spesso il fondo della vagina e colpivano duramente l’utero; Lamberto, cosciente di non avere una grande riserva di durata, si limitava a farselo succhiare senza affondare, ma mi titillava piacevolmente le labbra e la lingua. Di colpo, Enrico si inarcò tutto, spinse quasi con ferocia e sobbalzò quattro volte, quanti furono gli spruzzi di sborra che mi sparò direttamente nell’utero.
Mentre veniva, urlava “Dio che sensazione meravigliosa! … Dio che piacere immenso …. Goooodoooooo … Veeeeengoooooo e voglio venire ancora, tante e tante volte, fino a morire. Non morì, naturalmente; anzi fu sempre più felice; io, invece, me la vidi quasi brutta quando, nelle tre ore successive, i due amici si alternarono nei miei buchi, scopandomi quasi sempre in doppia, uno in figa e uno in bocca, cambiando spesso posizione dalla pecorina alla missionaria a quante altre si possono prevedere; quando poi Lamberto decise di incularmi, Enrico sembrò scoprire una nuova America e, visto che era stato accolto in famiglia, si preparò a penetrarmi anche lui. Fu necessario spiegargli che il suo cazzo necessitava di una buona preparazione, prima di spingerlo nel forellino che vedeva chiuso. Fu d’accordo e in due mi leccarono a lungo e mi prepararono a colpi di dita finché la dilatazione apparve adeguata. Solo allora mi spinse il suo manganello nelle viscere e, finalmente, dopo molto tempo, assaporai il piacere - dolore di una violazione vera delle mie profondità. Veramente mi sembrò di essere sverginata ancora una volta e non riuscii ad impedirmi di commentare. “Hai visto il pretino!” ma ero felice di averlo visto e provato. Prima di concludere, quasi all’alba, Lamberto decise di sborrarmi nel culo (era l’unica della serata; era stato veramente bravo a contenersi!) e ad Enrico concessi un pompino straordinario che feci concludere con una sontuosa sborrata in bocca.
Ci salutammo in grande amicizia e, ad Enrico che chiedeva se ci sarebbero state altre occasioni, risposi.”Mai dire mai … “ per lasciarmi aperta una possibilità. Poi con Lamberto valutammo però che non era il caso di nuotare nel piccolo vaso dei parenti e degli amici più o meno bigotti, ma di allargare la visione. Gli feci osservare che allargare per lui poteva significare ridursi al ruolo del “cornuto contento” ma mi obiettò che era esattamente quello a cui aspirava, a condizione che non lo tradissi, nel senso che non gli tenessi più nascosto niente (“Come è stato in palestra e in piscina!” Aggiunse per chiarire che sapeva e che aveva taciuto) ma che tutto avvenisse nella massima chiarezza tra di noi, addirittura col racconto immediatamente successivo, se mi fossi trovata da sola o almeno senza di lui; con filmati fatti ad hoc; con l’informazione in tempo reale (telefonino, wordsapp, messaggini e cose del genere); insomma a condizione che ci comportassimo sempre da complici leali e mai da fedifraghi sleali. Glielo promisi solennemente, anche perché sapevo bene che la più debole, in questo, potevo risultare e che, alla fine, il più furbo era lui, come mi aveva appena dimostrando rivelandomi che conosceva i miei tradimenti. Cominciò così una nuova fase non solo della mia vita, ma anche della nostra, se avessimo organizzato bene le cose, e soprattutto del nostro rapporto che andava verso l’amore più di quanto potesse apparire (anche se l’idea dell’amore fra noi mi sembrava strana!).
Io continuavo le mie tresche parallele col bagnino e col trainer, con l’aggiunta, decisamente piccante, che al ritorno a casa la prima cosa che facevo era annunciare, per sms, a Lamberto che avevo novità da raccontargli: la sera poi - mentre lui si segava lungamente senza quasi mai arrivare a sborrare - io gli raccontavo per filo e per segno il modo in cui mi ero fatta scopare con grande soddisfazione mia e con grandi sborrate loro; talvolta mi riusciva di attivare il telefonino e di chiamarlo appena cominciava il rapporto e lui riusciva a seguire quasi dal vivo le mie scopate, che in quel caso facevo in modo da rendere il più “chiacchierate” e rumorose possibile, perché avesse il senso preciso di quel che facevamo; un paio di volte mi riuscì di attivare un’apposita piccola videocamera e la sera ci guardavamo con lussuria il filmato intero delle scopate. Ma, naturalmente, tutto questo a Lamberto bastava fino ad un certo punto, dal momento che lo vedeva solo spettatore passivo delle mie performances. Per attivarsi almeno in parte, mi propose di invitare ancora una volta Enrico e di sollazzarci con la sua aria scandalizzata in contrasto con la sua smania di fottermi in tutti i buchi. Non andò male, come esperienza, e mi resi conto che, educato adeguatamente, poteva diventare un ottimo stallone e scoparmi spesso e a lungo davanti a Lamberto che sbavava per la gioia di vedermi sborrare così tanto col cazzo del suo amico che mi trivellava.
Ma il suo progetto prendeva corpo e me lo comunicò una sera a cena. Aveva individuato (in una località non molto distante - all’incirca un’ora di macchina - ma abbastanza fuori portata per il giro di nostre amicizie) un club privè dove si incontravano coppie libertine, scambiste, per orge o semplicemente libertarie, con anche molti singoli e singole che andavano in cerca di emozioni forti; mi avvertì che si poteva essere coinvolti in maniera esagerata (fino a una ventina di rapporti in una notte) ma anche tenersi su una linea precisa e predeterminata. Insomma, il luogo dove far scatenare al massimo della potenza la mia lussuria. L’unica condizione che poneva (ovviamente, valeva solo per noi) era che facessi di tutto perché ogni volta fosse presente anche lui, da semplice spettatore, da servitorello, da coprotagonista o anche da comparsa; insomma, che ci fosse e potesse guardare o anche partecipare. Naturalmente glielo garantii, perché era nel nostro accordo di base. Non restò che aspettare il sabato per il quale aveva prenotato per noi due come coppia, dalla cena alla serata da ballo alla libera partecipazione. Discutemmo a lungo sul tipo di abbigliamento ma soprattutto sui meccanismi opportuni per non trovarmi in difficoltà, al momento del ritorno, se nella foga mi avessero strappato qualche indumento. Fu deciso il “niente intimo” ed un vestitino elegante ma che andasse giù agevolmente, un volta sciolto un semplice nodo, e scarpe non molo alte per non soffrire su tacchi alti una serata intera.
Oltre una sciarpa per dare un tono all’abito e ad un soprabito leggero, per arrivare alla macchina senza dare scandalo, presi una pochette nera, in tono col vestito e la sciarpa, per metterci l’essenziale per il trucco; su consiglio di Lamberto, non misi dentro documenti di identificabilità, anche per evitare pericoli di furto, non improbabili in quell’ambiente e a quell’ora; lasciammo i documenti nell’auto e ci avviammo per la serata di fuoco che mi ripromettevo. Avvertii Lamberto che avevo in animo di scatenarmi, ma senza pregiudiziali e valutando momento per momento il meglio da fare. Arrivammo che era ora di cena in una villa isolata, con un grande parco: solerti inservienti presero in cura la macchina e ci assicurarono la massima garanzia di sicurezza; entrammo nel vestibolo della villa e ci trovammo in un ambiente elegante, quasi di lusso, dove prevalevano gli abbigliamenti sfrontati delle signore, quasi tutti di minigonne o minivestiti molto ariosi da cui si vedevano, più che intravedere, perfette ed eccitanti nudità; mancavano chiaramente gioielli ed orpelli vari; i signori erano quasi tutti in abito scuro molto composto, con cravatta ben intonata e scarpe lucide da ballo. Qualche giovane dal fisico più notevole lo rimarcava solo con una camicia aperta, sotto la giacca, e il petto villoso in vista. Niente che stimolasse molto la fantasia; ma eravamo solo all’ingresso.
La zona bar era abbastanza frequentata e non era difficile intrecciare nuove conoscenze, anche perché tutti sapevano con estrema chiarezza e lucidità perché fossero lì. Chiacchierammo elegantemente con un paio di coppiette che ci apparvero però di scarso interesse, sia dal punto di vista estetico che, soprattutto, per la tenuta di un dialogo di un livello almeno decente. Mentre ci aggiravamo quasi già annoiati, fu annunciato che la cena era servita. Tutti sciamammo verso la sala da pranzo e, lentamente, cercammo un tavolo adatto a noi: ne trovammo uno accanto ad una finestra, alquanto defilato rispetto alla sala, ma da cui si poteva osservare tutto: subito dopo che avevamo preso posto, si presentò un giovane in abito grigio con camicia aperta e abbronzatura evidente che con molto garbo chiese se poteva unirsi a noi; Lamberto mi interrogò con lo sguardo, diedi un’occhiata alla patta tra le gambe e invitai lo sconosciuto ad accomodarsi: si presentò come Antonio, singolo, e Lamberto presentò me come sua moglie e se stesso come marito e cavalier servente. La battuta indicava già i ruoli ed apprezzai il garbo con cui Antonio recepì, interpretandola, la precisazione: mi prese la mano e la baciò, non per convenzione, ma poggiando con forza le labbra e lasciando scorrere leggermente la lingua: per tutta riposta, prolungai il tempo del baciamano e la leccata.
Antonio ci chiese se eravamo frequentatori abituali e, al nostro diniego, osservò che lo aveva intuito essendo lui abbastanza abituale frequentatore e non avendoci mai visto prima, gli chiesi se era in grado, quindi, di guidarci nel meandri del locale; si impegnò a farci da cicerone in qualunque momento lo avessimo richiesto. Mentre consumavamo l’aperitivo ed un secondo, ci chiese cosa ci interessava in particolare; risposi che ero una bimba curiosa con a fianco l’amichetto che mi seguiva dovunque, mi custodiva e mi controllava, ma non mi impediva assolutamente niente; precisai che la mia curiosità svariava su tutto e che volevo conoscere soprattutto i piaceri che il privè poteva offrire, sperimentandone anche qualcuno, ma con moderazione. Mentre parlavamo, avevo fatto in modo che una delle balze del vestito si aprire e scoprisse per buona parte il mio seno; quando si accorse che l’abito si apriva anche nella parte inferiore, Antonio approfittò della tovaglia che quasi toccava terra per allungare una mano sotto il vestito, appoggiarla sulla mia coscia nuda e farla scivolare verso l’alto fino ad incontrare la mia figa già umida. “Vedo che sei già pronta ad ogni evenienza!” Sorrise. Mi sporsi a baciarlo e gli succhiai la lingua nella mia bocca; limonammo per qualche minuto ruotando le lingue. Lamberto spostò con la mano il cazzo che si era indurito e lo collocò in posizione più favorevole.“
Vuoi che balliamo?” Un’orchestrina nascosta aveva iniziato un repertorio di balli lenti. Mi alzai tenendogli la mano; lui si fermò un attimo, guardò verso Lamberto che fece un cenno di assenso e Antonio mi guidò verso il centro della sala. Naturalmente, fu una intensa e lunga pomiciata in piedi più che un ballo; dovetti però chiedergli di non uscire dal cono di visuale di Lamberto. “Fai come se non ci fosse, ma non nascondiamoci a lui.” Capì immediatamente, mi strinse a sé, afferrandomi per le natiche e mi cominciò a baciare su collo, gola, viso e bocca, mentre il suo cazzo, veramente notevole, si andava a collocare esattamente tra le mie cosce fino a titillarmi il clitoride. Portai la sua mano verso il ventre e infilai la mia e la sua nello spacco del vestito per arrivare diretto ala figa; cominciò a masturbarmi sapientemente mentre io riportavo la mia mano dietro la sua schiena e nascondevo il movimento. Sborrai in un niente, mi morsi le labbra per non urlare e Antonio, resosi conto solo all’ultimo, mi soffocò l’urlo in un bacio appassionato, Vidi Lamberto addentare nervosamente un grissino, forse per fermare l’orgasmo che rischiava di esplodergli nel pantalone. Antonio mi afferrò tutta la figa a mano piena sembrò quasi voler raccogliere l’orgasmo: ne prese parecchio, invero, perché gli umori che gli spruzzai furono tanti; con gesto sensuale, si passò la lingua sulla mano e si leccò le dita; vedendo il mio sguardo di lussuria, mi passò la mano sulla bocca e mi fece leccare i miei residui.
Allo stop del ballo, mi riaccompagnò al tavolo; baciai Lamberto sulla bocca per fargli sentire il mio orgasmo, lui tirò fuori la lingua e leccò dalle mie labbra i miei sapori. “Andiamo a dare uno sguardo in giro?” Proposi ad Antonio; e ci avviammo tutti e tre verso il piano superiore dove c’erano le stanze del sesso. Antonio aprì la prima porta e vedemmo dentro una coppia impegnata a scopare mentre una persona seduta si masturbava: quella, ci disse, era la sala per i rapporti di una coppia, che scopava normalmente; se c’era un guardone, facilmente poteva essere il marito della signora che scopava con un bull o un altro aspirante in attesa del suo turno. “Lì potremmo essere io e te sul letto e Lamberto che si masturba sulla poltrona.” Commentai. “Esatto. … Se vuoi … “ “No, ci starebbe anche bene; ma voglio vedere altro, poi decideremo.” La seconda sala era totalmente vuota; ma lungo le pareti si notavano diversi fori di varia dimensione ed a diverse altezze: Antonio spiegò che era la sala del glory hole e chiarì che da quei fori sarebbero apparsi dei cazzi di cui le signore che entravano potevano fare l’uso preferito; in molti casi, le signore entravano accompagnate da mariti o amanti o bull e si facevano scopare mentre succhiavano cazzi dalle pareti: in molti casi, si ingaggiavano autentiche gare a chi se succhiava di più nel tempo che il partner le sborrava dentro. Naturalmente, viste le diverse altezze, alcuni cazzi potevano essere presi in figa o in culo.
Pensai che l’ipotesi era veramente stuzzichevole, potevo tenerla da conto se all’ultimo, prima di andar via, avessi deciso di passarmene alcuni, nel tempo che Antonio, prima, e Lamberto, dopo, mi scopavano in figa fino a sborrare. Lamberto si dichiarò d’accordo, ma Antonio obiettò che, per la verità, prima della fine sperava di scoparmi almeno un’altra volta. Lo rassicurai,gli accarezzai il viso e mi chinai a succhiargli il cazzo, davanti a tutti, in pieno corridoio. “Ti credo sulla parola!” esclamò lui e tirò dentro il cazzo: non si fa, mi ammonì poi. Continuammo a visitare le sale, una per una: alcune mi incuriosirono, specie quelle con letti tondi dove lo spettacolo delle scopate si sviluppava, davanti a spettatori occasionali, tra diverse coppie impegnate sullo stesso letto, con frequenti scambi di partner; altre mi eccitarono, come quelle degli oversize, cazzi decisamente notevoli che sfondavano culi e fighe con un violenza che mi apparve perfino esagerata; ripensandoci, poi, avrei deciso che forse poteva essere più affascinante che spaventoso. Quelle che non mi convinsero (ma Antonio mi assicurò che erano molto frequentate) erano le sale del sesso estremo, con tanto di strumenti di tortura, che sembravano uscite da un film horror. In alcune, un po’ più “normali” bellissime donne nude stese su letti rotondi avevano intorno decine di spettatori che si alternavano a scoparle o a inondarle di sborra alternandosi finché lei non decideva di averne abbastanza e abbandonava il posto.
Dissi apertamente che non mi convincevano molto, perché avevo del sesso una visione precisa: rapporto a tre con Lamberto spettatore sempre, ma poche concessioni alla trasgressione. “Io però adesso ho voglia di scoparti e, dopo questo giro, ti assicuro che non ce la faccio più.” “Cerchiamo una sala per noi tre.” Per fortuna, era libera proprio la prima che avevamo visto; vi ci recammo, Antonio chiuse la porta dietro di noi, Lamberto andò a sedersi sulla poltrona e tirò fuori il cazzo per menarselo. Antonio mi abbracciò ancora in piedi e mi baciò appassionatamente: mentre mi limonava con tuta l‘anima, sciolsi il nodo del vestito e lo feci scivolare dalle spalle a terra; quando mi vide nuda, Antonio si scatenò a baciarmi le tette, a leccarmi il ventre; si fiondò sulla mia figa e cominciò a succhiarla come non lo avesse fatto negli ultimi dieci anni: sentivo le piccole labbra risucchiate nella sua bocca e il clitoride che si gonfiava da farmi male; lo prese tra le labbra e cominciò a spompinarlo scatenandomi un orgasmo dietro l’altro. Lo bloccai di colpo e lo aiutai a spogliarsi. Quando fu nudo, fui io a lanciarmi sul suo cazzo enorme e a infilarmelo nella bocca fino a non poter respirare. Non volevo farlo sborrare, ma solo godermelo a lungo: mi feci prendere in figa e nel culo, con qualche sofferenza e molte difficoltà; me lo strusciai su tutto il corpo. Quando per la seconda volta mi penetrò nel culo, lo stimolai a sborrare e, facendo leva sui muscoli anali, lo risucchiai nel culo finché, urlando come una bestia ferita, mi scaricò nell’intestino una lava di sborra.
Lamberto, per tutta la durata della scopata, non aveva fatto altro che menarsi il cazzo con movimento lento e meditato, proprio per non sborrare; ogni tanto si era accostato, specialmente al mio culo e si era gustato la penetrazione dell’asta nello sfintere, con tutte le pieghette che si tendevano per fare spazio ala mazza che le violentava. Rimessici i vestiti, uscimmo e andammo a spiare nelle altre sale. Lamberto mi chiese se volessi farmi sbattere e sborrare addosso nella sala comune; gli dissi che a me sarebbe piaciuto, ma speravo che a lui non disturbasse; mi assicurò che non lo infastidiva e chiese ad Antonio di accompagnarmi. Entrati, Antonio con un solo gesto mi denudò e mi spinse su un segmento del letto; subito dopo mi montava addosso e mi penetrava col suo enorme cazzo; lo spinsi via, perché me ne ero appena soddisfatta e mi beccai un nero ben dotato che si inginocchiò fra le cosce e mi spinse in figa un randello spropositato; alcuni spettatori mi vennero vicino e cominciarono a smanettarsi finché fiotti di sborra mi riempirono il viso e le tette; me ne curai poco, in verità, perché ero tutta presa dalla mazza che mi squarciava la figa; quando il nero tentò di spostare la cappella verso l’ano, lo fermai e lo spinsi via; per concludere, dato che non aveva sborrato, mi sparò un enorme fiotto sulla pancia, che accolsi con gioia; subito dopo, mi accorsi che Antonio mi aveva infilato il suo cazzo in bocca e che, con pochi movimenti, mi aveva sborrato direttamente in gola. Ne avevo abbastanza e scesi dalla piattaforma tra la delusione generale.
Trovai Lamberto che mi aspettava col vestito in mano. “Sei stata superba. Andiamo a cercare un bagno?” “Si, sono tutta lorda di sborra, ho bisogno di sciacquarmi. Ci raggiunse Antonio che ci accompagnò al bagno più vicino, dove potetti persino sciacquarmi sotto la doccia e asciugarmi con un telo messo a disposizione dalla casa; per fortuna i capelli erano rimasti abbastanza immuni. Quando uscii, trovai i miei due uomini che parlottavano fitto. Li guardai con aria inquisitrice; Lamberto ruppe il ghiaccio. “Stavamo osservando che, per quello di cui hai bisogno tu, forse una visita a un posto così ti potrebbe bastare anche una volta ogni sei mesi; ma se vuoi scopare con sazietà e piacere, forse è meglio che ti organizzi un rapporto più fisso e convincente.” “Per esempio?” Non sapevo io stesso se ero ironica o seria. “Per esempio, io. Potremmo vederci una volta ogni una o due settimane a fare l’amore senza la violenza di questo posto, nella tua casa, insieme a tuo marito.” La proposta di Antonio mi piaceva; ma era assai meno che il trainer e il bagnino insieme; ma non lo dissi. “Se ne può parlare. Lamberto, tu prendi il suo numero di telefono, ne parliamo e, se ci accordiamo, lo invitiamo a cena. Per stasera pensate che possa bastare?”
Lamberto mette il muso. “Ma io non ho sborrato!” “E’ vero, amore, scusami!” E lo accarezzo. “Non potremmo tornare alla tua prima idea, quella della sala del glory hole?” Propone Antonio. “Si, ma dopo che mi sarò riposata; ho culo e figa che mi dolgono perché tu dietro e il nero davanti mi avete un po’ maltrattato.” “OK; fermiamoci a guardare qualcosa senza agire; poi andiamo al glory hole e poi tutti a casa.” Girammo un po’ a casaccio per il privè; ogni volta che entravamo in una sala, mi trovavo inevitabilmente circondata da maschi arrapati che mi toccavano da tutte le parti; un signore distinto, mentre ammiravamo due ragazze che si facevano sbudellare in tutti i buchi da due neri con cazzi enormi, mi chiese di fargli una sega; lo feci e mi piacque;ma dovetti più di una volta allontanare altri che mi offrivano il cazzo in bocca; una sola volta, mentre guardavo da un foro lo spettacolo di una scopata sul letto rotondo, un tizio mi venne alle spalle, mi sollevò la gonna e mi piantò in figa un cazzetto innocuo: lo lasciai fare finché si ritirò quasi spaventato dall’imponenza del mio culo. Alla fine decisi che era il momento di chiudere l’esperienza, presi i miei due cavalieri e mi diressi decisa alla glory hole, che alla fine risultò meno affollata di quanto mi sarei aspettata: i fori erano tutti occupati da un cazzo, ma dentro c’era una coppia che scopava mentre lei soddisfaceva con la bocca i maschi nascosti dietro la parete ed una ragazza che si dava da fare di figa e di culo a prenderne quanti più poteva.
Entrammo insieme, mi sfilai l’abito per non sporcarlo, afferrai i primo cazzo ad altezza bocca e cominciai a succhiare: era di un nero, probabilmente e mi dava tanta goduria farmelo scorrere fino in gola; invitai Antonio a scoparmi a pecorina mentre succhiavo e mi diedi da fare con impegno finché sentii l’altro vibrare, scuotersi e scaricarmi in bocca la sborrata; frenai con la lingua e lasciai cadere a terra; passai a quello successivo, un cazzo bianco sui venti centimetri che mi deliziò prima le labbra e poi il palato: usai molto la lingua per stimolarlo e mi accorsi che sul frenulo era sensibile: dopo due lunghe succhiate in cima alla cappella, sentii che esplodeva e mi spostai in tempo per farlo scaricare. Ne spompinai cinque di fila, mentre Antonio mi scopava; quando mi esplose in figa, accelerai la pompa al cazzo che mi era capitato e lo feci sborrare mentre dalla figa mi colava la sborra di recente ricevuta. Lamberto mi chiese se potevamo variare la cosa; non capivo. “Io vorrei sborrarti in bocca: ma in questo caso, dovresti farti scopare da quelli del buco.” “Nessun problema.” Gli dissi; mi inginocchiai davanti ad un cazzo basso, bello grosso, sicuramente di un nero, e me lo infilai nella figa; quando l’altro iniziò il movimento di scopata, presi in bocca il cazzo di Lamberto e cominciai a succhiarlo. Sapevo che era fragile nel pompino e con poche battute riuscii a farmelo venire in bocca. Il nero in figa aveva appena cominciato; ma alcune contrazioni della mia vagina lo munsero in poche battute; mi sfilai per fargli scaricare a terra una sborrata alluvionale.
Usai dei fazzolettini per pulirmi la bocca e la figa; mi rivestii; presi sottobraccio i miei accompagnatori e ci dirigemmo all’uscita. Antonio fu molto elegante e garbato anche nei saluti; mi avvertì che aveva lasciato a Lamberto i suoi recapiti e che sperava di rivederci. Lo rassicurai con un buffetto e un leggera carezza sulla patta già gonfia. Ci portarono l’auto,montammo e Lamberto partì. Mentre viaggiavamo, ci scambiammo le impressioni sulla serata e convenimmo che era stata un bellissima esperienza, anche se un po’ faticosa. “Ci credo: non hai tenuto neanche il conto di quanti ne hai presi!” Mi misi a ridere, poi gli esternai i miei dubbi. “Senti, Lamberto; io sono d’accordo che Antonio come bull forse merita; ma non dimenticare che io sono abituata, con due amanti come il trainer e il bagnino, a quattro cinque scopate a settimana (senza contare quelle con te); ora non credo che una volta ogni due settimane sia l’alternativa che può soddisfare.” “Ma io non ti chiedevo di rinunciare ai tuoi attuali amanti; se vuoi puoi tenerteli o anche tenertene uno solo.” “E se ti proponessi di fare lo stesso discorso di Antonio con Enrico che ormai è già al corrente? Oltretutto, lui è quasi di famiglia e se anche ci venisse a trovare più volte in una settimana, non creerebbe dubbi a nessuno!” “Bene? Dici Enrico? Enrico sia!” “Si … ma con Antonio … “ “Ingorda!”
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Categorie: Prime Esperienze