Un rumore di stoviglie e un chiacchiericcio continuo interrompono alla 10 di mattina di un fredda domenica il giusto sonno di me poveretto che fino alle quattro mi sono dato da fare con la vedova … bisognosa di comprensione. Mi alzo stiracchiandomi, metto i piedi nelle pantofole e sto per lanciare un urlo di avvertimento, mi fermo di blocco perché potrebbe trattarsi di persona a me sconosciuta e non ci farei bella figura: in queste cose, meglio non irritare mamma. Realizzo dopo un po’ che si tratta di Oriana che non si è catapultata dentro ma è in atteggiamento confessionale con mamma. Credo che parlino di sesso e sono convinto che io sono al centro del colloquio. Mi accosto con prudenza alla cucina e mi metto ad origliare. “Vedi, mamma, è da anni che le nostre vite sembrano viaggiare su binari diversi. Per questo ti può sembrare che io sia troppo invadente e curiosa. Di fatto prendo progressivamente coscienza che alcune cose di te le conosce più mia figlia che io; senza contare che Mario, supponente come sempre, mi tratta sempre da cretina perché sa di te cose che tutti ignoriamo.” “No, figlia mia, non è né supponenza né trattare da cretina: è solo che lui effettivamente mi ha vissuto più da vicino e sa molte più cose di me, anche se le radici profonde dei mali restano dentro di me e le conosco solo io.” Non riesco a resistere e mi affaccio “Ah .. eri qui … e mi hai sentito?” “Anche se avessi sparlato di me, il mio amore mi fa accettare tutto, l’indiscussa eccezionalità e la frequente rottura!” scherzo “allora, su che verte questo concistoro?” “Si parla di mamma e di noi figli.” Riassume Oriana. “Anche io voglio sapere.”
Oriana la stuzzica. “Allora, quando è cominciata questa lunga storia?” “E’ cominciata che avevo quindici anni ed ero una qualsiasi imbranata, stupida liceale che si era innamorata del suo professore di italiano, che aveva il doppio della sua età. All’inizio furono solo citazioni letterarie, frasi infiocchettate e romanticismo di risulta; poi il folle cominciò a frequentarmi senza curarsi dell’enorme rischio che correva. Ma eravamo giovani; ed ora so che lui era ben più immaturo di me che lo ero per necessità anagrafica. La trafila fu quella di tute le coppiette di adolescenti con l’aggravante che lui era tutt’altro che adolescente: baci appassionati, seghe, tante seghe in tutti i luoghi, anche i più pericolosi come la sala insegnanti. Poi fui iniziata al pompino e anche lì giù a capofitto: il piacere maggiore lui lo provava quando poteva portarmi in un’aula vuota, si sedeva dietro alla cattedra e mi obbligava ad accucciarmi sotto la cattedra per succhiarglielo. Clinton non aveva ancora dato il buon esempio; ma comunque la soluzione era molto intrigante. Un’estate, la sera dietro le barche mi disse che stavolta si faceva sul serio. Mi stese sulla sabbia, mi sfilò le mutandine e sentii qualcosa di duro penetrarmi nella pancia: all’inizio fu solo una fitta di dolore; poi il cielo mi si spalancò in testa e vidi esplodere l’arcobaleno con tutte le stelle dell’universo. Non so se sapete che la possibilità che ci scappi la maternità indesiderata per una sborrata in figa all’atto della deflorazione ha una percentuale di probabilità di una su un milione o forse su qualche milione. Bene, cara Oriana, tu sei quella possibilità.” Ci viene da sorridere.
“Bella sfortuna, però.” “E che vuoi farci? Quando fu ufficiale che ero incinta, non restò che prendere atto e, come usava al tempo, ricorrere al matrimonio riparatore. Da lì, il declino verso la fine. Abbandonai la scuola, ovviamente, e mi trovai moglie di un uomo assai più vecchio, assai meno sensibile e buono di quanto mi ero illusa, prigioniera di convenzioni e abitudini. Carlo nel giro di poco si rivelò per quello che era: incapace di gestire una casa, assolutamente ignorante di qualunque dovere familiare, sempre dietro al suo famelico cazzo, passava le giornate a tampinare le vicine e se le scopava tutte metodicamente e non teneva in nessun conto giudizi e conseguenze. Passava le sere al circolo degli intellettuali a bere e, quando tornava a casa, mi trattava da pezze da piedi e mi scopava sempre con violenza.” “I geni pare che si siano trasmessi …” celia Oriana e accenna a me con lo sguardo. “No, non ci pensare neanche. Quelli della sessualità spinta, forse, ma quelli dell’irresponsabilità e dell’incoscienza no. Tra l’altro posso dire con certezza che i geni del prurito sessuale permanente sono ben piantati nella ereditarietà. Voi sapete poco dei “milanesi” (i nostri fratelli emigrati da anni al nord) ma le poche informazioni che ho dicono che sono buoni eredi come certamente lo è Patrizia, vera regina delle discoteche (spero di non rivelarti cose che ignori) capace di scommettere su chi accalappia per prima il giovane di buona famiglia che capita per caso e se lo porta a scopare nei cessi. La mia nipotina pare che abbia un record da meno di dieci minuti. E la sua mammina che sale in pulpito ha già fatto qualche sua bella esperienza. Se poi sorella e nipote chiedono a Mario di liberarle di una fastidiosa verginità, dico che fa opera di bene se le accontenta con tutto l’amore di cui so che è capace.”
“Ma tutto quello che hai detto non dà ragione di quella che tu proclami grande disponibilità a fare sesso sempre comunque, dovunque e con chiunque” “Può darsi che sia così ma sono io che mi sono trovata totalmente sola, a crescere quattro figli con accanto un burattino elegante che andava in giro a recitare il grande amatore romantico; che ho dovuto sopportare tre o quattro aborti procurati e almeno altrettanti spontanei; che ho versato ettolitri di lacrime in totale solitudine; che ho ingoiato rospi da farne indigestione per tutta la vita. L’istinto di ribellione viene fuori come istinto di sopravvivenza. Tuo fratello e tua figlia conoscono una storia squallida di padre criminale che figura nell’albo dei cittadini benemeriti, lo sai?” Oriana accenna di si “So di Margie e di quello che ha vissuto.” “Bene, io non ho avuto un’amica come Patrizia o un amante come Mario; anzi, sono stata posta all’indice come puttana e adultera, capisci?, adultera di quel puttaniere di mio marito!” “Mamma, calmati; non vale la pena di starci male. Lascia stare e non parlarne più.” Cerco di mitigare. “No, Mario, ormai è bene fare chiarezza con mia figlia, prima che anche lei mi giudichi male!” “Mamma, credimi, io non intendo giudicare; volevo solo sapere, forse per curiosità pruriginosa o forse più semplicemente per imparare a volerti bene di più.” Mamma, come sempre, si intenerisce a ci accarezza tutti e due. “Ma poi ti sei decisa a farti un amante, in senso etimologico intendo dire, uno che ti amasse.” Forse può essere l’escamotage per uscire dalle secche dei giudizi. Ma non so che può essere anche peggio. “Si, ho incontrato una volta, sulla solita spiaggia che frequentavamo d’estate, un uomo giovane che mi parlò come desideravo, che mi fece intravvedere un mondo di sogni; me ne innamorai e, in un momento di follia, ci feci anche l’amore.”
“Quindi ti ribellasti, alla fine?” “Un corno. Da perfetti imbecilli, ci facemmo sorprendere e in un giorno solo ero sull’albo delle puttane fedifraghe: le mie colpe furono condannate e le benemerenze del puttaniere esaltate. Anche da lì nasce il mio rifiuto per l’opinione comune e le norme non scritte. Come non bastasse, lui (non vale la pena di ricordare il nome; fu solo uno strumento del destino) si andò ad ammazzare con una motocicletta sull’autostrada. Mi trovai di nuovo sola, accanto ad un inetto squallido, con un figlia che frequentava una facoltà dura e difficile e che per soprammercato si era fatta mettere incinta dal fidanzato e si era dovuta sposare; con due figli con la valigia pronta, decisi ad andarsene anche per non dover prendere posizione o assumere responsabilità e con un ragazzino appena nato, che sembrava il più fragile, da sostenere e guidare. Non so se per disgrazia o per fortuna, vostro padre ebbe la bella idea di morire giovane e non mi restò che rimboccarmi le maniche e assumere su di me tutti gli oneri. I “milanesi” se ne andarono, alla fine, e ora ci si scambia gli auguri di Natale, se ci si ricorda; tu mi aiutasti molto assumendoti il carico della crescita di Mario ed io potei dedicarmi a lavoretti più o meno occasionali per tirare la carretta. Intanto mi avevano chiuso le tube, perché dopo tanti aborti e parti ero a rischio; come mi avevano pronosticato, cominciarono i “pruriti di figa” che cercai di controllare ma ai quali alla fine mi abbandonai. La prima volta, paradossalmente, fu con un ragazzo amico di Mario di cui forse potresti ricordarti.”
“No, se non capisco male, era il momento delle grandi tempeste ormonali per Mario; ed io a quell’ora avevo già grossi problemi di lavoro; per di più anche Patrizia mi cominciava a dare grattacapi proprio sul versante del sesso, quindi non sapevo niente delle amicizie di Mario.” “Beh, sia come sia, questo ragazzo (il nome non è necessario e non sarebbe simpatico farlo) bazzicava la nostra casa al mare e non perdeva occasione per spiarmi in bagno o in camera, quando dormivo nuda, di accarezzarmi in segreto e di sfuggita; insomma, in qualche modo mi corteggiava e, inevitabilmente, mi stimolava. Lo spiai non so quante volte per vederlo masturbarsi e quasi mi innamorai del suo cazzo bello grosso e consistente, da uomo più che da ragazzo. Finché decisi di farmelo, letteralmente. Lo attirai in casa, feci la vezzosa, giocai un poco con la sua eccitazione e alla fine lo baciai: se non fosse scappato, me lo sarei scopato. Non scappò; anzi, mi si avvinghiò con tutto il corpo e mi fece sentire bella netta la sua mazza contro la figa. Allora lo spinsi sul letto, lo spogliai e me lo leccai tutto, dalla testa ai piedi; quando gli presi il cazzo in bocca, ebbe dei tremiti da tarantolato e dovetti calmarlo prima di succhiarlo a dovere. Sentirmi in bocca quel cazzo giovane mi dava un’energia nuova, mai provata, e godevo, sbrodolavo, colavo dalla figa inzuppando il costume intero fin sulla pancia, davanti, e ben oltre le natiche, dietro. Esplose con una sborrata enorme che a malapena riuscii a trattenere in bocca e ad ingoiare: ne avevo voglia, ne avevo bisogno. Tornò duro in un attimo: è una meravigliosa prerogativa dei giovani, specialmente se si trovano di fronte a una brava nave - scuola. Mi sdraiai sul lettino e me lo tirai addosso; mi feci penetrare con violenza e mi gustai una scopata epica.
Quell’estate sia io che lui ci siamo fatte le più numerose, le più intense, le più belle scopate della nostra vita. Mi feci anche rompere il culo, che non avevo mai concesso a mio marito. Alla fine dell’estate, rientrati in città, non smettemmo i nostri incontri e ancora oggi, se ne ho voglia, lo posso chiamare per farmi dare una spolverata.” “Tu ne sapevi qualcosa?” la domanda è rivolta a me “Semplicemente tutto!” La faccia di Oriana è lo sbalordimento fatta persona. “Devi sapere che ci eravamo organizzati per scoparci ciascuno la madre dell’altro e, mentre mamma violentava e svezzava lui, sua madre faceva con me esattamente la stessa cosa; anzi, visto che ci scambiavamo le informazioni quasi ogni giorno, in qualche modo facevamo a gara per alzare l’asticella delle prestazioni e le signore, che se ne erano accorte, ci davano dentro con un entusiasmo maggiore del nostro.“ “Ma in questo modo non era come se ogni madre si scopasse anche il figlio?” “No, perché materialmente, poi, le madri si scoparono i figli, oltre l’amico.” “Mamma, ma quindi anche Mario?” “Oriana, amore di mamma, vuoi scendere dal pulpito? Tu, nella tua santa beatitudine, ti sei già fatta comunque tuo fratello, davanti e di dietro” Oriana sembra un po’ risentita. “Senti, sorellona, qui nessuno vuole affermare l’eticità dell’immoralismo; ma mi pare che tu ti nascondi dietro il ditino dei luoghi comuni e, nel concreto, anche tu hai quel prurito di figa di cui parlavamo. Non fare la manichea - di qua i buoni, di là i cattivi - e pensa anche ad altri aspetti.” Oriana però è come Patrizia (non a caso è sua figlia): quando si incuriosisce, diventa assillante.
“Mamma, mi spieghi come hai fatto a diventare così … così … insomma così puttana … ecco?” Mamma la guarda quasi con commiserazione “Stai attenta piccola, preferisco sentirmi troia, non puttana.“ “Perché?” “Perché una troia lo fa per passione, come suggerisce De Andrè, mentre una puttana, nel farlo, ha sempre un interesse, diretto o indiretto. Io ho sempre scopato solo e sempre per passione, da quando conobbi tuo padre e mi feci mettere incinta fino ad oggi. Ti prego adesso di non fraintendere quello che sto per dirti e quindi di non offenderti. Paradossalmente - al limite, molto al limite - bada bene, è più da “puttana” la tua scopata col capufficio, comunque legata in qualche modo agli interessi professionali che non le mie scopate con l’istruttore della palestra legate solo al piacere reciproco.” A quel punto, l’aria si è surriscaldata e cerco di fare il pompiere “Credo che mamma sia diventata “troia per reazione”. Io ho conosciuto alcuni dei suoi amanti in particolare quello di cui si parlava ma anche altri e mai i rapporti instaurati sono stati passibili di giudizi. Se proprio vuoi, direi che è quasi una benemerita della società, un’educatrice … al sesso. In definitiva, il giusto e l’ingiusto qui non sono definibili.”
“No, no, non usciamo dal seminato, per favore: io non sto né commentando né giudicando nessuno. Solo cercavo di parlare con mia madre di mia madre. Sono sempre più convinta che non ho capito molto di te e che Mario è molto più informato di me, sulla tua vicenda; e vorrei anch’io entrare nel tuo mondo. Solo questo … e con molto affetto.” Mamma ha l’intenerimento rapido e si precipita a stringerla tra le braccia. “Scusa se sono stata brutale; ma certi argomenti lasciano il segno e rendono cattivi. Allora, se è un dialogo tra noi, forse è meglio che tu chieda e io ti risponda lealmente, serenamente, brutalmente.” “Per esempio, ho notato che non ti è difficile fare sesso con una donna e mi piacerebbe sapere se sei etero, omo o bisex.” “Per mia definizione, sono tutto; per la nomenclatura corrente, potrei essere bisex. Io amo il sesso, in qualunque forma, dovunque e comunque si manifesti; un cazzo o una figa mi danno in bocca le stesse emozioni, nella differenza delle sensazioni; manipolare un bastone di carne o stimolare un cazzettino al centro di una vulva mi scuotono dentro allo stesso modo. E’ chiaro che alcune cose mi stimolano più di altre, ma si tratta anche di momenti e situazioni: prenderlo in figa e prenderlo nel culo non è la stessa cosa, ma ti sconvolgono ambedue. Io mi sono trovata a praticare il lesbismo, come tutte le donne forse, quasi per caso, abbracciando un’amica in un momento di emozione,leccandole la pelle sulla spiaggia per recuperare del gelato caduto sul petto o ammirandoci mentre ci provavamo l’intimo, chiuse in camera. Non ho difficoltà di sorta e credo che tu possa capirlo visto che non ti è dispiaciuto qualche mio assaggio.” “Anche per questo ti chiedo: pensi che mi possa trovare ancora in quella situazione?” “Perché no?”
“Perdonami se sembro la bambina che vuole sapere come sono fatti i dolci, ma sono così e forse è la prima volta che lo faccio con la mia mamma. Hai detto che i cazzi dei neri possono essere particolarmente grossi e che li hai sperimentati. Mi racconti quando?” “La prima volta è capitato in spiaggia. A proposito, sai che molti eventi particolari si svolgono proprio in spiaggia? E’ successo molti anni fa, all’epoca dei fatti di Mario di cui abbiamo detto. C’era un uomo che girava per la spiaggia con una palandrana e vendeva teli di stoffa. Era un autentico armadio quattro stagioni con un fisico imponente, elegante e di quel nero cioccolato che intriga. Quello che affascinava di più, però, era il notevole batacchio che gli sbatteva fra le gambe: non c’era modo di vederlo, ma suscitava infinite voglie a strafare con quel manganello. Una mattina che avevo un forte prurito (due ditalini non erano bastati a calmarmi) lo vidi apparirmi all’ombrellone con i suoi teli; dal punto in cui si era collocato, il suo cazzo mi batteva quasi sul viso: mi montò una voglia di prenderlo in bocca che mi fece scattare un orgasmo immediato: il costume mi si bagnò ampiamente e l’odore di sesso si fece irresistibile; notai un movimento del suo barracano che era senz’altro segno di un’erezione incipiente. Guardandolo negli occhi, mi alzai dalla sdraio e mi diressi alle cabine. Forse li ricordate quei gabbiotti di legno dove ci si spogliava e si depositavano le cose. Mi lasciò avanzare per qualche metro, poi mi seguì lentamente. Aperta la porta, mi guardai intorno ed entrai lasciando l’uscio socchiuso; arrivò subito dopo ed entrò. Neanche una parola ci scambiammo.
Mi prese letteralmente in braccio, mi strinse al petto e appoggiò la mia figa sul suo cazzo: cominciai immediatamente a sbrodolare; riuscii solo a succhiargli la lingua a lungo e a carezzarlo sul petto e sulle spalle; dalla posizione in cui ero, nient’altro potevo fare. Quando mi fece poggiare di nuovo i piedi a terra, afferrai immediatamente il cazzo da sopra il barracano e lo accarezzai per tutta la lunghezza: era enorme, da sembrarmi impossibile anche prenderlo in mano. Sollevò la falda del barracano e mise in luce la bestia; mi accovacciai in adorazione e cominciai a baciarlo su tutta la superficie: aprii la bocca e cercai di prenderlo ma imboccai solo la cappella ed una piccola parte dell’asta; con due mani lo segavo frenetica. Mi alzai in piedi e piegai il serpentone ad adagiarsi fra le mie cosce, sotto la fessura della figa; mi sollevò prendendomi per le ascelle; io guidai la punta del cazzo verso la vulva e lui mi abbassò lentamente mentre il mostro scivolava nella mia figa che dolorosamente lo lasciava penetrare. Non potevo farcela, a prenderlo tutto dentro: mi facevo solo male anche se l’eccitazione era alle stelle e gli orgasmi si susseguivano senza sosta. Ancora una volta mi sollevò e si sfilò dalla figa; quando fui di nuovo in piedi, mi face girare, mi spinse a piegarmi a novanta gradi, appoggiò la cappella alla vulva grondante e cominciò a penetrarmi lentamente e cautamente. Sentivo il ventre squarciarsi e i tessuti piangere umori di orgasmo; tra la sofferenza del canale forzato allo stremo e la goduria degli orgasmi che si inseguivano, riuscivo solo ad ansimare, a gemere e a tapparmi la bocca per impedirmi di urlare. L’orgasmo esplose all’improvviso e fu molto strano; anche la consistenza dello sperma era diversa, ma aveva un odore intenso di selvatico. Me ne scaricò tanta, in corpo, che subito dopo mi scivolò lungo l’interno delle cosce fino al tavolato del pavimento. Rapidamente, in silenzio come era stato tutto il tempo, spazzolò con una mano il barracano e sgattaiolò fuori; non l’avrei rivisto più, forse perché aveva cambiato territorio. Mi lasciò comunque il ricordo di una scopata diversa, bella, intrigante, e il rimpianto di non aver osato di più, di aver usato troppo poco quel giocattolone.
La seconda volta mi capitò in casa nel periodo in cui se ne vedevano molti che, muniti di pacchi giganteschi, giravano casa per casa a proporre inutili pacchetti di fazzolettini, calzini improbabili, accendini e merce varia. Lo vidi dallo spioncino e fui tentata, con il buonsenso diffuso, di non aprire neppure, considerate le storie che si raccontavano e il fatto che fossi del tutto sola in casa. Poi qualcosa (forse il solito prurito di figa) mi spinse ad aprire e a farlo entrare. Era alto, ricciuto, ben fatto, forse non molto proporzionato per i canoni nostri, ma decisamente bello e di un nero profondo, da carbone. Anche lui indossava un barracano con disegni e colori tipici. Lo feci accomodare e gli offrii da bere; chiesi se volesse anche del cibo ma rifiutò. Prima che attaccasse la litania del “vu’ cumpra’” gli accarezzai direttamente la gamba e vidi qualcosa muoversi sotto il barracano ed era qualcosa che mi riportava ad un deja vu di meravigliosa memoria. Poiché era maledettamente alto, lo baciai facendolo restare seduto e, mentre lui mi succhiava l’anima dalla bocca con le sue labbra a ventosa, andai immediatamente con la mano a verificare cosa si nascondesse sotto il barracano. Il cazzo che impugnai non era grosso come l’altro ma lo seguiva molto da presso. Lo presi per la mano e lo guidai alla camera da letto. Sfilare il barracano fu questione d’un attimo e mi trovai di fronte ad una scultura vivente, un nero di una bellezza mai vista. Per come ero vestita, mi bastò sciogliere una cintura, la vestaglia cadde per terra e gli apparve la mia, di scultura vivente. A quell’epoca ero ancora più tonica ed ero proprio una bellezza, quasi come Oriana, ma un po’ più vissuta tra età, parti e stenti sofferti.
Si abbassò a succhiarmi un capezzolo; ma era evidentemente piegato male per la sua altezza: mi prese per i fianchi e mi adagiò sul letto dove, inginocchiato a fianco a me, gli fu più facile arpionarmi i capezzoli con le mani e con la bocca. Io cominciai a sbrodolare non appena le sue labbra aspirarono il primo capezzolo; da lì fu un crescendo di sensazioni, stimoli, violente emozioni che mi procurarono orgasmi immensi fino a quello apicale. Inutile raccontare tutto: dalle lunghe mani in figa all’enorme cazzo sul viso e nella bocca, dalla scopata a pecorina ad una enorme spagnola, facemmo di tutto. Al culmine della giostra, si dedicò con grande amore al mio buchetto e lo intenerì con le leccate più lunghe che ricordassi; infilò dentro una, due, tre dita lunghe e affusolate e le fece ruotare più volte finché uscivano ed entravano dal foro senza fastidio alcuno. Gli passai la vaselina che avevo nel comodino e, dopo appena un attimo di sosta, mi inculò molto a fondo. Ho letto da qualche parte che la condanna dell’impalatura prevede che un palo venga infilato nell’ano, fatto passare per punti non vitali del corpo e fatto uscire dalla nuca. Beh, quel cazzo mi impalava letteralmente; non usciva dalla nuca, ma entrava dall’ano e attraversava sicuramente tutto il retto. Mi sentivo aperta, squartata, posseduta; e sentivo gli orgasmi scatenarsi ogni volta che quel cazzo si muoveva avanti e indietro, ogni volta che nuovi tessuti dell’intestino venivano sollecitati da quel cazzo. Gli feci cenno di muoversi piano: non volevo che la velocità accelerasse anche la sborrata e l’andirivieni nel culo era fonte di troppo piacere: anche l’utero, sollecitato da dietro nel passaggio del cazzo, era spinto a stimolare gli orgasmi. E ne ebbi tanti, almeno una decina.
Poi il poveretto non resse più e, grugnendo come un maiale selvatico, mi scaricò nel retto uno tsunami di sborra che avvertii percorrere tutto il ventre. Prima che uscisse da me, ebbi l’accortezza di prendere dal comodino uno straccio con cui mi tamponai il buchetto per arginare la perdita di sborra. Quando uscì con un rumore sordo, mi sentii improvvisamente la pancia svuotata, quasi orfana di qualcosa. Corsi in bagno a pulirmi e, quando tornai, lui era già rivestito e pronto ad andare. Non avrei voluto dargli l’impressione di pagare la meravigliosa scopata; ma di chincaglierie ne avevo fin sopra i capelli. Gli passai una banconota di media taglia e gli dissi di comprare del cibo in nome mio. Mi ringraziò e uscì quasi in punta di piedi. Nei giorni seguenti e per quasi una settimana, dovetti andare in bagno con molta cautela: non aveva fatto danni, il cazzo, ma qualche piccola ferita l’aveva lasciata nell’intestino. Ecco, queste sono le mie due scopate con i neri; dopo, decisi di non forzare più il destino, vista anche l’alta incidenza dell’Aids fra di loro, e diventai più calma, più pacifica e più moderata, anche con gli amori occasionali, quelli da sveltina o da una botta e via. La risposta soddisfa la tua domanda?” “Si; ma come avrai capito ne ho già un’altra. Qual è la scopata più bella che ricordi nella tua vita?” “Non è possibile risponderti: nel ricordo tutto è meraviglioso e si allinea ai ricordi; una puoi ricordarla, ma immediatamente dopo ti sovviene quell’altra. Insomma è più facile dire qual è la peggiore che trovare una migliore.” “E allora cambio domanda. Quand’è che consideri brutta o infelice o insoddisfacente una scopata?” “Questa si, che è una bella domanda; anche perché ti potrebbe essere utile se deciderai di scopare come tua madre. I peggiori compagni di letto sono quelli vittime della eiaculatio precox, quelli che ti sborrano in mano prima che cominci la sega, o sui peli del pube prima di arrivare alla figa e così via. Sono i peggiori soprattutto perché impediscono a te di avere il tuo orgasmo e ti lasciano con la necessità di spararti un ditalino se non di andartene a cercare subito uno migliore. Sono assai più di quanto si creda.
Subito dopo ci sono i casi di impotenza repentina, i poveracci che di colpo, senza preavviso, si trovano con una borsetta di pelle vuota fra le cosce e non riescono a tirar su un cazzetto nemmeno coi miracoli. Capita a molti, purtroppo, ed anche a persone inimmaginabili normalmente di grande efficienza.” “Da che cosa dipende?” “Questa è una domanda da rivolgere ad un urologo, non ad una poveretta come me. In linea di massima posso dirti che tensione, stress, fatica sono alla base di certi fallimenti. Ma c’è da mettere in conto un senso di colpa che attanaglia chi, prima di cominciare, si è già pentito di tradire la moglie; c’è chi proprio in quel momento si mette a pensare ai figli; chi avverte con angoscia la differenza di età (ho sempre molte esitazioni a scoparmi ragazzi più piccoli di mio figlio). Poi, se vuoi, ci puoi aggiungere situazioni maleodoranti, persone sciatte, individui volgari, oppure aggressivi. Insomma tutta una serie di situazioni che una persona intelligente riesce a valutare e che, se è fortunata, riesce a risolvere sul momento. Non credo di poter aggiungere molto. Hai ancora curiosità?” “Un mondo infinito; ma mi accontento di alcune cose che toccano anche me, in qualche modo. Per esempio, come vivi il tuo rapporto con Mario?”
“Questa me l’aspettavo e non ho facilità di risposta. Scegli tu: prova a chiedere a lui come si sente a scoparsi sua madre. Prova a chiedere a Patrizia come è stato scopare con la nonna. Prova a chiedere a te stessa come reagirai quando la figa ti pruderà per la voglia di fare ancora sesso con la mamma. Parlo in parte seriamente, in parte per sdrammatizzare: per quel che mi riguarda, il sesso non ha razza, non ha colore, non ha identità, non ha rapporti familiari. Quando sono a letto con Mario, quello che prendo in mano, in bocca, in culo o in figa è il bellissimo cazzo di un maschio meraviglioso che mi fa raggiungere vette di piacere inaudite. Sono grata a Mario per il piacere che mi dà, certe volte anche per nottate intere; e spero che lui lo sia con me per il piacere che riesco a dargli. Prima che tu ponga la domanda, mi piace farlo anche in presenza di altri, se condividono con me il piacere della vita: assistere alla tua messa in culo e parteciparvi con mani e lingua è stata una vicenda da vibrazioni, da emozioni violente, una di quelle cose che ricorderò sempre; ma lo è stato anche accompagnare Patrizia nella deflorazione, lesbicando con una delle fighe più interessanti e affascinanti che mi sono passate davanti. Finora non mi è mai capitato di scopare con un uomo, o addirittura con lo stesso Mario, davanti a una di voi forse perché era un po’ troppo e non volevo travolgervi nel mio modo di vivere o forse perché, tra lui e voi, la scelta era difficile e mi prendevo le femminucce anziché il maschietto. Ma se ti intriga la cosa, posso scoparmelo anche adesso, davanti a te; anche perché, detto tra noi, fare certi discorsi, vuoi o non vuoi, la figa te la fanno prudere e una bella grattatina è proprio quel che ci vorrebbe, vero Mario?” “Si, badrona, voi comandare e vosdro schiavo eseguire prondamende!” “Oriana, che dici? ci stai a guardare?” “E se mi andasse di partecipare?” “Benvenuta a bordo.” Ci spostiamo in camera e, denudatici rapidamente, ci sdraiamo sul lettone; mamma mi impone di stare al centro.
“Piccolo, adesso vedremo come te la cavi con mamma e sorella nel letto!” “Considerate anche le meravigliose persone, non avrò vita facile; ma ce la metterò tutta, anzi, tutto!” “E’ difficile per un uomo provvedere a due donne?” “Beh, figlia mia, conta con me: due fighe, due culi, due bocche, quattro tette, quattro mani; totale quattordici; dall’altro lato, una bocca, un cazzo, due mani. Non c’è proporzione se le femmine non sanno armonizzarsi via via che scelgono come godere.” “Quindi, per una femmina è più facile?” “Teoricamente si, se consideri la disponibilità di una figa, di un culo, di una bocca e di due mani. Teoricamente tu da sola potresti soddisfare contemporaneamente cinque maschi!” “Figurarsi! Come si può prenderlo contemporaneamente in figa e nel culo?” “Oriana, se vuoi sperimentare, avvisami, chiamo Valerio, veniamo in due e ti dimostriamo come possiamo, lui, infilarsi nella tua figa sdraiandosi sotto il tuo corpo a smorza candela, e io, da dietro entrarti nel culo che così rimane ampiamente disponibile. Se poi vuoi arrivare a cinque, uno dalla testa ti chiava in bocca e due, ai tuoi lati, si fanno masturbare. Riesci a immaginatrici al centro del quadro?” “Vaffanculo. Io al massimo uno per volta e che si faccia amare almeno un po’: per le ammucchiate, rivolgiti a Elvira.” Mamma mette fine al battibecco accosciandosi sul mio viso e spingendo Oriana a prendere in bocca il cazzo che si è inalberato a obelisco: in un lampo, mi trovo a leccare profondamente la figa di mamma mentre Oriana si fa affondare il cazzo fino in gola, fin quasi a soffocarsi e poi mi fa tremare di libidine leccandolo tutto intorno.
Voglio leccare mia sorella; prendo mamma per le natiche e la invito ad impalarsi sul cazzo; necessariamente, Oriana prende il posto di mamma sulla mia bocca: la sua peluria pubica folta e nera è tra i miei sogni preferiti, al momento; e ci gioco con lingua e dita cercando i suoi orgasmi dal clitoride che devo cercare nella vulva, tanto è sommerso. Una volta catturato, lo succhio e lo strizzo coi denti, lo lecco e lo martirizzo fino a che comincia a gemere, preannuncio dell’orgasmo che cerco. Mamma però è fortissima: approfittando della posizione (sedute tutte e due su di me, faccia a faccia) afferra le tette e le pastrugna, si attacca ai capezzoli e li tormenta tra le dita; spingendosi un poco più avanti, cattura la sua bocca e dà il via ad un bacio intenso, quasi liquido, pieno di amore. Oriana ricambia e afferra le tette giocandoci con la stessa intensità: sento che la sua figa cola piacere e piccoli orgasmi; spingo col bacino in alto per far sentire a mamma che il mio cazzo è nella sua figa e lei, sull’onda anche dell’orgasmo che sta provando con la figlia, risucchia il cazzo e fa un pompino con la figa. La sua bravura mi fa quasi rabbia. Di colpo si fermano e smontano dal mio corpo. “Non abbiamo ancora stabilito che hai l’obbligo si sborrare in ciascuna di noi. Nel buco che vuoi, nell’ordine che vuoi, ma una sborrata ciascuna. E’ il minimo sindacale.” Mamma è terribile quando scherza sul sesso. “A me puoi venire nel culo?” Piagnucola Oriana. “Allora, tutte e due nel culo, per equità.” Sentenzia mamma. “Agli ordini, delle padrone!”
Mamma sembra dirigere il traffico: manda Oriana a sedersi sul cazzo e le impone di impalarsi dove vuole; lei sceglie la figa; mamma torna sul mio viso ma pare occuparsi principalmente della figlia che accarezza, bacia, lambisce, mordicchia facendole sentire tutto il piacere che con la sua esperienza le sa dare; ad un certo punto sento un suo dito che accanto al mio cazzo si inserisce nella vulva; sta titillandole il clitoride. “Si … si … si … ancora … insisti … vengo … vengo … vengooooo” L’urlo è quasi disumano; mamma la schiaccia contro di me “Baciala!” impone; eseguo con tutto me stesso e sento la sua bocca languida comunicarmi amore con una salivazione continua e incontrollabile “Ti amo … ti amo … “ Continua a sussurrare mentre la stimolazione di mamma sull’ano la induce a far colare sul mio cazzo - che sempre sta piantato nella figa - un lungo flusso di umori. “Quante volte sei venuta?” La premura di mamma è esagerata “Quattro … no … cinque … ma sta arrivando la sesta e questa mi pare proprio più grossa di tutte.” Oriana ormai geme ad alta voce, urla il suo amore per me, per mamma, per quel momento, per la gioia di esserci … e sborra intensamente, infinitamente. Poi mi crolla addosso ed io riprendo a baciarla; non mi stancherei mai di baciarla.
“Ed ora?” Faccio io a mamma. “Abbi pazienza; aspetta.” Intanto accarezza la schiena di lei fino giù alle natiche perfette, scivola un poco sulle tette disegnate col compasso e distribuisce bacetti e leccatine su tutta la superficie. Oriana vibra e trema ad ogni tocco; lentamente, però, sembra emergere dall’abisso di piacere in cui si è sprofondata. “Adesso fai il tuo dovere!” Mi impone. “Voi siete due pazze. Posso solo fare tutto quello che mi chiedete.” “Adesso inculala e sborrale nell’intestino: è semplice.” Fa seguire i fatti alle parole: aiuta Oriana a sollevarsi e a far sfilare il cazzo della figa; si china dietro di lei, prende il cazzo tra le dita e sposta la cappella sull’ano: sento la nuova posizione scatenarmi un flusso di libidine spaventosa; se non mi controllassi, l’avrei già inculata a morte. Mamma guida con affetto la penetrazione e non la fa fermare finché le mie palle non picchiano duramente sulle natiche. “E’ tutto dentro, ora chiavatevi e metteteci tutto l’amore di cui siete capaci; quando lei avrà sborrato e tu la sentirai urlare alla morte che ha sborrato, solo allora sborrerai anche tu. E’ chiaro?” “E’ chiaro ‘sto cazzo. Noi scopiamo con tutto l’amore che abbiamo dentro e, se ci riesce, sborriamo insieme, nello stesso istante, con lo stesso amore!” “Vero, ho sbagliato io, ma ho paura che tu possa prevaricarla.” Oriana si comincia a sollevare sul cazzo lentamente, si sfila per metà asta e poi ripiomba giù
“Ti faccio male?” “Mi fai solo benissimo”. Accelera il movimento e adesso si sta scopando nel culo quasi con violenza; da sotto, posso a malapena spingere un poco il bacino; in compenso, le carezzo le tette e le strofino i capezzoli; fa cenno di si e gode. Ha gli occhi levati al cielo, quando il piacere è più intenso e un’aria estatica le si dipinge sul volto. Ad un tratto sbarra gli occhi, geme e si lamenta, poi comincia a gridare “Sto venendo! … Sto venendo!!! …” e si pianta sul mio ventre col cazzo così duro che sembra debba perforarle la pancia. Mentre la guardo con passione, la sborra mi monta su dalle palle fino al’asta e preme sull’uscita. “Vengo anch’io” ho la forza di sussurrare e le scarico dentro tutta la mia anima. Oriana urla a lungo, quasi il suono di una sirena, per un attimo sembra perdere il fiato poi sembra esplodere con tutto il corpo. “Ti sento!” ha la forza di sussurrare “sento la tua sborra che mi attraversa il corpo … sento che sei mio ora. Ti amo!” e si schianta su di me. Mamma ha il suo bel da fare mentre l’accarezza e cerca di farla riprendere “Come stai?” Sembra quasi preoccupata. “Bene, anzi, da paradiso, perché è lì che sono andata ora.” “Figlioli, che inculata … e che scopata … siete meravigliosi … che bel culo che hai amore mio … e che bel cazzo, tu!” Comincia a pesarmi Oriana e il cazzo che si sta ammosciando vuole uscire e non ha spazio; cerco di farlo capire a mamma che prende Oriana per le spalle e le suggerisce di andare in bagno a rinfrescarsi mentre lei viene a prendersi quel che le spetta.
“Non posso; dammi il tempo di recuperare ho sborrato come in dieci scopate intense.” Si sdraia accanto a me e si dedica alle coccole mentre Oriana va verso il bagno. Passano almeno dieci minuti, durante i quali con mani e bocca mamma riesce a far riprendere tono al mio povero fratellino così provato; poi Oriana torna fuori lavata, rinfrescata e col trucco rifatto; riprende le sue cose e si riveste lentamente sculettando un poco. “Non hai fatto molti progressi nello spogliarello.” La prendo in giro. “Adesso non ne ho più bisogno. Mi hai dato tanta di quella sborra, tanto di quel piacere, tanta di quella passione, tanto di quell’amore che sarebbe uno spreco, adesso, un”rivestirello” anziché uno spogliarello; ne riparleremo quando mi spoglierò di nuovo solo per te. Allora vedrai! Adesso però si è fatto davvero tardi. Devo andare. Non scomodatevi, conosco la strada. Voi riprendete pure i vostri giochi e … che sia un’inculata come la mia. Ciao ciao.” Quando la porta si chiude, mamma propone “ e se per ora prendessimo un caffè e stasera riprendessimo il discorso di quella sborrata nel culo’” “Aggiudicato, amore mio!!!!”
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Categorie: Incesti